IL PAGANESIMO POLITEISTA E LA STREGONERIA INCONTRANO IL BUDDHISMO!
COMMENTO AL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO!
Dal MAHASATIPATTHANASUTTANTA
(le basi della consapevolezza)
Di
Claudio Simeoni
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NELLA SECONDA PARTE
Il
Nobile Ottuplice Sentiero
5. Corretto modo di guadagnarsi da
vivere
6. Corretto sforzo
7. Corretta
attenzione/consapevolezza
8. Corretta dedizione
Proviamo a prenderci l'Ottuplice sentiero dal MAHA SATIPATTHANA SUTTANTA seconda parte
segue...
Cosa è, o monaci, retta azione?
L'astenersi dall'uccidere, l'astenersi dal non dato, l'astenersi dal cattivo comportamento per brame. Questo, o monaci, vien detta retta azione.
Cosa è, o monaci, la retta vita?
Ecco, o monaci, un nobile discepolo, abbandonata una vita opposta, intraprende un modo di vivere secondo retta vita. Questa, o monaci, viene detta retta vita.
Cosa è, o monaci, retto esercizio?
Ecco, o monaci, un monaco dirige ed esercita la propria volontà a che non sorgano non sorti cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà ad abbandonare sorti cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà a far permeare, a non confondere, ad incrementare, a sviluppare, a coltivare, a perfezionare, sorti salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Questo, o monaci, viene detto retto esercizio.
Cosa è, o monaci, retta consapevolezza?
Ecco, o monaci, un monaco dimora in un corpo osservando il corpo, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella sensazione osservando la sensazione, strenua, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella mente osservando la mente, strenua presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora tra gli elementi osservando gli elementi, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Questa, o monaci, vien detta retta consapevolezza.
Cosa è, o monaci, retta concentrazione?
Ecco, o monaci, un monaco lungi da elementi non salutari raggiunta la riflettente, osservante, nata da distacco beata serenità, prima esperienza raggiunta dimora. Riflessione ed osservazione quietate, l'intera tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la non riflettente non osservante nata di concentrazione, beata serenità, seconda esperienza raggiunta dimora. Superata la beatitudine, in assenza di ogni alterità, equanime dimora, e prova nel corpo quella serenità per cui i nobili dicono: l'equanime savio dimora sereno, e terza esperienza raggiunta dimora. Ed ancora superando la gioia, superando il dolore, purificandosi da precedenti euforie o sofferenze, raggiunta la priva di dolore, la priva di gioie, equanime, consapevole, perfetta, quarta esperienza raggiunta dimora. Questa, o monaci, vien detta retta concentrazione.
Questa, o monaci, vien detta la nobile verità sulla via che mena alla fine del dolore.
Così egli all'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli elementi dimora osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli elementi. Egli dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il passare degli elementi
COMMENTO ALLA SECONDA PARTE
Cosa è, o monaci, la retta vita?
Ecco, o monaci, un nobile discepolo, abbandonata una vita opposta, intraprende un modo di vivere secondo retta vita. Questa, o monaci, viene detta retta vita.
Stando alla frase, appare evidente come ci sia una concezione culturale generale dalla quale si parte per definire l'esistenza di una NORMALE VITA! In pratica, tutti sappiamo come sia la vita normale. Tutti sappiamo con quali mezzi e per quali fini conduciamo la vita normale. E' una cosa che tutti sappiamo al punto tale che non è necessario precisarla.
Però questo diventa un dato culturale. Una situazione soggettiva che viene fatta passare come una situazione oggettiva nella quale tutti gli individui, in tutto il mondo, praticano quel modo di vivere. Quello che è una visione soggettiva di una cultura viene elevato ad oggettività relativa a tutte le culture. Se non viene precisato, chi ci dice che in questo momento non siamo seguendo la retta vita e che opponendoci a questo altro non facciamo che andare nella direzione contraria della retta vita?
Per accettare che questa affermazione abbia in sé un valore è necessario pensare che non ci fosse bisogno di precisazioni in quanto tutti, culturalmente, erano tanto convinti delle modalità di svolgimento della propria vita e che fosse sufficiente fare l'affermazione di una vita opposta perché a tutti gli astanti fosse chiaro che cosa significasse. Esattamente come tutta la filosofia occidentale, dalla scolastica fino a qualche anno fa, discuteva sull'esistenza o attorno all'immagine del dio padrone perché a nessuno veniva in mente di mettere in discussione quell'immagine e i suoi derivati, né sorgeva in qualcuno l'idea di costruzioni filosofiche diverse che non fosse l'assoggettamento al dio padrone.
Lasciare l'indicazione in questo modo NON HA SENSO! Diventerebbe un semplice trucco dietro il quale nascondere la propria mancanza di indicazioni, di idee e lasciare che l'interlocutore, attraverso la sua immaginazione, riempisse quella frase del significato che lui intende debba avere.
