Il concetto di LIBERTA' è sempre attribuito al singolo individuo. Quando è attribuito ad una società o ad un'organizzazione, è sempre e solo dispotismo!
Riflessioni relative al Convegno di Studio dal titolo "Diritti Umani e Religioni: il ruolo della libertà religiosa" tenuto a Venezia dal 4 al 6 dicembre 2008 e organizzato dal CIRDU (Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Diritti Umani) dell'Università Ca' Foscari di Venezia.
L'intervento del professor R. Pisillo Mazzeschi dell'Università di Siena viene commentato patendo dalla registrazione e dagli appunti in sala.
Il titolo della sua relazione è "Situazione della libertà religiosa nel Consiglio ONU sui diritti umani".
Il suo intervento dura circa 35 minuti. E' l'ultimo intervento della giornata di giovedì 04 dicembre.
L'intervento del professor Mazzeschi è centrato sulle trasformazioni fra l'idea di libertà religiosa come intesa quando fu redatta la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e l'evoluzione delle interpretazioni che tale libertà ha subito nel corso del tempo e per necessità espresse dalle situazioni sociali.
Il professor Mazzeschi per condurre il suo discorso sull'evoluzione del sistema giuridico relativo all'applicazione del diritto alla libertà religiosa, usa la diffamazione e come la diffamazione, in ambito religioso è stata considerata. All'interno del concetto di diffamazione, il professor Mazzeschi, comprende una serie di comportamenti come ingiurie, calunnie, ironia e blasfemia, che minano, di fatto, la libertà religiosa dei credenti.
La relazione del professor Mazzeschi si svolge fra intervento negativo e intervento positivo in difesa del diritto alla libertà religiosa. In sostanza, la libertà negativa del diritto di libertà religiosa si ha quando lo Stato non interviene sulle questioni religiose. Il diritto positivo del diritto alla libertà religiosa si ha quando lo Stato è parte attiva nel garantire la libertà religiosa delle persone.
Possiamo dire, nel caso della giurisprudenza italiana, che ci sono due tipi di intervento giuridico in materia di religione: uno positivo e uno negativo. L'intervento negativo fa si che lo Stato non intervenga in materia religiosa, mentre l'intervento positivo obbliga lo Stato a salvaguardare il sentimento religioso delle persone.
Per comprendere l'importanza di quanto presentato dal professor Mazzeschi, prima di iniziare il commento a quanto ha esposto, trovo interessante esporre le diverse tesi dell'autorità giudiziaria italiana in merito alla vicenda Faraon e Gomiero. Questi due personaggi, il secondo parroco di S. Donà, appartenenti all'organizzazione cattolica ARIS incaricata dalle gerarchie cattoliche di mettere in atto azioni di diffamazione religiosa, avevano pubblicato un "attacco" all'associazione religiosa Testimoni di Geova, su una pubblicazione parrocchiale.
I Testimoni di Geova li denunciano e la prima sentenza, in Corte d'Assise del 23 marzo 1992 assolve Faraon e Gomiero con la seguente motivazione:
"Il reato di vilipendio della religione, con riferimento ad uno dei culti ammessi dallo Stato (nella specie il culto professato dagli appartenenti alla congregazione dei testimoni di Geova) non sussiste allorché l'offesa è rivolta ad una collettività di fedeli, senza l'indicazione del nome di alcuno degli aderenti alla confessione religiosa.
Non integra il reato la diffamazione ai danni della Congregazione dei Testimoni di Geova la pubblicazione, in un quotidiano locale ed in un bollettino parrocchiale rivolto ai professanti il culto cattolico di un piccolo centro urbano, di interviste e "pezzi" giornalistici contenenti assai pesanti giudizi e critiche a particolari aspetti e contenuti della dottrina religiosa avversata, definita << setta >> pseudo-religiosa, nemica della famiglia e dell'unione dei coniugi, avente precise, occulte finalità economiche, miranti ad impossessarsi dei beni dei propri adepti: il nostro ordinamento, così come garantisce la libertà di professione religiosa, tutela anche la libertà di proselitismo, che può ben svolgersi con il ricorso ad espressioni di carattere fortemente polemico, soprattutto allorché l'insegnamento e la propaganda religiosa si professino nei riguardi dei propri fedeli, con l'unico limite della contumelia e della gratuita denigrazione."
