Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù
Cod. ISBN 9788893322034
Vedi anche i valori morali e valori sociali
Nel vangelo di Giovanni, Pilato chiede a Gesù: "Che cos'è la verità." E Gesù, che aveva detto a Pilato, nel vangelo di Giovanni: " Tu l'hai detto, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce." nel suo delirio non sa rispondere che cos'è la verità.
Mentre violentava le persone affermando di essere LUI la verità alla quale le persone dovevano prostrarsi, davanti a Pilato, secondo Giovanni, Gesù si comporta da vigliacco.
Eppure, sempre in Giovanni, aveva proclamato la verità. Aveva detto in Giovanni 5, 25- 29:
"In verità, in verità vi dico: viene l'ora ed è questa, in cui i morti udranno la voce del figlio del dio padrone, e chi l'ascolta vivrà. Perché come il padre ha in sé la vita, così pure ha dato al figlio d'aver la vita in se stesso e gli ha dato il potere di giudicare perché è figlio dell'uomo. Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce, e quelli che hanno operato il bene ne usciranno per la risurrezione della vita; quelli, invece, che fecero il male, per la risurrezione della condanna."
La verità è Gesù stesso padrone di uomini e giudice di schiavi. Ha mentito sapendo di mentire. Perché ha mentito? Per rubare la vita degli uomini e distruggere le società civili. Non è importante se la distruzione e l'odio che si proclama verità fosse imposta dal singolo individuo che si chiama Gesù o se la parola Gesù sia servita per imporre un'ideologia scritta per l'occasione da chi aveva progetti di dominio sociale. Sta di fatto che siamo davanti alla menzogna che viene chiamata verità, ma che non cambia il proprio odore di menzogna.
In questi termini, condannare Gesù e dargli del codardo, del vigliacco, del truffatore, dell'assassino, è del tutto legittimo e illegittimo e criminale è mettere la menzogna sull'altare e stuprare gli uomini per costringerli ad accettare la menzogna e chiamarla verità.
Scrive Matteo
Al di sopra del capo posero scritta la causa della sua condanna: "Questi è Gesù, re dei giudei". Furono crocefissi allora insieme a lui anche due ladroni, uno alla sua destra, l'altro alla sua sinistra. I passanti lo ingiuriavano e scrollavano il capo dicendo: "Tu che distruggi il tempio e lo rifai in tre giorni, salva te stesso! Se sei il figlio di Dio scendi dalla croce!". Similmente i Gran Sacerdoti, gli Scribi e gli Anziani lo beffeggiavano dicendo: "Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso! Se è il re d'Israele, scenda ora dalla croce e crederemo in lui! Ha confidato in Dio: lo liberi ora se gli vuol bene; giacché ha detto: "Sono figlio di Dio!". Nello stesso modo lo beffeggiavano anche i ladroni che erano stati crocifissi con lui.
Vangelo di Matteo 27, 37-44
Scrive Marco
Gli porsero del vino mirrato, ma non ne prese. Poi lo crocifissero e divisero le sue vesti tirando a sorte, per sapere che cosa toccasse a ciascuno. Era l'ora terza quando lo crocifissero. E l'iscrizione che riferiva il motivo della sua condanna era: "Il re dei Giudei". Crocefissero pure con lui due ladri, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Così si adempì la Scrittura che dice: "E stato annoverato fra i malfattori". Frattanto quelli che passavano lo ingiuriavano, scrollando il capo e dicendo: "Eh! Tu che distruggi il Tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, scendendo dalla croce!". Similmente anche i Gran Sacerdoti, facendosene beffe fra di loro, insieme con gli Scribi dicevano: "Egli ha salvato gli altri e non può salvare se stesso. Il Cristo, il Re d'Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!". Anche quelli crocefissi con lui lo schernivano.
Vangelo di Marco 15,23-32
Scrive Luca
E Gesù diceva: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Essi divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Intanto il popolo stava la a guardare, mentre i magistrati deridevano Gesù dicendo: "ha salvato gli altri ; salvi se stesso, se è il Cristo, l'Eletto di Dio!". Anche i soldati lo insultavano e si avvicinarono a lui per dargli dell'aceto, e dicevano: "Questi è il re dei Giudei".
