Durkheim Emile (1859 – 1917)

Le forme elementari della vita religiosa

5^ Parte

Il Totemismo

Riflessioni sulla sociologia.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

Le teorie sociologiche relative al totemismo e le relative osservazioni di Durkheim testimoniano l'idea ebrea e cristiana in relazione a concezioni "religiose" diverse o altre dal cristianesimo.

L'idea del totemismo viene elaborata partendo dalla pretesa dei cristiani di imporre, a fondamento del sentimento religioso dell'uomo, la malattia mentale della dipendenza da un padrone che, loro, chiamano "dio padre" riproducendo la dipendenza familiare padre-figlio. Questa pretesa aprioristica diventa la giustificazione antropologica di ogni violenza religiosa messa in atto dai colonialisti che giustificano le violenze religiose già messe in atto dai missionari cristiani.

L'idea di confinare i sentimenti religiosi degli abitanti delle Americhe, Africane, Asiatiche, entro i confini di un evoluzionismo creazionista è un'idea militare cristiana. E' il prologo per il massacro delle persone in nome di una superiorità evolutiva religiosa che ha nel genocidio la sua legittimazione.

A differenza dell'animismo e del naturismo, il totemismo ha la caratteristica di essere un'ideologia finalizzata alla conquista religiosa cristiana di chi non è cristiano mediante la negazione della legittimità del loro sentimento religioso.

L'idea del totemismo viene elaborata nel 1791 da J. K. Long e il nome viene desunto dalla lingua delle popolazioni dei Grandi Laghi. Long studia le loro credenze religiose, già fortemente manipolate dai missionari cristiani, e le interpreta secondo uno schema cristiano: il popolo eletto ebreo che ha uno spirito a tutela, Jahvé. Dal momento che la società in cui vive ritiene questi popoli dei "primitivi" e dei "selvaggi", le loro "idee" religiose si conchiudono nel più infimo gradino di una scala di valori "nobiliari" che Long identifica con l'animale del clan o i vegetali.

J. Frazer estese il modello religioso totemico a tutti i popoli antichi e W. R. Smith estese il modello totemico a tutte le religioni prescristiane estendendo il principio del "sacrificio del dio che è vittima fagocitata", come descritto dalla bibbia, a patrimonio culturale di ogni popolo.

Con l'idea totemica viene esteso il concetto ebraico-cristiano di "popolo eletto" ad ogni altro popolo. Il concetto di "popolo eletto" diventa l'elemento fondante tutta la sociologia religiosa e viene elevato da Durkheim come insieme di "idee elementari" che obbligano una società a quei comportamenti sociali finendo per essere la manifestazione del dio padrone che determina i comportamenti di quella società (dio lo vuole). Questa società, tramite il suo dio padrone che ne determina i comportamenti, diventa la società eletta che, nel corso dell'evoluzionismo creativista, si impone sulle altre società in quanto società superiore o razza superiore. L'idea ebrea e cristiana di superiorità della razza viene, mediante il totemismo, esteso ad ogni altro popolo legittimando gli stermini degli altri popoli in nome del popolo eletto e della razza superiore proprio della bibbia di ebrei e cristiani.

Il modello religioso del totemismo, altro non è che il modello religioso imposto dalla bibbia ebrea e cristiana.

Dal momento che il dio della bibbia "crea" mediante la parola, Durkheim pensa che tutto abbia origine dalla e nella parola. La parola, il nome, per Durkheim non indica qualcosa o un qualche modo di essere, ma ha un significato che trascende l'oggetto definito da quella parola in quell'ambiente.

Scrive Durkheim:

è un fatto conosciuto che « per spiriti primitivi i nomi e le cose designate da questi nomi sono uniti da un rapporto mistico e trascendentale » 3. Per esempio, il nome che porta un individuo non è considerato come una semplice parola, come un segno convenzionale, bensì come una parte essenziale dell'individuo stesso. Quando si trattava del nome di un animale, l'uomo che lo portava doveva credere necessariamente di avere egli stesso gli attributi più caratteristici di questo animale. Tale credenza si rafforzò tanto più facilmente quanto più le origini storiche di queste denominazioni si allontanavano nel tempo e si cancellavano dalla memoria. Si formarono miti per rendere più facilmente rappresentabile agli spiriti questa strana ambiguità della natura umana: per spiegarla si immaginò che l'animale fosse l'antenato dell'uomo o che entrambi discendessero da un ante- nato comune. In questo modo sarebbero stati concepiti i legami di parentela che sembrano unire ogni clan alla specie di cose di cui esso porta il nome. Una volta spiegate le origini di questa parentela favolosa, al nostro autore sembra che il totemismo non abbia più misteri.

