Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù
Cod. ISBN 9788893322034
Vedi anche i valori morali e valori sociali
La caratteristica di Gesù nei vangeli è che Gesù non fu mai padre, ma sempre e solo figlio. Rivendica il diritto di essere figlio e in quanto tale fissa la sua vita.
Cronos fu figlio di Gaia e Urano Stellato, ma noi non ricordiamo Cronos in quanto figlio di Gaia e Urano Stellato, ma per ciò che Cronos fece quando costruì la sua indipendenza da Gaia e da Urano Stellato. Una indipendenza che Cronos conquistò evirando Urano Stellato che a sua volta impose a Cronos Afrodite e le Erinni attraverso le quali Cronos divenne "padre" della vita che procede attraverso i mutamenti (il tempo) costruendo sé stessa.
Cronos è padre della vita (come i suoi fratelli e sorelle), come padre della vita è Urano Stellato e come, padre della vita, è Zeus con i suoi fratelli e le sue sorelle.
Gesù rompe con ogni tradizione religiosa e cessa il suo esistere fissandosi nella perenne condizioni di figlio al servizio del padre dal quale deriva ciò che è perché nulla ha costruito da sé stesso. Con Gesù il mondo si ferma, cessa di trasformarsi. Gesù è la verità che immobile fagocita i suoi figli distruggendo il divenire del mondo in perenne attesa delle decisioni del dio padre padrone che non affacciandosi alla storia costringe gli Esseri Umani in quella lenta agonia impossibilitati a cogliere dall'albero della vita e a generare i loro figli come Dèi che potrebbero diventare nell'infinito dei mutamenti.
Gesù si proclama figlio del dio, che diventa il dio padrone delle persone, e si proclama padrone delle persone in funzione dell'essere il figlio del padrone.
Scrive Matteo
In quel tempo Gesù prese a dire: "Ti rendo lode, o padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Si, Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto è stato dato a me dal Padre mio: e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo. "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, che sono dolce ed umile di cuore, e troverete pace per le anime vostre; perché il mio giogo è soave e il mio peso leggero".
Vangelo di Matteo 11, 25-30
Scrive Marco
E diceva loro: "In verità vi dico: ci sono alcuni dei presenti che non gusteranno la morte, prima d'aver visto il regno di Dio venuto con potenza". Sei giorni dopo Gesù prese da parte Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse soli sopra un alto monte, ove si trasfigurò davanti a loro. Le sue vesti divennero risplendenti e divennero candide quanto nessun tintore della terra potrebbe farle. Poi apparve loro Elia con Mosè e parlavano con Gesù. Allora Pietro, presa la parola, disse a Gesù: "Maestro, com'è bene per noi star qui! Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia". Non sapeva, infatti, che cosa si dicesse, perché erano sbigottiti. Poi si formò una nube che si ricoprii d'ombra e dalla nube uscì una voce: "Questi è il mio figlio diletto: ascoltatelo!". E tosto guardando all'intorno non videro più nessuno, fuorché Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte proibì ad essi di raccontare ad alcuno quello che avevano veduto, fino a quando il figlio dell'uomo non fosse resuscitato dai morti. Essi osservarono l'ordine, domandandosi tuttavia fra di loro che cosa significasse "risuscitare dai morti". Allora l'interrogarono domandando: "Perché gli Scribi dicono che deve prima venire Elia?" Egli rispose: "Elia, si, venendo prima, ristabilisce tutto: ma come mai sta scritto del figlio dell'uomo che deve molto soffrire ed essere disprezzato? Ebbene, io ve lo dico: "Elia è già venuto e gli hanno fatto tutto quello che vollero, com'è stato scritto di lui".