Uno dei ladroni che erano stati crocefissi, lo insultavano dicendo: "Non sei tu il Cristo? Salva dunque te e noi" Ma l'altro lo rimproverava dicendogli: "Non temi Iddio, tu che soffri la stessa condanna? Per noi, è giustizia, perché riceviamo degna pena per i nostri delitti; ma lui non ha fatto niente di male". Poi aggiunse: "Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno!". Gesù gli rispose: "In verità ti dico: oggi sarai in paradiso con me".
Vangelo di Luca 23, 34-43
Scrive Giovanni
...dove lo crocefissero insieme con altri due: uno di qua e l'altro di là, e Gesù nel mezzo. Pilato fece scrivere anche il titolo e lo fece porre sulla croce. Vi era scritto: "Gesù Nazzareno, Re dei Giudei". Or, molti dei Giudei lessero quest'iscrizione, poiché il luogo dove fu crocefisso Gesù era vicino alla città, ed era scritto in ebraico, latino e greco.
I Gran Sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: " Non scrivere "Re dei Giudei" ma che egli ha detto: "Io sono il re dei Giudei". Rispose Pilato: " Quel che ho scritto, ho scritto". I soldati, intanto, crocifissero che ebbero Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato. Poi presero anche la tunica ......
Vangelo di Giovanni 19, 18-23
Matteo è chiaro, il motivo della condanna viene scritto e reso pubblico: Gesù era colpevole di essersi dichiarato figlio di dio e re dei giudei. I cristiani omettono di dire quale sia la reale portata della sua colpa. Ogni colpa è commisurata non solo agli intenti del delinquere ma, anche al tempo in cui si esprime e dalla capacità di destabilizzazione sociale che le azioni delittuose comportano. La condanna, quando fatta da un tribunale giusto, è proporzionata al delitto. Cosa significava spacciarsi per figlio di dio e re dei giudei? Significava pretendere che tutto il popolo palestinese si mettesse in ginocchio davanti a lui e vivesse, operando, in funzione del volere di Gesù. Gesù pretendeva l'assoluto ed ebbe una condanna assoluta. Quelle di Gesù non erano soltanto parole, erano azioni reali che lo hanno portato ad occupare militarmente il tempio di Gerusalemme con la cacciata di tutte le persone che vi operavano.
In Matteo, troviamo i passanti che ingiuriano Gesù. La crocifissione di Gesù è un atto pubblico, la condanna e la sua esecuzione è un atto pubblico e i passanti commentano quanto avviene. Nessuno dei passanti parteggia per Gesù. Nessuno dice come sono stati cattivi i sacerdoti, nessuno scuote il capo, nessuno ha compassione per Gesù. Tutti ricordano quanto andava millantando. Lui affermava di avere il potere di distruggere il tempio e di poterlo ricostruire in tre giorni; tutti ricordano come egli andasse in giro affermando di essere il figlio del dio padrone chiedendo sottomissione a tutti. Forse nessuno ricorda quando distruggeva il fico che fuori stagione non gli aveva dato i fichi né come, millantando tale potere, invitava a pregare perché la preghiera gli concedeva il potere di costringere le montagne a gettarsi in mare. Lo sberleffo che gli veniva rivolto era ovvio; gli si chiedeva di essere coerente con quanto andava affermando: scendi dalla croce. Se Gesù avesse girato la Palestina seminando speranza, la gente non lo avrebbe sbeffeggiato: si sarebbe indignata, sia contro Gesù o contro i Gran Sacerdoti. Ma Gesù non seminava speranza, seminava sottomissione e disperazione: dipendenza da lui stesso in quanto figlio del dio padrone e padrone lui stesso.
Nello stesso modo gli Scribi e gli Anziani lo sbeffeggiavano. Non dicevano "Ha salvato gli altri" ma dicevano "afferma di aver salvato gli altri" oppure "afferma di voler salvare gli altri". Non ha senso che gli Scribi e gli Anziani affermino che "ha salvato gli altri" in quanto questo precluderebbe la coscienza di chi e da che cosa qualcuno è stato salvato, dunque l'impossibilità di produrre una condanna. Egli è stato condannato per aver affermato di voler salvare delle persone qualora si fossero sottomesse al suo volere in quanto figlio del loro dio padrone. Non le ha salvate, e di questo Scribi e Anziani non hanno dubbi, le ha soltanto invitate e obbligate a sottomettersi promettendo, in cambio della loro sottomissione, la salvezza attraverso la concessione di una vita eterna da parte del dio padrone suo padre. Pretendere il sacrificio della vita degli uomini oggi, pretendere che gli uomini sacrifichino a lui i suoi figli, in cambio di una promessa fasulla che non può essere verificata da quegli stessi uom ini perché saranno morti.
