Gli Dèi emergono generando sé stessi. Tutta la vita, tutte le coscienze germinano generando sé stesse partendo dalle condizioni oggettive, gli Dèi che ne condizionano gli Dèi che formano la loro soggettività dalla quale manifestano la loro Coscienza di Sé.

Inno Orfico a Melinoe
 
Inno orfico n. 71

Claudio Simeoni

Indice agli Inni orfici

  Inno Orfico a Melinoe

Invoco Melinoe, fanciulla ctonia, dal peplo color croco,
che presso la foce del Cogito l'augusta
Persefone generò ai sacri letti di Zeus Cronide,
alla quale l'ingannato Plutone si unì con scaltre astuzie,
e con l'ira di Persefone tirò fuori un'apparenza dal doppio corpo,
che rende folli i mortali con apparizioni brumose,
rivelando l'impronta della forma con visioni strane,
talora ben visibile, talora oscura, si accende di notte
in attacchi ostili nella notte tenebrosa.
Ma, dea, ti supplico, regina di sotterra,
di far uscire dall'anima la follia verso i confini della terra,
mostrando agli iniziati il sacro volto benevolo.

Tratto da Inni Orfici ed. Lorenzo Valla trad. Gabriella Ricciardelli

Questa divinità era sparita dalla mitologia antica.

C'era solo quest'Inno a ricordarla.

Oggi, qualcuno, pensa che sia un epiteto di ECATE.

Questa figlia di Plutone e Persefone può essere legata ad Ecate.

Melinoe è quel velo di illusioni che deve essere alzato dalla percezione umana affinché l'Essere Umano trasformi sé stesso, superi l'apparenza e colga la qualità degli oggetti al di là di ciò che crede che gli oggetti siano.

Le apparizioni brumose sono proprie di chi altera la percezione, ma non ha potere sufficiente per mettere a fuoco gli oggetti; oppure, gli oggetti appartengono ad un inconoscibile del quale può soltanto intravedere una forma sbiadita in sintonia con la sua capacità di descrivere lo sconosciuto.

Melinoe è il fantasma delle cose.

Un fantasma che si appropria dell'Essere Umano che non ha il coraggio, o la forza, di rappresentare sé stesso nel mondo: il pavido! Melinoe si appropria del pavido, lo lega al fantasma dell'apparenza e alimenta la sua paura e la sua dipendenza.

Al contrario, Melinoe alimenta il coraggioso!

Manifestando il fantasma delle cose costringe il coraggioso ad affrontare sé stesso, a modificare la propria capacità di percepire superando la forma presentata e cogliere cosa si nasconde dietro l'apparenza.

Il fantasma delle cose, le forme indistinte, la nebbia che evidenzia forme di cui non conosciamo il nome.

Davanti a questa indeterminatezza la ragione vacilla: eppure è una ragione che appartiene ad un Essere Umano potente.

Un Essere Umano capace di guardare lo sconosciuto senza per questo volerlo far rientrare nella propria descrizione; senza proiettare su di esso la sua immaginazione e trasformarlo in un mondo di paurosi mostri.

Questo è il terrore che Melinoe incute. Melinoe dà forma alle paure che il condizionamento educazionale impone sull'individuo e che la ragione soggettiva trasformando i principi in guardiani terribili che mette sui suoi confini: affinché l'individuo non ardisca ad affrontare lo sconosciuto che lo circonda.

Il coraggioso ha distrutto i fantasmi a guardia della sua ragione, impavido ha affrontato una porzione di sconosciuto che lo circondava e per farlo ha abbattuto alcuni dei suoi fantasmi; alcune delle sue illusioni. Così Melinoe non lo intimorisce più.

Quando Melinoe mostra fantasmi indistinti delle cose egli li chiama: "Fantasmi indistinti delle cose". Oppure li chiama col nome dei suoi desideri, delle sue passioni o di quanto a lui da' piacere! Quando la figlia di Persefone mostra il fantasma delle cose o le cose che furono e che non sono, il pavido, quando il suo cuore non è ancora distrutto, scopre il mostro delle sue paure.

Quando il suo cuore è distrutto, allora scorge il Dio padrone che lo ama e lo soccorre: proprio a lui, il Dio padrone e creatore dell'universo, volge la sua attenzione. L'illusione che uccide, nascondendo la realtà degli oggetti. Un po' come l'uomo che nel deserto, disidratato e semidistrutto, prega il suo Dio padrone per un po' d'ombra. Ed effettivamente, immediatamente, un'ombra gli porta un po' di fresco alla testa ed egli ringrazia il suo dio padrone, sente di amarlo con tutto il suo cuore, un attimo prima che il becco di un avvoltoio gli stacchi il primo occhio.

Melinoe sono le cose nascoste dietro all'apparenza. Le cose nascoste che vengono svelate da un animo coraggioso mentre rimangono velate per chi non ha coraggio diventando paure terribili che distruggono la vita.

In che modo la piccola mosca può salvarsi dai suoi nemici? Facendosi Melinoe e assumendo i colori della vespa. Non ingannerà tutti i suoi nemici, ma terrà lontano quelli paurosi e pavidi, ma che comunque avrebbero zanne per uccidere. Uccidete il coraggio nel cuore di un uomo ed egli si sentirà circondato da nemici immensi e terribili ed ogni Melinoe lo farà tremare come una foglia, anche se è dotato di una forza possente.

