Plotino afferma che:
L'Intelligenza è libera; l'anima può farsi libera.
Il concetto di Bene che guida le azioni dell'Intelligenza sono alla base delle argomentazioni di Plotino. Che cos'è il Bene? E' necessario precisarlo per capirci. Il Bene è il risultato delle azioni. Noi affermiamo che un'azione è per il Bene quando ci poniamo come spettatori davanti a quell'azione e ne emettiamo il giudizio relativo.
Il soggetto non guarda alla sua azione con gli stessi occhi dell'oggetto, ma esprime l'azione partendo da sé stesso. Se l'Intelligenza non ha bisogni e non ha tensioni ed è sottratta da Necessità, lo spettatore non può vedere le sua azioni né affermare che quelle azioni sono rivolte al Bene.
Le azioni possono essere giudicate rivolte al Bene soltanto se esiste un fine riconosciuto dallo spettatore a cui le azioni tendono e che lo spettatore chiama bene o se lo spettatore riconosce le tensioni, i bisogni e le necessità da cui le azioni provengono e deduce che quelle tensioni e quelle necessità inducono il soggetto, in questo caso l'Intelligenza, al Bene. Il Bene non è un giudizio esente dalla relazione che l'azione costruisce nell'oggettività in cui si muove e per gli effetti che produce. Il Bene non può essere attribuito aprioristicamente all'Intelligenza se non consociamo i parametri di giudizio e gli Intenti per cui l'Intelligenza stessa si muove. Al di fuori dei parametri d'azione noi non possiamo affermare che una probabile Intelligenza si muove sempre e comunque per il Bene al di là delle azioni stesse.
Se così fosse, significa che abbiamo costruito una struttura di dipendenza del giudicante dal giudicato. Dove il giudizio del giudicante non risponde a parametri oggettivi o a dei parametri predeterminati sui quali si possono fare dei confronti o tenere delle argomentazioni, ma tutto deve tacere in quanto ogni azione presentata, comunque presentata è comunque attività e manifestazione del Bene nella misura in cui proviene dall'Intelligenza. Questo modo di ragionare e di presentare il problema non è corretto, in quanto piega l'intelligenza dello spettatore alla manifestazione di un attore che comunque non recita, ma viene immaginato dallo spettatore stesso. Lo spettatore prigioniero del proprio immaginario nel quale chiude e comprime la propria azione. In questo tipo di formulazione vengono alzate le sbarre di una gabbia psichica in cui si imprigiona tutta la qualità del pensiero del soggetto e la sua possibilità di espansione nella vita quotidiana.
Scrive Plotino:
"L'anima dunque diventa libera, quando, senz'alcun ostacolo, tende al Bene per mezzo dell'Intelligenza: ciò che essa fa per Lui dipende soltanto dal suo libero arbitrio. L'Intelligenza invece è libera per sé stessa, mentre la natura del Bene è di essere il "desiderabile" in sé, e per Lui posseggono il libero arbitrio le altre cose, qualora possano o raggiungerlo senza ostacoli o possederlo."
La tensione al Bene per mezzo dell'intelligenza però, ciò che essa fa per l'Intelligenza, dipende dal suo libero arbitrio. E' una scelta soggettiva. Come scelta soggettiva, può essere tesa al Male. E' concepibile per Plotino che l'anima combatta l'Intelligenza ritenendola detestabile?
Per Plotino questo non è possibile in quanto fonte dell'anima e soddisfazione del bisogno dell'anima è l'appagamento dell'Intelligenza che chiama Bene. Solo che ciò che è Bene è relativo all'Intelligenza a cui l'anima deve tendere, non è relativo all'anima stessa. Il pensiero cortocircuita su sé stesso quando vengono poste delle condizioni aprioristiche al pensiero e dei paletti invalicabili quali presupposti dello sviluppo del proprio pensato. Quando quel pensato non descrive una realtà, ma risponde ad esigenze soggettive di pensarlo e viene proiettato sulla realtà perché questa è la necessità del soggetto che deve piegare la realtà alla propria immaginazione.
Chi non può disporre di libero arbitrio all'interno di questo schema è proprio l'anima. Essa, infatti, non dispone di un Bene per sé stessa, ma tende al Bene che è riferito all'Intelligenza la quale farebbe partecipe anche l'anima. Non esiste un Bene dell'anima, ma esiste un Bene dell'Intelligenza al quale l'anima può partecipare. Dal momento che l'Intelligenza non ha tensioni soggettive, non ha bisogni, non può nemmeno esprimere il libero arbitrio.
La formulazione del libero arbitrio appartiene all'attività del soggetto che sceglie spinto dai propri bisogni e dalle proprie tensioni a scegliere i migliori adattamenti soggettivi, nell'oggettività in cui vive, al fine di espandere sé stesso. Il concetto di espansione in Plotino non esiste, esiste un ritorno dell'anima all'Intelligenza, dove la necessità di ritorno dell'anima all'intelligenza è vissuto come percezione del Bene da parte dell'anima e il suo raggiungimento è definito attività dell'anima per l'espletamento del suo libero arbitrio. E' come se qualcuno dicesse che sto esercitando il mio libero arbitrio mentre ammanettato e con un mitra alla testa vengo portato nelle camere a gas.