Perché pensare alla parola che identifica l'oggetto e non pensare ad un oggetto che la parola definisce? I nomi delle cose designate, sono l'oggetto dell'attenzione dell'antropologo che non si chiede la sostanza dell'oggetto designato, non la investiga, ma cerca il significato della parola nella propria cultura per attribuire il proprio significato all'oggetto a cui quella parola corrisponderebbe. L'oggetto è manifestato dalla cultura che costruisce le relazioni col mondo. Il significato delle parole è proprio di quella cultura. La parola è il simbolo convenzionale con cui quella cultura definisce quell'oggetto che il suo abitare il mondo designa. Quando una cultura tenta di spiegare l'oggetto definito mediante quella parola, l'antropologo cerca di spiegare il significato trasmesso mediante le categorie della propria cultura. Nella cultura ebraico-cristiana le parole vanno lette in senso letterale. Quando il dio dei cristiani dice "Sia la luce!", questo sia la luce non ha un significato simbolico, ma un significato letterale in quanto la religione ebrea e cristiana si basa sulla parola che definisce azioni ed oggetti. Ma in una cultura in cui le parole sono strumenti con cui attivare sensazioni di un complesso sapienziale, ciò che è importante è l'insieme funzionale dell'oggetto sapienziale e non la parola che lo definisce. La parole evoca nell'interlocutore il complesso di idee, ma non definisce l'idea. Ne richiama all'attenzione, ma non pretende di parlare della cosa.

Le "parole magiche" appartengono all'ambiente religioso ebreo e cristiano, non ad altri popoli.

Lo stesso vale per le relazioni di sangue. La discendenza di sangue, il concetto di razza, è un concetto ebreo e cristiano.

Le parentele di sangue sono parentele ebree e cristiane. Un modello di categoria che ebrei e cristiani hanno imposto ad ogni popolo. La trasmissione del potere o della parentela mediante il sangue, è una condizione propria della religione ebrea e cristiana. Il razzismo stesso è un'idea ebrea e cristiana. Anche il concetto di "padre" usato in campo religioso, pur essendo presente in varie culture, nella sua eccezione patologica di "dio in quanto padre creatore", è propria della religione ebrea e cristiana. Come è propria della religione ebrea e cristiana "l'uccisione del padre" come manifestazione del dio padrone che controlla l'uomo impedendone lo sviluppo.

Scrive Durkheim:

Ma noi sappiamo che il centro del culto è altrove: sono le rappresentazioni figurative di questa pianta o di questo animale, sono gli emblemi e i simboli totemici di ogni specie che posseggono il massimo grado 'di santità; in essi risiede dunque la fonte della religiosità di cui gli oggetti reali che questi emblemi rappresentano ricevono soltanto un .riflesso, Così il totem è anzitutto un simbolo, un' espressione materiale di qualche altra cosa: ma di che cosa? Dall'analisi stessa che abbiamo condotto risulta che esso esprime e simboleggia due specie di cose diverse. Da un lato esso costituisce la forma esteriore e sensibile di ciò che abbiamo chiamato il principio o il dio totemico; ma dall'altro è anche il simbolo di questa società determinata che si chiama clan. Ne è la bandiera; è il segno in virtù del quale ogni clan si differenzia dagli altri, il segno visibile della sua personalità, impresso su tutto ciò che fa parte del clan a qualsiasi ti- tolo - uomini, animali e cose. Se esso è dunque insieme il simbolo del dio e della società, ciò non vuol forse dire che il dio e la società fanno tutt'uno? In quale modo l'emblema del gruppo avrebbe potuto diventare l'immagine di questa quasi-divinità, se il gruppo e la divinità costituissero due realtà distinte? Il dio del clan, il principio totemico, non può esser dunque che il clan medesimo, ma ipostatizzato e presentato all'immaginazione sotto la forma sensibile del vegetale ò dell'animale che serve da totem. Ma come è stata possibile questa apoteosi, e su quale base essa è avvenuta in questa maniera?

Il totemismo indica, per Durkheim, il popolo eletto. Un popolo eletto che si differenzia, mediante il proprio totem, da altri popoli eletti. Questa idea, unita all'idea del primitivismo proprio dell'evoluzionismo creativista, è l'idea forza della superiorità della razza come viene emanata da ebrei e cristiani e che tanti lutti provocherà nel proseguo della storia.

Proprio per fissare quest'idea, scrive Durkheim:

In generale, non c'è dubbio che una società possiede tutto ciò che occorre per risvegliare negli spiriti, con la sola azione che essa esercita nei loro confronti, la sensazione del divino; infatti essa è. di fronte ai suoi membri ciò che un dio è di fronte ai suoi fedeli. Un dio è infatti anzitutto un essere che l'uomo si rappresenta, per certi aspetti, superiore a lui e da cui crede di dipendere. Che si tratti di una personalità cosciente, come Zeus o Jahvè, oppure di forze astratte come quelle in gioco nel totemismo, il fedele si ritiene in entrambi i casi obbligato a certi modi di agire che gli sono imposti dalla natura del principio sacro' con cui si sente in relazione. Ma anche la società mantiene vivo in noi il senso di una perpetua dipendenza. Essa ha infatti una natura propria, diversa dalla nostra natura di individui, e persegue scopi che le sono egualmente particolari: ma poiché può attingerli soltanto per mezzo nostro, essa reclama imperiosamente la nostra collaborazione. Essa esige che, dimentichi dei nostri interessi, noi diveniamo i suoi servitori, e ci obbliga a ogni sorta di fastidi, di privazioni e di sacrifici senza i quali la vita sociale sarebbe impossibile. Ad ogni istante noi siamo obbligati a sottometterei a regole di con- dotta e di pensiero che non abbiamo né prodotto né voluto, e che anzi sono talvolta contrarie alle nostre inclinazioni e ai nostri istinti fondamentali. Tuttavia, se la società ottenesse queste concessioni e questi sacrifici soltanto in virtù di una costrizione materiale, essa potrebbe risvegliare in noi soltanto l'idea di una forza fisica a cui dobbiamo cedere per necessità, e non l'idea di una potenza morale del genere di quelle adorate dalle varie religioni. In realtà, il dominio che essa esercita sulle coscienze deriva non tanto dalla supremazia fisica di cui ha il privilegio, quanto dall'autorità morale di cui è investita. Se ci sottomettiamo ai suoi ordini, non è semplicemente perché essa dispone dei mezzi per vincere le nostre resistenze, ma è soprattutto perché essa è oggetto di un autentico rispetto.

