Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -)

L'Enciclica Spe Salvi:
la superstizione da Girolamo Menghi a
Bernardo Gui

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume quattro

Tutte le pagine dell'Enciclica Spe Salvi

Per affrontare questo paragrafo dell'enciclica Spe Salvi è necessario entrare nel cristianesimo e nelle dinamiche interne di una credenza che, manifestata mediante la ragione, ha una sua legittimità solo nella patologia psichiatrica del "credente" sotto forma di "fede".

La fede, per il cristiano, è inizio e fine della sua ragione. I limiti entro cui risolve ogni relazione con il mondo.

Nel commento ai paragrafi precedenti dell'enciclica Spe Salvi abbiamo già visto come i limiti razionali entro cui è espressa la fede vengono imposti alle persone e come la patologia psichiatrica da dipendenza supporti emotivamente quei limiti della ragione contro ogni prova manifestata dalla realtà oggettiva. "Eppur si muove" affermò Galilei. Ma la fede, e il potere che tale fede sorreggeva, non ammetteva l'uscita dai limiti che la ragione (la bibbia) giustificava e tale fede imponeva alle persone. Quando qualcosa giungeva a mettere in discussione le ragioni che reggevano la manifestazione patologica della fede soggettiva, o veniva negato, negando la realtà di quanto si presenta, o veniva annientato attraverso la violenza fisica in quanto nemico della fede.

Si tratta dell'ideologia assolutista cristiana; quell'assolutismo religioso che Ratzinger oppone al relativismo della ricerca soggettiva con cui gli uomini modificano continuamente la realtà in cui vivono aggiungendo scoperta a scoperta e modificando le loro relazioni con il mondo.

Per riuscire a capire il credo, il "grande credo" della chiesa cattolica, è necessario comprenderne l'uso che la chiesa cattolica ne ha fatto.

Il "credo" cattolico è un atto di sottomissione assoluta. Recitando il credo l'individuo rinuncia a sé stesso, al suo pensiero, alla sua capacità di analisi, alla sua volontà e alle sue determinazioni per assoggettarsi all'assurdo. L'assurdo è privo di significato, logico-razionale, e quindi intrasmettibile, ma non è privo di senso, di finalità, e quindi si può imporre mediante violenza.

Dice il dizionario di psicologia di Galimberti alla parola "assurdo":

"esito contraddittorio di tutte quelle procedure di pensiero che non seguono i principi che regolano i percorsi del pensiero logico. In quanto contraddittorio, l'assurdo è privo di significato, ma non di senso, che è possibile utilizzando procedure di pensiero non contemplate dal pensiero logico."

Ed è nella riaffermazione dell'assurdo, dell'illogico, dell'irrazionale e dell'inumano, che Ratzinger afferma:

"Nel grande Credo della Chiesa la parte centrale, che tratta del mistero di Cristo a partire dalla nascita eterna dal Padre e dalla nascita temporale dalla Vergine Maria per giungere attraverso la croce e la risurrezione fino al suo ritorno, si conclude con le parole: "...di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti"."

L'illogico, l'irrazionale, il patologico, diventa "mistero" entro il quale circoscrivere ed impedire l'analisi e la comprensione logico-razionale dell'individuo. Una comprensione logico-razionale che può avvenire soltanto se l'individuo esce dalla gabbia in cui Ratzinger, mediante l'imposizione militare di affermazioni assolutiste e folli, vuole chiudere la comprensione umana.

Finché le persone sono state costrette a "credere" recitando in maniera folle ed ossessiva il "grande Credo" svilupparono, in maniera logico-ossessiva, giustificandole aprioristicamente le affermazioni del credo. Quando le persone escono dalla gabbia ossessiva in cui Ratzinger le rinchiude, dispiegheranno la oro capacità di analisi in spazi psicologici-emotivi maggiori e discuteranno del significato delle affermazioni del "grande Credo" che prima davano per scontate.

