Cod. ISBN 9788891185778
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
L'idea apriori che il positivismo mette a fondamento della sociologia è il dio padrone cristiano. L'osservatore, il sociologo, l'analista dei fatti, si fa dio padrone. Si erge sopra una nuvola e osserva il mondo. Il fatto, lungi dall'essere trattato in quanto tale, viene trattato nei modelli mentali, etici e morali, del dio padrone nella figura del sociologo analista.
Da questa impostazione sociologica, ne consegue che il modello mentale del sociologo, elevato a dio padrone, diventa l'ambito nel quale il fatto osservato assume motivazione e fine.
Comte non fa altro che rivisitare il concetto del dio della bibbia cristiana e, pur cambiandone i nomi e rimescolandone i caratteri, lo ripropone come modello guida dell'umanità.
Scrive Comte nel "Corso di filosofia positiva" p. 1309-1311 ed. Mondadori 2009 sugli elementi del pensiero che conducono la filosofia positiva:
Mentre la ragione comune si limitava a cogliere, nell'osservazione attenta dei diversi avvenimenti, qualche relazione naturale adatta a dirigere le più indispensabili previsioni pratiche, l'ambizione filosofica, disdegnando simili successi, attendeva da una luce sovrumana la soluzione illusoria dei più impenetrabili misteri. Ma, al contrario, la sana filosofia, sostituendo ovunque la ricerca delle leggi effettive a quella delle cause essenziali, fonde intimamente le sue più alte speculazioni con le più semplici nozioni popolari, in modo da costituire infine, tranne la sola differenza di grado, una profonda identità mentale che abitualmente non permette più alla classe contemplativa un orgoglioso isolamento dalla massa attiva. Infatti ognuno capisce ormai che si tratta, da una parte e dall'altra, di questioni radicalmente simili, relative alla fine al medesimo oggetto, elaborato con procedimenti analoghi, e sempre accessibili a tutte le intelligenze convenientemente preparate, senza bisogno di una misteriosa iniziazione. Tutto questo trattato concorre naturalmente a dimostrare, da questo punto di vista, in séguito alle conferme più decisive e più varie, che il vero spirito filosofico consiste unicamente in una semplice estensione metodica del buon senso popolare a tutti i soggetti accessibili alla ragione umana, poiché, non si potrebbe dubitare che, in un qualche modo, solo le ispirazioni spontanee della saggezza pratica hanno determinato gradualmente la trasformazione radicale delle antiche abitudini speculative, richiamando tutte le meditazioni umane alla loro vera destinazione e alle condizioni essenziali della loro realtà. Il metodo positivo, come il metodo teologico o metafisica, è necessariamente l'opera continua dell'umanità tutta intera, senza alcun creatore particolare, e i suoi principali caratteri sono già nettamente valutabili fin dalle prime ricerche usuali, dirette verso uno scopo sufficientemente determinato. Prendendo sempre per tipo fondamentale questa saggezza spontanea, costantemente convalidata da successi giornalieri, la sana filosofia si è praticamente limitata a generalizzarla e a sistematizzarla, estendendola convenientemente alle diverse speculazioni astratte, che ha così successivamente rinnovato, sia nella natura delle questioni, sia nel modo di soluzione. Poiché le nostre osservazioni individuali conservano necessariamente un certo carattere personale, che dev'essere accuratamente eliminato da ogni giusta meditazione, è essenzialmente la ragione pubblica che deve terminare, in qualunque caso, sotto forme più o meno esplicite, il campo generale della retta indagine scientifica, che non potrebbe mai poggiare che su impressioni comuni a tutti gli uomini, astrazion fatta da sfumature, anche normali, proprie di ogni osservatore. E' inoltre innegabile che l'indagine comune, benché del tutto spontanea, fornisce sempre il punto di partenza di tutte le speculazioni positive, di cui sarebbe altrimenti impossibile comprendere sia lo sviluppo iniziale sia l'unanime diffusione finale. In effetti abbiamo costantemente riconosciuto che i fatti più comuni sono anche, in tutti i casi, i più importanti, a tale punto che un'attenzione preponderante accordata a fenomeni straordinari costituisce adesso, in tutti gli spiriti colti, uno dei segni meno equivoci dell'imperfezione degli studi scientifici; abbiamo parimenti constatato che i più potenti artifici della positività razionale derivano in primo luogo dalla felice sistematizzazione di determinati procedimenti logici, naturalmente derivati dalla saggezza usuale. Così, in qualunque caso, nulla è più contrario alla vera filosofia dell'elaborazione dogmatica, non meno sterile che puerile, dei primi principi delle nostre conoscenze reali, che, essenzialmente derivate dallo sviluppo spontaneo della ragione umana, non potrebbero, per ciò stesso, mai dar luogo ad alcun trattato serio.
Le idee comuni sono le idee che conducono gli uomini nella società al di là che tali idee abbiano o non abbiano un fondamento di realtà.