Eccola la razza eletta, il popolo eletto dal proprio dio padrone pronto a sacrifici, fastidi e doveri senza i quali la vita sociale, sotto il dio padrone, sarebbe impossibile.

Durkheim insulta Zeus là dove a Zeus attribuisce gli stessi intendimenti morali e religiosi di Jahvé. In quell'insulto c'è tutto il desiderio di sottomettere l'idea religiosa degli antichi Greci alle categorie e ai modelli della bibbia. Si distrugge le specificità religiose di Zeus in un ambiente culturale assolutamente sconosciuto a Durkheim, come la religione greca pre platonica, per distruggere ogni specificità religiosa di popoli che Durkheim definisce come primitivi in funzione delle categorie militari di Jahvé.

La costrizione materiale è una costrizione relativa. Perché i suoi effetti siano efficaci e duraturi la costrizione fisica deve agire sulla struttura emotiva dell'individuo. Nella bibbia Jahvé agisce con la costrizione fisica e militare per disarticolare la struttura emotiva dei popoli. Distrugge i loro legami col mondo (li marchia con la circoncisione) e impedisce che il "suo popolo eletto" possa costruire dei legami con altre società indipendentemente dal suo dominio e dal suo potere.

E quel profeta, o quel sognatore sia messo a morte, perché ha predicato l'apostasia dal Signore, Iddio tuo, che t'ha tratto dall'Egitto e ti ha redento dalla casa di schiavitù, per trascinarti fuori dalla via per la quale il Signore, Iddio tuo, ti ha ordinato di camminare. Così estirperai il male di mezzo a te. '« Se il tuo fratello, figlio di tuo padre, o il figlio di tua madre, o il figlio, o la figlia, o la moglie che riposa sul tuo seno, o l'amico che ti è come l'anima tua', t'incitasse in se- greto, dicendo: "Andiamo, serviamo a dèi stranieri", dèi sconosciuti ai tuoi padri e a te, 'sia che si tratti delle divinità dei popoli tuoi vicini, oppure di quelle dei popoli lontani da un capo all'altro della terra, tu non acconsentire, non gli dare ascolto: il tuo occhio non abbia pietà per lui, non lo risparmiare, non lo tener nascosto. "Tu lo devi uccidere senz'altro: la tua mano sia la prima a levarsi sopra di lui, per metterlo a morte, poi continuerà l'esecuzione la mano di tutto il popolo. "Lo devi lapidare, finché muoia, perché ha cercato di trascinarti lungi dal Signore Iddio tuo, che ti trasse dall'Egitto, casa di schiavitù. E rutto Israele, oda e tremi, affinché non sia più commessa in mezzo a te un'azione così perversa. 13« Se tu sentirai dire che in una delle rue città, che il Signore, Iddio tuo, ti dà in possesso per abitarvi, "degli uomini perversi sono usciti di mezzo a te e hanno sedotto gli abitanti della loro città, dicendo: "Andiamo, serviamo altri dèi", che voi non avete mai conosciuto, "prima informati, investiga e interroga con cura, poi, se trovi che la cosa è vera, il fatto è certo e tale abominazione è stata realmente commessa in mezzo a te, "metti a fi1 di spada gli abitanti di quella città, vota la città stessa alla distruzione, con tutto quello che contiene. "Raduna tutte le spoglie in mezzo alla pubblica piazza, poi appicca il fuoco alla città con tutte le sue spoglie, sì che bruci completamente per il Signore Iddio tuo, e diventi un cumulo di rovine in perpetuo, né venga più riedificata. Di quella distruzione, compiuta per anatema, nulla prendano le rue mani, affinché il Signore si plachi dall' ardente sua ira, ti faccia misericordia, abbia pietà di te e ti moltiplichi, come promise con giuramento ai tuoi padri, "alla condizione che ubbidisca alla voce del Signore, Iddio tuo, osservando rutti i suoi Comandamenti, che oggi io ti prescrivo, e facendo ciò che è retto agli occhi del Signore Iddio tuo ».

Deuteronomio 13, 6-19

Questa è l'idea del totemismo che Durkheim proietta nelle sue considerazioni sociali. Ma appartiene solo alla bibbia di ebrei e cristiani, non ai popoli. Quella di Durkheim è un'idea di primitivismo che proietta su ogni popolo. Come se il genocidio ad opera del proprio dio padrone, che egli mette a fondamento dell'idea totemica della città o del clan, fosse uguale in ogni popolo all'idea del genocidio propria di ebrei e cristiani.

