Friedrich Engels (1820 – 1895)

La filosofia della natura nell'Antidühring

Darwin nel marxismo

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

La filosofia della natura nell'Antidühring, evoluzionismo e marxismo

 

Che cosa intende il marxismo per evoluzione?

Come il marxismo usa e interpreta il concetto darwiniano di evoluzione?

Il concetto di evoluzione come proposto da Darwin, confermato da tutta una serie di scoperte scientifiche che ne hanno anche modificata l'impostazione iniziale, si è sostituito a qualsiasi credenza creazionista, fondamentalmente biblica, nell'immaginario sociale. Oggi la ricerca scientifica, in particolare col DNA, può dimostrare gli elementi comuni di ogni specie e rilevare le diversità individuando il momento genetico in cui la specie si è separata, tuttavia permane l'ambiguità in campo sociale, religioso, sull'uso del concetto di evoluzione.

Questa ambiguità non è dovuta al darwinismo, ma all'evoluzionismo inventato dai cristiani per spiegare non la vita, ma l'evoluzione delle società umane dalla cacciata dell'uomo dal paradiso terrestre ai giorni nostri. L'evoluzionismo cristiano parla di primitivismo in relazione all'uomo cacciato dal paradiso terrestre e da quel primitivismo fa partire un'evoluzione sociale che porta ad una sorta di vertice delle civiltà rappresentato dalla "società cristiana". Va da sé che quell'evoluzionismo cristiano è portatore di odio sociale, supremazia di razza, disprezzo per l'uomo fino alla costruzione di campi di sterminio in cui il "non evoluto" viene messo nelle camere a gas oppure macellato come i cristiani hanno fatto con gli indiani d'America, gli africani e oggi stanno facendo nei paesi arabi.

Nella storia del pensiero filosofico e sociale si presentano due concetti di evoluzionismo completamente diversi.

Il primo è l'evoluzionismo sociale cristiano:

"Quest'idea ebbe origine nell'attività di Jacques Bénigne Bossuet (Digione, 27 settembre 1627 – Parigi, 12 aprile 1704) vescovo cattolico, razzista antiebraico e missionario evangelizzatore di nobili contro i luterani. Scrisse un libro dal titolo Discours sur l'Histoire universelle (1681) che costituì fonte di ispirazione per Anne-Robert-Jacques Turgot che nel suo libro "Plan de deux discours sur l'histoire universelle" (1750) cui scrive: ....."

Vedi la pagina:

positivismo_evoluzionismo_organicismo_razzismo.html

Questa idea di evoluzionismo si sviluppa fin dal 1681 e viene fatta propria dai positivisti. Mentre l'idea evoluzionista di Darwin inizia all'incirca nel 1850 e, pur non avendo nessuna connessione con l'idea cristiana, viene usata dall'evoluzionismo cristiano per giustificare il razzismo come la superiorità di razza e l'eugenetica come metodo di controllo sociale.

Diventa importante, in questo contesto filosofico e sociale, chiarire come il marxismo usa e colloca il Darwinismo nella sua struttura di pensiero per distinguere da come il positivismo, il colonialismo e il nazismo usano il pensiero di Darwin.

Engels, parlando della filosofia della Natura nell'Antidühring ci parla del lavoro di Darwin e di come il marxismo di Engels lo interpreta.

Scrive Engels:

Tutto ciò che il nostro filosofo della realtà [Dühring] ci sa dire sulla natura organica, si limita alla lotta contro questa semipoesia della filosofia della natura, contro «la ciarlataneria con le sue superficiali facilonerie e con le sue mistificazioni pseudo- scientifiche», contro i «caratteri di pura poesia» del darwinismo. Prima di ogni altra cosa si rimprovera a Darwin di aver trasferito la teoria malthusiana della popolazione dall'economia alla scienza della natura, di essere stato prigioniero delle idee degli allevatori di animali, di aver fatto, sulla lotta per l'esistenza, della semipoesia non scientifica, finalmente che tutto il darwinismo, toltone quanto è stato mutuato da Lamarck, è un campione di brutalità diretta contro l'umanità. Darwin aveva riportato dai suoi viaggi scientifici l'idea che le specie vegetali e animali, anziché essere costanti, sono variabili. Per proseguire nello sviluppo di questi pensieri dopo il suo ritorno, non gli si offriva miglior campo di osservazione che l'allevamento delle piante e degli animali. Per questo scopo l'Inghilterra è proprio il paese classico; ciò che si è fatto in altri paesi, per es. in Germania, non può dare neanche lontanamente una misura di ciò che a questo riguardo è stato raggiunto in Inghilterra. Inoltre la maggior parte dei successi appartengono agli ultimi cento anni, cosicché la constatazione dei fatti presenta poche difficoltà. Ora, Darwin trovò che tale allevamento aveva provocato artificialmente, in piante ed animali della stessa specie, differenze maggiori di quelle che si presentano tra specie che in generale sono riconosciute come differenti. Quindi, da una parte era dimostrata la modificabilità delle specie sino ad un certo grado, dall'altra la possibilità di antenati comuni per organismi che possedevano caratteri specifici differenti. Darwin si diede ora ad indagare la possibilità che nella natura si trovino cause che, senza l'intenzione cosciente dell'allevatore, tuttavia alla lunga provochino negli organismi viventi modificazioni analoghe a quelle provocate dall'allevamento artificiale. Queste cause egli le trovò nella sproporzione tra il numero enorme di germi prodotti dalla natura e il numero ristretto di organismi che effettivamente raggiungono la maturità. Ma poiché ogni germe tende allo sviluppo, sorge necessariamente una lotta per l'esistenza che si presenta non solo come l'atto diretto, corporeo, di combattersi o di mangiarsi, ma anche, perfino nelle piante, come lotta per lo spazio e per la luce. Ed è evidente che in questa lotta avranno la migliore prospettiva di raggiungere la maturità e di riprodursi quegli individui che posseggono certe particolarità individuali che, per• insignificanti che siano, sono però vantaggiose nella lotta per l'esistenza. Queste proprietà individuali hanno perciò la tendenza a trasmettersi ereditariamente e, se si presentano in più individui della stessa specie, ad incrementarsi, per trasmissione ereditaria accumulata, nella direzione che hanno preso; mentre gli individui che non posseggono queste proprietà, soccombono più facilmente nella lotta per l'esistenza e gradualmente spariscono. In questa maniera una specie si modifica per selezione naturale, mediante la sopravvivenza del più adatto.

Tratto da: Friedrich Engels L'Antidühring Editori Riuniti 1971 pag. 73 a pag. 75

Cosa aveva scoperto Darwin?

Come Dühring interpretava il lavoro di Darwin?

Come Engels interpretava la scoperta di Darwin?

Come il lavoro di Darwin si è trasferito nella filosofia e nella sociologia?

Ora sta a noi riprendere il discorso e chiarire un altro punto di vista: il nostro, quello della Religione Pagana.

Quando iniziai il mio percorso di Stregoneria misi molto l'accento su alcune "visioni" degli "spiriti neri". Era il tempo a cui vi davo molta importanza e il discorso è ben presente nel Libro dell'Anticristo. Notai che questi "spiriti neri" si nutrivano di "energia vitale stagnata" dispersa essenzialmente dagli Esseri Umani che vivevano ed esternavano una dimensione psichica di sottomissione e deferenza ad oggetti esterni a loro. Essenzialmente al dio dei cristiani, al loro Gesù e alla loro madonna. Erano persone psicologicamente sottomesse, spesso sofferenti, che nella sottomissione, nella supplica e nell'attesa di una speranza manipolavano le loro emozioni cortocircuitandole su sé stesse e disperdendo nell'ambiente una forma di "energia vitale stagnata", priva di movimento, che funzionava da cibo per gli "spiriti neri".

