Gesù parla della sua missione divina nel
vangelo di Giovanni

Le analogie con l'Apologia di Socrate e il concetto di verità

Esoterismo segreto

di Claudio Simeoni

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La missione divina di Gesù e il sofismo

Le analogie con l'Apologia a Socrate e il concetto di verità

 

Il sofismo come arte retorica dell'inganno, traspare da tutto il vangelo di Giovanni.

Una condizione che gli estensori del vangelo di Giovanni dovettero affrontare è questa: come proviamo che il Gesù di cui parliamo è il figlio del dio padrone?

La traccia che è stata seguita per descrivere la missione di Gesù, è ricavata dall'Apologia di Socrate e dalla missione che Socrate dice di seguire. Socrate è un sofista che afferma una forma privata dei contenuti; dice "Io insegno", ma non parla dei contenuti del proprio insegnamento per i quali uno spettatore potrebbe dire: Socrate insegna. Sarà Platone a definire i contenuti che attribuirà a Socrate.

Allo stesso modo, nel Vangelo di Giovanni non solo non c'è un solo contenuto che possa essere definito come "insegnamento", ma l'insieme appare come un gioco sofistico in cui le parole hanno il solo scopo di nascondere il vuoto dei contenuti.

Proviamo a leggere i termini della missione di Gesù dal vangelo di Giovanni dividendo questo capitolo in tre paragrafi:

1) Di nuovo Gesù parlò con loro dicendo: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". Gli dissero i Farisei: "Tu rendi testimonianza a te stesso: la tua testimonianza non vale". Gesù replicò loro: "Sebbene io renda testimonianza a me stesso, vale sempre la mia testimonianza, perché so donde sono venuto e dove vado: mentre voi non sapete donde io venga, né dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. Ma, se io giudico, il mio giudizio vale, perché non sono solo, ma ho con me il Padre che mi ha inviato. E proprio nella vostra legge sta scritto che è valida la testimonianza di due persone. Io rendo testimonianza a me stesso, e mi rende testimonianza colui che mi ha mandato, il Padre". Gli domandarono: "Dov'è tuo Padre?". Rispose Gesù: "Non conoscete né me, né mio Padre; se conosceste me conoscereste anche il Padre mio". Gesù disse queste cose nel gazofilacio, insegnando nel tempio; e nessuno lo prese, perché non era ancora venuta la sua ora.

2) Di nuovo Gesù disse: "Io me ne vado e voi mi cercherete, ma morrete nel vostro peccato. Dove vado io voi non potete venire". Dicevano perciò i Giudei: "Che si voglia uccidere, perché dice: "Dove vado io voi non potete venire"?". Egli replicò: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Per questo vi ho detto che morrete nei vostri peccati; perché se non credete che io sono, morrete nei vostri peccati". Gli dissero allora: "E chi sei tu?" Gesù disse loro: "Precisamente ciò che vi dichiaro. Molto ho da dire e da condannare in voi, ma colui che mi ha mandato è verace, ed io annuncio nel mondo ciò che ho udito da lui".

3) Essi non intesero che parlava loro del Padre. Disse dunque Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono e che niente faccio da me, ma parlo come mi ha insegnato il Padre. E chi mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre quello che a lui piace". Mentre così parlava, molti credettero in lui. E Gesù disse ai Giudei che avevano creduto in lui: "Se persevererete nei miei insegnamenti, sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi".

Vangelo di Giovanni 8, 12 – 32

La missione di Gesù, descritta nel vangelo di Giovanni, è un capitolo che si divide in tre parti dove nella prima c'è il gioco della testimonianza, nella seconda la colpevolizzazione degli astanti e nella terza l'esaltazione di sé stesso in quanto figlio del dio padrone e obbediente alle direttive del dio padrone.

La prima cosa che si nota nel brano è la similitudine circostanziale fra quanto scritto nel vangelo di Giovanni che cito e alcuni contenuti dell'Apologia di Socrate scritta da Platone.

Cito un brano dell'Apologia di Socrate:

E farò queste cose con chiunque incontrerò, sia con chi è più giovane, sia con chi è più vecchio, sia con uno straniero, sia con un cittadino, ma specialmente con voi cittadini, in quanto mi siete più vicini per stirpe. Infatti queste cose, come sapete bene, me le comanda il dio. E io non ritengo che ci sia per voi, nella Città, un bene maggiore di questo mio servizio al dio.

Infatti, io vado intorno facendo nient'altro se non cercare di persuadere voi, e più giovani e più vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun'altra cosa prima e con maggiore impegno che dell'anima in modo che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù non nasce dalle ricchezze, ma che dalla virtù stessa nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, e in privato e in pubblico.

Se, dunque, con l'affermare questo, io corrompessi i giovani, allora ciò sarebbe dannoso. Ma se qualcuno sostiene che io dico cose diverse, e non queste, costui non dice nulla di vero.