La dicitura esatta suona così: "Pretende di salvare gli altri e non è in grado di salvare sé stesso". Non è un'affermazione casuale in quanto, sia Gesù che gli astanti del suo tempo e della sua terra, non concepivano nessun'altra salvezza se non quella di continuare a vivere col proprio corpo. Non a caso la resurrezione di Gesù è una resurrezione della carne. Le concezioni della vita col corpo di energia erano concezioni di Esseri che sapevano guardare oltre il quotidiano e questo vale sia per gli Egiziani che per i Greci, i Romani, i persiani, gli Assiri e i Babilonesi, non certo gli Ebrei.
Quando gli Anziani e gli Scribi dicono che pretende di salvare gli altri, intendono che pretende di concedere agli altri la vita eterna, non in forma di anima, ma in forma di corpo fisico. Che questo sia vero è confermato da tutte le cronache della resurrezione dei morti al momento del giudizio universale. Quel giudizio che avrebbe dovuto avvenire di lì a poco in quanto Gesù doveva venire in potenza alla destra di dio suo padre.
Per gli Scribi, gli Anziani e Gesù stesso, essere figlio di dio significava non morire sulla croce, né in nessun altro modo ma continuare a vivere e, per continuare a vivere, era necessario scendere dalla croce.
Non c'erano alternative, o Gesù agiva dimostrando di essere quanto aveva continuamente millantato o veniva sbugiardato. La condanna sembra quasi metterlo alla prova, sembra quasi che i Sacerdoti e gli Scribi dicessero: "Proviamo a vedere se ha effettivamente la capacità di scendere dalla croce; proviamo a vedere se dio interviene per salvarlo". Se quanto millantava era vero ne avrebbero avuto la prova, ma non dimentichiamo, per tutti i vangeli solo Satana metteva alla prova Gesù, questa è la prima volta che degli uomini mettono alla prova Gesù per verificare l'attendibilità di quanto dice.
La verifica dimostra che lui ha mentito!
Per questo afferma che dio lo ha abbandonato nel suo delirio di onnipotenza!
Nella perpetrazione della menzogna attraverso la quale voleva mettere in ginocchio gli Esseri umani, e questo lo aggiungo io, all'atto della morte del suo corpo fisico non aveva energia per trasferire la propria Coscienza di Sé nel corpo luminoso: chi desidera ardentemente sottomettere gli uomini, il prezzo che paga è il suo fallimento esistenziale. Attraverso i suoi intenti e la sua azione, attraverso il suo desiderio di assoggettare gli uomini a sé stesso come verità di sé stesso, aveva bruciato il dio luminoso che cresce dentro l'Essere Umano.
Anche i ladroni lo deridono. Le azioni e le affermazioni di Gesù non meritano rispetto. Egli è vissuto derubando gli Esseri Umani della loro fede, delle loro speranze e, bruciandole, ha negato loro la formazione del loro divenire. Al contrario, i "ladroni" si sono accontentati di appropriarsi di cose lasciando intatto il divenire del derubato. I ladroni si sono appropriati di cose, Gesù pretendeva di appropriarsi della vita: un disprezzo ben maggiore meritava!
Il problema di Luca è diverso da quello di Marco e Matteo. A Luca interessa mettere in rilievo la bontà di Gesù contrapponendola alla malvagità dei Gran Sacerdoti. La frase: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" è una frase gratuita. E' quanto Paolo e Luca avrebbero desiderato che Gesù dicesse. In realtà a Gesù era vietato pronunciare quella frase in quanto alcuni evangelisti andavano farneticando che tutto questo era ampiamente previsto sia da Gesù che dalle sacre scritture. Se tutto era previsto, doveva essere previsto il premio per chi aveva inchiodato Gesù obbedendo ad un tale compito ingrato. Gesù non poteva chiedere perdono per chi era obbediente al volere divino. A meno che l'aggiunta non fosse stata fatta per volere di Luca e Paolo in quanto non era concepibile che degli Esseri Umani uccidessero il figlio del dio padrone senza che il figlio del dio padrone non avesse scelto di farsi uccidere da quegli Esseri Umani. Perché chiedere perdono per loro? Perché la frase è pura invenzione di Paolo! O si accetta il concetto di predestinazione estendendolo ad ogni vivente, o si rifiuta il concetto di predestinazione. Paolo ha detto a Luca: "facciamo in modo di costruire una versione della morte per cui la gente si commuova di quanto Gesù era buono e comprensivo!". Con questo Paolo e Luca cominciarono ad elaborare la teoria dell'agnello sacrificale che i cristiani portano come esempio agli Esseri umani socialmente più deboli per poterli sacrificare come fecero i giudici al processo di Gesù.