Non è possibile interpretare la bibbia di ebrei e cristiani applicando gli stessi metodi con cui veniva interpretata l'Iliade e l'Odissea come fece Filone d'Alessandria. L'Iliade e l'Odissea sono poemi e ciò che viene raccontato è simbolo della realtà. La bibbia va letta letteralmente. La bibbia è verbo, parola immutabile e ininterpretabile del dio. La bibbia è la verità che il logos presenta alla fede dell'ebreo e del cristiano. E in modo letterale la legge Durkheim che trova naturale la violenza che sottomette del dio della bibbia e che questa "naturalità" vuole cercarla attribuendola ad ogni popolo conchiudendolo in un'idea totemica che giustifica l'odio della bibbia di ebrei e cristiani.

La violenza criminale dell'omicidio, imposto dal dio di ebrei e cristiani, incide sulla struttura emotiva dell'individuo che, qualora non si adegui, è sottoposto al genocidio e all'omicidio. La bibbia non lascia scelta: o sei il popolo che stermina o sei il popolo che viene sterminato. O sei l'individuo che uccide o sei la vittima che viene uccisa. Per lapidazione, dice il dio padrone di ebrei. Ma anche sui roghi o nelle camere di tortura. Oppure imprigionato e condannato a seconda delle leggi. Tutte leggi che impongono la sottomissione al dio padrone di ebrei e cristiani in violazione dei diritti fondamentali dell'uomo in quanto cittadino sociale.

La coercizione, ottenuta mediante il genocidio e la violenza, per Durkheim svanisce. Scompare.

Tutta l'attività di genocidio, distruzione, viene cancellata dalla memoria. Rimangono solo gli effetti. Gli effetti dello sterminio, del genocidio in funzione della manipolazione della struttura emotiva delle persone.

Quando si sono macellate le persone per centinaia di anni in funzione dell'imposizione del dio padrone, le persone, cresciute in un clima di terrore che sottomette al dio padrone, hanno interiorizzato la paura e questa, dentro di loro, diventa coercizione morale. Imperativo morale. Senso di colpa e obbligo.

Scrive Durkheim:

Essa tende a ricacciare indietro le rappresentazioni che la contraddicono, e le tiene a distanza; comanda invece gli atti che la realizzano - e ciò non già attraverso una coercizione materiale o la prospettiva di una coercizione di questo genere, ma semplicemente in virtù della diffusione dell'energia mentale in essa presente. Essa ha un'efficacia che deriva unicamente dalle sue proprietà psichiche, ed è precisamente da questo segno che si riconosce l'autorità morale. L'opinione - cosa sociale in primo luogo - è quindi una fonte di autorità, e ci si può anzi domandare se ogni autorità non sia originata dall'opinione 3. Si potrà obiettare che la scienza è spesso l'antagonista dell'opinione, di cui combatte e rettifica gli errori. Ma essa può riuscire in questo compito soltanto se possiede un'autorità sufficiente, e può ricevere questa autorità soltanto dall'opinione stessa. Quando un popolo non ha fede nella scienza, tutte le dimostrazioni scientifiche saranno prive di influenza sugli spiriti. Poiché la pressione sociale si esercita per vie mentali, essa non poteva mancare di fornire all'uomo l'idea che esistono fuori di lui una o più potenze, al tempo stesso morali ed efficaci, dalle quali egli dipende. Queste potenze egli doveva rappresentarsele in parte come esterne a sé, perché gli parlano con tono di comando e talvolta gli impongono anche di fare violenza alle sue più naturali inclinazioni. Senza dubbio, se egli potesse scorgere immediatamente che queste influenze da lui subite emanano dalla società, il sistema delle interpretazioni mitologiche non sarebbe nato. Ma l'azione sociale segue vie troppo oblique ed oscure, impiega meccanismi psichici troppo complessi perché al comune osservatore sia possibile percepire la sua origine. Finché l'analisi scientifica non è venuta a insegnarglielo, egli comprende perfettamente di essere guidato, non sa da chi. Egli ha quindi dovuto costruire integralmente la nozione di queste potenze con cui si sentiva in rapporto; e da ciò si può già intravvedere il cammino per il quale egli fu condotto a rappresentarsele sotto forme ad esse estranee, e a trasfigurarle col pensiero.

La violenza impositiva del dio padrone porta l'uomo a negare ogni evidenza nel mondo che contrasti con l'idea del dio padrone che secoli di violenza gli hanno imposto. Anche quando si cessa di bruciare vive le persone perché "bestemmiano", l'imprecazione sarà sempre moralmente condannata anche quando la scienza dirà che "bestemmiare" porta beneficio psichico alla persona che "bestemmia".

Questo non era mai avvenuto né nelle religioni pre socratiche, né nelle religioni che si sono sviluppate in America e in Africa prima dell'arrivo dei missionari cristiani. I missionari cristiani hanno dichiarato guerra ai popoli e, mediante il genocidio, la tortura e gli stermini hanno imposto i modelli religiosi della bibbia dei cristiani e degli ebrei. Così l'antropologo, che giunge in un secondo tempo, scorge quei modelli biblici rivestiti da forme diverse e crede di scoprire che, in fondo, il modello totemico imposto dalla bibbia sia un modello che si estende a tutti gli Esseri Umani nelle relazioni col mondo in cui vive.

E per finire sull'idea totemica di Dukheim dobbiamo registrare quel "dio è con noi" che ha portato i cristiani a macellare l'umanità in nome del loro dio padrone.