Vangelo di Marco 9, 1-13
Scrive Luca
Circa otto giorni dopo questi discorsi, egli prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte per pregare. Or, mentre pregava, l'aspetto del suo volto si trasfigurò e le sue vesti divennero di un candore sfolgorante. Ed ecco, due uomini parlavano con lui: essi erano Mosè ed Elia, i quali, apparsi nella gloria, parlavano del suo transito che doveva compiersi in Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, pure si tennero bene svegli e videro la sua gloria e i due uomini ch'erano con lui. Quando essi stavano per separarsi da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui! Faremo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia". Non sapeva ciò che diceva. Mentre parlava così, venne una nube che li coprii: essi ebbero paura quando quelli entrarono nella nuvola. Dalla nuvola uscì una voce che diceva: "Questo è il mio Figlio, il diletto, ascoltatelo!". E mentre si faceva udire questa voce, Gesù si trovò solo. Essi non parlarono, né per quel tempo, raccontarono niente a nessuno di quanto avevano veduto.
Vangelo di Luca 9, 28-36
Scrive Giovanni
Gesù rispose loro: " Il Padre mio opera sempre ed io pure opero". Per questo i Giudei cercavano più che mai di ucciderlo, perché non solo violava il Sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù allora disse loro: "In verità, in verità vi assicuro: il Figlio non può far nulla da sé, se non ciò che ha veduto fare dal Padre; perché tutte le cose che fa lui, le fa allo stesso modo anche il Figlio. Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli manifesta tutto quello che egli fa; e gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché voi ne restiate meravigliati. Come, infatti, il Padre resuscita i morti e li fa vivere, così pure il Figlio fa vivere quelli che vuole. Inoltre il Padre non giudica nessuno; ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, non va in giudizio, ma passa da morte a vita.
"In verità, in Verità vi dico: viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e chi l'ascolta vivrà, Perché, come il Padre ha in sé la vita, così pure ha dato al figlio d'aver la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce, e quelli che hanno operato il bene ne usciranno per la resurrezione della vita; quelli, invece, che fecero il male, per la resurrezione della condanna.
"Io non posso fare nulla da me stesso. Giudico secondo quello che ascolto, e il mio giudizio è giusto, perché non cerco il volere mio, ma il volere di colui che mi ha mandato. Se io rendo testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non vale. Vi è un altro che testifica per me, e so che vale la testimonianza che mi rende. Voi avete mandato ad interrogare Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Non è ch'io abbisogni della testimonianza di un uomo; se vi dico questo è per il vostro bene. Egli era la lampada che arde e illumina, ma voi avete voluto per poco godere della sua luce. Or, io ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni: quelle opere che il Padre mi ha dato da compiere e che io faccio, esse attestano per me che il Padre mi ha mandato. E il Padre stesso che mi ha mandato rende testimonianza a mio favore. Voi non avete mai udito la sua voce, non avete mai visto il suo volto, e la sua parola non dimora in voi, perché voi non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture perché credete di avere per esse la vita eterna: sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Eppure non volete venire a me per avere la vita.
"Io non ricevo gloria dagli uomini. D'altra parte, io vi conosco e so che in voi non c'è l'amore di Dio. Io sono venuto in nome del Padre mio e non mi riceverete: se un altro verrà in proprio nome, lo riceverete. Come potete avere la fede voi che ricevete la gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene solo da dio? Non pensate che sia io ad accusarvi davanti al Padre: vi accuserà quel Mosè stesso in cui sperate. Se infatti credeste a Mosè, credereste pure in me, Poiché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come credete alle mie parole?"
Vangelo di Giovanni 5, 17-45
I quattro brani scelti si possono suddividere in due gruppi in quanto obbediscono a progetti diversi. Due appartengono al fantastico e due ad un tentativo di dimostrazione logica della divinità di Gesù in quanto figlio del dio padrone. Tutti e quattro hanno una costante; appartengono alla pulsione di morte chiedendo sottomissione acritica. "Guarda come sono potente o bravo io, Figlio di Dio! perché non vi sottomettete? perché non credete? perché non mi seguite?". Da un lato abbisogna di testimonianza divina per la sua divinità, dall'altro dio, Mosè ed Elia testimoniano che egli è il figlio di dio destinato a far risorgere dai morti.
