Pedofilia e pretofilia

 

PIERGIORGIO ODIFREDDI

 

lettera pubblicata da La Stampa.it nella rubrica Opinioni il 05.06.2007

 

Caro direttore,

 

quietati i clamori preventivi e consuntivi sulla puntata Annozero del 31 maggio, le chiedo di poter dire un’ultima parola su una trasmissione alla quale ho avuto l’onore di partecipare come ospite laico.

 

Scorrendo i giornali del 2 giugno, noto infatti da un lato commenti quali «Fisichella, il volto della Chiesa che scalda il cuore dei laici» (Lucia Annunziata su La Stampa) o «Elogio di Fisichella Monsignor Coraggio» (Aldo Grasso sul Corriere della Sera), e dall’altro lato titoli quali «Che fatica capire nel salotto di Annozero» o «Quante gaffe in quel documentario» (Andrea Galli su L’Avvenire), che mi sembrano lasciar trasparire un giudizio eccessivamente ottimistico sulla veridicità dell’autodifesa della Chiesa in relazione ai fatti in questione.

 

I quali, come si ricorderà, erano le accuse di pedofilia ecclesiastica da un lato, e di copertura gerarchica dall’altro, mosse dal documentario Sex Crimes and Vatican («Crimini sessuali e Vaticano»), andato in onda il primo ottobre 2006 sulla Bbc e ritrasmesso da Michele Santoro, dopo feroci polemiche e maldestri tentativi di impedirne la messa in onda sui canali pubblici italiani.

 

Monsignor Fisichella ha preteso in trasmissione di ridurre il fenomeno alle perversioni dei «quattro delinquenti» di cui il filmato narrava i crimini, e ha sistematicamente negato la segretezza della famigerata disposizione Crimen sollicitationis del 1962, l’intento omertoso delle sue norme avocatorie per sottrarre i preti colpevoli di crimini sessuali alla giustizia civile, e la permanenza in vigore di queste norme almeno fino al 2001.

 

Benché lo stesso Santoro abbia diplomaticamente aperto la trasmissione reiterando per tre volte la dichiarazione che «si sta parlando di casi singoli», i fatti giudiziari finora affiorati lasciano invece presupporre un iceberg di molestie e violenze sessuali perpetrate da preti, suore e laici cattolici su scolari e studenti, minori e non, di orfanotrofi, scuole e seminari da loro gestiti. Per ora, i casi più noti venuti a galla sono quelli del padre messicano Marcial Maciel, fondatore della Legione di Cristo tanto amata da Giovanni Paolo II, e del frate irlandese Brendan Smyth, che detiene un record di 45 anni (1945-1990) di abusi sistematici. Il caso più blasfemo è invece quello, citato nel Rapporto Governativo Irlandese del 22 ottobre 2005, di un prete della diocesi di Ferns che ha violentato una ragazza sull’altare della parrocchia. Il caso più tragico, infine, è il suicidio del frate irlandese Sean Fortune nel 1999, per evitare un processo per lo stupro di 29 bambini.

 

Lo scandalo ha raggiunto anche i massimi livelli ecclesiastici, fino al cardinale Hans Hermann Groër di Vienna e una ventina di vescovi del mondo intero, tutti costretti a dimettersi (il primo già nel 1995). Un’idea dell’ordine di grandezza del fenomeno si può dedurre dal fatto che, secondo il rapporto, la natura e l’estensione del problema dell’abuso sessuale di minori da parte di preti e diaconi cattolici degli Stati Uniti del 27 febbraio 2004, stilato per la Commissione Episcopale Statunitense dal Dipartimento di Giustizia Criminale John Jay della City University di New York, nei soli Stati Uniti sono state presentate fino al 2003 circa 11.000 denunce contro più di quattromila preti, pari al quattro per cento (4.392 su 109.684) del clero cattolico locale.

 

Monsignor Fisichella, che in trasmissione mi ha chiesto malignamente se conosco anche il latino, o solo la matematica, avrebbe forse dovuto preoccuparsi delle sue conoscenze in quest’ultima materia, visto che sembra non aver saputo (o voluto) afferrare la differenza tra «quattro», «quattromila» e «quattro per cento»... Ma anche un esperto di sole lingue morte avrebbe comunque dovuto apprezzare almeno la differenza tra epidemico ed endemico fatta dal giudice Anne Burke della Commissione d’Indagine Nazionale sugli scandali sessuali istituita dalla Chiesa Cattolica Statunitense (!), che nel filmato ha dichiarato: «Abbiamo scoperto che non si è trattato di un fatto epidemico, con più casi in una diocesi che in altre, ma di un fatto endemico, con le stesse percentuali di molestie sessuali sui minori in ogni diocesi».