Pertanto, in questo caso, il concetto di NORMALE VITA non andrebbe a significare delle cose determinate, ma sarebbe lasciato all'interlocutore e all'uso che egli ne fa della sua immaginazione. Per fare un esempio nell'assurdo (mica tanto però!) la NORMALE VITA potrebbe essere quella di sgozzare chi non si mette in ginocchio! Se un'affermazione non viene riempita di significato, ogni immaginazione proietta su quella definizione quanto ritiene che quella definizione per lei significhi o voglia significare.
Noi, come Pagani Politeisti, sappiamo perfettamente che esistono due modi diversi attraverso i quali affrontare la vita: attraverso il Potere di Avere e attraverso il Potere di Essere. Però sappiamo pure che questo noi lo possiamo enunciare perché, come Pagani Politeisti, sappiamo che oltre all'esistenza che stiamo vivendo in questo momento non avremmo altre opportunità per costruire noi stessi. Per questo motivo come Pagani Politeisti necessitiamo di definire le regole, regole chi si trasformano in dogmi di LIBERTA', dai quali non possiamo tornare indietro, ma ci impongono di sommare LIBERTA' a LIBERTA' attraverso il nostro fare e le nostre azioni. Come Pagani Politeisti sappiamo che le tensioni divine che costituiscono la nostra esistenza possono essere dissetate in un modo reale o in un modo apparente. Dove, il modo reale è la soluzione delle tensioni all'interno del Potere di Essere in cui la soluzione della singola tensione, anche di natura contingente, porta l'intero individuo a crescere e dilatarsi rispondendo alla Madre di Tutte le Tensioni che è l'Intento Universale (il TIRANNO DELL'ESISTENZA). Il modo fittizio è quello del Potere di Avere che porta ad appropriarci di persone sia attraverso oggetti sia col terrore; manifestazione di violenza e di paura che porta si ad acquietare la tensione che si esprime, ma lascia l'individuo assetato in quanto non soddisfa né incide sulla crescita e sulla dilatazione dell'individuo nel mondo nel quale è nato. Questa sete non soddisfatta porta l'Eros Universale, l'Intento, a nutrirsi della stessa energia dell'individuo fino a lasciarlo vuoto alla morte del corpo fisico e incapace di trasformare la morte dello stesso in nascita del corpo luminoso. Come Pagani Politeisti conosciamo i due sistemi attraverso i quali affrontare l'esistenza, ma noi non abbiamo un fine da raggiungere, ma un sentiero da percorrere e da costruire mentre lo percorriamo. E' il percorrere quel sentiero, i mezzi e la direzione che assumiamo nel costruirlo, che ci porta a costruire il nostro corpo luminoso.
Come Pagani Politeisti noi non possiamo dire ad una persona come deve vivere o quale sia il giusto modo di vivere, ma dobbiamo enunciare i principi che stanno a fondamento del nostro modo di vivere e lasciare che ogni persona adatti quei principi alla situazione culturale nella quale vive. Quando io enuncio il principio secondo cui la vita è attività di espansione di un soggetto ed enuncio come qualità di espansione il suo sapere, la sua intelligenza, la sua conoscenza, la qualità della sua vita, lo sviluppo della sua sensibilità ecc. ho indicato una direzione generale da percorrere, non ho imposto al soggetto come deve percorrere la sua vita, cosa è importante fare, come deve comportarsi. Non gli ho detto che deve o non deve uccidere, ma ho detto che deve proteggere sé stesso. Se per proteggere sé stesso uccide o non uccide, non sta a me stabilire se è giusto o meno, ma sta alle tensioni che da dentro di lui spingono per espandersi e dalla purezza del suo cuore nel cavalcare quelle tensioni.
Anche il principio dell'Ottuplice sentiero che stiamo commentando non stabilisce un modo di vivere, ma non definisce nemmeno l'opposto dal quale partire. Se io dico che ci sono situazioni, e sono maggioritarie, di manifestazioni culturali il cui scopo è la costruzione dell'assoggettamento dell'individuo, descrivo un modo di essere e un fine del contesto culturale. Se io dico, tu devi fare il contrario di quello che tutti fanno, non dico nulla se non vado a stabilire quello che tutti fanno!
Cosa è, o monaci, retto esercizio?
Ecco, o monaci, un monaco dirige ed esercita la propria volontà a che non sorgano non sorti cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà ad abbandonare sorti cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà a far permeare, a non confondere, ad incrementare, a sviluppare, a coltivare, a perfezionare, sorti salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Questo, o monaci, viene detto retto esercizio.
Leggendo il paragrafo del sesto elemento mi appare l'Essere Umano staccato dal mondo! L'Essere Umano quale prodotto diverso dal mondo. L'Essere Umano che non ha nulla a che vedere col mondo! Le trasformazioni dell'Essere Umano che lo hanno portato a far sorgere elementi, qualunque sia la loro natura, è parte asettica e distaccata dal mondo. Non i fenomeni del mondo hanno manipolato l'Essere Umano costringendolo ad adattarsi, ma ha fatto sorgere qualche cosa indipendentemente dal mondo in cui quell'Essere Umano vive.