E' da considerare che Gesù non ha nessuna idea della vita, sia sua (non lavora, non agisce nella società, non ha relazioni politiche o economiche) né della vita oltre la morte del corpo fisico. Il suo assoggettamento al dio padrone, che chiama suo padre, gli impedisce di costruire un'esperienza esistenziale e lo costringe a vivere in una staticità esistenziale in cui il delirio è padrone delle sue parole. L'unica vita che egli concepisce è quella caratterizzata dal suo delirio e il suo delirio, padrone della sua ragione, che per questo si definisce ragione delirante o malattia mentale, teme la morte perché la ragione, il verbo, non può superare la soglia della morte del corpo fisico. La ragione di Gesù delira in una rinascita, una resurrezione, che gli garantirebbe l'immortalità della ragione. La condizione esistenziale di Gesù è bloccata nella sottomissione al dio padre padrone dal quale non è mai stato in grado di emanciparsi e di costruire un proprio cammino esistenziale. Il Gesù di questi vangeli non concepisce nessuna libertà ma solo sottomissione.
Da qui la sua insistenza nell'essere il figlio del macellaio di Sodoma e Gomorra e le sue richieste di sottomissione come unica condizione atta a confermarlo nella sua convinzione. La sottomissione, come garanzia di sottomissione. Anche in questo esistono diversi gradi di sottomissione che dipendono dall'intensità della dipendenza psico-emotiva vissuta dal soggetto.
Le differenze fra Luca e Marco sono funzionali ad un diverso progetto con cui propagandare la sottomissione e funzionale a società-culturali, diverse.
Accettando che il racconto di Marco sia scritto sotto dettatura di Pietro (costante del suo vangelo) non si comprende come tale racconto della trasfigurazione non sia presente in Giovanni che a detta degli interpreti cristiani l'evangelista altro non sarebbe che uno dei tre che salgono sul monte insieme a Pietro e Giacomo. Eppure un avvenimento del genere avrebbe dovuto imprimersi molto bene nella memoria, oppure il Giovanni è un altro e questo vangelo è stato scritto ben oltre il 150 dopo cristo.
Ma veniamo alle trasfigurazioni. Innanzi tutto la prima parte del racconto di Marco. L'affermazione di Gesù è categorica: la venuta del regno di dio in potenza sarebbe venuta prima che alcuni dei presenti gusteranno la morte.
Morte come piacere.
La frase non si può interpretare in termini simbolici: troppo categorica. E' una verità di fatto, letterale e assoluta. Dunque, menzogna assoluta.
Non siamo nemmeno nel campo delle allucinazioni. Siamo nello stesso campo in cui i Testimoni di Geova dicono che sta arrivando la fine del mondo. Quella condizione apocalittica, agognata dai messianici, che possa mettere fine alle loro angosce esistenziali permettendo loro di ricominciare una nuova vita dopo aver spazzato via tutti problemi che creano loro angoscia.
Purtroppo per loro è l'angoscia emotiva che li costringe a vedere un mondo angosciante. Il mondo non è angosciante in sé. E' la loro condizione psico-emotiva angosciata che venendo proiettata sul mondo fa dire loro che il mondo costituisce fonte di angoscia. Vivono come se la loro angoscia fosse prodotta dai fenomeni del mondo e sono inconsapevoli che è la loro angoscia psichica che li costringe a vivere in un mondo angosciante. Malati che anziché agire sulla loro malattia attribuiscono la loro malattia al mondo in cui stanno vivendo evitando di affrontare le cause che hanno prodotto la loro malattia angosciante.
La pulsione di morte trasforma la percezione in allucinazione: l'ultimo degli esseri immaginati, fino ad ieri nulla, cavalcando la loro angoscia si erge a dio sopra l'intero genere della propria specie e chiede sottomissione per placare l'angoscia e non venir perturbato aprendo i campi di sterminio per tutti coloro che non si assoggettano.
L'angoscia allucinatoria di Gesù forgia la menzogna che spacciata come una dose di eroina ad altri angosciati diventa mezzo con cui il Potere di Avere (il possesso di individui) trasforma l'esistenza in un inferno per milioni di persone.
Quest'affermazione può uscire dalla bocca di Pietro come testimone di tanta follia ma Luca, scrivendo il suo vangelo ben dopo, deve depennarla pena la condanna del proprio vangelo. Sono passati i tempi in cui era sufficiente mettere in bocca a Gesù i terrori derivati dal proprio padre per pensare che soltanto a questi le genti si sarebbero sottomesse. Luca gioca una partita diversa, sempre all'interno della pulsione di morte, per mettere in ginocchio le genti ma senza passare per stupido.