Questa scoperta afferrò in maniera violenta la mia attenzione. Ad un certo momento dovetti fare un scelta: gli "spiriti neri" li percepivo articolando la mia percezione fuori dall'ordinario razionale, la sottomissione, dalla quale essi traevano sostentamento, rientrava nella razionalità quotidiana.

Se trattare degli "spiriti neri" mi portava in una dimensione soggettiva in cui gli strumenti della percezione potevano oscillare fra la capacità di alterare la percezione e gli effetti allucinatori propri di alcune forme patologiche, trattare il rapporto degli uomini fra sé e il mondo rientra nella cultura e nella logica del quotidiano. Dal momento che gli "spiriti neri" non sono in grado di modificare il quotidiano vissuto dall'uomo se non inducendo psicologicamente sottomissione mediante la loro azione sulla struttura emotiva, va da sé che modificare le relazioni nel quotidiano vissuto dall'uomo allontana sia la "coercizione", che impone la veicolazione della struttura emotiva nella sottomissione, sia gli "spiriti neri" che non trovando quel tipo di "energia stagnata" emessa dall'uomo di cui si cibano si allontanano cessando di alimentare, in quegli individui, il bisogno di sottomissione emotiva.

Riuscii a comprendere che nella specie umana si era instaurato un circolo vizioso in cui più le persone erano sottomesse ad idee e a soggetti diversi da loro che imponevano loro idee aprioristiche o comportamenti obbligati e maggiore era il loro bisogno di diffondere nella società comportamenti di sottomissione ed obbedienza perché questo leniva il loro dolore di sottomessi. Nel sottomettere i loro figli garantivano ai loro figli un ruolo sociale che permetteva loro di diffondere ulteriormente la sottomissione.

Al di là del rapporto proprio della mia visione fra sottomissione psico-emotiva e spiriti neri, il meccanismo, che è il meccanismo di addomesticamento, fu osservato anche da Darwin nelle sue osservazioni sulle attività degli allevatori inglesi. Questi studi di Darwin, al di là di come Darwin interpretava i dati osservati, sono i meno considerati dalla scienza attuale non perché non abbiano valore scientifico, ma perché esporrebbero gli analisti a feroci aggressioni da parte dei cristiani in quanto svelerebbero che gli uomini sono sottoposti ad addomesticamento della loro struttura psico-emotiva. L'addomesticamento degli uomini nelle società viene fatto dalla ferocia cristiana sull'infanzia prima e sul controllo generale della società. In sostanza, gli analisti dovrebbero rilevare che la società è costituita da gabbie psico-emotive costruite dalla ferocia cristiana e solo rimuovendo la ferocia cristiana come attività sull'infanzia si possono rimuovere le gabbie entro le quali è rinchiuso il divenire dell'uomo.

Lo scontro fra Dühring ed Engels verte esattamente in questo.

Dühring, partendo dall'idea che l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di un dio padrone, e con esso ogni animale, riteneva che ogni modificazione ottenuta dalla selezione degli allevatori di cani, colombi e altro non potesse essere riprodotta nell'uomo in quanto l'uomo era "padrone" degli allevamenti e non soggetto allevato.

Engels, partendo dall'idea che l'uomo è un essere della natura, pur non avendo gli elementi della conoscenza della struttura emotiva, della genetica e di altre scoperte che seguiranno, mette in chiaro che date delle condizioni oggettive solo la trasformazione soggettiva, che adatta il l'individuo a condizioni più o meno imposte garantisce la sopravvivenza del soggetto e pertanto la riproduzione dei caratteri che garantiscono la sopravvivenza in quelle condizioni.

Dice Engels: "Darwin aveva riportato dai suoi viaggi scientifici l'idea che le specie vegetali e animali, anziché essere costanti, sono variabili.". Darwin aveva imposto l'idea che il mondo vegetale e animale non era creato dal dio padrone, ma era divenuto per trasformazione e adattamento. Negli studi sugli animali domestici aveva dedotto che l'intervento costrittivo dell'uomo agiva come causa oggettiva modificando l'adattamento dei soggetti sottoposti a quelle condizioni.