Ritorniamo alle proposizioni del Paganesimo Politeista.
L'Essere Umano è diventato quello che è diventato per adattamento soggettivo ai fenomeni che dal mondo in cui è nato si muovevano verso di lui. I suoi adattamenti sono diventati i suoi pensieri, gli elementi che dentro di lui emergono, le soluzioni che adotta nell'emergere, le strategie di vita, la sua intelligenza ecc. Dato l'intero suo divenuto, si è detto che per il Paganesimo Politeista esistono due metodi (sempre parlando per schemi) attraverso i quali affrontare la vita: il Potere di Essere e il Potere di Avere! Ogni Sistema Sociale che noi conosciamo è permeato del Potere di Avere, ciò nonostante, ogni Sistema Sociale non può vivere di solo Potere di Avere in quanto deve, come minimo, avere al suo interno Esseri Umani che sviluppano il loro potere di Essere almeno per appropriarsene. Esiste una possibilità di scelta. Scelta che viene percepita come necessaria quando l'individuo si accorge che l'Intento che spinge dentro di lui è assetato e che l'appropriazione, da sola, non è in grado di dissetare. Il problema che l'individuo deve risolvere consiste nel fatto che quanto egli esprime culturalmente è frutto della violenza subita all'interno del condizionamento educazionale mentre era molto piccolo. Quella violenza è stata interiorizzata, fatta propria ed ha imposto all'individuo di adattarsi scegliendo, nella struttura sociale, la propria nicchia di adattamento. Quando l'individuo è stato addestrato era molto piccolo. Era convinto che quello era l'unico modo per affrontare la vita e soddisfare le varie tensioni. Non pensava di doversi difendere dalle affermazioni e dalle imposizioni più o meno dolcificate che gli venivano presentate: si è adattato al Potere di Avere scegliendo la nicchia sociale che meglio lo rappresentava date le sue forze, la sua collocazione e quanto, in quel Sistema Sociale, rappresentava il Potere dell'Appropriazione. Ora si guarda indietro. Per guardarsi indietro è necessario riconoscere l'intera violenza subita e invertire la direzione della propria vita attraverso la quale soddisfare i propri bisogni, la propria sete, le proprie tensioni.
In questa situazione il discorso diventa logico! E' necessario cambiare la direzione nella quale vivere e per far questo è necessario forgiare i nuovi strumenti attraverso i quali affrontare la vita nel nuovo modo. Lo strumento è il soggetto stesso che deve affrontare il nuovo: ecco l'esercizio della propria volontà nell'esercizio. Dove, ancora una volta, il termine volontà che viene espresso nell'ottuplice Sentiero è proprio del Potere di Avere. Infatti deve piegare attraverso l'esercizio la mente. E per mente, appare evidente, viene rappresentato tutto l'apparato psicologico e psichico della persona. Ciò che il Buddismo ignora è il piacere del Potere di Essere. Il Potere di Essere soddisfa la tensione e il bisogno, ma non annulla l'espressione delle tensioni e dei bisogni.
Dirige la sua volontà per bloccare il sorgere di cattivi elementi prima ancora che sorgano. In pratica blocca la sua mente quale produttrice di elementi cattivi. Impegna la sua volontà per BLOCCARE. BLOCCARE la capacità della mente di far sgorgare soluzioni che sono sempre e comunque portatrici di cattivi elementi. Non dice: Dirigere la mente affinché buoni elementi sorgano. Ma i cattivi vanno bloccati e una volta che si raggiunge la forza questa viene applicata alla mente. Quest'azione viene applicata in tre fasi diverse, come se la persona fosse separata dalla vita. I tre elementi devono camminare assieme e non rappresentano fasi distinte per chi individuo le soluzioni dell'esistenza fra Potere di Avere e Potere di Essere.
Dal punto di vista del paganesimo Politeista dovremmo dire che gli elementi propri del Potere di Avere vengono sostituiti dagli elementi propri del Potere di Essere e la disciplina, la forza vengono applicate per ristrutturare l'individuo nella ricerca di elementi propri al Potere di Essere e liberarlo dagli elementi del Potere di Avere quali soluzioni ai problemi che incontra. La via alla Stregoneria, il Crogiolo dello Stregone, serve anche a questo. Non applichiamo la forza e la volontà affinché qualcosa NON sorga, ma comunque lo facciamo sorgere dando la direzione della costruzione di noi stessi. I tre elementi quali bloccare il sorgere di cattivi elementi, abbandonare i cattivi elementi e sviluppare gli elementi salutari camminano assieme. Non vengono abbandonate le stampelle se le mie gambe sono ancora deboli, ma aumento l'esercizio sulle gambe affinché diventino forti. Perché diventino forti devo camminare! E' il camminare che porta a rafforzarmi le gambe ed è il camminare che mi permette di abbandonare le stampelle. Se io abbandono lo stampelle devo strisciare! Le tre cose devono camminare assieme ed è la terza cosa, coltivare elementi salutari che ci porta ad abbandonare cattivi elementi e ad impedirgli di sorgere. Si impedisce di sorgere alle soluzioni dei problemi proprie del Potere di Avere perché a quei problemi si è data la soluzione propria del Potere di Essere.