La Corte d'Appello di Venezia nell'ottobre del 1997 capovolgeva la sentenza e condannava gli imputati Faraon e Gomiero. La Corte d'Appello rileva che le accuse di Faraon e Gomiero che avevano usato l'espressione "associazione per delinquere" rivolta ai Testimoni di Geova e che avevano accusato la stessa congregazione di perseguire la sistematica la separazione dei coniugi allo scopo di impossessarsi dei beni dei loro adepti, non erano dei fatti, ma "semplici opinioni", unicamente volte a negare "la religiosità della dottrina dei Testimoni di Geova e a dimostrarne la pericolosità sociale" senza però alcuna argomentazione. Afferma fra l'altro la Corte d'Appello:
"In materia di critica religiosa è possibile e lecito, in ossequio alla libertà di pensiero, giungere a negare fondamento all'altrui credo religioso, ma solo quando tale giudizio sia frutto di un'argomentata esposizione di contrari principi dogmatico-dottrinali, e non apoditticamente affermato o, peggio ancora, correlato a finalità criminose o comunque illecite."
Conclude la Corte d'Appello di Venezia:
"Solo col bilanciamento e la tutela di tutti i diritti garantiti dalla carta Costituzionale si possono impedire forme di intolleranza e fanatismo religioso, che in passate epoche storiche, e purtroppo anche oggi in altri contesti geografici, tanti guasti e sciagure hanno provocato e provocano."
La Corte di Cassazione nel dicembre del 1998 confermando la sentenza di condanna della Corte d'Appello di Venezia (pena prescritta) afferma:
"L'altrui confessione deve essere sempre rispettata. Anche dai cattolici nelle proprie pubblicazioni parrocchiali. E, per il cattolico che ha diffamato un'altra religione, a nulla vale richiamarsi alle norme concordatarie che assicurano al clero e ai fedeli della chiesa di Roma la piena libertà di manifestazione del pensiero, perché sul concordato prevale la Costituzione che tutela i diritti delle minoranze religiose."
Questa è la tesi con cui la Corte di Cassazione ha respinto la tesi di Luciano Faraon e del parroco di S. Donà Gumiero (a volte scritto con Gomiero e a volte scritto con Gumiero) sostenevano che:
"...in materia religiosa il diritto di manifestare il proprio pensiero non potrebbe trovare limiti."
Conclude la Cassazione rigettando anche la tesi della poca diffusione della pubblicazione che ha diffamato i Testimoni di Geova:
"Il fatto che un credo religioso e i relativi principi si basino su un atto di fede, per cui la loro spiegazione razionale può rivelarsi difficile al pari della confutazione di una diversa credenza e di diversi dettami, non autorizza semplicistiche verbali aggressioni prive di supporto e, pertanto, gratuite."
Queste affermazioni delle Corti Nazionali ci permettono di capire almeno due aspetti di orientamento giuridico: quello di chi legittima la diffamazione e quello di chi ritiene che diffamare sia un attentato al diritto di libertà religiosa.
Da qui è necessario partire per comprendere il discorso del professor Mazzeschi sulla storia dell'evoluzione del concetto di diritto di libertà religiosa in relazione a come veniva considerato nelle varie nazioni e assunto come principio dall'ONU.
Quando il principio venne scritto, era inteso come un principio negativo. Negativo nel senso che negava allo stato il diritto di agire all'interno delle questioni religiose. Il professor Mazzeschi dice: "La natura tradizionale della libertà religiosa è a mio avviso una classica libertà negativa di stampo occidentale. Professare la religione senza interferenze da parte dello Stato. Lo stato ha solo l'obbligo di non intervenire".
I limiti posti dallo stato sono limiti finalizzati alla salvaguardia degli altri, della morale, dell'ordine pubblico o "contrari al buon costume" come recita la Costituzione Italiana. Ci sono altri limiti come, rispettare l'ateismo o l'agnosticismo.
In questo contesto tradizionale si inserisce il modo di considerare e affrontare il concetto di diffamazione religiosa. Dice il professor Mazzeschi Si intende espressione di opinione religiose contenenti ironia, diffamazione, offese, insulti, ingiurie, blasfemia. La blasfemia è sempre stata oggetto di repressione ma viene impiegata frequentemente e spesso confuso con progetti simili come intolleranza, discriminazione e incitamento all'odio religioso".
