FEDERAZIONE PAGANA
IL SISTEMA GIURIDICO ITALIANO
In che cosa consiste un sentiero di Stregoneria.
Questa sentenza è particolarmente importante in quanto ribadisce un concetto espresso più volte dalla Federazione Pagana: il Concordato con lo Stato Italiano NON è un avvallo o una sottoscrizione della correttezza giuridica di una morale religiosa, ma è LA RINUNCIA, DA PARTE DELLO STATO ITALIANO, DI PERSEGUIRE I REATI, ANCHE GRAVISSIMI COME IL TENTATIVO DI DESTABILIZZAZIONE DELLE ISTITUZIONI, CHE IL CULTO CRISTIANO E CATTOLICO, IN PARTICOLARE METTONO IN ESSERE NELLA LORO PRATICA RELIGIOSA!
In pratica, lo Stato Italiano riconosce che una struttura religiosa, come quella cattolica, è una organizzazione SOVVERSIVA, ma rinuncia a perseguirne i reati fintanto che tali reati sono confinati nell'attività di culto! Purtroppo, i magistrati, un po' per educazione, un po' per convincimenti soggettivi, un po', per disinformazione e incapacità intellettuale, un po' per convenienza, rinunciano a perseguire tali reati anche quando si presentano al di fuori dell'ambito della pratica religiosa. Questo comportamento rinunciatario finisce per avvallare una pratica sociale che rifiuta di riconoscere al bambino lo status di soggetto di diritto costituzionale, per considerarlo OGGETTO DI POSSESSO! Così assistiamo all'ASSURDO! Mentre i cristiani, che abbisognano di bestiame umano da comperare e vendere, mettono in essere una feroce campagna sociale per il riconoscimento giuridico dell'embrione umano, dall'altra assistiamo alla rinuncia, a parte dei magistrati, di applicare le leggi consentendo ai cattolici di menomare la psiche dei ragazzi mentre li costringono in ginocchio a rinunciare alla loro vita e supplicare ossessivamente la provvidenza del loro dio assassino!
La Federazione Pagana pone estrema attenzione alla libertà religiosa in Italia. Dal momento che il Paganesimo Politeista riconosce il divino sia nell'attività dei soggetti nel mondo, sia nelle trasformazioni del mondo e nella sua produzione di fenomeni che nelle relazioni che intercorrono fra un soggetto e l'oggettività nella quale si trasforma, tutto ciò che si manifesta nel mondo è importante.
Quanto si manifesta nel Sistema Sociale va' ad influire sugli adattamenti dei nuovi nati ponendo le basi per l'elaborazione delle loro strategie d'esistenza.
Così il mondo (e il Sistema Sociale in esso) può essere un terreno magnifico nel quale gli Esseri Umani che oggi nascono possono costruire il loro futuro camminando assieme alle forze del mondo o può essere un mondo miserabile fatto da Esseri Umani rinchiusi in un campo di sterminio, come per quasi due millenni ci cristiani hanno fatto.
Noi, Pagani Politeisti, siamo attenti ad ogni frammento di libertà che viene ad esprimersi nel Sistema Sociale e ad imporsi mediante leggi e siamo attenti ad ogni operazione miserabile che tenta di rinchiudere gli Esseri Umani entro le mura grigie e ristrette dell'infamia quale manifestazione della verità rivelata.
Siamo convinti che all'Essere Umano debba essere garantita la libertà di scelta per tutto quanto riguarda la sua persone. Specialmente ai bambini, i futuri adulti! Anche oggi assistiamo all'orrore con cui viene imposta loro la sottomissione al fine di mutilarli nella psiche e nella struttura emotiva. Assistiamo all'orrore compiuto dalle persone di cui hanno fiducia che anziché fornire loro strumenti per affrontare al meglio la loro esistenza li costringono a pregare ossessivamente imponendo loro una morale che suona offesa al Dettato Costituzionale di questo paese.
Assistiamo a delle Istituzioni che anziché fornire ai propri cittadini gli strumenti per essere cittadini insegnando ai bambini il Codice Penale, il Codice di Procedura Penale, il Codice Civile, si preferisce insegnare loro la morale cattolica al fine di poterli IMBROGLIARE e TRUFFARE facendo uscire le leggi come un coniglio che esce dal cappello del mago!
Per questo motivo è intendimento della Federazione Pagana diffondere tutte quelle norme che tendono a costruire l'uguaglianza fra i cittadini in campo RELIGIOSO!