Proprio perché Dirige ed esercita la volontà a far permeare, a non confondere, ad incrementare, a sviluppare, a coltivare, a perfezionare, sorti salutari elementi, lungo la costruzione del Potere di Essere che abbandono gli elementi propri del Potere di Avere e il loro sorgere. Se io scopro che posso soddisfare i miei bisogni sessuali attraverso il Venerare il mondo, non ho più bisogno di stuprare! Proprio perché il Venerare sorge, lo stuprare scompare!
Cosa è, o monaci, retta consapevolezza?
Ecco, o monaci, un monaco dimora in un corpo osservando il corpo, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella sensazione osservando la sensazione, strenua, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella mente osservando la mente, strenua presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora tra gli elementi osservando gli elementi, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Questa, o monaci, vien detta retta consapevolezza.
E' interessante questo pezzo relativo all'Ottuplice Sentiero. Credo che rappresenti la sintesi di uno dei più grandi inganni che abbia attraversato la specie umana fin da quando elaborò la ragione come strumento attraverso il quale descrivere e analizzare il mondo. Da strumento la ragione divenne padrona dell'individuo e separò sé stessa dall'individuo.
Per riuscire ad analizzare questo elemento dobbiamo individuarne gli ATTORI! Innanzi tutto c'è un osservatore che è il monaco. Il monaco, persona, rappresenta l'ego (io sono) che osserva strenuo, presente e consapevole tenendo lontano dal mondo la cupidigia e la sofferenza! Poi abbiamo altri ATTORI ai quali viene assegnata una parte passiva: un corpo fisico, una mente e un'oggettività composta da elementi (o elementi che costituiscono l'individuo, la distinzione è irrilevante). In sostanza, dice questo Buddismo, l'individuo si estranea dal suo corpo e lo osserva, si estranea dalla sua mente e la osserva, si estranea dagli elementi e li osserva. Nell'osservarli mantiene un atteggiamento di distacco senza farsi coinvolgere sia nella rappresentazione del dolore, sia nelle brame di cupidigia.
QUESTA VIENE DETTA RETTA CONSAPEVOLEZZA!
Innanzi tutto perché è possibile fare quest'affermazione? Perché l'Essere Umano ha una ragione! La ragione si erge a giudice dell'esistente e da giudice descrive, numera e interpreta. Cosa comporta questo? Comporta che la ragione agisce come elemento separato dall'individuo, dalla sua mente (non solo intesa come mente che manifesta pensieri e tensioni, ma anche come apparato psichico e fonte di passioni, sentire e percepire dell'individuo); dalla sua fisicità che la considera soltanto un supporto materiale finalizzato alla sua esistenza e alla sua espressione; infine dagli elementi che, sia che siano considerati interni o esterni all'individuo costituiscono. Quando noi non avevamo ragione e dovevamo organizzare la nostra vita attraverso l'intuizione, la nostra mente, il nostro corpo e gli elementi partecipavano all'azione nel momento stesso in cui manifestavano sé stessi. Con l'avvento della Ragione, prima come strumento e poi come dominatore, c'è stata la separazione fra quello che è l'intervento dell'apparato psichico e del corpo ad agire negli e attraverso gli elementi. La Ragione ha preteso di mediare fra psichicità, fisicità e mondo pretendendo e imponendo giustificazioni per ogni azione.
In Stregoneria noi abbiamo lo scopo di far uscire l'intuizione e farla agire indipendentemente dalla ragione sia per far coincidere azione con Intento, sia per costringere la ragione a cedere, anche se per qualche istante, il controllo dell'individuo alla parte più antica dell'intuizione umana, sia per costringere la ragione a dilatarsi nel momento che deve giustificare azioni che lei non comprende davanti ad un'oggettività nella quale vuole riaffermare il suo controllo sull'individuo.
Quando, in Stregoneria, blocchiamo la ragione non è che questa sparisca, ma osserva quanto succede e cerca (se è una buona ragione) di capire e di comprendere. Risultato? Esattamente come quando eravamo appena nati: si analizza il nostro corpo, si analizzano le tensioni psichiche e le passioni, si analizzano gli elementi della vita. In altre parole si continua a crescere!
Dove sta l'inganno? Sta nell'onnipotenza dell'osservatore! Perché non parlare di un corpo che osserva il monaco? O di una mente che osserva un corpo e un monaco? O negli elementi che osservano un monaco, un corpo e una mente?