Sintetizzando il racconto di Marco si hanno sei punti caratteristici: 1) Gesù si trasforma davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni; 2) Appare Elia con Mosè che parla con Gesù; 3) Da una nube esce una voce che impone di ascoltarlo in quanto figlio suo; 4) Quando scendono dal monte Gesù proibisce agli apostoli di raccontare quanto hanno visto finché non sarebbe risorto dai morti; 5) Gli apostoli chiedono perché prima di lui doveva venire Elia; 6) Gesù dice che Elia è già venuto e gli fecero quello che vollero.
Dare credito a questo racconto, che fra l'altro implica la predizione non solo della sua morte ma del modo e dell'imminenza della morte stessa, è piuttosto difficile specie se riferito a quanto scrive Marco qualche pagina più avanti: "Mio dio, mio dio, perché mi hai abbandonato?".
Se egli sapeva quanto doveva soffrire prima di risorgere perché accusa dio di averlo abbandonato? Gli interpreti cristiani e cattolici in particolare possono fare tutte le interpretazioni che vogliono per spiegare logicamente ciò che logicamente può essere spiegato in un solo modo: il racconto della trasfigurazione è stato inserito in un secondo tempo nel vangelo per dare credito ad un Gesù profeta che altrimenti credito non poteva avere. Introdurre il fantastico per creare meraviglia ed ottenere sottomissione. Quest'aspetto comunque è meno importante del racconto in sé. E' il racconto che serve a sottomettere; come si è già detto, non è prioritario sapere com'era o chi era Gesù ma come Gesù viene descritto, perché è la descrizione l'arma con la quale i cristiani sottomettono, tuttavia affermare che di lì a poco c'è l fine del mondo qualifica la descrizione come volutamente bugiarda.
Elia mi ricorda un flashback; gli adoratori della vita stavano festeggiando il suo risveglio dopo il sonno invernale quando piombò su di loro Elia, spalleggiato da un'orda di fanatici, che al grido di: "El, El!" li massacrò quasi tutti. Il bisogno di morte e di massacri era il pane di cui si nutriva.
Per quanto riguarda Mosè il discorso non è limitato dal fatto che la sua presenza dava prestigio a Gesù, ma le sue "leggi" erano e sono la negazione del diritto pertanto funzionali a Gesù per imporre sottomissione e privare gli uomini dei diritti sociali.
Di tutto ciò che la specie umana aveva faticosamente costruito nei rapporti giuridici dal codice di Hammurabi alla civiltà romana, indicare Mosè significa condannare le leggi della società civile per accogliere le leggi con cui il padrone impone la sottomissione. Cancellare il divenire di libertà dei popoli per legittimare la schiavitù.
Oggi si sa che Mosè non è mai esistito, come non è mai esistita la schiavitù in Egitto degli ebrei, nonostante questo l'idea di schiavitù imposta ai popoli attraverso Mosè e Gesù sono elementi reali che hanno condizionato i sistemi giuridici di regimi assolutistici per duemila anni.
Mentre scendono dal monte Gesù proibisce loro di raccontare quanto hanno visto finché non sarà risorto. E' importante tener presente come della conversazione avuta da Gesù con Elia e Mosè gli apostoli non abbiano sentito nulla. Resta la sceneggiata che deve suscitare stupore, manca la dottrina.
Un altro aspetto che è sfuggito agli analisti religiosi è che Mosè e Elia appaiono in forma umana, come corpi viventi, a conferma che da morti sono corpi, individualità che mantengono la forma e, dunque, legittimano come possibilità la resurrezione nella carna tanto desiderata dalla ragione fallita di Gesù.
Gli apostoli chiedono perché prima di lui doveva venire Elia e Gesù gli risponde che Elia era già venuto e, con questo si riferisce a Giovanni Battista? La domanda è "perché prima di lui doveva venire Elia". Gesù non risponde alla domanda. La ignora. Affermando che Elia era già venuto, ma se Elia fosse Giovanni Battista, saremmo difronte alla reincarnazione e non alla resurrezione dei corpi.