Per questo motivo, grati alla Corte Costituzionale per l'attenzione posta alla legge fondamentale dello Stato, intendiamo diffondere questa sentenza affinché TUTTI i cittadini siano consapevoli di ciò!
Per la Federazione Pagana
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
SENTENZA N. 346
ANNO 2002
In nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 1 della legge della Regione Lombardia 9 maggio 1992, n. 20 (Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi), promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 2001 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dellanno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il Giudice relatore Valerio Onida.
1. Nel corso di un giudizio promosso dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova per lannullamento del provvedimento del 17 agosto 1995 con il quale il Comune di Cremona aveva negato alla ricorrente lassegnazione di contributi previsti dalla legge della Regione Lombardia 9 maggio 1992, n. 20 (Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi), il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza depositata il 4 dicembre 2001 e pervenuta il 4 febbraio 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 8, primo comma, e 19 della Costituzione, dellart. 1 della legge regionale indicata, nella parte in cui subordina la corresponsione dei contributi per la realizzazione di attrezzature destinate a servizi religiosi alla condizione che la confessione interessata abbia chiesto ed ottenuto la regolamentazione dei propri rapporti con lo Stato sulla base di una intesa ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione.
Premette il giudice a quo che la Congregazione dei Testimoni di Geova aveva avanzato listanza al Comune di Cremona richiamando il principio, affermato da questa Corte nella sentenza n. 195 del 1993 che aveva dichiarato lillegittimità costituzionale di analoga norma contenuta nella legge della Regione Abruzzo 16 marzo 1988, n. 29 , secondo il quale la corresponsione dei contributi in questione non può essere subordinata dalle leggi regionali alla condizione che le confessioni religiose che ne facciano richiesta abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato mediante intese, ai sensi dellart. 8, terzo comma, Cost. Lamministrazione comunale aveva però respinto la domanda, escludendo che il principio affermato in quella sentenza, resa in riferimento alla legge n. 29 del 1988 della Regione Abruzzo, in difetto di espressa statuizione della Corte potesse applicarsi alla legge della Regione Lombardia, rilevante nel caso in esame.
Lautorità remittente, dopo aver delineato i caratteri del sistema di controllo di costituzionalità delle leggi definito dagli artt. 134 e 138 (recte: 137) della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, nonché dallart. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha escluso di poter essa stessa disapplicare come richiesto dalla ricorrente , per motivi di giustizia sostanziale o di economia processuale, norme legislative vigenti, ancorché palesemente in contrasto con precetti costituzionali, contrasto emergente dalla già intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale di disposizioni analoghe a quelle da applicare nel giudizio a quo, essendo riservata a questa Corte la declaratoria di illegittimità costituzionale in via consequenziale anche delle disposizioni analoghe, esecutive, confermative, applicative o ripetitive.
La questione è rilevante, ad avviso del giudice a quo, in quanto il giudizio in corso, avendo ad oggetto la sussistenza del diritto soggettivo della ricorrente alla corresponsione dei contributi in discorso, non può essere deciso indipendentemente dalla risoluzione del dubbio di costituzionalità che investe lart. 1 della legge della Regione Lombardia n. 20 del 1992, direttamente applicabile alla fattispecie.
Né rileverebbe la circostanza che la ricorrente invochi a sostegno della propria pretesa il fatto che altri Comuni della Regione Lombardia abbiano riconosciuto i contributi alla Congregazione dei Testimoni di Geova, disapplicando la disposizione della legge regionale, dal momento che nella specie non potrebbe configurarsi una illegittimità del provvedimento impugnato per contrasto con precedenti provvedimenti, sia perché si tratta di atti emanati da amministrazioni diverse, sia in quanto lerrore compiuto in passato non potrebbe essere invocato per giustificare altri atti illegittimi o per invocare una pretesa disparità di trattamento.