L'osservatore è stato costruito dal suo corpo, dalla sua mente e dagli elementi; il corpo è stato costruito dall'osservatore, dagli elementi e dalla sua mente; la mente è stata costruita dall'osservatore, dal corpo e fagli elementi; gli elementi sono relativi al corpo, all'osservatore e alla mente! Cosa ha di diverso l'osservatore? Ha la volontà, ma non come volontà del Potere di Avere come appare nella descrizione, ma la volontà del Potere di Essere come mondo, rappresentazione di sé stesso (come osservatore) e come Essere che agisce in un mondo d'azione!
Nel Crogiolo dello Stregone, la tecnica simile, va sotto il nome di Ascoltare le Correnti Vegetative, ma in Stregoneria esiste un'unicità di intenti, il corpo, la mente, la psiche e quello che definisco Ego (io) sono la stessa cosa che agiscono e percepiscono il mondo in maniera diversa. Da quanto sto comprendendo, nel Buddismo, c'è un io che si costruisce attraverso varie vite e quella che è il suo corpo, la sua mente e gli elementi, sono oggetti esterni all'ego(io). Questo implica un'estraneità della ragione nella quale l'individuo identifica sé stesso col suo corpo, la sua mente e gli elementi. Pertanto esiste una differenza di fondo nel rapportarsi col mondo. Se per un Buddista il corpo è fonte di dolore, tenderà ad annullare il corpo al fine di annullare il dolore! Per un Pagano Politeista il corpo è il fondamento del suo ego (io) e pertanto è parte importante nella formazione del suo ego (io). In queste condizioni un Pagano Politeista curerà il suo corpo perché comunque manifestazione di sé stesso! Così la mente o l'apparato psichico, è fondamento dello sviluppo dell'ego (io) dunque la svilupperò perché sviluppo me stesso! Così per gli elementi (siano essi interni a me o esterni), essi sono parte di me (gli elementi esterni, i fenomeni, comunque mi costringono ad adattarmi e pertanto a modificarmi)!
Se si considera lo sviluppo dell'ego (sempre inteso come io, come coscienza) che passa attraverso più reincarnazioni, il corpo è solo un veicolo, un mezzo che una volta usato si butta, la mente lo stesso e gli elementi sono sempre oggetti d'uso! Se come Pagano Politeista considero questa occasione di vita come l'unica occasione che ho, il mio Ego (io sono) espressione del mio corpo, delle mie tensioni, della mia psiche (mente) e degli elementi che agiscono dentro e fuori di me e considero, per di più che tutto questo è manifestazione degli DEI dentro e fuori di me, io DEBBO separarmi da questo insieme per costruire me stesso, ma nello stesso tempo è attraverso lo sviluppo di questo insieme che costruisco me stesso.
Io agisco come corpo, come corpo costruisco me stesso; io agisco come psiche e come mente, io separo me stesso dalla psiche e dalla mente; io agisco come elementi e fra gli elementi, separo me stesso dagli elementi! Posso essere corpo e agire come corpo: ho la consapevolezza del corpo! Posso essere mente ed agire come mente e psiche: ho la consapevolezza di psiche e mente! Posso agire come elementi sia interni che esterni a me (soggettivare l'oggettività): ho la consapevolezza degli elementi!
Ascoltando le Correnti Vegetative io prendo consapevolezza degli infiniti DEI che forgiano la mia esistenza; vivendo quegli DEI io forgio me stesso come un DIO!
Per quanto riguarda poi il discorso di Cupidigia e Sofferenza io riconosco le differenze fra Potere di Essere che riconosce lo sviluppo del mio esistere quale sviluppo di ogni parte (se così vogliamo chiamarla) che mi compone (come lo sviluppo di un Sistema Sociale è dato dallo sviluppo delle sue parti) dal Potere di Avere che ponendo la ragione al centro della mia esistenza nega a qualsiasi elemento il diritto di manifestarsi a meno che non si pieghi e si sottometta al giogo della sua descrizione rientrando nei suoi schemi.
Come si vede il Paganesimo Politeista precisa, precisa e precisa (e quanto si è precisato non è ancora sufficiente). Non si può permettere di lasciare all'indeterminatezza le cose se non quando le cose possono essere percepite al di fuori dell'ambito culturale nel quale si manifestano.
Bloccando il Dialogo Interno noi guardiamo il mondo! Bloccando il Dialogo Interno noi guidiamo la nostra attenzione dentro e fuori di noi! Bloccando il Dialogo Interno noi rivitalizziamo lo scorrere della nostra energia quando l'attenzione la portiamo dentro di noi. Bloccando il Dialogo Interno noi costringiamo le parti che ci costituiscono a dilatarsi nella loro oggettività!
Dunque, potremmo dire: un corpo dimora osservando il corpo, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; la sensazione dimora nella sensazione osservando la sensazione, strenua, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza (lontano dal mondo il Potere di Avere); dimora nella mente osservando la mente, strenua presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza (lontano dal mondo il Potere di Avere); gli elementi dimorano tra gli elementi osservando gli elementi, strenui, presenti, consapevoli, lontani nel mondo la cupidigia e la sofferenza (lontani dal mondo il Potere di Avere). E' simile a quanto detto sopra, quasi uguale, anzi è uguale, ma si colloca in maniera diversa nel modo di vivere e di affrontare il mondo! Allora non è uguale anche se simili sono le parole, ma profondamente diverso è il sentire, il vivere e il curare!