Io so che Attis, Persefone, Dioniso, sono risorti. Ad ogni primavera risorgono e la loro resurrezione la vedo nel mondo che mi circonda; ad ogni nuova primavera. La resurrezione di Dioniso la colgo nelle trasformazioni degli Esseri Umani e nell'ebbrezza emotiva con cui manifestano le loro emozioni, le loro passioni, nella vita quotidiana. Le emozioni che mi colgono ad ogni primavera sono oggetti reali al di là che io li chiami "manifestazione di Persefone" o li chiami "trasformazione ormonale". Do il nome ad un oggetto reale che, una volta identificato, diventa oggetto descritto dalla mia ragione e dalla quale la mia ragione fa procedere una descrizione logica. Un pensiero logico le cui deduzioni possono essere comunicate ad altre persone che subiscono gli stessi stimoli in quanto appartenenti alla stessa specie e allo stesso divenuto. Anche se quegli stimoli possono essere descritti con nomi diversi in quanto gli individui appartengono ad una diversa cultura.

Il mistero di cristo? Consiste nella truffa di cristo che non deve essere rivelata in quanto è mezzo e fine del controllo delle persone. E' mezzo e fine con cui impedire alle persone di affermare sé stesse nella loro vita quotidiana. Trasformarle in oggetti d'uso asserviti al mistero che è stato loro imposto nella forma di "credo" e "fede".

Per comprendere come il "credo" cristiano sia SOLO un atto di superstizione imposto mediante la violenza, basta leggere Girolamo Menghi "Il Flagello dei demoni". Nella presentazione del libro di Menghi edito da Neri Pozza troviamo:

"Gli esorcismi del Menghi e i rimedi da lui proposti per liberare le persone dai malefici provocati dai maghi e dai demoni si fondano sulla convinzione che il male è una forza operante ovunque nel mondo, e che anche le malattie e le avversità meteorologiche non sono riconducibili soltanto a cause umane, razionali e fisiche. Esse implicano una dimensione che sfugge alla presa dell'uomo comune, ma non a quella dell'esorcista, il quale, se conformerà il proprio operare alla dottrina esposta nel "flagello dei demoni" sarà in grado di svelare il potere satanico e di sconfiggerlo."

Ebbene, come si colloca il "grande Credo" della chiesa cattolica in tutto questo?

Cercherò di sintetizzare il rito dell'esorcismo proposto dal Menghi e attuato dalla chiesa cattolica!

"Poi legando la stola con tre nodi al collo dell'ossesso, dica: "Voi tutti spiriti abominevoli e ribelli, vi scongiuro e vi esorcizzo, vi chiamo e vi costringo, vi sfido e vi provoco; dovunque siate in questo essere umano, per mezzo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per il potentissimo nome di Dio Elohim, forte e mirabile, vi esorcizzo e vi scongiuro, vi comando con l'autorità che mi è stata data, con la potenza di Dio e del creatore sapientissimo, che ha creato ogni cosa e che vi tiene sotto il suo potere da cui non potete fuggire; vi ordino dunque di ascoltare le parole del mio esorcismo e di riconoscervi vinti dal comando che vi è stato dato. E ora senza il mio permesso non osate abbandonare questa creatura di Dio e immagine di Dio e restate così legati e incatenati, come i santi di Dio legarono i demoni con catene, egualmente vi lego con questa stola di giocondità. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

Poi, imponendo le mani sull'ossesso, dice:

Si estingue in te ogni potenza del diavolo mediante l'imposizione delle nostre mani e per l'invocazione di tutti i santi angeli e arcangeli, patriarchi e profeti, apostoli, martiri, confessori e vergini e di tutti i santi del cielo. Amen.

Poi dice le seguenti parole, segnando l'ossesso sulla fronte: e farà il segno della croce ogni volta che sarà indicato, salvo disposizione contraria:

Eli Elohim, Eloh Eheye Tetragramma, Adonai Shaddai, Sabaoth Soter, Emmanuele, Alfa e Omega, Primo e Ultimo, Principio e Fine, Hagios, Hischyros, ho Theòs, Atànatos, Agla, Geova, Homousion, Yah, Messia, Eserheie, Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera, Increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo. Per il segno della santa croce liberaci dai nostri nemici, o Signore, Dio nostro."

[segue la lettura del vangelo secondo Giovanni 1, 1-14] e continua:

Poi l'esorcista soggiunga:

Per le parole del vangelo si estingua in te ogni potenza diabolica e venga infusa la potenza divina. Amen.