Nell'esempio delle sentenze che ho messo, appare chiaro anche il contenuto diffamante e infamante fatto dal parroco di S. Donà e dall'avvocato Luciano Faraon. Le giustificazioni che loro hanno adottato devono far riflettere sulla volontarietà malvagia delle loro azioni e delle loro intenzioni.
Dice in sostanza il professor Mazzeschi: "Si ammette la lotta contro la diffamazione religiosa. Per la difesa della libertà religiosa è necessaria una difesa da parte dello stato nei casi di gravi manifestazione di intolleranza religiosa. Si prevede che l'odio religioso e o l'incitamento deve essere punito. In questi senso anche nel diritto tradizionale è ammesso l'intervento positivo dello stato che interviene giuridicamente contro l'incitamento all'odio religioso. La discriminazione e la violenza devono essere punite solo nei casi evidenti".
Si agisce nei casi che si evidenzia un reato, ma normalmente il diritto di libertà religiosa viene bilanciato dal diritto di espressione. E' un aspetto che viene sottolineato anche dalla Corte di Cassazione. La diffamazione deve essere perseguita nei casi eccezionali e bilanciato con il diritto alla libertà di espressione. La Corte d'Appello di Venezia è chiara in questo.
Libertà religiosa e libertà di espressione viaggiano assieme dove l'uno e l'altro devono trovare un equilibrio. La libertà di espressione è una libera critica che non può degenerare nella negazione dell'altro, critica e aggressione sono due cose diverse. Tanto che il professor Mazzeschi dice, più o meno: "In sintesi, la repressione penale della espressione è lecita solo se difende i diritti delle persone contro gravi attacchi. Entra in gioco il limite del rispetto della libertà di espressione. Contro gli eccessi della libertà di espressione, che offende i diritti delle persone, i diritti penali contro la diffamazione religiosa devono essere proporzionati e finalizzati a difendere le persone".
Questi concetti subiscono un'evoluzione. Il dibattito sulla diffamazione, l'incitamento all'odio religioso e all'intolleranza, viene legato al razzismo, alla xenofobia e all'antiislamismo. Questo approccio, da parte del consiglio ONU, ha modificato l'approccio nei confronti della diffamazione religiosa. L'enfasi si è spostata dal problema specifico della diffamazione religiosa e dell'intolleranza verso problemi di natura politica. Essenzialmente problemi che concernano le relazioni fra paesi occidentali e mondo islamico. Il problema dell'intolleranza religiosa, manifestato mediante diffamazione, è consistito nell'identificare l'islamismo col terrorismo. Questa operazione di identificazione ha inciso sia nel diritto alla libertà religiosa che nel diritto alla libertà di espressione.
Il problema è ben presente in Veneto. Con motivazioni razziste e xenofobe molti sindaci del Veneto incitano all'odio religioso contro gli islamici impedendo loro di avere un luogo o una condizione decente nella quale pregare.
Nell'attuale situazione si tende a parlare della diffamazione religiosa insieme all'incitamento all'odio religioso e al razzismo. Si tratta di uno spostamento di enfasi importante. La diffamazione religiosa, legata ai motivi di odio religioso e razziale, accentuano la gravità della diffamazione e richiedono un maggiore intervento repressivo dello Stato.
Mentre nella situazione giuridica precedente ci si preoccupava di impedire gli eccessi dello Stato contro la libertà di espressione accusata di diffamazione, ora ci si preoccupa di condurre una lotta contro la diffamazione perché la diffamazione porta ad abusi delle libertà di altra natura. Una volta si tutelavano le persone contro gli eccessi della libertà di espressione e solo le gravi offese contro le persone giustificavano le misure repressive. Ora, invece, la lotta contro la diffamazione deve difendere il sentimento religioso delle persone e la lotta dello Stato diventa più positiva. La lotta contro la diffamazione è una lotta per la libertà religiosa e si giustifica da sola.