Non dimentichiamo che Gesù non concepisce una coscienza diversa dal corpo. In altre culture l'anima o la coscienza sono entità indipendenti dal corpo, pertanto possono essere presenti anche in corpi fisici diversi (vedi reincarnazione). Per Gesù, Elia è Elia e Giovanni è Giovanni. Anche per questo motivo l'episodio sembra inserito a posteriori nel vangelo. Avrebbe potuto dire: "Elia era Giovanni" ma non l'ha fatto né poteva farlo.
Questo racconto va molto bene a Luca il quale vi apporta alcune modifiche. Come detto, cancella la prima parte: troppo in contraddizione con la realtà; la fine del mondo non c'è stata e molti sono morti. In secondo luogo Gesù non si trasfigura improvvisamente, ma si trasfigura mentre prega. Variazione importante. Gesù, che nei confronti degli uomini ha una virtù che guariva tutti (Luca in altra parte) gli uomini non ha forza in sé e da sé, ma la supplica come dono del proprio dio. Pertanto egli ottiene di trasfigurarsi solo mentre compie atto di sottomissione a dio. Solo la sottomissione consente qualche cosa! Inoltre, quando appaiono Mosè ed Elia gli apostoli presenti, anche se hanno molto sonno, capiscono che parlano di quanto deve compiersi a Gerusalemme. Da questo punto i racconti sono in contraddizione. Luca non se ne cura, tanto chi può verificarlo ai suoi tempi? A lui interessa far passare Pietro, Giacomo e Giovanni non solo come testimoni della trasfigurazione come fa Marco, ma anche testimoni della passione e della profezia della futura resurrezione. Mentre Marco afferma che Gesù impone loro di stare zitti fin dopo la sua resurrezione, per Luca è una loro iniziativa né si mettono a discutere di Elia in quanto Luca non sa come sfruttare una figura come Elia, lui Greco che scrive un vangelo per i Gentili.
Gli altri due racconti, quello di Matteo e quello di Giovanni, pur sostanzialmente diversi nell'esposizione, mirano allo stesso obiettivo partendo da un'altra ottica:
"Io sono figlio di dio perché dio è mio padre dunque io sono suo figlio e, siccome mio padre è potente, anch'io sono potente e, siccome il figlio impara il mestiere dal padre, io so fare lo stesso mestiere di dio mio padre. Voi siete cattivi perché non riuscite a capire la mia logica ferrea e non venite a me per credere".
La questione è che Gesù rimane sempre figlio. Un figlio impotente che tutto riceve dal padre perché lui non è in grado di fare nulla se non per quanto riceve dal padre.
Zeus non è dipendente dal padre Cronos. Non fa quello che fa perché Cronos gli ha dato qualche cosa. Zeus costruisce la vita, il suo tipo di vita come gli Esseri della Natura, proprio perché si distacca dal padre. Zeus non serve il padre, ma si emancipa dal padre e dallo stesso padre si emancipano tutti i fratelli di Zeus.
Gesù non si emancipa dal padre. Non agisce attraverso la sua intelligenza o la sua volontà. Gesù ha rinunciato alla sua intelligenza e alla sua volontà e vive la sua vita di succube del padre e chiede, a sua volta alle persone di diventare succubi di sé stesso e di suoi padre. Invita gli uomini a trasformare in succubi di sé stesso i suoi stessi figli in modo che i loro stessi figli non siano in grado di fare nulla da sé, ma dipendere totalmente dal loro padre e la loro madre come lui dipende da suo padre. Una società di figli che riproducono i genitori che a loro volta hanno riprodotto i propri genitori condannando le società civili non solo alla negazione del progresso, ma soprattutto a forgiare uomini che non dipendendo dal loro padre sanno costruire un futuro per i loro figli.
Scartando l'ipotesi, per beneficio della discussione, che la dichiarazione in Matteo non sia quella di chi abbandonato dal padre prima della nascita o subito dopo si porta dietro la tara dell'abbandono per tutta la vita inventandosi un padre divino (tare di questo tipo sono caratteristiche della pulsione di morte) in quanto appartenenti ad individui psicologicamente bloccati; costituiscono spiegazioni plausibili del comportamento di Gesù l'incapacità assoluta di affrontare la vita per sé stesso vivendo una totale dipendenza dal padre padrone.
