Gli Dèi emergono generando sé stessi. Tutta la vita, tutte le coscienze germinano generando sé stesse partendo dalle condizioni oggettive, gli Dèi che ne condizionano gli Dèi che formano la loro soggettività dalla quale manifestano la loro Coscienza di Sé.
Gli Inni Orfici sono Inni nelle mani di Damascio costretto a fuggire da Atene perché perseguitato dai cristiani.
A mio avviso, questo inno a Zeus risente di quel clima. Pregare, supplicare era diventato il nuovo modo per costruire una relazione con le divinità. Un modo che le "autorità cristiane” comprendevano perché legittimava il loro potere e il loro dominio.
In questo Inno Zeus ha perso il suo senso di "generatore di vita” per diventare una sorta di "Dio provvidenziale”: Zeus Soter (Zeus salvatore o liberatore, da qui l'appellativo attribuito a Gesù dai cristiani).
Inno Orfico a Zeus
Zeus molto onorato, grande Zeus indistruttibile, a te noi offriamo
questa testimonianza liberatrice e questa preghiera.
O re, attraverso il tuo capo apparvero queste cose divine,
la dea madre terra e le erte cime dei monti
e il mare e tutto quanto il cielo dentro racchiude.
Zeus Cronio, con lo scettro, Kataibates, dall'animo forte,
di tutto generatore, principio di tutto e di tutto fine,
che scuoti la terra, che accresci, che purifichi, che tutto scuoti,
Lampeggiante, Tonante, Folgoratore, Zeus che fai germogliare;
dalle forme svariate, ascoltami, concedi salute perfetta
e la dea Pace e fama irreprensibile di ricchezza.
Tratto da Inni Orfici ed. Lorenzo Valla trad. Gabriella Ricciardelli
Questo Inno a Zeus appare svuotato del contenuto religioso. Sembra quasi che sia un Inno fatto in risposta al Dio cristiano.
Non c'è il suo attributo di essere il cielo generatore, ma una specie di padrone del mondo, un re. La terra, il cielo e quanto il mare racchiude, è opera di Zeus. Non c'è uno Zeus che partecipa alla vita, ma uno Zeus da cui la vita dipende e dalla quale è separato.
Anche l'invocazione alla Dea Pace è anomala come è anomala la "fama irreprensibile di ricchezza".
Se un cristiano scrivesse un Inno a Zeus, lo scriverebbe, più o meno, in questo modo.
Leggendo il commento della Ricciardelli, questa studiosa non solo fa risalire l'Inno ad una storia diversa da quelle del mondo classico sulla formazione del mondo. Una diversa e (per me) strana tradizione molto recente di Zeus. L'autrice della traduzione cita altri studiosi dicendo: "A Hermann lo stile di quest'Inno appare differente rispetto a quello dei precedenti; secondo Tiedemann vi sono tracce di epoca più recente". Sono convinto che abbiano ragione. L'Inno manca di carica emotiva attraverso la quale il Veggente riconosce sé stesso nella propria visione.
Il Veggente, che assiste a qualcosa nella veste di uno spettatore, è un veggente prostrato, sottomesso; un veggente Pagano proietta sé stesso nella sua visione e questa prende vita dalle sue tensioni e dalle sue emozioni che si congiungono con le tensioni e con le emozioni nell'oggettività. Così l'appellativo Kataibates che starebbe ad identificare, più o meno, colui che discende come la folgore, non viene vissuto dal veggente come il suo trasporto nel cavalcare la folgore percorrendo le cime dei monti e attraversando la Terra, ma come la manifestazione di potenza del Dio.
Questo Inno sembra la contesa fra due bambini: "Tu hai il tuo Dio padrone onnipotente e io ho Zeus lampeggiante, tonante e folgoratore".
Non gioco a chi è più potente; mi interessa chi partecipa alla vita e alle trasformazioni del presente in funzione di un futuro desiderabile.
Marghera, 23 febbraio 2023
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
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