Ancora in questo capitolo abbiamo l'espressione del libero arbitrio come un oggetto di appartenenza. Qualcosa che si possiede in contrapposizione al concetto di qualcosa che si esprime. Il libero arbitrio è espressione del soggetto e non uno strumento d'uso del soggetto stesso.
Secondo Plotino colui che sa è il proprietario del Libero Arbitrio. Il problema che sfugge a Plotino è che quanto si conosce è infima parte del conoscibile. Eppure, egli, come neoplatonico avrebbe dovuto conoscere gli Oracoli Caldaici.
Siamo d'accordo sul fatto che il libero arbitrio è espressione della volontà, ciò che non condividiamo è sul fatto che l'Uno sia in possesso della volontà. Non sono d'accordo nemmeno sul fatto che ci sia una coincidenza fra volontà e ragione. Anzi, direi che la ragione è la negazione della volontà in quanto la ragione ritaglia un proprio spazio di potere e di dominio all'interno della volontà.
Per Plotino il sapere è ridotto al sapere della ragione. Solo l'Essere Umano, per quanto vogliamo sapere, ha il sapere della ragione, Per quanto ci riguarda, tutti i figli di ERA esercitano la loro volontà, non necessariamente perché abbiano la conoscenza come la ragione umana vuole definirla.
La volontà è espressione del libero arbitrio, non il sapere o la conoscenza. Il Sapere e la conoscenza possono essere espressione del libero arbitrio, noi possiamo riconoscere queste azioni come cose importanti, ma se noi non le riconosciamo perché quel sapere e quella conoscenza ci sono estranee, non per questo non esercitano il loro Libero Arbitrio.
Io non sono il giudice dell'arbitrio di altri.
Solo che Plotino introduce, contemporaneamente il concetto di LIBERTA'. Ed eccolo affermare:
“Noi, riconducendo il libero arbitrio a principio più nobile, cioè all'attività dell'intelligenza, riconosceremo come veramente libere soltanto quelle azioni che rientrano in quelle premesse e riconosceremo come non involontari anche quegli impulsi che si destano per opera del pensiero; e diremo infine che la libertà è presente anche negli Dei che vivono in questo modo, cioè secondo l'Intelligenza e secondo impulsi che vengono dall'intelligenza.”
Libertà e libero arbitrio non hanno connessioni come non hanno connessioni l'Uno e quanto dall'Uno promana. La nobiltà, affermata da Plotino, è, di fatto, la negazione della capacità dell'Essere si esercitare il proprio Libero Arbitrio.
Se noi accettiamo questo, allora dobbiamo negare quanto afferma Plotino. Il libero arbitrio non appartiene a colui che sa, ma è manifestazione di colui che esiste.
In fondo è all'interno di questa contrapposizione che si fondano i postulati della moderna filosofia con la filosofia antica. Da un lato un Plotino, che come gigante si erge contro l'avanzata del terrore cattolico e dall'altra l'uscita dal terrore cattolico che si erge anche contro Plotino che ignorando come l'esistente vada a costruire la Coscienza Universale nega le attenzioni di GAIA finalizzate a fornire i suoi figli della falce dentata.
Il problema dell'appartenenza del libero arbitrio che si contrappone alla manifestazione del libero arbitrio come affermazione dell'ESSERE, qualunque sia la sua natura, nell'oggettività nella quale opera.
E' una contrapposizione fra Potere di Essere e Potere di Avere che costruirà l'inganno in tutta la formulazione della filosofia nei secoli.
Non il sapere come manifestazioni di sé stessi, ma manifestazione di sé stessi è l'articolazione del libero arbitrio.
N.B. Le citazioni di Plotino sono prese dalla traduzione di Giuseppe Faggian ed. Bompiani!
Scritto in Marghera il 23 luglio 2001
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Pagina tradotta in lingua Portoghese
Tradução para o português Ideologia neoplatônica: o Livre-Arbítrio pertence a quem discerne.
Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell’Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
L'ideologia neoplatonica è la mamma ideologica del cristianesimo. Il papà ideologico è l'ebraismo. Il cristianesimo non è nato dalla "predicazione di Gesù", ma da un'elaborazione ideologica fatta dai neoplatonici per fermare la deriva messianica e apocalittica che stava mettendo in pericolo la società romana. Come spesso accade, il rimedio può risultare più distruttivo del male.