Pertanto, o cittadini ateniesi, sia che diate retta ad Anito, sia che no, sia che mi lasciate uscire dal carcere, sia che no, ebbene io vi devo dire che non farò mai altre cose, neppure se dovessi morire molte volte.

Non fate chiasso, o cittadini ateniesi, ma continuate a rispettare la preghiera che vi ho rivolto di non far chiasso per le cose che dico, ma di prestarmi attenzione, perché credo che, nell'ascoltarmi, trarrete vantaggio. Infatti, io sto per dirvi altre cose nell'ascoltare le quali, forse, farete strepito. Ma non fatelo in alcun modo!

Sappiate, infatti, che, se voi condannerete a morte me, che sono così come vi dico, non danneggerete me più di voi stessi. Infatti, a me Anito e Meleto non farebbero alcun danno, e nemmeno lo potrebbero, perché io non credo che sia possibile che un uomo migliore riceva danno da uno peggiore. Anito potrebbe condannarmi a morte, cacciarmi in esilio e spogliarmi dei diritti civili. Ma, queste cose, costui e forse altri con lui crederanno che siano grandi mali, mentre io non penso che lo siano.

Io credo, invece, che sia un male molto più grande fare quelle cose che ora fa Anito, ossia cercare di mandare a morte un uomo contro giustizia. E dunque ora, cittadini ateniesi, io sono ben lontano dal pronunciare una difesa a mio vantaggio, come qualcuno potrebbe pensare, bensì a vostro vantaggio, perché, col condannarmi, non cadiate in una colpa nei confronti del dono che il dio vi ha dato.

Infatti, se mi condannerete a morte, non potrete trovare facilmente un altro, quale sono io, che sia stato posto dal dio a fianco della Città, come - anche se possa sembrare piuttosto ridicolo a dirsi - al fianco di un grande cavallo di razza, ma proprio per la grandezza un po' pigro e che ha bisogno di venir pungolato da un tafano. In modo simile mi sembra che il dio mi abbia messo al fianco della Città, ossia come uno che, pungolandovi, perseguendovi e rimproverandovi ad uno ad uno, non smetta mai di starvi addosso durante tutto il giorno, dappertutto.

Il primo pezzo sembra, a prima vista, una riproposizione del quarto paragrafo della Risposta ai Giudei. In realtà non è così. In quel paragrafo Giovanni tentava di cercare, sia pure inventandosele, delle testimonianze oggettive sul fatto che il Gesù di cui scrive era il figlio del dio padrone e, perciò, padrone egli stesso. Chiamava a testimoniare le opere o quel Giovanni Battista la cui presunta autorità morale gli serviva da salvacondotto per quanto affermava. Inoltre sembra quasi supplicasse gli astanti di credere che le opere che lui faceva non le faceva perché lui è in grado di farle, ma perché il dio padrone, suo padre, gliele faceva fare.

In questo paragrafo a Giovanni non interessa chiamare testimonianze. Si deve credere a quanto dice in quanto lo sta dicendo. E' una forma ulteriore, non è una forma ripetitiva. Esistono due modi di presentare e imporre il suo pazzo profeta. All'interlocutore scettico Giovanni gli presenta le testimonianze di Giovanni Battista (Giov. 5, 33) e delle opere che ha fatto per volere del padre; all'interlocutore sottomesso pretende la credenza acritica; un atto di fede che sottometta il credente con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima.

Come Socrate. Socrate chiama a testimone Cherefonte, che però, dal momento che Cherofonte è morto, per lui testimonia suo fratello. Cosa testimonia? Che il dio ha detto che Socrate è l'uomo più sapiente del mondo. Cosa testimonia Giovanni Battista? Giovanni Battista non ha nulla su cui testimoniare se non la sua "speranza".

Non è una ripetizione, ma un'affermazione ulteriore che segue nel testo quella che pretendeva di fornire testimonianze. Arrivato a questo punto della lettura, dice Giovanni, il lettore si è convinto che sto parlando del figlio del dio padrone e padrone egli stesso e, dunque, non ha motivo di cercare prove ulteriori: deve credere e basta.

Esattamente come in Socrate che nell'Apologia è convinto che gli Ateniesi credano che davvero egli insegnasse qualche cosa ai loro figli. In realtà non è così, il panegirico sofista di Socrate tende a soddisfare lo smisurato ego di Socrate, ma non ha detto nulla di tangibile, di oggettivo, di sensibile.