Così è quanto fanno gli Esseri Malati di morte che si cibano di Energia Vitale Stagnata prodotta da Esseri Umani in ginocchio. Esseri Umani che in qualunque momento potrebbero allontanarli con manifestazioni di volontà quale autoimposizione di prendersi nelle proprie mani la responsabilità della propria esistenza. Ma questi Esseri malati di morte hanno introdotto la paura nel cuore degli Esseri Umani. Gli Esseri Umani si sentono circondati da fantasmi terribili e necessitano di rassicurazioni continue: "Si! Il Dio padrone ti ama! Rimani in ginocchio, vedrai che il dio padrone provvede per te! Continua a rinunciare alla vita, vedrai che il dio padrone ti aiuterà!" Le rassicurazioni seguono il terrore imposto. Ma come si impone il terrore?

"Uccidi tuo figlio, ordina il dio padrone ad Abramo!" Davanti alla Melinoe che incute terrore Abramo obbedisce: il suo cuore è quello di un vile! Questo atto di viltà diventa sublime quando il terrore del condizionamento educazionale agisce sui bambini per imporre l'obbedienza col terrore. Quest'obbedienza si cala nel loro cuore al punto tale da non scorgere più la viltà nell'atto, ma giunge ad affermare, come fa Soeren Kierkegaard in Timore e Tremore:

"C'era una volta un uomo che aveva sentito da bambino quella bella storia di Abramo (gen., 22,1): come Dio tentò Abramo e come Abramo resistette nella tentazione, conservò la fede e riebbe una seconda volta il figlio contro ogni aspettativa. Ormai avanti negli anni, egli leggeva la stessa storia con un'ammirazione ancora più grande, poiché la vita aveva separato ciò che la pia semplicità dell'infanzia aveva unito. Più avanzava negli anni e più spesso egli volgeva il suo pensiero a quel racconto, il suo entusiasmo cresceva sempre di più, ma tanto meno egli riusciva a capire il racconto stesso. Alla fine dimenticò ogni altra spiegazione del fatto; la sua anima spasimava di un solo desiderio, quello di vedere Abramo, e di una sola nostalgia, quella di essere stato testimonio di quell'evento. La sua brama non era quella di vedere le belle regioni d'oriente, né la magnificenza della Terra Promessa, né quei due pii coniugi la cui vecchiaia fu benedetta da Dio, né la venerabile figura del decrepito patriarca, né l'esuberante giovinezza d'Isacco donatogli da Dio - per lui era indifferente che l'evento fosse accaduto in una landa deserta. La sua aspirazione era quella di accompagnarsi al viaggio di tre giorni quando Abramo camminava preceduto dal dolore e avendo al suo fianco Isacco. Il suo desiderio era quello di essere stato presente nell'ora quando Abramo alzò gli occhi e vide in lontananza il monte Moria, l'ora in cui rimandò indietro gli asini e solo con Isacco salì sulla montagna: POICHE' CIO' CHE INTERESSAVA, NON ERANO GLI ARTIFICIOSI TREMORI DELLA FILOSOFIA MA IL BRIVIDO DEL PENSIERO."

Che terribile Melinoe aveva costruito Abramo immaginandosi nelle grazie di un simile fantasma. Spacciato ad ogni uomo per costringerlo alla paura. Eppure, sarebbe bastato un cuore coraggioso! Sarebbe stato sufficiente prendere a calci il Dio padrone per dissolverne la forma e il fantasma e smascherare quale squallore e infame miseria si nasconde dietro il terrore millantato: una forma scura si sarebbe allontanata velocemente strisciando. Così, chi è educato alla viltà affermerà sempre: "Sarò sufficientemente sottomesso, obbediente e umile affinché il dio padrone mi possa tenere in considerazione? O sarà come quell'invitato a cena dal Gesù di Nazareth:

"...Andate ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete. Allora, usciti per le strade gli schiavi radunarono quanti trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze fu piena di convitati. Or, entrato il re a vedere i commensali, scorse là un uomo che non indossava un abito da nozze. Gli disse: "Amico, come sei entrato qua senza aver l'abito da nozze? Colui ammutolì. Allora il re disse ai suoi schiavi: "legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti. Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti."

Tratto dal vangelo di Matteo 22-9

Un cuore coraggioso avrebbe preso a calci chi lo ha obbligato a venire e non ha messo le persone nelle condizioni per né per farlo né per rifiutarsi di andare. Un cuore coraggioso non avrebbe servito da schiavo. Un cuore coraggioso non avrebbe usato schiavi per fare un lavoro sporco che lui non era in grado di fare. Un cuore coraggioso si sarebbe alzato da quella tavola e avrebbe preso a calci in culo quel padrone. E il terrore dell'apparenza si sarebbe dissolto. Melinoe diventava sostanza divina nella manifestazione di coraggio che arricchisce il cuore dell'impavido. Noi scegliamo quando Melinoe emerge in noi e mentre il cuore coraggioso da Melinoe trae nutrimento per superare la forma, il vile si chiederà: "Sarò abbastanza sottomesso da meritare il premio? Ho costretto a sufficienza i miei figli in ginocchio per essere premiato?"

Che la figlia di Persefone e Plutone emerga nei nostri cuori e alimenti il nostro coraggio col quale affrontare le contraddizioni della vita!

Lusiana, 25 giugno 2024

 

 

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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