Scrive Durkheim:

Ma un dio non è soltanto un'autorità da cui dipendiamo; è anche una forza su cui si appoggia la nostra forza. L'uomo che ha obbedito al suo dio, e che per questa ragione crede di averlo con sé, affronta il mondo con fiducia e col sentimento di un' energia accresciuta. Così pure l'azione sociale non si limita a reclamare da parte nostra sacrifici, privazioni e sforzi. Infatti la forza collettiva non ci è interamente esteriore, e non ci muove totalmente dal di fuori; ma, poiché conseguenza della sua sconfitta. L'idea fu ammessa tanto più facilmente in quanto si accordava con l'insieme della mitologia, essendo i totem di confraternita generalmente considerati nemici tra loro.

Quel "dio è con noi" proprio dell'ideologia religiosa ebrea e cristiana, porterà alla costruzione dell'idea di Durkheim del Volk: il popolo eletto costituito dalla propria cultura religiosa, dal suolo, dalla discendenza di sangue e dalla sua "anima". Quell'idea di popolo eletto che per volere del proprio dio padrone dichiarerà la sua supremazia psico-militare su ogni altro popolo che verrà da questi considerato "spazzatura della storia" e spesso infilato nei forni crematori.

Il dio padrone è un "comando sociale" e ogni "comando sociale" viene legittimato dall'attività del dio padrone della bibbia. In quest'ottica i missionari cristiani imposero tale idea alle popolazioni conquistate perché, solo imponendo quel modello religioso, potevano diventarne i padroni come rappresentanti di quel dio padrone. Se al momento quel dio padrone aveva un nome diverso da Jahvé, poco importava. L'importante era stuprare la concezione "religiosa" dei popoli conquistati affinché, imposta l'idea, anche ogni entità "totemica" potesse identificarsi nel modello imposto. Poi, sostituire quell'entità padrona col dio padrone dei cristiani, sarebbe stato un gioco molto più facile per imporre il dominio cristiano.

Il totemismo è una teoria militare.

Le idee della bibbia vengono imposte a sistemi religiosi diversi mediante l'attività militare dei missionari cristiani e questa imposizione, studiata dagli antropologi, trova una serie di corrispondenze nella bibbia. Tutti costoro pensano che la bibbia sia un "libro antico" di tradizioni generali e non un manuale di guerra i cui intenti sono la disarticolazione psico emotiva delle persone. Proprio perché educati nella violenza della bibbia gli antropologi incontrano nei popoli la violenza dei missionari cristiani e ne riconoscono i principi estendendo alla bibbia una sorta di "naturalità" derivata dalla certificazione che quei popoli, che essi classificano come primitivi, darebbero ai modelli "religiosi" scritti nella bibbia.

Lo stesso Freud, educato nella religione ebrea, non trova nulla di strano nelle teorie totemiche di William Robertson Smith (morto nel 1894) studioso della bibbia che pubblica un libro sui semiti in cui, scrive Freud:

"...avanzò l'ipotesi che una caratteristica cerimonia, il così detto "pasto totemico", abbia costituito fin dai primissimi inizi una componente integrante del sistema totemistico. Ad appoggiare questa tesi c'era allora a sua disposizione un'unica descrizione di tale pasto, tramandata dal V° secolo d.c. Egli seppe attribuire un alto grado di verosimiglianza alla sua ipotesi analizzando la natura del sacrificio presso gli antichi semiti."

Freud doveva, in qualche modo, legittimare le pratiche spermatofagiche e sacrificali, spesso di natura omosessuale, della bibbia e dei cristiani e della cui traccia sta anche nei vangeli col nome di "chi mangia il mio pane vive in eterno" e nella tradizione ebraica.

Scrive John Allegro in Il Fungo Sacro e la Croce pag. 83 editore Cesco Ciapanna 1980:

La fantasia del Nuovo Testamento ha incoronato Gesù di un serto di spine e lo ha avvolto in una veste di porpora (Giovanni, 19: 2). Il cappello rosso cupo aumentava il significato fallico del fungo sacro agli occhi degli antichi e forniva loro parole per quel colore, come noteremo. Questi re e sacerdoti, ufficiali dal «glande-incoronato », erano allora i messia, i cristi che il Nuovo Testamento chiama «unti dal Signore» (I Re, 26: 11; Salmi, 2: 2), poiché hanno su di loro la consacrazione, ovvero « l'olio della santa unzione» del loro Dio (Lev., 21: 12). In quello stato di santità non era loro permesso abbandonare «il recinto del tabernacolo» (Lev., 21: 12; ivi, 10:7), a meno che, per qualche malasorte o sogno erotico, non avessero deturpato la loro rituale purezza mescolando inavvertitamente sui loro corpi il proprio sperma con quello del dio. In tal caso erano obbligati ad abbandonare l'area sacra del tempio di Gerusalemme per un sottopassaggio che li conduceva nella zona profana della città. Sia le parole semitiche che quelle greche per « Cristo », 1'« unto, il macchiato », derivavano dai termini sumerici per sperma o linfa resinosa, MASh e ShEM. Usati come titoli descrittivi in questa lingua, apparivano come un «uomo-MASh », esorcista, cioè il sacerdote che scaccia i demoni, e come un «uomo-ShEM », colui che fa i profumi, l'equivalente del miscelatore di oli santi del Nuovo Testamento.