La gente di Marco e Matteo diventa il popolo in Luca. La gente ha idee, volontà e determinazione, infatti, nei confronti di Gesù sviluppa un giudizio sbeffeggiandolo. Il popolo è l'oggetto del vangelo di Luca. Il popolo deve subire il vangelo, al popolo il vangelo deve essere predicato dunque il popolo non condanna Gesù. In Luca il popolo è quell'oggetto che segue il padrone o il pastore, non è un insieme di Esseri che sviluppano delle determinazioni. Per questo il popolo si limita a guardare mentre i giudici, i Gran Sacerdoti e gli Scribi, che Luca vuole far passare come cattivi e malvagi, sbeffeggiano Gesù.
Rimane in Luca l'uso del rafforzativo "ha salvato gli altri", ma anche Luca omette di dire in cosa li ha salvati lasciandoci supporre, sia a ragione di logica sia attraverso le azioni descritte nei vangeli, che Gesù affermava di salvare gli altri dalla morte del proprio corpo fisico e che i Gran Sacerdoti e gli Scribi chiedevano a Gesù di provare loro come egli li avrebbe salvati salvando sé stesso.
Diventerà un dogma della chiesa cristiana: il dio padrone non si discute. Non si può mettere in discussione quanto Gesù dice in quanto la sua parola è la parola perfetta (di verità), del dio perfetto, discutere o commentare la parole di dio significa esercitare le proprie determinazioni nei confronti di Gesù e del cristianesimo, significa cercare la propria libertà mettendo in discussione il ruolo del dio padrone. Per questo motivo i cristiani proibirono con la morte il commento dei vangeli. E' tale la miseria e l'ipocrisia che i vangeli ufficiali emanano che non potevano fare altrimenti. Eserciti, spade, roghi, galera, tortura e miseria sono i mezzi attraverso i quali i cristiani hanno diffuso la parola di Gesù senza mai spiegare in che cosa consistesse quella parola.
Sia in Marco che in Matteo, nessuno prende le difese di Gesù. Leggendo i vangeli appare evidente come non esista nessuna condizione morale attraverso la quale Gesù abbia avuto seguito, nessuno dei miracolati è venuto per consolarlo. Gesù non ha miracolato nessuno, ha solo millantato capacità che, descritte nei vangeli, sono state imposte agli Esseri Umani mediante atti di forza. Luca fa parlare uno dei ladroni in sua difesa. In fondo, dice Luca, quelli erano ladroni. Erano esseri spregevoli che sicuramente meritavano di morire anche se cosa abbiano fatto o perché abbiano fatto ciò per cui sono appesi non è dato sapere. Vengono definiti ladroni, ma non viene menzionata nessuna azione per la quale noi possiamo associarci al giudizio di Luca. Gesù ha rubato o preteso di usare un asino non suo, per questo lo possiamo definire "ladrone". Ma gli estensori dei vangeli non ci indicano nessuna azione per la quale noi possiamo associare quell'appellativo ai due appesi in croce. Pertanto, per quel che mi riguarda gli evangelisti potrebbero anche calunniarli. Né a Marco né a Matteo, né a Luca interessa molto la giustizia a loro interessa mettere in ginocchio gli Esseri Umani e un ladrone, che in alcuni vangeli deride Gesù, nel vangelo di Luca, Luca mette in evidenza il ladrone che rimprovera l'altro ladrone per aver deriso Gesù. Tanto, sembra dire Luca, ogni testimone è morto! Io gli posso mettere in bocca quello che voglio!
