Cod. ISBN 9788891185778
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):
1) Nell'intelletto, che è una funzione intuitiva e immediata, grazie alle forme a priori dello spazio, del tempo e della causalità, "si presenta il mondo oggettivo e reale, che riempie lo spazio in tre dimensioni, il mondo che muta nel tempo, secondo la stessa legge di casualità e si muove nello spazio"
2) Dall'unione di spazio e tempo risulta la materia, cioè la possibilità dell'esistenza simultanea e della durata.
3) La materia reca l'impronta dello spazio e del tempo, perché ha la sua essenza nella loro unione.
4) Ma la forma dell'intelletto più generale e più essenziale è la legge di casualità, secondo la quale alla causa tiene dietro l'effetto.
L'intelletto, come usato da Schopenhauer, è la capacità dell'Essere Umano di leggere la realtà: elencarla. L'ampiezza intellettuale di un Essere Umano si misura soltanto dalla quantità e dalla qualità che riscontra nei fenomeni attraverso i quali egli costruisce il giudizio. Non è una capacità intuitiva. L'Essere Umano intuisce la realtà del circostante attraverso tutto sé stesso, non attraverso questo o quell'elemento dell'individuo. E’ il corpo che intuisce la realtà del mondo e mette in atto i processi di adattamento mediante, non l’intelletto o la sua ragione. Intelletto e ragione intervengono solo in un secondo tempo nel tentativo di razionalizzare e spiegare le azioni adattative messe in atto dal corpo. Inoltre l'individuo si relaziona, attraverso la sua noumenia (intesa come insieme del soggetto e delle numerose noumenie di cui il soggetto, ogni soggetto, è composto), con la noumenia dell'esistente. Alla ragione, queste relazioni, appaiono come relazione fra fenomeni che ella riconosce. La noumenia dell’individuo non rientra nella ragione dell’individuo in quanto, la ragione, si considera la noumenia (coscienza) dell’individuo ignorando tutte le relazioni che l’individuo costruisce col mondo e che non rientrano nella descrizione della ragione (delirio di onnipotenza della ragione). Fenomeni che inducono la ragione a cercarne le cause. A mano a mano che la ragione amplia i confini del suo descritto (uso della scienza) le cause che la ragione attribuisce ai fenomeni sono diverse e intervengono a qualificare in maniera diversa la ragione stessa. L'intuizione della realtà avviene attraverso l'individuo e solo per la parte fenomenologica che entra a far parte della ragione e per come viene pensata attraverso l'intelletto.
Il mutamento nel tempo avviene e le cause lo indirizzano, ma le cause obbediscono a necessità soggettiva. E' la necessità causa prima delle cause attraverso cui tutto l'esistente tende ad adeguarsi. Alla causa segue il fenomeno, in realtà alla causa segue la causa che precede, seguendo la causa. L'Esistente è causa. Tutti i fenomeni, nel momento in cui raggiungono il soggetto, diventano causa agente che induce il soggetto a modificarsi adattandosi. La causa è preceduta e seguita dalla causa. La divisioni in cause che producono fenomeni, appare come una definizione soggettiva fatta dall’individuo per delimitare le relazioni causa-effetto e poter articolare la sua ragione. La divisione del mondo in cause e fenomeni è una scelta soggettiva. L'unica cosa ammissibile è la relatività attraverso la quale percepiamo le cause e i loro fenomeni. Di conseguenza, non riuscendo a giungere alla radice del complesso sistema di fenomeni cui siamo sottoposti e del complesso di cause atte a produrre tali fenomeni, siamo costretti a produrre una divisione per poter meglio articolare la nostra ragione. Il pericolo che la divisione diventi una categoria di pensiero che ingabbia l’individuo nelle sue relazioni col mondo, sta proprio nella divisione stessa.
Se io dico che una data causa produce quel fenomeno, circoscrivo il fenomeno alla causa quale origine prima del fenomeno. Tendo a chiudere la ricerca, attribuendo il fenomeno alla causa determinata. Ma non sempre il fenomeno è il prodotto di una causa, ma, quasi sempre, è il prodotto di un insieme di concause che sono a loro volta fenomeni singoli manifestati da insiemi di concause, ecc. Se una concausa, a monte del processo, viene a mancare o a modificarsi, il fenomeno finale che io considero, attribuendolo a quella causa, non è più lo stesso fenomeno. In realtà anche quella causa è fenomeno di insiemi di cause e dunque la ricerca della causa va continuata.