Proprio perché Plotino sottrae l'Intelligenza dalle tensioni e da Necessità sottrae anche Libertà dalla descrizione che egli ne dà dell'Intelligenza. Libertà è uno stato di trasformazione di un ente: Libertà noi lo identifichiamo in un ente che passa da uno stadio ad un altro stadio rimuovendo degli ostacoli oppressivi che lo soffoca. Nel passaggio da uno stato ad un altro noi individuiamo l'attività di Libertà. Il primo stadio e il secondo stadio vissuti dal soggetto vengono definiti due stadi di verità nei quali il soggetto manifesta la propria interazione col mondo partendo dai fenomeni che percepisce, intuisce e descrive del mondo.
Anche volendo, per assurdo, ammettere l'esistenza dell'Uno, quest'essitenza dovrebbe essere lo stadio di Verità cui il soggetto tende attraverso un processo di liberazione soggettiva. La Libertà è attività della Coscienza di Sé circoscritta che espande sé stessa nell'oggettività inconscia.
Plotino ha sentore che l'Uno potrebbe essere diverso da quanto immagina e allora eccolo usare l'immaginazione per immaginare la negazione del suo discorso. Egli non può accettare che la sua definizione di Uno quale portatore di Volontà, Libertà ed Intelligenza (usati come sinonimi dell'Uno) sia messa in discussione, però immagina che qualcuno possa mettere in discussione che l'Uno è quello che è per caso e che:
"e che sia ciò che è non per sé stesso, e che non possegga né la libertà, né il libero arbitrio e che non dipenda da Lui il creare o il non creare ciò che è costretto a creare o a non creare. Questo discorso, rude e imbarazzante, distrugge completamente la natura dell'atto volontario e libero e persino il concetto di libero arbitrio, come se le nostre parole siano state dette invano e siano puri suoni di cose che non esistono: in questo modo si viene ad affermare che nulla dipende da nulla, ma persino negare che si possa pensare o comprendere il senso di questa parola. Ma se il nostro avversario confessa che questa parola (l'Uno) abbia un significato, diventa più facile confutarlo, perché il concetto di libero arbitrio si applica a quegli esseri ai quali, secondo lui, non di dovrebbe applicare. In concetto non si preoccupa certo di esistere..."
Plotino si è reso conto che il suo discorso è audace. Forse anche un po' folle. Allora immagina un avversario che neghi la volontà creatrice come possesso dell'Intelligenza, ma affermi che quanto viene in essere avvenga per necessità dell'Uno che quella cosa può fare e solo quella cosa.
In realtà, una scuola che facesse e affermasse questo toglie all'Uno due cose fondamentali: il nous e la volontà! Questo non solo non è rozzo, ma è la descrizione della realtà alla quale Plotino sfugge. Sfugge che l'Uno permea l'esistente, è la base di trasformazione dell'esistente, ma non ha nous, non ha volontà e non ha Intento. In altre parole non ha intelligenza, non ha "EROS" e non ha volontà per trasformare in funzione di... Rozzo, semmai è risolvere la trasformazione dell'esistente attribuendo all'Uno cose che l'Uno non ha.
Rozzo, semmai è circoscrivere le cose all'interno del possesso di oggetti esterni e non attraverso l'espressione delle cose stesse. Proprio quando le Coscienze di Sé esprimono sé stesse separando la propria Coscienza di Sé dall'Inconscio circostante diventando consapevoli esprimono NOUS, cioè INTELLIGENZA, intesa come capacità di progettare sé stesse e di agire nelle relazioni col loro circostante, esprimono VOLONTA' nelle loro azioni che sono legate all'INTENTO universale: EROS! Proprio perché sono legate all'INTENTO universale quale risposta alle tensioni che da dentro sé stesse spingono per l'espansione, si può affermare che sono rivolte al BENE. Il BENE che in questo caso si sottrae ad ogni giudizio di ordine morale in quanto sta ad indicare l'attività di EROS: spezzare le membra o sciogliere i legamenti. In altre parole, RENDERE LIBERI!
Tutto questo discorso annulla premesse e logica delle affermazioni di Plotino dimostrando come le sue affermazioni altro non sono che proiezioni dei suoi desideri soggettivi nei confronti dell'Uno e non si tratta di una ricerca nella quale costruire il proprio giudizio. Infatti, Plotino afferma che dobbiamo costringere l'interlocutore a scendere sul nostro terreno: a confessare. Se l'interlocutore non scende sul nostro terreno, dice Plotino, noi siamo impotenti. Plotino non afferma delle cose che ricadono sotto i sensi, ma afferma delle preposizioni relative ad un trascendente e, per far questo, deve necessariamente conquistarsi la complicità e l'accondiscendenza dell'interlocutore.
Per Plotino l'impossibile è l'ovvio!