Due sono le aberrazioni che in questo momento rilevo nel vangelo di Luca. La prima è il riconoscimento da parte del ladrone della giustezza della pena per la quale è stato condannato. E' aberrante! Chiunque commetta un "delitto", qualunque esso sia, è spinto da motivazioni e da bisogni. Il reato non è un oggetto in sé, non sorge dalla malvagità dell'uomo, ma è la ricerca della soddisfazione di un bisogno fatto con mezzi socialmente considerati illegali. Ma è espressione di una necessità soggettiva. Il condannato mette sempre l'accento sulla sua soggettività. Solo il dio padrone vuole il pentimento del condannato per ottenere dal condannato la legittimità della condanna che gli ha inflitto. Chiunque subisce una condanna da uno stato giuridico reputa quella condanna ingiusta in quanto ogni tipo di condanna è superiore all'entità del reato commesso: questo è una condizione fondamentale del sistema giuridico come è stato imposto dalla morale cristiana e dalle necessità del Potere di Avere di controllare gli uomini. La condanna si subisce, ma non si può mai parlare di giustizia nella condanna. La condanna piega l'Essere Umano che può accettarla soltanto quando l'accettazione gli fornisce delle vie di fuga dalla condanna stessa. Ma quando la condanna è assoluta, quando attraverso la condanna all'Essere Umano non viene lasciato nessun divenire, la condanna non è mai giusta ma è la somma di tutte le ingiustizie. Il Sistema Sociale e il Comando Sociale hanno costruito le condizioni all'interno delle quali è venuto sviluppandosi l'azione di chi commette il "delitto". Il "delitto" è sempre una risposta soggettiva a condizioni imposte militarmente dal Sistema Sociale, sia che queste condizioni siano percepite nell'immediato sia che la loro percezione sia venuta maturando attraverso la trasformazione degli elementi del Condizionamento educazionale imposto dal Comando Sociale. Che un Comando Sociale si difenda da chi sviluppando determinazioni mette in discussione le sue prerogative è un discorso, altra cosa è l'accettazione della vendetta (la pena è la vendetta del Comando Sociale come risposta alle determinazioni del soggetto) da parte di un condannato quando non ha più futuro né più divenire.
Inoltre, quanto il ladrone chiede a Gesù, è quanto Luca vuole trasmettere. Sulla terra hai l'ingiustizia, ma Gesù si ricorderà di lui nel suo regno. Per questo Luca si riterrà in diritto di seminare ingiustizia in quanto, proprio attraverso la sua semina di ingiustizia permette a Gesù di salvare la gente nel suo regno. E' assurdo quanto Luca mette in bocca al Ladrone, cosa che nessuno degli evangelisti precedenti ha mai osato fare per paura di immediate smentite. Ma Luca scrive per Paolo di Tarso e ha bisogno di un figlio di dio credibile, anche se la credibilità esce dai confini della Palestina.
La dicitura di Luca secondo cui Gesù va nel suo regno è una variabile assoluta nei vangeli. Il regno di dio fuori da questo mondo. Il regno di Gesù fuori da questo mondo. In questo caso Gesù non avrebbe mai potuto affermare che suo padre era il dio dei vivi. Magari il dio padrone delle anime.
La concezione di un altro mondo non è ebrea: è greca e egiziana. Non poteva essere scritta da Marco e da Matteo in quanto essi non concepivano nulla di simile: la vita senza il corpo fisico, la vita in una dimensione non raggiungibile dai sensi fisici. Luca non avrebbe mai potuto diffondere un credo senza la concezione di un altro mondo, di un'altra vita fuori dai confini della Palestina. L'operazione voluta da Paolo di Tarso è tale da consentire la predicazione del vangelo fuori dai confini della Palestina. Ricordo che esistono due "apocalissi" di Paolo di Tarso, in una si certifica la reincarnazione e nell'altra sarà descritto l'inferno e il paradiso di cui si servirà dante per scrivere la sua commedia. Che male avrebbe fatto nel promettere il paradiso? Sembra dire Luca! Ha messo in ginocchio milioni e milioni di Esseri Umani, ha rubato loro il pane, li ha costretti a vivere nella miseria, li ha privati della possibilità di esercitare le loro determinazioni tanto grande era la ferocia dei cristiani che si organizzavano attorno a queste menzogne.
Gesù non dice: "in verità ti dico risorgerai!". Dice sarai con me in paradiso. Luca sa perfettamente come il concetto di resurrezione sia inventato di sana pianta e improponibile fuori dalla Palestina. Paolo di Tarso in giovane età affermerà che di lì a poco i cristiani saranno ricevuti in cielo con tutto il corpo perché non morranno; quando diventa più vecchio supplicherà di liberare la sua anima dal corpo. Inoltre, le aspettative di risorgere, se prese sul serio, provocano vive reazioni fra chi vede i suoi cari morire senza risorgere (Paolo di Tarso dirà che loro muoiono perché hanno peccato). Meglio inventare un luogo di beatitudine (ad imitazione dei campi Elisi), un luogo lontano a cui gli Esseri Umani possano aspirare senza per questo essere legati ad una promessa.