Vediamo i punti caratteristici della dichiarazione di Gesù:
1) Ti rendo lode perché il mio sapere (che io non mi sono conquistato) lo nascondesti ai sapienti (a chi vuole conquistarselo) e lo hai rivelato ai piccoli;
2) Tutto è stato dato a me dal padre mio;
3) Nessuno conosce il figlio se non il padre, nessuno conosce il padre se non il figlio;
4) Venite da me voi che siete stanchi ed affaticati; io vi do riposo; prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono docile e sottomesso perché il mio giogo è soave e il mio peso leggero.
Certamente il suo giogo è leggero; il pastore risolve i problemi delle pecore, le porta al pascolo, le fa accoppiare, le porta al riparo ecc., sempre in ossequio ai suoi bisogni di pastore, non a quelli delle pecore. Se le pecore devono fare una buona lana non le porta al riparo al caldo, ma le lascia nel recinto così, il freddo, aiuta a produrre una lana migliore. Il pastore allontana il piccolo dalla pecora per appropriarsi del latte in ossequio al proprio bisogno, non a quello della pecora. Quando infine il pastore condurrà la pecora al macello questa dovrà andarci mite e tranquilla. Quella pecora, nella sua esistenza, non avrà avuto nessun problema, il suo fardello era leggero e il suo giogo leggero. La sua Conoscenza e la sua Consapevolezza sono zero e zero è la sua capacità di affrontare la morte del corpo fisico. Chi fa un mestiere per vivere faccia quel mestiere ma abbia il buon senso di non tentare di ridurre la vita, o anche il sistema sociale umano, entro i limiti della propria professione.
Matteo è rozzo; vediamo la stessa questione esposta da Giovanni che trasforma poche affermazioni in un lungo monologo. D'altro canto, come il prestigiatore devia l'attenzione degli astanti mantenendola lontano dal proprio gioco così, il lungo monologo è migliore di poche frasi per allontanare l'attenzione dal loro reale intendimento.
Il tutto si apre con un'affermazione assoluta: il padre mio opera e io pure opero. Verità assoluta che non ammette discussione. Si potrebbe dire: tuo padre non opera. Con questo non si negherebbe la natura divina ma solo l'incapacità del padre nell'operare. Si costringerebbe Gesù a dimostrare l'operare del padre e la qualità del suo stesso operare. Si potrebbe dire: tu non sei figlio del dio padrone che chiami padre. Con questo si negherebbe la relazione figlio-padre, ma non la presenza del padre in quanto operatore nelle vicende umane. Questo è l'intendimento degli Ebrei i quali, pur credendo in quel dio padre non sopportano l'idea che Gesù si spacci per figlio del loro dio; dunque dio egli stesso!
Il loro dio padrone li trasse dal deserto, li fece fuggire dalla prigionia a Babilonia, li fece fuggire dalla schiavitù dall'Egitto; vero o falso che fosse essi ritenevano che quel dio padre avesse donato loro la libertà; cosa dava Gesù agli ebrei per pretendere di spacciarsi per suo figlio e pretendere d'essere creduto acriticamente? Per quanto io provi disprezzo per il macellaio di Sodoma e Gomorra (o per l'essere che si spacciò per tale), sono in grado di comprendere (anche se non condividere) il desiderio degli Ebrei, mentre posso aver solo disprezzo per chi chiede sottomissione acritica.
Partendo dalla prima affermazione assoluta ne provengono altre come conseguenti; negando la prima si nega anche le affermazioni seguenti. Più o meno come successe alla storia della filosofia: metti l'essere assolutamente necessario creatore dell'Universo e tutti i filosofi gireranno attorno a questo concetto come un gatto che si morde la coda. Quando qualcuno devia lo si mette sul rogo. Pertanto, pur negando la validità della prima affermazione continuiamo nella lettura.