Cosa è, o monaci, retta concentrazione?
Ecco, o monaci, un monaco lungi da elementi non salutari raggiunta la riflettente, osservante, nata da distacco beata serenità, prima esperienza raggiunta dimora. Riflessione ed osservazione quietate, l'intera tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la non riflettente non osservante nata di concentrazione, beata serenità, seconda esperienza raggiunta dimora. Superata la beatitudine, in assenza di ogni alterità, equanime dimora, e prova nel corpo quella serenità per cui i nobili dicono: l'equanime savio dimora sereno, e terza esperienza raggiunta dimora. Ed ancora superando la gioia, superando il dolore, purificandosi da precedenti euforie o sofferenze, raggiunta la priva di dolore, la priva di gioie, equanime, consapevole, perfetta, quarta esperienza raggiunta dimora. Questa, o monaci, vien detta retta concentrazione.
Leggendo questo testo lo interpreto come il raggiungimento di stadi diversi di FISSITA' nella quale l'individuo fissa e circoscrive sé stesso e che l'estensore chiama concentrazione. Un simile concetto è possibile soltanto se si considera, come del resto il Buddismo considera, una separazione fra il corpo e l'individuo vero e proprio. Un individuo che si costruisce per reincarnazioni e un corpo che, passivo (se non corruttore nei confronti dell'individuo in quanto gli trasmette quelle tensioni e quegli elementi che lo obbligano a continuare le reincarnazioni) non ha altra funzione che provocare dolore. Partendo da questo apriori l'individuo si separa progressivamente dal giogo del corpo, dai suoi bisogni e dalle sue tensioni e raggiunge il primo distacco in cui la serenità beata lo porta a riflettere la propria serenità sull'oggettività. Egli diventa beato perché l'oggettività non lo coinvolge, ma lui riflette su di essa il suo distacco. In questo distacco l'individuo dimora. Questo sarebbe il primo stadio raggiunto dalla sua attività: la prima concentrazione!
La seconda concentrazione, nella quale il beato dimorerebbe, riguarda la mente. Dove ciò che viene acquietato è la tensione dell'osservazione e della descrizione, del giudizio. Il pensiero che elabora quanto osserva e costruisce delle tensioni nell'osservazione. Tensione che turba l'individuo e questi la deve acquietare con un atto di concentrazione. Quanto l'individuo elabora della sua osservazione non viene acquietato. Non c'è più elaborazione. Quanto osserva lo attraversa, non lo fa vibrare, non interferisce in lui. In questa seconda esperienza, in questa beata serenità l'individuo dimora. Anche nel Paganesimo Politeista si blocca il flusso delle parole, si blocca la descrizione, ma non per acquietare quella che viene chiamata mente, ma per far affluire all'individuo elementi dei fenomeni che la descrizione annulla o impedisce l'arrivo e per far elaborare il percepito dalla parte più antica del cervello, dall'intuito. Da quanto di antico emerge e che la descrizione della ragione tiene distante. Quest'azione richiede molta concentrazione e molta pratica, ma una concentrazione e una pratica che viene interrotta quando nell'individuo gli elementi strategici della propria vita fanno affluire l'intuito profondo per alimentare gli intenti e la strategia da raggiungere. Come Pagani Politeisti affermiamo che non è possibile vivere annullando la ragione, per come la nostra specie si è trasformata in milioni di anni, pur tuttavia non è possibile permettere alla ragione di distruggere o annichilire quanto ha costruito la nostra specie, il nostro intuire e l'interazione soggettiva con gli elementi che ci hanno costretto a costruire le nostre strategie per modificarci e adattarci. Bloccare il dialogo interno non ci porta alla beata serenità che per noi Pagani Politeisti equivale alla morte e alla distruzione della nostra occasione, ma ci costringe ad affiorare un diverso modo di percepire, di analizzare e di agire nel mondo.
Sembra di scorgere che mentre il Buddista cerca la beata serenità, il Pagano Politeista cerca gli ostacoli che impediscono la vita e si organizza per rimuoverli. La concentrazione, per il Buddista, serve per bloccare la mente affinché non dia turbamento; la concentrazione, per il Pagano Politeista, serve per bloccare la descrizione e far affiorare all'azione la propria intuizione!
Per un Buddista superate le tensioni che da' all'individuo il corpo e la mente porta alla beatitudine dove, quanto viene percepito senza manifestare contraddizioni (o interesse per le contraddizioni) da un agente esterno, i nobili, questi può affermare: L'equanime savio dimora sereno!. In pratica ci sarebbe un terzo stadio di concentrazione nel quale l'individuo viene riconosciuto da agenti esterni che gli riconoscono il dimorare sereno. Sembrerebbe che il superamento delle tensioni non sia riconosciuto dal soggetto che le supera, ma venga avallato da testimoni esterni! Questa non la posso commentare in quanto, come Pagano Politeista, non considero nessun agente esterno giudice nel mio divenuto, nemmeno gli DEI davanti ai quali mi presento armato di arco pronto a combattere qualora non mi riconoscono! Comunque, i Buddisti in questa rappresentazione manifestano il loro grado di concentrazione che chiamano: dimorare nella raggiunta terza esperienza!