Ora non è più Gesù che afferma: "Se io rendo testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non vale!" (Giov. 5, 31), ma sono i Giudei che affermano questo. Lo affermano dopo che egli ha affermato di essere la luce del mondo. Gesù non risponde ai Giudei per quanto i Giudei chiedono, ma bensì gioca sugli equivoci per ottenere sottomissione. Vedete quanto è furbo Gesù nel replicare a questi sporchi Giudei? Dice Giovanni! Loro credono di fregarlo perché secondo loro non è in grado di dimostrare di essere figlio del dio padrone e padrone egli stesso. Loro non sanno quanto sia sapiente Gesù. Ecco la scappatoia. Servono due testimoni? Ebbene uno sono io che testimonio per me stesso e l'altro è qualcuno cui voi non potete interrogare che testimonia per me stesso. Io testimonio per me stesso perché io so da dove vengo e dove vado, mentre voi non sapete da dove io vengo e dove io vado. Gli astanti avrebbero benissimo potuto obiettare che loro sapevano benissimo da dove venivano e sapevano benissimo dove andavano e che lui, Gesù, non sapeva da dove loro venissero e dove loro andavano. Giovanni non può permettere questo perché egli si ritiene padrone degli Esseri Umani e come possono gli schiavi rivolgersi in questo modo al loro padrone?

Come per Cherofonte che è morto o il dio che ha parlato a Cherofonte che però non parla più.

Se prima la sua testimonianza non valeva, ora la sua testimonianza vale. "Voi giudicate secondo la carne!" Come, non era a lui che suo padre gli aveva delegato il giudizio affinché gli astanti lo onorassero? Secondo cosa giudichi? Giovanni omette di dirlo! Lascia che sia il lettore ad immaginarlo. Così ogni lettore proietta quello che lui pensa, ma la chiesa cattolica agisce come lei intende agire nel giudizio per costruire sottomissione. E quel giudizio non ha nulla a che vedere con la proiezione del lettore.

Io giudico perché non sono sola; afferma la chiesa cattolica. Il mio giudizio vale perché chiamo il dio padrone a testimonio. "Nella vostra legge è scritto che è valida la testimonianza di due persone!" ecco come la chiesa cattolica ha prodotto il giudizio del dio padrone. Se la donna galleggiava era una strega e andava uccisa, se affondava affogando non era una strega. Se ti metto un ferro rovente nelle mani e questo non ti procura ferite allora il dio padrone testimonia per te! Quale orrore esprime Giovanni! Quale devastazione ha prodotto nell'umanità il suo bisogno di sottomettere chi non era in grado di difendersi. Ti deve rendere testimonianza il dio padrone prima che ti ammazziamo, esattamente come il di padrone ha reso testimonianza al pazzo descritto da Giovanni.

I Giudei chiedono dove sia questo testimone. Ed ecco il lettore che prende le parti di Gesù. Come, non vi accorgete che state parlando al figlio del dio padrone e padrone egli stesso? Come vi permettete voi che non siete figli del dio padrone a pretendere di avere sul banco dei testimoni il dio padrone? Ma chi vi credete di essere? Ancora il lettore è pronto ad addolcirsi alla risposta compassionevole di Gesù per l'ignoranza di chi gli sta di fronte. Come è buono Gesù, com'è compassionevole nei confronti di questi ignoranti che non riescono a capire che davanti a loro c'è il figlio del dio padrone e padrone egli stesso: quanto sono stupidi questi Giudei. Certo, dice il lettore: loro non conoscono suo padre. E in cuor suo si rallegra che lui lo conosce. Intanto se ne sta in ginocchio avendo distrutta la possibilità di costruire sé stesso nell'infinito dei mutamenti.

Nel secondo paragrafo si passa alla colpevolizzazione. Ecco il lettore felice della punizione che questi ignoranti devono subire per la loro incredulità. "Io me ne vado e voi mi cercherete, ma morrete nel vostro peccato!" Che fortuna, dice il lettore, io ho capito che lui è il figlio del dio padrone e padrone lui stesso, così i Giudei ignoranti hanno perso la loro occasione, ma io non me la lascio sfuggire, io mi sottometto e credo. Oh quanto credo!

In questo paragrafo si manifesta l'odio di Giovanni nei confronti di chi non si vuole sottomettere. Il suo disprezzo sviluppato nelle parole di Gesù: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù!". E' come se dicesse loro: "Quanto schifo fate!". Chi tenta di sottomettere le persone odia chi non si sottomette; odia chiunque mette in essere delle strategie di libertà, qualunque queste siano!

Voi, vermi, morrete nei vostri peccati! Se da un'altra parte diceva che non era lui che li condannava, ma quel Mosè, ora non c'è più bisogno per Giovanni di ricorrere a questi trucchi. Ora li può condannare lui stesso quanti non si sottomettono. "Molto ho da dire e da condannare in voi!". Lo stesso vale per Giovanni nei confronti dei cristiani che se ne stanno andando e lo stesso vale per la chiesa cattolica nei confronti di quelle che chiama eresie. Saranno torture per poter condannare, omicidi e stragi dopo stragi e tutto per esaltare un povero pazzo e un Giovanni il cui desiderio di sottomettere Esseri Umani è al di sopra di ogni logica. Il dio padrone, di cui io sono figlio, è verace; lui si mantiene quanto promette, non voi che condanno!