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, secondo il remittente essa si ricaverebbe ictu oculi da quanto affermato dalla citata sentenza di questa Corte n. 195 del 1993. Il principio costituzionale di eguaglianza e di libertà delle confessioni religiose, introdotto dallart. 8, primo comma, della Costituzione, impedirebbe di emanare norme che escludano da contribuzioni le confessioni religiose che non abbiano regolato i propri rapporti con lo Stato mediante le intese di cui al successivo terzo comma. Si richiamano, della predetta sentenza costituzionale, le affermazioni secondo cui tutte le confessioni religiose di cui allart. 8, primo comma sono idonee a rappresentare gli interessi religiosi dei loro appartenenti, e la circostanza dellavvenuta stipulazione dellintesa con lo Stato non può quindi costituire lelemento di discriminazione nellapplicazione di una disciplina, posta da una legge comune, volta ad agevolare lesercizio di un diritto di libertà dei cittadini; e, ancora, gli interventi pubblici in questione vengono ad incidere positivamente proprio sullesercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile della libertà religiosa ed in particolare sul diritto di professare la propria fede religiosa e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, conseguendone che qualsiasi discriminazione in danno delluna o dellaltra fede religiosa è costituzionalmente inammissibile in quanto contrasta con il diritto di libertà e con il principio di uguaglianza; finalità ed effetto della legge essendo quelli di facilitare lesercizio del culto, lagevolazione non può essere subordinata alla condizione che il culto si riferisca ad una confessione religiosa la quale abbia chiesto e ottenuto la regolamentazione dei propri rapporti con lo Stato ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione.
Il fatto che una confessione religiosa non abbia concluso con lo Stato una siffatta intesa, pertanto, non potrebbe costituire motivo di discriminazione, dal momento che la differenziazione violerebbe il principio della parità di trattamento e della eguale libertà di culto sancito dallo stesso art. 8 della Costituzione, recando pregiudizio allesercizio del diritto fondamentale e inviolabile a professare la propria fede religiosa, stabilito dallart. 19 della Costituzione.
2. Non vi è stata costituzione di parti né intervento del Presidente della Giunta regionale.
1. La questione sollevata dal TAR per la Lombardia investe lart. 1 della legge regionale della Lombardia 9 maggio 1992, n. 20 (Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi). La disposizione in esame indica come finalità della legge la promozione della realizzazione di attrezzature di interesse comune destinati [rectius: destinate] a servizi religiosi, da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa cattolica, e delle altre confessioni religiose, i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dellarticolo 8, terzo comma, della Costituzione vale a dire da leggi sulla base di intese con le relative rappresentanze e che già abbiano una presenza organizzata nellambito dei comuni ove potranno essere realizzati gli interventi previsti. I successivi articoli precisano quali attrezzature di interesse comune per servizi religiosi possono essere finanziate (immobili destinati al culto o allabitazione dei ministri del culto e del personale di servizio, o ad attività di formazione religiosa; immobili adibiti, nellesercizio del ministero pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro, che non abbiano fini di lucro: art. 2); prevedono che gli strumenti urbanistici generali individuino le aree destinate ad attrezzature religiose, riservando ad esse una dotazione di aree pari almeno al 25 per cento di quella complessiva destinata ad attrezzature di interesse comune (art. 3); disciplinano lerogazione di contributi, a valere su un apposito fondo alimentato da una quota, pari almeno all8 per cento, delle somme riscosse per oneri di urbanizzazione secondaria, contributi che sono ripartiti fra le confessioni religiose che ne facciano richiesta e che abbiano le caratteristiche di cui al precedente articolo 1 (art. 4).
La disposizione impugnata è censurata invocando le ragioni che condussero questa Corte a dichiarare, con la sentenza n. 195 del 1993, la illegittimità costituzionale parziale di unanaloga legge della Regione Abruzzo (sentenza che, correttamente, il TAR esclude possa estendere i suoi effetti alla legge lombarda): il condizionare lerogazione dei contributi a favore delle confessioni religiose al requisito dellavere queste stipulato unintesa con lo Stato ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione è in contrasto, secondo il remittente, con i principi di eguale libertà delle confessioni (art. 8, primo comma, Cost.) e di libertà di esercizio del culto (art. 19 Cost.), libertà sulla quale gli interventi pubblici in questione incidono positivamente.
La censura investe dunque, più precisamente, quella parte dellart. 1 della legge impugnata che pone come requisito, che debbono possedere le confessioni religiose per ottenere i contributi, lessere i loro rapporti con lo Stato disciplinati ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione.
2. La questione è fondata.
Già nella sentenza n. 195 del 1993 questa Corte, giudicando sulla legittimità costituzionale di una legge della Regione Abruzzo, dichiarò che un intervento generale ed autonomo dei pubblici poteri che trova la sua ragione e giustificazione propria della materia urbanistica nellesigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitativi e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende perciò anche i servizi religiosi, ed ha leffetto di facilitare le attività di culto, che rappresentano unestrinsecazione del diritto fondamentale ed inviolabile della libertà religiosa, non può introdurre come elemento di discriminazione fra le confessioni religiose che aspirano ad usufruirne, avendone gli altri requisiti, lesistenza di unintesa per la regolazione dei rapporti della confessione con lo Stato.