La quarta esperienza è, a mio avviso, ancora più ambigua. L'ambiguità può essere intesa come la meta che chi detta l'Ottuplice Sentiero sta tentando di raggiungere, ma affermare che superando quanto io in questo momento vivo e trovo necessariamente una situazione come vorrei che la situazione fosse, lascia comunque una situazione in sospeso. Il PURIFICARSI DA PRECEDENTI EUFORIE O SOFFERENZE, dal punto di vista dei reincarnazionisti significherebbe giungere a purificarsi dalle precedenti vite. Dove superando la gioia e superando il dolore si giunge alla stasi. Nella stasi il Buddista dimora. Questo è un po' difficile da immaginarsi a meno che il veggente non percepisca movimenti e pratiche indistinguibili nella vita che sta facendo. Vi assicuro che dal punto di vista del Paganesimo Politeista non è possibile immaginare questo se non come morte. Solo che per morte, nel Paganesimo Politeista, si intende l'impossibilità di trasformare la morte del corpo fisico in nascita del corpo luminoso. Dissolvenza; fallimento della propria esistenza; cessazione delle trasformazioni; il proprio corpo pasto dei vermi, la propria energia pasto degli elementi! Pertanto non sono in grado di dare un giudizio o un commento sereno a questo passo, però posso immaginare una persona che si alzata ogni mattina prima dell'alba per andare in fabbrica o sui campi e lavorava fin dopo il tramonto, ogni giorno della settimana, ogni settimana del mese, ogni mese dell'anno, ogni anno della sua esistenza. Con gli anni un solo pensiero scorreva dentro il suo cervello: dormire; riposare. Un riposo senza sogni perché anche i sogni sono turbamento e lavoro. Oltre la ricerca della gioia e del piacere, con assoluta assenza di dolore e con una supplica: Non svegliatemi mai più! In questo caso la non consapevolezza è l'obiettivo del soggetto che RAGGIUNTA LA PRIVA DI DOLORE, LA PRIVA DI GIOIE, EQUANIME, CONSAPEVOLE, PERFETTA, QUARTA ESPERIENZA RAGIUNTA DIMORA.
Considerazioni sul commento all'Ottuplice Sentiero
Io ho commentato quanto ho letto partendo dal mio sentire, dal mio intuire e dalla mia percezione. L'ho commentato con gli occhi di un Pagano Politeista del ventunesimo secolo e con la mia interpretazione. Molto probabilmente esistono interpretazioni più pertinenti della mia. Interpretazioni che partendo anche da analisi filologiche possono meglio descrivere e definire quei concetti. Quanto io ho interpretato l'ho fatto con la mia esperienza di Stregoneria, pertanto chiunque può dissentire da quanto io affermo in quanto le visioni della Stregoneria sono visioni di natura soggettiva. Io non pretendo di aver dato la vera interpretazione di quanto fu scritto allora in India e d'altronde, a differenza degli scritti cristiani, non ho vissuto quell'esperienza per riuscire a leggere gli scritti Buddisti nelle cose del mondo e della mutazione che le cose nel mondo hanno avuto da quando quegli scritti sono stati interiorizzati da persone che li hanno riflessi sul mondo. Pertanto devo usare l'intuito in un mondo dove l'intuire ha ben pochi agganci se non quello che le cose interpretate sono state scritte da altri Esseri Umani. Il Paganesimo Politeista è profondamente diverso dal Buddismo e anche dal supporto Induista su cui si è innestato. Non che l'Induismo e il Buddismo siano concezioni monoteiste, ma gli DEI sembrano seguire un diverso ruolo e una diversa collocazione nella vita degli Esseri Umani. Il problema nella BRHADARANYAKA UPANISAD è che contiene tutto e il contrario di tutto. Contiene ciò che il Paganesimo Politeista approva e ciò che il Paganesimo Politeista avversa. In quelle condizioni tutto può essere usato a seconda dei fini che gli individui si danno. Proviamo a fare un esempio su ciò che il Paganesimo Politeista considera reale: Gli dei (i sensi e i loro corrispondenti cosmici) dissero: Mediante il canto tu ti sei procurato tutto quanto è cibo. Di questo cibo ora rendici partecipi!. Entrate dunque in me!. Bene, dissero e da ogni parte in lui penetrarono. Perciò anche le altre divinità sono soddisfatte del cibo che esso soltanto mangia. Del pari i suoi si riconoscono una sola cosa con colui che così sa, ed egli diventa il protettore dei suoi, il migliore, il capo, il mangiatore di cibo, il sovrano. L'Essere della Natura quale sintesi degli DEI che agiscono dentro di lui e che lui alimenta. Li alimenta dentro di lui e li chiama nell'oggettività a sostenerlo. Vediamo cosa il Paganesimo Politeista, sempre dallo stesso testo, non considera reale: Quaggiù al principio non c'era che il nulla. Tutto era avvolto dalla morte o dalla fame, perché la fame è la morte. La Morte (MRTYU) creò la mente, pensando: Possa io avere un corpo! E, cantando inni di adorazione si mosse. Mentre cantava sorsero le acque. Allora egli disse: Mentre cantavo (arc) si è prodotta l'acqua (ka). Ecco come s'originò Arka (è il nome del fuoco sacrificale quale prodotto delle acque primeve) e perché ebbe questo nome!. Questo non piace al Paganesimo Politeista perché priva gli oggetti esistenti del coraggio, della determinazione e della volontà di trasformazione per adattarsi e manifestare quanto vediamo!