La filosofia positivista nasce dalle idee comuni e le idee comuni sono la fonte della ragione.
A differenza degli ideologi, i positivisti non si chiedono come si formano le idee, ma prendono atto che le idee comuni sono idee razionali e come tali sono il punto di riferimento del loro filosofare.
La Rivoluzione Francese ha combattuto le idee comuni in quanto queste erano idee superstiziose. Le idee comuni sostituivano, all'analisi dei fatti, le risposte aprioristiche imposte agli individui nella loro prima infanzia. La superstizione, cristiana e cattolica, forniva le risposte ai fenomeni che gli individui incontravano sicché, costoro, anziché indagare sui fenomeni, fermavano la loro indagine della realtà nelle risposte che la superstizione forniva loro. L'illuminismo chiama quelle risposte: oscurantismo.
Per contro, il positivismo assume quelle risposte come dato della realtà da cui partire per elaborare una filosofia sociale. In sostanza, il positivismo dice che se le idee comuni sono superstiziose, dalle idee superstiziose si elaborerà la filosofia sociale. Se le persone in età adulta vivono riaffermando la manipolazione mentale subita nell'infanzia, quella proiezione è un oggetto reale che va studiato in quanto forma la filosofia sociale.
Comte dice:
Poiché le nostre osservazioni individuali conservano necessariamente un certo carattere personale, che dev'essere accuratamente eliminato da ogni giusta meditazione, è essenzialmente la ragione pubblica che deve terminare, in qualunque caso, sotto forme più o meno esplicite, il campo generale della retta indagine scientifica, che non potrebbe mai poggiare che su impressioni comuni a tutti gli uomini, astrazion fatta da sfumature, anche normali, proprie di ogni osservatore.
Comte dimentica che ciò che noi osserviamo sono delle azioni rappresentate dall'agire dell'uomo. Noi non osserviamo l'insieme delle pulsioni e delle tensioni che hanno portato quell'uomo a fare quell'azione. Noi non osserviamo le trasformazioni della percezione dell'uomo che in relazione ad un fenomeno mette in atto quell'azione.
L'osservatore, osservando la mia azione, può dire: "Mangia aglio!" Non può dire "perché lo mangio"; non può parlare delle considerazioni per le quali faccio quest'azione e non può parlare dell'intento o delle intenzioni per le quali faccio quell'azione. Spesso, nemmeno noi sappiamo perché davanti ad un fenomeno reagiamo in quel modo, tanto meno un osservatore esterno che osservando l'estetica del gesto pretende di spiegare le ragioni reali del gesto.
Proprio nell'osservatore esterno sta il limite del positivismo.
Che cos'è l'osservatore esterno?
E' il dio padrone che dall'alto delle nuvole osserva il mondo, gli uomini e ne giudica le azioni. Non vive il mondo, è separato dal mondo e, pertanto, vive un'ottica distorta la realtà del mondo sulla quale proietta la propria realtà immaginata.
La realtà immaginata dall'osservatore è il modello entro il quale viene rinchiusa l'azione dell'attore.
Quando Comte dice:
"Poiché le nostre osservazioni individuali conservano necessariamente un certo carattere personale, che dev'essere accuratamente eliminato da ogni giusta meditazione, è essenzialmente la ragione pubblica che deve terminare, in qualunque caso, sotto forme più o meno esplicite, il campo generale della retta indagine scientifica, che non potrebbe mai poggiare che su impressioni comuni a tutti gli uomini, astrazion fatta da sfumature, anche normali, proprie di ogni osservatore."
Come può l'osservatore prescindere da sé stesso e dalla sua idea sul mondo? Il fatto o rientra nel suo modo di pensare il mondo, oppure ve lo adatta o, ancora, lo ignora perché irrilevante. L'osservatore deve modificare l'intera sua esistenza, l'intera struttura psichica che ha avuto in una data cultura per poter comprendere i fenomeni che appartengono ad una cultura diversa.
Comte si identifica col dio padrone.
Dall'alto giudica i fatti e il suo giudizio si deve estendere al giudizio comune. Ma i fatti possono essere compresi, sia pur solo in parte, solo da chi abita in modo comune il mondo e abbia avuto, con chi compie i fatti, una frequentazione sufficiente da poter interagire con tutto l'insieme psichico di chi mette in atto i fatti.
Nell'idea di Comte chi mette in atto i fatti e chi osserva hanno il comune denominatore psichico e il comune denominatore culturale per considerare il fatto nel medesimo modo: ma questa è una pretesa del dio padrone dei cristiani. Un delirio da onnipotenza che i sociologi mettono a fondamento delle loro elaborazioni sociologiche che diventano, perciò, solo dei deliri frutto di fantasia e privi di ogni dato di realtà che non sia la forma apparente da essi osservabile.
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano. |
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Marghera, 03 aettembre 2012 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell’Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.