Luca, attraverso la sua descrizione, allontana la speranza nella resurrezione per introdurre il concetto di paradiso come luogo dove si giunge dopo la morte.
Ora al vangelo non si può più chiedere spiegazioni, non si possono più chiedere prove: il vangelo è assoluto. Al vangelo ci si sottomette per spontanea donazione di sé stessi o per le armi che i cristiani forgeranno.
Per Giovanni la questione è ideologica. Giovanni ha vissuto in condizioni diverse e si è scontrato con pensiero e concezioni diverse scoprendo l'illogicità e il pericolo insito nei vangeli di Marco, Matteo e Luca, egli tende a costruire un'ideologia nuova, un nuovo modo di presentare Gesù, più accettabile e più corrispondente ai bisogni dei popoli che intende mettere in ginocchio. Giovanni può scrivere senza tema di smentita in epoca tarda in cui le religioni gnostiche tentano di costruire una visione misterica ed esoterica del mondo.
La scrittura della condanna diventa titolo. L'emissione di una sentenza diventa decisione di condanna. Per Giovanni Gesù non ha subito un processo, ma è stato condannato. Inoltre nell'esecuzione della condanna ha parte attiva Pilato. Il nemico che ha conquistato la Palestina. E' importante quest'introduzione da parte di Giovanni. Preso per vero il fatto che questo vangelo viene scritto attorno al 150 d.c. la Palestina aveva assistito alla distruzione del tempio ad opera di Tito e la dispersione di buona parte degli ebrei. Ebrei e cristiani erano in aperto conflitto. I Gran Sacerdoti e gli Scribi non erano più importanti. Gli ebrei non erano più il nocciolo centrale a cui la predicazione si rivolgeva. La predicazione si rivolgeva a popoli diversi che conoscevano Roma. Per Giovanni era importante indicare una partecipazione attiva di Pilato nell'esecuzione per colpevolizzare Roma.
Giovanni vuole mettere in bocca a Pilato un'affermazione che a Giovanni serviva più di ogni altra cosa. Pilato aveva scritto, i Sacerdoti contestano l'iscrizione e Pilato la ribadisce non volendo cambiarla. Giovanni spaccia questo come un implicito riconoscimento da parte dell'autorità romana dell'autorità reale di Gesù. E' come se Pilato dicesse ai sacerdoti: quello era il vostro re.
Quando i Gran Sacerdoti sono stati sterminati, quando gli Scribi sono periti nella guerra del 70, quando i Farisei sopravvissuti alla guerra che i cristiani hanno fatto ai Romani, quando nessuno può più mettere in discussione Giovanni, Giovanni afferma che in effetti Pilato aveva capito che lui era il re dei giudei e che per questo motivo si rifiutò di togliere la scritta.
La differenza fra i quattro vangeli è evidente, come sono evidenti gli obiettivi: trovare il mezzo migliore per mettere in ginocchio gli Esseri Umani, umiliarli, costringerli ad assoggettarsi accettando per vere promesse illusorie in cambio dell'annientamento di sé stessi e dei propri figli.
Questo è il cristianesimo!
Data di pubblicazione sull'web: 03 agosto 2004 (quando avrò la data di scrittura del testo, forse, la metterò)
Modificato per la pubblicazione il 07 novembre 2015
NOTA: Le citazioni dei vangeli sono tratte dalla bibbia delle edizioni Paoline 1968
Gesù di Nazareth: l'infamia umana.
I valori etico-morali del cristianesimo.
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Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Aggressione di cristiani alle statue pagane 2015 |
Il cristianesimo è un modo per distruggere il divenire degli uomini. Per capire la strategia di distruzione dell'uomo del cristianesimo è necessario leggere i vangeli e interpretarli alla luce dell'uomo ridotto in schiavo obbediente, oggetto di possesso e privato della propria capacità di vivere e abitare il mondo in nome del dio cristiano che altri non è che il Macellaio di Sodoma e Gomorra, il criminale che ha distrutto l'umanità e la Natura col Diluvio Universale e che ordina il genocidio dei popoli per favorire i criminali del Popolo Eletto.