Questo discorso vale anche per il Buddismo che legato alla materialità della vita vede il proprio orrore nel dolore, nella vecchiaia e nella morte del corpo fisico. Negare la passione, negare le contraddizioni, negare tutto perché tutto conduce al dolore anziché, come nel Paganesimo Politeista, riconoscere l'esistente e attrezzarsi per farvi fronte.
E' il modo con cui si guarda alla vita che diverge. Questo diverso modo di guardare la vita porta ad avere considerazioni diverse per la vita stessa, porta ad organizzarci in maniera diversa e ad attrezzarci in maniera diversa. Il Buddismo non nega gli DEI, ma non coglie il loro crescere e il loro divenire, gli sforzi di trasformazione anche se a volte li coglie vogliosi di imparare e di apprendere, come se l'imparare e l'apprendere non fosse trasformazione, non fosse tensione, non fosse bisogno. Questi DEI sono distaccati, lontani dagli Esseri Umani e dal dolore, non vivono la quotidianità, non combattono le loro sfide della vita, non penano per conquistar la conoscenza e la consapevolezza, vivono in un mondo idilliaco dove non devono alzarsi al mattino per lavorare. Non devono arare il campo, non devono tessere la tela, non devono tessere dopo aver tessuto e tessuto ancora perdendo il prodotto del loro lavoro.
Due modi diversi di vedere la vita e, pertanto, modi diversi di concepire la conoscenza e la consapevolezza. Modi diversi di concepire il fine dell'esistenza. Direi quasi che il Buddista ha paura del dolore che gli provoca la vita quotidiana, il Pagano Politeista sfida la vita quotidiana consapevole che il dolore è parte della stessa. E' nelle condizioni dell'esistenza e per questo agisce per rimuovere cosa provoca dolore partendo da quanto egli legge della propria esistenza.
D'altronde, per un Pagano Politeista la vita fisica è parte della vita e alla morte del corpo fisico porterà con sé tutti gli sforzi di tutte le scelte, gli agguati, le trasformazioni e le azioni che ha fatto: ciò che ha fatto può plasmare il suo corpo luminoso e la qualità delle sue azioni, gli DEI che ha manipolato dentro di sé costituiranno la qualità del DIO che saprà far nascere trasferendo su di esso la sua Coscienza e la sua Consapevolezza. Il Pagano Politeista sa che dopo la morte del corpo fisico troverà ancora questo mondo. Questo mondo che percepirà con sensi diversi, tensioni diverse, bisogni diversi tanto che il mondo della forma, come noi oggi lo intendiamo, sarà sparito dai suoi occhi. Il mondo si presenta in una forma diversa perché diverso è il suo modo di percepirlo e attraversarlo.
Allora, per il Pagano Politeista diventa prioritario il vivere per sfida, l'autodisciplina del proprio vivere per sfida, l'intento e la direzione delle sue sfide, perché questo plasmerà e costruirà il suo corpo luminoso. Un corpo luminoso che potrà essere costruito perché in questo momento esiste un corpo fisico che il Pagano Politeista deve curare e usare al meglio perché E' SE' STESSO. Quel corpo fisico rappresenta una fusione di DEI che, come dice l'UPANISAD che abbiamo citato Perciò anche le altre divinità sono soddisfatte del cibo che esso soltanto mangia. Del pari i suoi si riconoscono una sola cosa con colui che così sa, ed egli diventa il protettore dei suoi, il migliore, il capo, il mangiatore di cibo, il sovrano! il singolo individuo fonda il proprio diventare un DIO alimentando gli DEI che lo formano.
Ecco perché posso commentare in questo modo e solo in questo modo quanto mi viene presentato. Le mie visioni, il mio intuire è la guida della mia ricerca, ma per quanto ho potuto non le ho usate nel commento per tentare di evitare di imporre una verità a quanto era manifestato!
Visioni e intuizioni che comunque mi saranno utili nel commento al DISCORSO SULLE CAUSE e nel commento sulle OTTO LIBERAZIONI.
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
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30175 Marghera - Venezia
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