La ragione cerca le cause per definire le relazioni che producono il fenomeno, ma il mio corpo ha già risposto al fenomeno e a tutte le cause, come fenomeni, che quel fenomeno hanno manifestato.
La causa è fenomeno e causa allo stesso tempo ed io non mi posso permettere il lusso di una distinzione pena il pericolo di fermare la ricerca delle catene causa-effetto. La causa è fenomeno della necessità e necessità è la forza attraverso la quale l'universo, e quanto in esso contenuto, si trasforma. La causa è dunque fenomeno di necessità e a causa segue causa. Nel risalire la catena delle cause ogni tanto devo fermarmi a costruire il giudizio di necessità attraverso il quale poter vivere, ma il giudizio di necessità è un giudizio “tattico”, funzionale alla ragione per affrontare il proprio quotidiano. La ragione alla causa deve cercare la causa della causa prodotta dalla causa qualora decida di fondare il giudizio. Volendo, potremmo dire che la causa è costituita dal continuo adattamento dell'esistente a quanto l'esistente incontra mentre l'incontrato tende ad adattarsi continuamente. L'universo è un continuo adattamento e questo è causa atta a produrre cause sia nell'infinitamente piccolo che nell'infinitamente grande e complesso.
L'adattamento è causa e come tale è mutamento e, il mutamento, è scandito dal tempo. Il tempo dunque non esiste se non come misura umana razionalizzare intervalli di mutamenti predeterminati. In assoluto esiste soltanto il mutamento che avviene nello spazio. In qualunque spazio le condizioni del mutamento siano possibili.
La materia non risulta dallo spazio e dal tempo. La materia, come da Schopenhauer intesa, esiste in sé all'interno dello spazio e subisce mutamenti misurabili in termini di tempo solo in presenza di un osservatore esterno allo spazio e al tempo: il dio creatore. Lo spazio viene percepito in quanto la materia all'interno di esso si è modificata e continua il processo di modificazioni. Lo spazio esiste in sé, vuoto e inconscio e la sua esistenza e la sua vuotezza hanno reso possibile l'esistenza della materia e le sue trasformazioni.
La materia reca l'impronta dei suoi mutamenti; e soltanto di essi!
La materia si trasforma in continuazione all'interno dello spazio; usa tutto lo spazio che le è necessario per le sue trasformazioni; usa tutti i mutamenti possibili ed immaginabili per effettuare le proprie trasformazioni. E' l'Essere Umano che guarda il mondo in cui vive e non lo spazio. Se io fossi Spazio e, come Spazio fossi Cosciente di Essere spazio, non sarei più spazio perché quello spazio sarebbe riempito dalla mia Coscienza. Io dunque non guardo me stesso in quanto spazio, ma guardo lo spazio in quanto Essere Umano in continuo mutamento. Dunque, non ho l'impronta dello spazio perché se non è riempito di Coscienza e Consapevolezza lo spazio non esiste. Esiste soltanto quando una Coscienza e una Consapevolezza, una concentrazione di energia vitale composta da materia-energia che separa sé stessa dal mondo circostante, si muove al suo interno e solo nello spazio in cui si muove o intende muoversi.
La forma umana dell'intelletto è la sua ragione. La possibilità di pensare i cambiamenti come fenomeni prodotti da cause. Ma la capacità umana di pensare i cambiamenti è una capacità molto relativa in quanto non tiene conto di quanti fenomeni, assolutamente ignoti o ignorati, non giungono alla ragione pur condizionando le scelte e l’azione dell’individuo. La legge della causalità è pura invenzione; si tratta della capacità dell'esistente di adattarsi diventando oggettività di soggettività e soggettività all'interno di oggettività. La ragione intende mettere ordine e limitare l'arrivo di cause e fenomeni nel pensato di un individuo, ma è costretta a subire adattamenti dell’individuo a fenomeni che la stessa ragione ignora. Le cause, ignorate dalla ragione, esistono e agiscono. Il nostro corpo risponde a dette cause, ma la ragione le ignora e spesso è costretta a lavorare di fantasia per inventarsi descrizioni di cause che hanno più sede nell’immaginario che non nella realtà vissuta.
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano. |
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Marghera, 15 giugno 2012 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell’Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.