Tale ragione di incostituzionalità trova applicazione anche nel presente giudizio. Le intese di cui allart. 8, terzo comma, sono infatti lo strumento previsto dalla Costituzione per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune: non sono e non possono essere, invece, una condizione imposta dai poteri pubblici alle confessioni per usufruire della libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso art. 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose.
Ciò è tanto più vero in una situazione normativa in cui la stipulazione delle intese è rimessa non solo alla iniziativa delle confessioni interessate (le quali potrebbero anche non voler ricorrere ad esse, avvalendosi solo del generale regime di libertà e delle regole comuni stabilite dalle leggi), ma anche, per altro verso, al consenso prima del Governo che non è vincolato oggi a norme specifiche per quanto riguarda lobbligo, su richiesta della confessione, di negoziare e di stipulare lintesa e poi del Parlamento, cui spetta deliberare le leggi che, sulla base delle intese, regolano i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato.
Vale dunque in proposito il divieto di discriminazione, sancito in generale dallart. 3 della Costituzione e ribadito, per quanto qui interessa, dallart. 8, primo comma. Ne risulterebbe, in caso contrario, violata anche leguaglianza dei singoli nel godimento effettivo della libertà di culto, di cui leguale libertà delle confessioni di organizzarsi e di operare rappresenta la proiezione necessaria sul piano comunitario, e sulla quale esercita una evidente, ancorché indiretta influenza la possibilità delle diverse confessioni di accedere a benefici economici come quelli previsti dalla legge in esame.
3. Nemmeno si potrebbe ritenere che data lassenza, nellordinamento, di criteri legali precisi che definiscano le confessioni religiose il riferimento allesistenza dellintesa possa valere come elemento oggettivo di qualificazione delle organizzazioni richiedenti, atto a distinguere le confessioni religiose da diversi fenomeni di organizzazione sociale che pretendessero tuttavia di accedere ai benefici.
E bensì vero che siffatto problema di qualificazione si pone sia in sede di applicazione dellart. 8, terzo comma, della Costituzione, ai fini di identificare i soggetti che possono chiedere di stipulare le intese, sia in sede di applicazione, amministrativa o giurisprudenziale, di ogni altra norma che abbia come destinatarie le confessioni religiose. Ma ciò non significa che si possa confondere tale problema qualificatorio che può essere, in concreto, di più o meno difficile soluzione con un requisito, quello della stipulazione di intese, che presuppone bensì la qualità di confessione religiosa, ma non si identifica con essa.
Nella specie, da un lato, possono valere i diversi criteri, non vincolati alla semplice autoqualificazione (cfr. sentenza n. 467 del 1992), che nellesperienza giuridica vengono utilizzati per distinguere le confessioni religiose da altre organizzazioni sociali (ed è ben noto come vi siano confessioni, pur prive di intesa, che hanno però ottenuto diverse forme di riconoscimento: cfr. sentenza n. 195 del 1993 e ordinanza n. 379 del 2001); dallaltro lato, dal punto di vista pratico, vale la considerazione che il beneficio previsto riguarda comunque (e continuerà a riguardare anche dopo la dichiarazione di parziale incostituzionalità derivante dalla presente pronunzia) solo le confessioni che abbiano una presenza organizzata nellambito dei comuni ove potranno essere realizzati gli interventi previsti dalla legge stessa, e potrà essere concesso solo in relazione alla realizzazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, definite nellart. 2 della legge.
4. La norma impugnata, nella parte che introduce il requisito della disciplina sulla base di intesa, ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione, dei rapporti con lo Stato delle singole confessioni religiose, ai fini di poter usufruire dei benefici previsti, deve essere dunque dichiarata costituzionalmente illegittima. Non è necessario invece estendere tale dichiarazione di illegittimità al disposto dellart. 4, comma 2, della legge, che, facendo rinvio alle caratteristiche di cui al precedente art. 1 per identificare le confessioni richiedenti aventi titolo ai contributi, si conforma automaticamente alla nuova portata dellart. 1 medesimo risultante dalla presente pronunzia.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara lillegittimità costituzionale dellarticolo 1 della legge regionale della Lombardia 9 maggio 1992, n. 20 (Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi), limitatamente alle parole i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dellart. 8, terzo comma, della Costituzione, e.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2002.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2002.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
IL PRINCIPIO GIURIDICO FONDAMENTALE IN UNO STATO DEMOCRATICO!
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Piaz.le Parmesan, 8
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