Gesù afferma che egli come figlio non può fare nulla da sé se non ciò che vide fare da suo padre, perché tutto quello che fa il padre allo stesso modo le fa il figlio il quale mostra le sue opere perché gli astanti possano essere meravigliati.
Non è importante la qualità dell'opera, l'importante è ottenere meraviglia e, attraverso questa, ottenere adesione. Egli dice che le meraviglie che compie le può fare solo perché le ha viste fare dal padre; da cui si deduce che quanto fa Gesù è quanto è in grado di fare l'essere assolutamente necessario creatore dell'Universo? Un po' poco! Troppo poco! Giovanni lo ha sempre saputo. I vangeli di Marco, Matteo e Luca sono troppo poveri di meraviglie e allora inventa Lazzaro e la sua resurrezione. Solo attraverso questa invenzione, in questa descrizione, Gesù può affermare: "come il padre resuscita i morti così il figlio fa vivere (o rivivere) quelli che vuole".
E' strano che gli Ebrei vogliano ucciderlo avendo la prospettiva di poter rinascere a meno che le sue affermazione non fossero che millantazione; ma a questo Giovanni non bada! Giovanni va oltre il padre, dio degli Ebrei, che rinuncia a giudicare gli uomini e delega il giudizio a Gesù. Dunque, Gesù si considera giudice oltre l'esistenza del padre; Zeus spodesta Crono non è Crono che cede il potere del suo giudizio a Zeus. Attraverso questo Gesù pretende l'adorazione che si ha per il padre. Mettersi in ginocchio davanti al figlio, come ci si mette davanti al padre, è quanto pretende il Gesù di Giovanni. Per molto meno qualche Zelota gli avrebbe infilato un coltello da qualche parte (sia a Gesù che a Giovanni) se i vangeli non riproducessero l'ideologia zelotista. Chi non ama Gesù non ama nemmeno il dio degli Ebrei che lo ha mandato, ed aggiunge che, chi ascolta la sua parola, credendo a chi l'ha mandato (dualità Padre-Figlio), passa dalla morte alla vita.
Continuiamo. Gesù afferma, per dar forza alle sue parole, come sia giunta l'ora in cui i morti udranno la voce del figlio di dio e chi l'ascolta vivrà. Come il dio suo padre ha in sé la vita (ha creato l'universo) così anche il figlio ha la vita in sé stesso e la delega dal padre di giudicare. Ricalca ancora la sua capacità di far rivivere quanti sono nei sepolcri ed afferma che lui non giudica in base al suo giudizio, ma in base al giudizio di suo padre. Egli afferma, in altre parole, di essere un tutt'uno con il dio degli ebrei.
Fin qui ci sono una serie di affermazioni per avallare le quali Giovanni non trova niente di meglio che inventare delle testimonianze ridicole. Se Marco e Luca ricorrono a Mosè, Elia e la voce di dio, Giovanni ricorre al gatto che si morde la cosa. Vediamo queste testimonianze. Gesù dice che non ha nessun valore la sua affermazione in quanto non vale testimoniare per sé stesso, ma lui sa che un altro lo ha testimoniato, quel Giovanni Battista che secondo il Giovanni evangelista avrebbe testimoniato a favore di Gesù. Affermazione gratuita anche se tutti i vangeli abbisognano della presenza di Giovanni battista nel loro racconto. E' più probabile che Giovanni Battista sia stato forse il più famoso e seguito predicatore dei tempi di Gesù ed egli, per continuare a predicare ed avere un minimo seguito, doveva in qualche modo collegarsi alla predicazione di Giovanni Battista. Comunque sia, il vangelo di Giovanni è tanto recente che nessun testimone lo può contestare ed egli, può far dire a Gesù e Giovanni Battista
quello che vuole. Si affretta ad aggiungere Gesù, subito dopo, che non ha bisogno della testimonianza di un uomo però: lo dice per il bene degli astanti o per proprio beneficio nei confronti degli astanti?