 

Ora, i motivi dei tentativi di piccola censura del video da parte dei partiti politici clericali, e di grande copertura degli scandali da parte delle gerarchie ecclesiastiche, stanno tutti qui: nella paura, cioè, che questi dati possano lasciar inferire un comportamento sistematico da parte del clero, anche sulla base del fatto ben noto che le denunce di violenze sessuali in generale, e sui minori in particolare, riguardano solo una minima parte dei crimini che vengono invece commessi. Stando ai fatti appurati, comunque, le sole diocesi statunitensi hanno dovuto finora pagare risarcimenti alle vittime pari a un miliardo di euro: una cifra che è ironicamente dello stesso ordine di grandezza del finanziamento che la Chiesa riceve annualmente dai contribuenti italiani tramite l’esborso dell’otto per mille, ma anche una cifra che ha già tragicamente portato alla letterale bancarotta cinque di quelle diocesi (Tucson in Arizona, Portland in Oregon, Spokane in Washington, Davenport in Iowa e San Diego in California).

 

È singolare che, di fronte a un fenomeno di proporzioni appunto fenomenali, monsignor Fisichella e il Vaticano abbiano preferito chiudersi in una difesa cavillosa, invece di aprirsi a un mea culpa evangelico: soprattutto per quanto riguarda la sistematica connivenza coi colpevoli, in molti casi semplicemente trasferiti ad altre istituzioni (cioè, in pratica, a nuovi vivai per le loro malversazioni). Anche qui, i fatti sono testimoniati dalle dimissioni dei responsabili delle coperture: ad esempio, nel 2002, quelle del cardinale Bernard Law di Boston negli Stati Uniti («punito» con la nomina ad arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma) e del vescovo Brendan Comiskey di Ferns in Irlanda.

 

E qui arriviamo alla pietra dello scandalo del video trasmesso da Annozero, che più che il delitto di lesa infanzia da parte del clero è stata l’accusa di lesa maestà addirittura a Benedetto XVI da parte del filmato. In trasmissione monsignor Fisichella ha bollato il coinvolgimento del Papa come «gratuito», e il giorno dopo il portavoce vaticano padre Federico Lombardi l’ha descritto come «gravemente ingiusto», ma entrambi hanno dimenticato (o finto di dimenticare) che l’accusa non era affatto giornalistica, bensí giudiziale!

 

L’allora cardinal Ratzinger era stato infatti incriminato agli inizi del 2005 in Texas per aver ostacolato la giustizia e aver cospirato con l’arcidiocesi di Houston nella copertura degli abusi sessuali del clero locale, in una causa civile intentata nella Contea di Harris da tre vittime contro un molestatore appartenente al seminario locale. Il 26 maggio 2005 gli avvocati pontifici hanno comunicato alla Corte Distrettuale del Texas Meridionale di Houston che il 20 maggio l’ambasciata della Santa Sede a Washington aveva inviato al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti una richiesta di immunità diplomatica per Ratzinger, nella sua intervenuta qualità di Capo di Stato. Il 22 dicembre 2005 l’accoglimento della richiesta ha cosi posto fine in modo «gratuito», questo sì, alla vicenda giudiziaria del Papa. Ma non, ovviamente, alle discussioni sulla sua effettiva colpevolezza, basata sull’ammissione del 18 maggio 2001, nella lettera ai vescovi De delictis gravioribus («Circa i delitti più gravi»), che la disposizione del Santo Uffizio Crimen sollicitationis del 1962 era hucusque vigens («finora in vigore»): cosa che in trasmissione ho chiesto più volte a monsignor Fisichella di confermare, ricevendone solo risposte elusive, nonostante egli tenesse in grembo la versione ufficiale a stampa di quella lettera, con il passaggio cruciale sottolineato a mano!

 

Alla domanda se la Crimen sollicitationis fosse poi una disposizione segreta, la sua risposta è stata invece netta, per non dire sprezzante: «Ma per carità, che cosa sta dicendo? Non raccontiamo barzellette!». Peccato che la barzelletta fosse scritta, nel latino che tanto piace al monsignore e in maiuscolo, nelle prime due righe del testo stesso: «Da conservare con cura negli archivi segreti della Curia come strettamente confidenziale. Da non pubblicare, né da integrare con alcun commento».

 

Per definizione, se una disposizione richiede di essere mantenuta segreta è, ovviamente, perché ha qualcosa da nascondere: che cosa, dovrebbe essere chiaro dai fatti enumerati in precedenza a proposito delle coperture dei vertici ai crimini della base (ma non solo). Non dimentichiamolo, quando elogiamo il mastino di Ratzinger per la sua indubbia efficacia mediatica nel difendere la Chiesa, perché rischiamo di confondere l’apparenza dialettica delle opinioni con la verità storica dei fatti.

 

Prelevata dal sito:

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=3076

 

per conservazione ad integrazione dell’attività di terrorismo della chiesa cattolica; a futura memoria!Postata esclusivamente come testimonianza permanente da:

Marghera, 19 giugno 2007

 

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Claudio Simeoni

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