Dal momento che Plotino è ingabbiato all'interno della concezione del Potere di Avere per lui il "venire in essere" quale passaggio dall'inconsapevole al consapevole, è IMPOSSIBILE. Deve necessariamente esistere qualcuno che crea. Da qualcuno che crea fa discendere tutti gli attributi che egli immagina.
Quando Plotino afferma: Poiché è impossibile che qualcosa crei sé stesso e si porti all'esistenza! Nega l'ovvio! Nega la capacità di separare la Coscienza di Sé dall'inconsapevole circostante e lo fa perché assoggettato al Potere di Avere. Infatti, per lui, il concetto serve per:
"...esso invece è fatto per conoscere quale essere sia schiavo degli altri, quale sia indipendente e quale altro non dipenda da altri ma sia, di per sé, padrone della propria attività: tutto ciò appartiene in purezza agli esseri eterni in quanto sono eterni e a coloro che tendono al Bene senza incontrare ostacoli o già lo posseggono"
L'assoggettamento di Plotino al Potere di Avere è totale. Già è espresso nel concetto dell'Uno, ma sottrae anche la capacità degli Esseri di esprimere quello che sono e la loro ricerca di Libertà. Nega in sostanza il Potere di Essere che altro non è che la capacità degli Esseri di determinare sé stessi manifestando INTELLIGENZA, VOLONTA' e il BENE. Tutto questo diventa oggetto di possesso dell'Uno.
Con queste premesse non abbiamo nessuno che cresi sé stesso, in quanto ogni sé stesso è legato all'Uno (vedremo in seguito come Plotino risolva la questione) e abbiamo la necessità di Plotino di costringere l'interlocutore a confessare affinché gli consenta di sviluppare la sua logica. Date promesse fantasiose si ha necessariamente una logica fantasiosa.
Logica fantasiosa che porta Plotino ad una considerazione semplicemente allucinante parlando dell'Uno:
"Ed è assurdo dire che egli non è libero perché crea conforme alla sua natura: è come sostenere che la libertà ci sia soltanto quando Dio crei o agisca contro natura. Un essere che possegga l'unicità non è privato per questo della sua libertà purché questa unicità non l'abbia a causa di un ostacolo esterno, ma sia identica alla sua stessa essenza, sicché egli quasi si compiace di sé stesso e non possiede nulla che sia migliore di Lui; altrimenti, chi in tal modo raggiunge pienamente il Bene, sarebbe privato della libertà."
Siamo compassionevoli! Dalle premesse fantasiose su cui si articola la concezione del Potere di Avere ad opera di un Uno in possesso della capacità di agire nel mondo, si intende privare il mondo delle loro capacità di agire per sé stessi. Si intende privare l'Uno delle qualità intrinseche per cui, attraverso l'esercizio del Libero Arbitrio, l'esistente è come noi lo vediamo e anziché puntare lo sguardo verso in tempo che viene incontro, immaginiamo un passato partendo dalla fissazione della nostra attenzione su un presente che non vediamo.
Quanto ci anima, dunque, è quanto ci spinge alla costruzione della nostra Libertà! Le tensioni, i bisogni e i desideri manifestano la necessità di dilatazione di ogni Cosceinza di Sé venuta in essere (che riconosce sé stessa) nella sua azione nell'oggettività manifesta la sua Libertà. Questo processo di trasformazione soggettiva che può, in qualunque momemnto interrompersi qualora altri Poteri interagendo col nostro lo sopprimano è la LIBERTA' degli Esseri. Il fine cui la Libertà tende è la trasformazione della verità soggettiva con la quale gli Esseri interpretano la realtà nella quale sono immersi. Il fine degli Esseri noi lo possiamo immaginare come EROS, ma non possiamo conoscerne la qualità espressiva in quanto la qualità è il prodotto dialettico delle trasformazioni degli Esseri.
L'Uno di Plotino è libero perché è un padrone che possiede tutto e a cui tutto deve ritornare.
In realtà l'Uno non è nulla in quanto privo di Coscienza, Consapevolezza, Nous, Volontà e Intento. E' portatore solo della Necessità propria della sua qualità. Qualità che esistendo permette a noi di voltarci indietro e di interpretarla: non ci consente di usare l'immaginazione fuori da quello che siamo!
N.B. Le citazioni di Plotino sono prese dalla traduzione di Giuseppe Faggian ed. Bompiani!
Scritto in Marghera il 23 luglio 2001
Pagina tradotta in lingua Portoghese
Tradução para o português A Inteligência é livre; a alma pode fazer-se livre
Torna all'indice delle Enneadi di Plotino
Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell’Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
L'ideologia neoplatonica è la mamma ideologica del cristianesimo. Il papà ideologico è l'ebraismo. Il cristianesimo non è nato dalla "predicazione di Gesù", ma da un'elaborazione ideologica fatta dai neoplatonici per fermare la deriva messianica e apocalittica che stava mettendo in pericolo la società romana. Come spesso accade, il rimedio può risultare più distruttivo del male.