Poi si recita tutto il credo:

"Io credo in Dio. Padre onnipotente,
creatore del cielo e dela terra;
e in Gesù cristo, suo unico Figlio nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo
nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese all'inferno;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la resurrezione della carne,
la vita eterna. Amen

E l'esorcista dice:

Ecco la croce del Signore nostro Gesù cristo, fuggite forze avverse, ha vinto il leone della tribù di Giuda, la radice di Davide."

Questo è un estratto dell'esorcismo di Girolamo Menghi. Anche se nel 1704 il santo ufficio cattolico (l'inquisizione) ha messo all'indice il libro del Menghi resta il fatto che il Menghi rispecchia l'uso che la chiesa cattolica fa del "credo" all'interno di un progetto di devastazione emotiva dell'individuo al fine di costringerlo a sottomettere il suo pensiero a credenze imposte mediante la violenza.

Ed è da questa violenza che prende l'avvio la riflessione di Ratzinger sotto il segno di un'onnipotenza superstiziosa dal quale l'uomo non è in grado di liberarsi se non opponendosi a Ratzinger stesso. Se è possibile che nella società civile emergano delle istanze contrarie al delirio di Ratzinger, non è possibile che ciò avvenga all'interno della chiesa cattolica che ha al suo centro il delirio del "grande credo" di cui Ratzinger si serve in disprezzo del principio di realtà manifestato dalla società civile.

Superstizione che si manifesta sia in Girolamo Menghi che in Ratzinger. Ma se in Girolamo Menghi la superstizione ci appare con effetto immediato, Ratzinger la nasconde sotto le giustificazioni della patologia psichiatriche che non permette critica o discussione sugli apriori da cui manifesta le sue ragioni.

Quella speranza patologia manifestata da Ratzinger, "...di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti" è il delirio superstizioso in cui Ratzinger inchioda le persone generazione dopo generazione in un non-sense dottrinale che chiude loro ogni prospettiva futura.

Continua Ratzinger:

La prospettiva del Giudizio, già dai primissimi tempi, ha influenzato i cristiani fin nella loro vita quotidiana come criterio secondo cui ordinare la vita presente, come richiamo alla loro coscienza e, al contempo, come speranza nella giustizia di Dio. La fede in Cristo non ha mai guardato solo indietro né mai solo verso l'alto, ma sempre anche in avanti verso l'ora della giustizia che il Signore aveva ripetutamente preannunciato. Questo sguardo in avanti ha conferito al cristianesimo la sua importanza per il presente."

Il messianesimo, l'apocalisse, la fine dei tempi, è un impulso proprio del cristianesimo. Un impulso individuale di sconfitta nella vita che l'ideologia religiosa cristiana ha trasformato in aspettativa religiosa per poterla seminare e imporre ad altri uomini a cui rubava ogni prospettiva per il futuro.

Ratzinger si appropria del concetto di magia del materialismo meccanicista che vede nella fissazione dell'infantilismo nelle persone la possibilità di imporre il senso di colpa per gestire le persone nella paura del "giudizio universale" in un "per-sempre" fissato nella forma di questo presente (la resurrezione della carne).

Scrive Galimberti nel Dizionario di Psicologia alla voce "Magia":

"J. Piaget ha messo in evidenza nei bambini la presenza di un pensiero magico dovuto al fatto che, come i primitivi, essi considerano le cose, gli oggetti in genere, animati e forniti di intenzionalità. S. Freud ha colto invece l'essenza del magico nell'onnipotenza del pensiero, riscontrabile tanto nei bambini che ancora non si misurano con i dati di realtà, quanto nei nevrotici ossessivi che con le loro fissazioni e i loro rituali tentano di controllare, proiettandolo sul mondo esterno, il loro mondo interno animato da forze che temono altrimenti di non poter contenere, con il rischio sempre incombente di una scissione. C. G. Jung definisce la magia come un'identificazione con le forze inconsce al fine di propiziarsele, o di servirsene, o di distruggerle, allo scopo di neutralizzare la loro potenza o di allearsi con esse per poter esercitare sul mondo esterno una maggior influenza. Dette forze agiscono come complessi autonomi dall'Io, che l'Io, se non ne è sopraffatto, tenta di controllare con rituali magici."