Darwin aveva scoperto un'altra cosa fondamentale che scriverà nel libro "L'origine dell'uomo e la selezione naturale". Aveva scoperto l'intervento nel processo di selezione della volontà dell'individuo che, scegliendo fra le opzioni offerte su come veicolare i suoi bisogni e i suoi desideri un oggetto concorrente al processo di adattamento soggettivo alle variabili oggettive attraverso cui individui della specie prima e la specie nel suo insieme, si adatta all'oggettività in cui vive.

Dal momento che l'oggettività stessa non è altro che un insieme di soggetti in trasformazione che si adattano ad ogni azione di ogni singolo soggetto di ogni singola specie prodotta da ogni singola volontà di adattamento soggettivo, noi assistiamo (quando ci estraniamo e osserviamo) ad una realtà fatta di volontà, che si esprimono mediante la struttura emotiva, che si adatta ad ogni sollecitazione oggettiva e a sua volta produce fenomeni che sollecitano i soggetti diversi ad adattarsi ad essa. Quando questo processo adattativo viene esteso nel tempo, produce i suoi effetti modificando una realtà che non è mai uguale a sé stessa e che non può essere pensata razionalmente, ma solo vissuta per intento e progetto soggettivo.

Quando Engels afferma:

Ora, Darwin trovò che tale allevamento aveva provocato artificialmente, in piante ed animali della stessa specie, differenze maggiori di quelle che si presentano tra specie che in generale sono riconosciute come differenti. Quindi, da una parte era dimostrata la modificabilità delle specie sino ad un certo grado, dall'altra la possibilità di antenati comuni per organismi che possedevano caratteri specifici differenti. Darwin si diede ora ad indagare la possibilità che nella natura si trovino cause che, senza l'intenzione cosciente dell'allevatore, tuttavia alla lunga provochino negli organismi viventi modificazioni analoghe a quelle provocate dall'allevamento artificiale. Queste cause egli le trovò nella sproporzione tra il numero enorme di germi prodotti dalla natura e il numero ristretto di organismi che effettivamente raggiungono la maturità.

E' indubbio che Darwin cercasse delle spiegazioni a quanto osservava. La dicitura "lotta per la sopravvivenza" di individui e specie è corretta nel definire le soluzioni delle contraddizioni che i soggetti delle singole specie incontrano nella loro vita. La questione è che una dicitura, una definizione, sottratta all'insieme dell'insieme del pensiero di cui tenta il riassunto, inserita in un altro insieme, può suonare ed essere interpretata in maniera diversa. Giocando sulle interpretazioni i socialisti alla Dühring fecero in modo di legittimare il disarmo dell'infanzia davanti alla vita consentendo ai cristiani di violentare la struttura psico-emotiva dell'infanzia affinché non fossero loro forniti i mezzi (giuridici, sociali, etici, morali, scientifici, ecc.) con cui affrontare in maniera soddisfacente la loro "lotta per la sopravvivenza" in una società che voleva trasformarli in oggetti di possesso. Si è alzato lo sguardo indicando come "lotta per la sopravvivenza" il divenire e la trasformazione delle specie e non lo si è voluto abbassare per analizzare le implicazioni che aveva nel quotidiano.