L'idea religiosa ebrea è l'idea dell'unto, l'idea del pene a cui tutti si devono sottomettere. E' un'idea propria dell'omosessuale maschile che antepone la propria pratica sessuale ad ogni altra questione del vivere sociale. Quando l'omosessuale vive in un ambiente che ne criminalizza le pulsioni, anziché modificare l'ambiente sociale e imporre libertà di ogni soggetto alle proprie pratiche soggettive, veicola le pulsioni nell'onnipotenza del possesso delle persone fino a trasformarsi in "unto del signore". Il produttore dello "sperma di dio" o "il pane della vita". "Chi mangia quel pane, vive in eterno". Tutta la società deve vivere in funzione di questa pulsione: in funzione dell'unto del signore. Da questa condizione educazionale, sorgono gli "uomini del destino" e il disprezzo per i popoli. Sorge il totemismo come idea ebrea e cristiana di interpretare le altre religioni e, per conseguenza, condannarle in quanto "primitive".

Il totem, nell'immaginario ebreo e cristiano, rappresenta quanto è in abominio al suo dio padrone:

"Non pianterai nessun palo sacro di qualsiasi legno accanto all'altare di Jahve, tuo dio, quando lo avrai costruito, né ti erigerai una stele, che sarebbe in odio a Jahve tuo dio."

Deuteronomio 16, 21

Diventa ovvia l'idea del totemismo come idea primitiva da estendere ai popoli colonizzati per poterli meglio massacrare. Il totem, come l'obelisco o i "pali sacri", sono simboli religiosi sessuali. L'omosessuale li nasconde nelle stanze segrete per appropriarsene. La pratica sessuale, che nelle società antiche, non sono oggetto mediante il quale controllare le persone. Mentre per l'ebreo e il cristiano, devono essere nascoste per poter costringere le persone a pratiche sessuali che lui può criminalizzare. Devono essere proibite. Devono suscitare "mistero". La pratica sessuale viene regolamentata in un coacervo di proibizioni e di tabù per poter avere il possesso delle persone: la distruzione degli alberi di Asherah costituisce la vittoria del possesso omosessuale sulla sessualità sociale. L'unto del "signore" è il padrone della sessualità. Per Freud il totemismo, che riporta l'idea di Robertson Smith, riassume le pratiche ebraiche del sangue, come controllo della sessualità umana, che qualifica il popolo eletto e ne legittima le pratiche volte al genocidio dei popoli. Pare ovvio a Freud che tutti i popoli avessero le loro idee vincolate a condizioni di sangue e di razza. Ma il concetto di sangue e di razza, è solo un concetto ebreo fatto proprio dai cristiani.

Freud non aveva dati per affermare ciò che avveniva nei tempi antichissimi. Sapeva quanto scritto sulla bibbia, ma quanto scritto sulla bibbia era solo odio profondo per i popoli, per la loro sessualità. popoli che erano "abominio per il signore" e che dovevano essere macellati in quanto "malvagi".

Proprio per riaffermare la legittimità della bibbia, scrive Freud in "Totem e Tabù" pag. 189 ed. Boringhieri 1976:

Interrompiamo qui il filo dei ragionamenti di Robertson Smith, che siamo venuti esponendo, e ricapitoliamo con la massima concisione il nocciolo del suo pensiero. Quando si affermò l'idea della proprietà privata, s'interpretò il sacrificio come un dono alla divinità, un trasferimento dalla proprietà dell'uomo a quella del dio; ma cosi facendo si rinunciò a spiegare tutto quello che è peculiare nel rito del sacrificio. In tempi antichissimi l'animale sacrificale era stato esso stesso sacro, e la sua vita inviolabile. Poteva essere mangiato soltanto con la partecipazione e la correità di tutto il clan e in presenza del dio, per fornire la sostanza sacra grazie al cui consumo gli appartenenti al clan si garantivano la loro identità materiale, tra loro e con la divinità. Il sacrificio era un sacramento e l'animale da sacrificare era esso stesso un membro del clan. In realtà era l'antico animale totemico, il dio primitivo in per- sona, e uccidendolo e sbranandolo i membri del clan rinfrescavano e assicuravano la loro somiglianza col dio. Da questa analisi sulla natura del sacrificio Robertson Smith trasse la conclusione che l'uccisione e l'inghiottimento periodici del totem, in epoche anteriori all' adorazione di divinità antropomorfe, erano stati una componente importante della religione totemica. Il cerimoniale di un pasto totemico di tal genere ci è stato conservato, a suo dire, nella descrizione di un sacrificio in vigore in epoche più tarde.

Il massacro di un cammello ad opera di una "tribù" del Sinai descritto da un cristiano, tale san Nilo, nel quinto secolo d.c. diventa la prova che gli antichi primitivi praticassero il totemismo nella figura di un cammello.

Questa volontà di proiettare le categorie religiose cristiane sugli altri popoli è un vero e proprio atto di guerra contro di loro.

Le critiche all'idea generale del totemismo di Lévi-Strauss mettono in discussione non tanto le osservazioni sul campo dei vari antropologi che, al di là degli inganni subiti, rimangono una raccolta dati, ma l'interpretazione e l'uso dei dati in una sintesi logico-omogenea.