La traduzione della percezione emotiva del mondo che ne hanno i bambini appena nati si trasferisce nella ragione che diviene sedimentandosi sulla percezione emotiva neonatale. L'intera idea del mondo viene riformulata attraverso l'esperienza. Solo che la percezione del mondo attraverso la ragione è diversa dalla percezione emotiva del mondo anche se le due percezioni convivono, interferiscono a vicenda e si condizionano reciprocamente. Mentre la cultura attuale richiede una netta separazione fra le decisioni prese mediante la sfera emotiva e le decisioni prese in base ad elementi razionali, le culture diverse dalla nostra (che la nostra cultura chiama "primitive") permettono un'esposizione maggiore della percezione emotiva all'interno della ragione. La nostra cultura comune, separando nettamente la percezione emotiva dalla percezione razionale, consente l'ingresso nella ragione soltanto di ciò che viene veicolato attraverso una "fede" o una "credenza" che però deve assumere i caratteri imposti dalla ragione.

Così il concetto di Giudizio del cristiano, che implica una separazione dell'individuo dalla vita e dal complesso sociale, è accettato dalla ragione in quanto la ragione stessa, dominando la coscienza del singolo individuo, lo separa dalla società e dalle relazioni nei confronti degli altri individui. La ragione, separando l'individuo dagli altri Esseri Umani si erge a "quell'onnipotenza" del pensiero che Freud individua come la sostanza della magia. L'emozione. che si manifesta nel sentimento. ha una condizione di "onnipotenza" rispetto all'interpretazione della ragione, in quanto l'emozione fonde i soggetti nella relazione. La ragione, al contrario, separata dagli altri soggetti, deve imporsi mediante un atto d'imperio e imporre sé stessa, la propria specifica descrizione del mondo, ad ogni altro individuo. Il "pensiero dominante", il "pensiero onnipotente", permette di individuare quella forma patologica di infantilismo propria dell'identificazione degli individui con il dio padrone: come coloro che GIUDICANO gli altri!

Il cristiano non giudica mai il suo dio padrone: è pronto a giustificare anche il suo genocidio perché in questo modo giustifica il suo giudizio come manifestazione della sua patologia delirante. Se sottoponesse a giudizio il suo dio padrone, in realtà, sottoporrebbe a giudizio sé steso e la propria proiezione identificativa.

Ne segue che il cristiano non è in grado di disciplinare la sua coscienza separando emozione e razionalità nelle sue decisioni e nella sua esperienza. In secondo luogo l'imitazione del suo dio lo induce a proiettare sulle sue emozioni "l'onnipotenza del pensiero" propria dell'identificazione col suo dio padrone o il suo cristo Gesù. In terzo luogo il cristiano riveste la sua "identificazione con forze inconsce" dell'immaginario indicato dalla sua ragione come identificazione morale e comportamentale del suo cristo Gesù o del dio padrone. Pertanto le sue pulsioni saranno rappresentate dai fantasmi della sua morale (fobie, allucinazioni, ossessioni ecc.).

Tutto questo ci dice che il cristiano, della Magia, ha assunto l'aspetto della SUPERSTIZIONE!

E questo aspetto è quello su cui Ratzinger insiste quando dice: "La prospettiva del Giudizio, già dai primissimi tempi, ha influenzato i cristiani fin nella loro vita quotidiana come criterio secondo cui ordinare la vita presente..."

E' il singolo cristiano che spera in quel giudizio universale che riveli al mondo quanto buono e quanto giusto lui era mentre nel mondo umiliava o veniva umiliato. L'attesa patologica di quel trionfo che nella vita gli è stato negato in quanto non attrezzato sufficientemente per affrontare la su esistenza in maniera onorevole. Egli, il cristiano, oggetto posseduto teso a possedere altre persone per la gloria del suo padrone, che vedeva sfuggirgli la vita giorno dopo giorno senza riuscire a veicolare in maniera soddisfacente le proprie pulsioni. Costretto a ricorrere alla violenza perché il suo dio padrone conosce solo la violenza di dominio e null'altro. Aspetta il giudizio, la gloria con cui giustificare la repressione delle sue pulsioni e della violenza con cui ha represso le pulsioni delle persone.