Se prima la libertà religiosa era libera da interferenze, ora la situazione è cambiata sotto la spinta di nuove interpretazioni giuridiche dell'ONU. Ed è cambiato anche il contenuto del diritto di libertà di espressione. Ora comprende non solo aspetti negativi, ma anche aspetti positivi per proteggere i sentimenti religiosi delle persone se non le stesse religioni.
Con l'accrescere dei diritti accresce anche l'intervento degli Stati.
Lo Stato deve proteggere la libertà.
Questo è quanto ha raccontato il professor Mazzeschi arricchendolo con gli articoli sia della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo che delle varie carte giuridiche che in tutto il mondo si prefiggono di tutelare i diritti delle persone. Se oggi assistiamo allo sviluppo del razzismo e della xenofobia nei confronti dell'islam, non dimentichiamo che anche l'Italia ha avuto momenti di grande repressione religiosa in tempi recenti. L'azione fatta contro i Bambini di Satana dallo Stato Italiano è stata una grave violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Una diffamazione con incitamento all'odio religioso. Un incitamento all'odio religioso al quale si affiancò, con una dichiarazione sul quotidiano Corriere della Sera anche il Presidente delle Repubblica. La magistratura, assolvendo Marco Dimitri e risarcendolo per ingiusta carcerazione, ha rimediato alla diffamazione che ha subito. Pur tuttavia, nessuno dei diffamatori è stato inquisito o censurato per la sua attività.
Ho voluto presentare il caso di Faraon e Gomiero perché è un caso emblematico ed esplicativo di come viene usata la diffamazione in Italia. Ho voluto presentarlo un po' perché il professor Mazzeschi ha parlato del tema della diffamazione nel suo intervento e un po' perché altri oratori parleranno di processi contro la religiosità di individui vari, ma fuori dall'Italia. Come se in Italia il problema non esistesse. Un problema che qualche oratore ha scoperto solo attraverso il nostro volantino.
Quando Gian Antonio Stella nel 2000 mise in atto la sua diffamazione contro i Pagani Politeisti, ci siamo difesi come abbiamo potuto, consapevoli che la magistratura favoriva le attività diffamatorie di questo e altri personaggi:
Come ci si può difendere quando le Istituzioni sono organizzate per favorire la diffamazione delle persone religiose esponendo il crocifisso e minacciando "di scannare chi non si adegua"?
Il problema della diffamazione religiosa e dei diffamatori organici all'organizzazione cattolica è il vero problema in Italia. Un problema che vede i cittadini privati dei loro diritti fondamentali da Istituzioni che usano quei diritti per i loro scopi. Il suicidio avvenuto nel veneziano di Maurizio Antonello qualche anno fa, un cattolico che praticava la diffamazione religiosa nel Veneto nei confronti di chi non era cattolico (e che aveva ampi spazi su giornali come Il Gazzettino e il Mattino di Padova), ha attenuto l'aggressione mediante la diffamazione religiosa, ma non ha risolto il problema.
Infine, il professor Mazzeschi ha raccontato come una eccessiva rigidità sui diritti quando si è sui tavoli internazionali può impedire dei passi in avanti. Fu il caso di una sua esperienza in campo internazionale nella quale il Pakistan, appoggiato dai paesi arabi, propose un irrigidimento dei diritti e l'Europa non fu in grado di opporsi e di ammorbidire la proposta Pakistana perché i paesi del nord Europa non accettarono nessun compromesso di limitazione dei diritti. Il professor Mazzeschi, in sostanza, dice che quando si tratta sul piano internazionale serve una certa elasticità e che le posizioni "dure e pure" non sempre pagano infatti, dice, allora passò la mozione del Pakistan.
Marghera, 11 dicembre 2008
I cristiani truffano le persone fingendo di equivocare. La libertà religiosa riguarda il singolo individuo, il singolo cittadino, che deve essere libero dall'imposizione religiosa. Non esiste, se non come atto criminale, la libertà di una religione di imporsi sui cittadini al di là del diritto dei singoli di manifestare le loro idee. Ogni costrizione fisica, economica, emotiva, psichica, per imporre una religione, e' un atto illegale e criminale. Crimini che la chiesa cattolica commette nei confronti dei bambini per imporre la sua fede.
Sito di Claudio Simeoni
Claudio Simeoni
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Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
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Ultima formattazione 06 aprile 2023
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