Lévi-Strauss individua nell'elaborazione teorica del totemismo un "desiderio" dell'occidente di mantenere, più o meno inconsciamente, una divisione fra "primitivi" e "civilizzati". Ciò che sfugge e che anche Lévi Strauss riprende come errore, è quello di proiettare la bibbia ebrea e cristiana come modello di ogni civiltà studiata. Anche quando queste civiltà non sono affatto "primitive" ma sono degli sviluppi di culture diverse da quelle occidentali, con l'intervento militare dei missionari cristiani vengono appiattite sui modelli religiosi della bibbia. A ncor oggi, la diffamazione delle antiche religioni fatta dai cristiani passa attraverso la riaffermazione del totemismo come imposizione agli antichi e ai popoli colonizzati della bibbia ebrea e cristiana sotto forma di categorie di pensiero attribuite al totemismo. N el 1959 esce questo libro di Ambrogio Donini, allievo del prete cattolico Ernesto Buonaiuti che nel tentativo di ridurre alla bibbia popoli altri, afferma a pag. 47-48 della sua "Breve storia delle religioni" ed. Newton 1991:

Dal totem al dio personale

L'idea del soprannaturale e del trascendente non è dunque nata con l'uomo, ma soltanto con la divisione della società primitiva in classi contrapposte. La vita associata, in sé e per sé, non poteva «estrinsecarsi obiettivamente nel mito e nel rito»: la tesi contraria è stata sostenuta, con diverse gradazioni, dalla scuola sociologica francese, dal Durkheim all'Hubert, al Mauss e soprattutto al discepolo di quest'ultimo, Lévy-Bruhl, che ha definito la religione uno «strumento di coesione» degli individui all'interno della società. La funzione sociale della vita religiosa è un fatto storicamente accertato: e il merito di averlo dimostrato in modo inoppugnabile, con dovizia di dati comparativi, può anche essere attribuito al Durkheim e ai suoi allievi e continuatori. Ma una società senza contraddizioni di classe non avrebbe mai potuto dare origine all' «alienazione» religiosa. Quando la comunità primitiva, basata sull'eguale ricerca e appropriazione dei prodotti, si disgrega e cede il posto al regime della proprietà privata e dell'asservimento di larghi strati umani a pochi gruppi di privilegiati, il processo che ha avuto luogo sulla terra si riflette immediatamente nel campo dell'ideologia. Sino a quel momento, le esperienze religiose degli uomini non era- no andate più in là del concetto di un rapporto immaginario di parentela tra il gruppo originario e determinati animali o vegetali da cui traeva il proprio nutrimento (il totem). Ma la lacerazione che si è introdotta nella famiglia umana con il sorgere delle classi ha provocato una scissione di decisiva importanza sul terreno dell'ideologia, dando origine alla separazione tra il mondo della natura e il mondo dei fenomeni ritenuti d'ora in poi "soprannaturali". Prima che l'uomo potesse incominciare a credere nell'esistenza di forze misteriose e possenti, capaci di influenzare favorevolmente o sfavorevolmente il corso della sua vita, era necessario. che l'esperienza di tali rapporti fantastici venisse fatta nelle condizioni reali di subordinazione, derivate dalla nuova struttura della società. Questo sentimento di assoggettamento e di dipendenza caratterizzerà d'ora in poi tutte le religioni e non potrà più scomparire che con l'estinguersi delle condizioni che gli hanno dato origine. è allora che nasce anche il senso della colpa e della grazia, di un irraggiungibile ideale spirituale contrapposto alla triste, disperata realtà materiale alla quale la maggioranza degli esseri umani si vede esposta sulla terra. In questa situazione, persino il lavoro, che nella comunità primitiva faceva parte del normale ritmo di vita degli uomini, diventa una punizione, una condanna. Si ricordi che il termine latino labor, «lavoro», ha il significato originario di «fatica»; il francese travail deriva dal nome di uno strumento di tortura detto in latino tripalium, composto di tre pali e destinato agli schiavi e ai prigionieri, e lo stesso vale per lo spagnolo trabajo e il portoghese tra- ba/ho, nell'ambito dell'Europa occupata dai dominatori romani. Tutte le religioni dell'epoca della schiavitù spiegano l'obbligo del lavoro come una maledizione, una penosa decadenza da un primitivo stato di felicità, «l'età dell'oro». Al primo uomo che si è reso colpevole di una mitica trasgressione, il dio della Bibbia dichiara: «D'ora in poi mangerai il pane con il sudore del tuo volto», cioè lavorando (Genesi, III, 19). Nella leggenda di Adamo, come in tutti i racconti analoghi, che cercano di spiegare l'origine della sofferenza e dell'ingiustizia, è già evidente una concezione di classe, sconosciuta alle forme iniziali dell'ideologia religiosa.

Tutta l'idea del totemismo è un'idea di guerra di ebrei e cristiani contro i popoli e la loro religione. Tutte le religioni sono uguali. Uguali al cristianesimo e all'ebraismo. Tutte le religioni sottomettono. Questo trogloditismo ottocentesco viene usato contro le religioni che veicolano le emozioni dell'uomo legandolo in maniera coerente alla società e alla Natura. Non la religione cristiana ed ebrea da combattere in quanto nemiche dell'uomo, ma combattere tutte le religioni per impedire alle emozioni dell'uomo di vivere coerentemente. In questo modo non potrà mai nascere una religione funzionale all'uomo, ma continueranno a trionfare religioni che stupreranno l'uomo per la gloria di un dio padrone dal momento che nessuna emozione umana può sottrarsi alla dipendenza del dio padrone.