Il cristiano vive questa situazione di attesa.

Un'attesa patologica spezzata soltanto dalle esigenze della vita che sono in lui e che spesso lo costringono ad agire contro o a prescindere dalla sua dottrina perché l'esperienza quotidiana lo mette di fronte a necessità che la sua dottrina e la sua morale non sono in grado di affrontare in maniera coerente.

Ha ragione Ratzinger, "La fede in Cristo non ha mai guardato solo indietro né mai solo verso l'alto, ma sempre anche in avanti verso l'ora della giustizia che il Signore aveva ripetutamente preannunciato. Questo sguardo in avanti ha conferito al cristianesimo la sua importanza per il presente." Ha sempre agito per distruggere ogni presente sociale. Ha sempre agito in offesa alla società civile. Sono indifferenti, per il cristiano, i principi dottrinali espressi nel momento contingente, la costante dottrinale per il cristiano è danneggiare l'uomo a maggior gloria del suo dio padrone. Il cristianesimo distrugge la medicina affinché l'uomo sia costretto a soffrire; il cristianesimo si impossessa del controllo militare degli ospedali e tenta di imporre regole politiche alla medicina affinché l'uomo sia costretto a soffrire. Costringere l'uomo a soffrire è il comune denominatore di tutte le scelte cristiane anche quando appaiono in contraddizione fra loro.

Conclude il quarantunesimo paragrafo dell'enciclica Spe Salvi Ratzinger:

"Nella conformazione degli edifici sacri cristiani, che volevano rendere visibile la vastità storica e cosmica della fede in Cristo, diventò abituale rappresentare sul lato orientale il Signore che ritorna come re - l'immagine della speranza - , sul lato occidentale, invece, il Giudizio finale come immagine della responsabilità per la nostra vita, una raffigurazione che guardava ed accompagnava i fedeli proprio nel loro cammino verso la quotidianità. Nello sviluppo dell'iconografia, però, è poi stato dato sempre più risalto all'aspetto minaccioso e lugubre del Giudizio, che ovviamente affascinava gli artisti più dello splendore della speranza, che spesso veniva eccessivamente nascosto sotto la minaccia."

E' importante sottolineare il concetto di re inteso come padrone.

Il padrone, più o meno buono, dal quale NON SI PUO' prescindere.

Il padrone è la "speranza" cristiana!

Se dicessimo, nella società civile, che la schiavitù è la speranza della restaurazione cristiana, forse le persone capirebbero un po' meglio l'orrore delle affermazioni dottrinali di Ratzinger.

Si tratta, effettivamente, di minacce: minacce di terrorismo!

Minacce di terrorismo messe in essere nella dottrina cristiana in cui l'amico è colui che controlli ricattandolo e minacciandolo:

"Io sono la vera vita e il padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia e quello che porta frutto lo pota, affinché frutti di più. Già voi siete puri in virtù della parola che vi ho annunziato. Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può da sé portare frutto se non rimane unito alla vite, così nemmeno voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far niente. Se uno non rimane in me, è gettato via come il sarmento e si secca, poi viene raccolto e gettato nel fuoco a bruciare.". Giovanni 15, 1-6

E ancora il cristo re:

"Gli disse: "Amico, come sei entrato qua senza aver l'abito di nozze? Colui ammutolì. Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti. Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti"." Matteo 22, 12-14

Il cristiano costringe gli altri al pianto e allo stridor di denti; non lui che è puro nella parola del suo padrone e che al padrone obbedisce. Scriveva il terrorista Barnardo Gui:

"Con quale formula specifica si possa abiurare la setta e l'eresia dei Valdesi"