Il terzo paragrafo di questo capitolo è la conclusione del quadro. "Io sono tanto buono e bravo!" dice Gesù: "niente faccio da me, ma parlo come mi ha insegnato il padre". Io faccio quanto mi si dice, perché voi non fate quanto io vi dico? Perché voi vi ostinate a dubitare di quanto io dico? Eppure io sono buono e bravo: faccio come mi dice il padre. Se voi volete fare quanto dice il dio padrone, che voi stessi considerate il vostro dio padrone, dovete necessariamente fare quanto io vi dico di fare. Se voi foste bravi, buoni e obbedienti sapreste che io ho ragione, sono proprio il figlio del dio padrone e allora capireste che sono dio padrone pure io. In ogni caso, considerate che il dio padrone non mi ha lasciato solo perché io "faccio sempre quello che piace a lui". Perché dunque voi non fate quello che piace a me? Se voi fate quello che piace a me, allora voi fate quello che piace a lui perché solo facendo quello che piace a me voi fate quello che piace a lui. In parole più povere: brutti vermi schifosi volete sottomettervi?

Quali sono gli insegnamenti di Gesù? L'ordine di sottomettersi. L'abituarsi a sottomettersi.

Non esiste insegnamento diverso da questo; se si può chiamare insegnamento.

Qualcuno si sottomette, dice Giovanni. Cosa dice loro Gesù? "Se persevererete nei miei insegnamenti sarete miei discepoli!". In parole più immediate significa che se vi sottometterete ancor di più, perseverando nella sottomissione e rinunciando a costruire voi stessi sarete roba mia!

Il capitolo si chiude con un'espressione che ho sentito usare in vari modi. Quest'espressione suona così: "la verità vi farà liberi!". Questa è la più grande fregatura e inganno dell'intero vangelo di Giovanni. La verità ha il potere di rendere schiavo l'individuo che si arrende ad essa. Che cos'è la verità? E' la descrizione del livello di libertà raggiunto dall'individuo nella costruzione della sua conoscenza. Quando una verità ingabbia il percorso di conoscenza e di sapere dell'individuo questi ha cessato di dilatarsi. Ha cessato di modificarsi. Ha cessato di costruirsi. La verità, quando fissa le trasformazioni dell'individuo, lo rende schiavo della sua manifestazione.

La verità non rende libero, ma costruisce la schiavitù dell'individuo dalla quale egli non sarà mai in grado di spiccare il volo nello sconosciuto che lo circonda. E' imperativo per la chiesa cattolica distruggere la libertà dell'individuo imponendo la verità alla quale l'individuo si deve sottomettere. Questo è il suo fine e il suo obiettivo.

Gesù è la verità. Sottomettersi a Gesù significa, per il cristiano, giungere alla verità: il padrone è la verità per lo schiavo. Per lo schiavo l'unica verità che esiste è quella del suo padrone: di Gesù!

Che poi sia questa la reale interpretazione che ne dà la chiesa cattolica, la leggiamo a piè pagina l'interpretazione dalla bibbia delle Paoline:

"Qui verità ha senso personale, ed è Gesù stesso. La libertà proveniente dalla verità è attribuita appunto a Gesù!"

Risolvere il percorso di libertà personale diventando schiavi di Gesù!

Questo è il messaggio di Giovanni! Egli descrive le gesta di Gesù. Per questo abbiamo: risolvere il percorso di libertà personale diventando schiavi di Giovanni!

A Socrate, che voleva essere il padrone degli Ateniesi, gli ateniesi hanno dato la cicuta; a Gesù che voleva essere il padrone del mondo in quanto figlio del dio padrone, la crocifissione, anche se sappiamo che i racconti sono inventati, sarebbe stata la giusta punizione.

La chiesa cattolica fa proprio l'intento di Gesù. Lei è la continuatrice delle gesta di Gesù. Per questo, secondo la chiesa cattolica gli uomini debbono risolvere il loro percorso di libertà personale diventando schiavi della chiesa cattolica!

NOTA: La bibbia usata è una bibbia popolare delle Edizioni Paoline Roma che ha l'imprimatur del 1° marzo 1968 e il permesso di stampa del Canonico Michele Balocco, Pro-Vic. Gen.

 

Marghera 30 agosto 1999

(Revisione 03 dicembre 2014)

 

 

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Claudio Simeoni

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Il vangelo di Giovanni è la costruzione di una condizione militare con cui i cristiani hanno messo a punto la distruzione delle culture antiche e proseguono anche oggi distruggendo le culture moderne.