Gesù afferma di aver una testimonianza maggiore, più importante; le sue opere che suo padre lo ha mandato a fare. Queste attesterebbero che dio suo padre lo ha mandato. E' il dio degli Ebrei, secondo Gesù, a rendergli testimonianza secondo Gesù, ma secondo i Giudei è proprio la pochezza delle sue opere a rendere testimonianza di non essere figlio del dio degli Ebrei ma solo un millantatore. Come potrebbero gli Ebrei e i Gran Sacerdoti accettare un'affermazione del tipo: "voi non conoscete mio padre perché non credete in me in quanto mandato da lui"; loro che nel bene o nel male avevano vissuto una vita al servizio del loro tempio e del loro credo? Nessuno può impedire a qualcuno di credere ma nessuno può costringere un altro a credere né tantomeno sottomettere qualcuno ad un credo o ad una morale.
Non bastano le testimonianze citate da Gesù in Giovanni, per questo aggiunge anche le "sacre scritture" che gli renderebbero testimonianza e, nonostante ciò, gli astanti si rifiutano di andare da lui per avere la vita. Scetticismo o previdenza?
Ecco allora farsi strada la caratteristica fondamentale di Gesù: l'accusa. "Io non ricevo gloria dagli uomini perché in voi non c'è amore per dio" e, se io fossi un Ebreo, e non lo sono, gli avrei risposto: " Ma che vuoi; sei scemo?".
Gesù accusa di non essere accolto pur essendo venuto in nome di dio suo padre. "Se viene qualcuno in nome suo lo ricevereste!" ovvio, chi viene in nome proprio si rende responsabile delle proprie azioni ed affermazioni. Se millanta qualche cosa egli è responsabile della millanteria, se fa qualche cosa di "buono" riceve la ricompensa o la gloria per quanto fa: non chiede agli astanti di mettersi in ginocchio e di adorarlo; non si spaccia per dio o per suo figlio. Si accetta volentieri un uomo potente pronto ad allungare una mano per aiutare chi ne ha necessità senza che quest'aiuto venga venduto per ottenere sottomissione. Si riconosce che il vicino è più abile nel fare determinate cose e si è riconoscenti quando quest'abilità viene messa al servizio della comunità. Al contrario, si ha il massimo disprezzo quando quest'abilità viene usata per sottomettere la comunità. Ha ragione il Gesù di Giovanni; chi viene in nome proprio viene accettato, chi chiede sottomissione viene respinto!
Il ricorso a Mosè sembra l'ultima spiaggia. Li minaccia con accuse scaturite dalla bocca di Mosè perché Mosè parlerebbe di Gesù e, non credere in Gesù, equivale a non credere in Mosè. Debole risorsa per il figlio del dio creatore del mondo. Debole risorsa ma grande disperazione per gli Esseri Umani quando a queste affermazioni da fuori di testa vengono aggiunti gli eserciti per costringere a credere a queste affermazioni.
Gesù è figlio, un bamboccione mai cresciuto. Un bambino capriccioso che batte i piedi e minaccia millantando una condizione che sta solo nelle sue fantasie.
Figlio! Mai padre. Figlio, mai uomo o cittadino responsabile.
Bamboccione che per tutta la vita dipende dal padre e dalla madre dai quali non è mai riuscito ad emanciparsi per pura viltà esistenziale.
Questa è la condizione che i cristiani impongono ai loro figli.
Questo è il cristianesimo!
Data di pubblicazione sull'web: 03 agosto 2004 (quando avrò la data di scrittura del testo, forse, la metterò)
Modificato per la pubblicazione il 12 novembre 2015
NOTA: Le citazioni dei vangeli sono tratte dalla bibbia delle edizioni Paoline 1968
I valori etico-morali del cristianesimo.
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Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Aggressione di cristiani alle statue pagane 2015 |
Il cristianesimo è un modo per distruggere il divenire degli uomini. Per capire la strategia di distruzione dell'uomo del cristianesimo è necessario leggere i vangeli e interpretarli alla luce dell'uomo ridotto in schiavo obbediente, oggetto di possesso e privato della propria capacità di vivere e abitare il mondo in nome del dio cristiano che altri non è che il Macellaio di Sodoma e Gomorra, il criminale che ha distrutto l'umanità e la Natura col Diluvio Universale e che ordina il genocidio dei popoli per favorire i criminali del Popolo Eletto.