Io tale [nome], originario del luogo tale, appartenente alla diocesi tale, chiamato in giudizio davanti a voi tale inquisitore, una volta postomi di fronte i sacrosanti vangeli di dio, abiuro del tutto ogni eresia contro la vede del signore Gesù cristo e nella santa chiesa di Roma, e in special modo la setta e l'eresia dei Valdesi o Poveri di Lione: alcuni ne ho visti, di essi sono stato complice e ai loro errori ho creduto, ossia alla verità di ciò che essi dicevano, e in special modo all'errore "tale e tale" (lo si indichi). E abiuro ogni credenza, appoggio, accoglienza, difesa e complicità in loro favore, sotto la minaccia della pena prevista dalla legge per chi ricade nell'eresia abiurata in giudizio. Del pari giuro e prometto che, per quanto potrò, perseguirò e smaschererò o denuncerò o farò arrestare e consegnare agli inquisitori gli eretici, e in special modo i Valdesi e chi crede in loro, eccetera, secondo quanto riportato sopra, nella formula generale di abiura." Bernad Gui "Manuale dell'inquisitore" Claudio Gallone Editore

Il terrore, ordinato da Gesù si materializza illuminando la città di dio dei roghi su cui le persone vengono bruciate fino all'avvento dell'illuminismo. della Rivoluzione Francese, che, un po' alla volta, spegne i roghi del cristo Gesù. I roghi del SUO GIUDIZIO!

E' col delirio di onnipotenza che i terroristi torturatori cristiani realizzano il Giudizio Universale. Torturando, uccidendo, affinché la società sia il luogo nel quale il cristo Gesù desidera costringere gli Esseri Umani, che non si inginocchiano davanti alla sua onnipotenza, "fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti". E' arrogandosi il diritto al GIUDIZIO che Ratzinger, e i Ratzinger che lo hanno preceduto, si sono permessi di eseguire l'ordine del cristo Gesù: " Se uno non rimane in me, è gettato via come il sarmento e si secca, poi viene raccolto e gettato nel fuoco a bruciare.".

L'iconografia del "giudizio universale" è servita solo per legittimare il terrorismo che la chiesa cattolica ha attuato per ordine del cristo Gesù e del suo padrone. Quel dio che per il suo piacere rende beati chi sbatte le teste dei bambini di Babilonia contro le pietre!

Fu necessaria la Rivoluzione Francese per fermare il terrore di chi trasformava le persone in pezzi di legno da bruciare compiacendosi e anticipando quel giudizio che lui, e il suo dio padrone, avrebbero emesso alla fine dei tempi!

Marghera, 18 maggio 2008

Scrive Ratzinger nel quarantunesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi:

41. Nel grande Credo della Chiesa la parte centrale, che tratta del mistero di Cristo a partire dalla nascita eterna dal Padre e dalla nascita temporale dalla Vergine Maria per giungere attraverso la croce e la risurrezione fino al suo ritorno, si conclude con le parole: "...di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti". La prospettiva del Giudizio, già dai primissimi tempi, ha influenzato i cristiani fin nella loro vita quotidiana come criterio secondo cui ordinare la vita presente, come richiamo alla loro coscienza e, al contempo, come speranza nella giustizia di Dio. La fede in Cristo non ha mai guardato solo indietro né mai solo verso l'alto, ma sempre anche in avanti verso l'ora della giustizia che il Signore aveva ripetutamente preannunciato. Questo sguardo in avanti ha conferito al cristianesimo la sua importanza per il presente. Nella conformazione degli edifici sacri cristiani, che volevano rendere visibile la vastità storica e cosmica della fede in Cristo, diventò abituale rappresentare sul lato orientale il Signore che ritorna come re - l'immagine della speranza - sul lato occidentale, invece, il Giudizio finale come immagine della responsabilità per la nostra vita, una raffigurazione che guardava ed accompagnava i fedeli proprio nel loro cammino verso la quotidianità. Nello sviluppo dell'iconografia, però, è poi stato dato sempre più risalto all'aspetto minaccioso e lugubre del Giudizio, che ovviamente affascinava gli artisti più dello splendore della speranza, che spesso veniva eccessivamente nascosto sotto la minaccia.

Marghera, 18 maggio 2008

NOTA: Quando scrissi questi testi non segnavo perfettamente l'indirizzo della citazione pertanto, ci sono delle citazioni delle quali non sono in grado di rintracciare la fonte, tuttavia, pur essendo parte integrante del testo, voglio indicarla come citazione nella speranza di rintracciarne un giorno la fonte e perché sia chiaro che quella è una citazione di un altro autore.

 

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