Al totemismo vengono attribuite idee proprie di ebrei e cristiani, come il concetto di popolo eletto, il concetto di razza e di razzismo, il concetto di discendenza del sangue, i concetti di "tabù" sociali o i concetti di obbligo nell'alimentazione e i tabù sessuali.

Per poter macellare i popoli colonizzati, i cristiani dovevano ingiuriarli e diffamarli. Prima ne distrussero i contenuti religiosi con i missionari che massacrarono le popolazioni distruggendo ogni forma culturale possibile. Poi, le forme culturali rimaste furono sostituite con le categorie i precetti e i principi cristiani. Tutti i racconti degli indiani d'America o degli africani che hanno idee di creazione, sono idee imposte dai missionari cristiani. Oggi come oggi, possiamo dire che non esistono racconti degli indiani d'America che non siano rielaborazioni dei missionari cristiani. Poi, una volta distrutta la cultura, i colonialisti cristiani fecero il resto macellando i popoli.

Questo sforzo cristiano fu premiato con la nascita del colonialismo prima e con l'imposizione delle ideologie dello sterminio, dal nazismo,al fascismo,ai nazionalismi di gruppi di individui che proclamando la superiorità razziale aggrediscono poveri, immigrati, e membri delle classi inferiori.

Si tratta dell'idea ebrea e cristiana del popolo eletto. Il popolo dei macellai e dei criminali che attraverso la ferocia manipolano la struttura emotiva delle persone per imporre loro la sofferenza. Come gli ebrei con i palestinesi, gli ortodossi Romeni con i Rom, e tutte quelle rivendicazioni di superiorità della razza che vanno dal genocidio del Ruanda alla guerra di religione che i cristiani hanno scatenato in Nigeria e nel continente africano in generale.

Scrive Richard Steigmann-Gall ne "Il santo Reich" Editore Boroli 2005 a pag, 50:

I riferimenti di Buch alla razza come creazione di Dio, la cui purezza doveva essere difesa per volontà di Dio, non erano semplicemente una pia allusione che celava una «completa secolarizzazione'', Anzi, trovarono espressione all'interno di alcune cerchie cristiane, specialmente luterane, come un genuino orientamento teologico. Chiamata «teologia degli ordini della creazione», questa concezione valorizzava il popolo, con la famiglia e lo Stato, inteso come voluto per decreto da Dio. Con le radici che affondavano nel diciannovesimo secolo, la Schopfungsglaube promuoveva la nazione dichiarandola divina, perché trascendeva l'individuo e combatteva le forze, presentate come disgreganti, del razionalismo liberale e del materialismo. Poiché Dio aveva creato l'ordine della nazione, questa «assumeva la forma di un'associazione involontaria, di una comunità del destino», investita di valori ostili all'individualismo e all' egoismo di classe. Questa teologia era sostenuta da un influente gruppo di teologi luterani il cui punto di vista, significativamente, risale a prima del nazismo. Dopo la fondazione della Repubblica, nella teologia della Schopfungsglaube venne data crescente valorizzazione teologica al Volk. Come sostenne Paul Althaus, «Volk e Volkstum sono creazioni e doni di Dio ... Noi non possiamo pensare al popolo senza ringraziare Dio. Poiché Dio ha creato la nazione come uno dei suoi ordini, la Chiesa ha l'obbligo di servire il popolo (Volk): "La Chiesa ha tutte le ragioni per essere felice del movimento volkisch. La Chiesa aveva anche il dovere di riconoscere la minaccia che gli ebrei, in quanto rinnegatori di Cristo, rappresentavano per quest'ordine. Era essenziale per le Chiese levare la voce in pubblico contro la minaccia ebraica e persino, quando necessario, che si facesse ricorso ad "azioni audaci".

E' l'idea dell'"unto del signore" che dal campo individuale passa a quello sociale come "popolo eletto" l'idea di superiorità della razza che tanti danni ha imposto all'umanità. Tale idea viene estesa ad "idea comune religiosa dei popoli" così che l'idea di Volk diventa metro di misura con i volk di ogni popolo e legittima lo sterminio in quanto "il mio volk è più grande del tuo volk". In fondo, dicono i cultori del "popolo eletto", ci misuriamo fra volk, non fra modi diversi di vivere e di abitare il mondo.

L'ideologia del "totemismo" è un'ideologia di guerra e di distruzione mediante la proiezione del condizionamento culturale subito dagli occidentali ed esteso su popoli che, molto probabilmente, non si erano nemmeno posti questa questione.

Ancor oggi, Ambrogio Donini e l'ideologia del totemismo, che include un evoluzionismo creazionista, proprio dei cristiani che hanno aggredito le religioni dei popoli colonizzati, viene manifestata con una estrema superficialità. Ad Arpiola di Mulazzo, nel 2008, in un convegno organizzato da un gruppo di Atei, le tesi farneticanti di Ambrogio Donini vengono riaffermate con una violenza a dir poco disarmante:

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 25 settembre 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.