Il significato che ne dà Engels all'interno della definizione del materialismo dialettico è chiaro:

Ma poiché ogni germe tende allo sviluppo, sorge necessariamente una lotta per l'esistenza che si presenta non solo come l'atto diretto, corporeo, di combattersi o di mangiarsi, ma anche, perfino nelle piante, come lotta per lo spazio e per la luce. Ed è evidente che in questa lotta avranno la migliore prospettiva di raggiungere la maturità e di riprodursi quegli individui che posseggono certe particolarità individuali che, per insignificanti che siano, sono però vantaggiose nella lotta per l'esistenza. Queste proprietà individuali hanno perciò la tendenza a trasmettersi ereditariamente e, se si presentano in più individui della stessa specie, ad incrementarsi, per trasmissione ereditaria accumulata, nella direzione che hanno preso; mentre gli individui che non posseggono queste proprietà, soccombono più facilmente nella lotta per l'esistenza e gradualmente spariscono. In questa maniera una specie si modifica per selezione naturale, mediante la sopravvivenza del più adatto.

Si tratta in sostanza della definizione dei sistemi sociali con cui educare l'infanzia. Se l'educazione dell'infanzia è volta a sottomettere e a piegare la struttura emotiva delle persone, dei bambini e delle bambine, l'adulto che sboccerà da quell'infanzia sarà un adulto dipendente da oggetti a cui si sottomette e la sottomissione sarà la caratteristica della propria vita. Se invece si alimentano gli strumenti con cui il bambino e la bambina sono in grado di affrontare l'oggettività, saranno degli adulti attrezzati per affrontare in maniera coerente la loro "lotta" per l'esistenza.

Questo problema aperto da Darwin e pensato da Engels in antitesi a Dühring è la chiave della trasformazione sociale quando al centro della trasformazione non è tanto l'uomo razionale, ma l'uomo emotivo che abita il mondo. Gli allevamenti di bestiame non tendono a modificare solo la struttura fisica del bestiame in funzione dei propositi del guadagno dell'allevatore, ma tendono a modificare la struttura emotiva degli animali e, soprattutto, la loro coscienza e la loro consapevolezza: come nei bambini, futuri adulti.

Scrive Engels:

Il sig. Dühring si guarda bene dall'entrare in questo lato positivo della questione. Invece deve sempre ritornare in discussione la lotta per l'esistenza. è escluso a priori che si possa parlare di una lotta per l'esistenza tra piante prive di coscienza e bonari divora tori di piante: «ora in senso preciso e determinato la lotta per l'esistenza rientra nella brutalità se' e in quanto l'alimentazione avviene rapinando e divorandosi». E, dopo aver ridotto il concetto di lotta per l'esistenza a questi limiti angusti, il signor Dühring può lasciare libero corso alla sua fiera indignazione sulla brutalità di questo concetto, che egli stesso ha limitato alla brutalità. Ma questa indignazione morale colpisce solo il sig. Dühring, che in vero è il solo autore della lotta per l'esistenza ridotta entro questi limiti, e perciò ne è anche il solo responsabile. Non è dunque Darwin colui «che cerca nel dominio delle fiere le leggi e l'intelligenza di ogni azione della natura», ché Darwin anzi aveva incluso nella lotta precisamente tutta la natura organica, ma è invece uno spauracchio fantastico allestito dal sig. Dühring stesso. Il nome di lotta per l'esistenza può del resto essere volentieri sacrificato alla collera altamente morale del sig. Dühring. Che la cosa esista anche tra le piante gliela può provare ogni prato, ogni campo di grano, ogni bosco; e non si tratta del nome, se, cioè tutto questo debba chiamarsi «lotta per l'esistenza» o «mancanza delle condizioni per l'esistenza e suoi effetti meccanici», si tratta invece di sapere come questo fatto agisca sulla conservazione o sulla modificazione delle specie. Su questo il sig. Dühring persiste in un silenzio ostinatamente eguale a se stesso. Quindi provvisoriamente bisognerà accontentarsi della selezione naturale.

Ma il darwinismo «produce dal nulla le sue trasformazioni e le sue differenziazioni». In verità Darwin, laddove tratta della selezione naturale, astrae dalle cause che hanno provocato le modificazioni dei singoli individui, e tratta anzitutto del modo e della maniera in cui tali variazioni individuali a poco a poco diventano caratteristiche di una razza, di una varietà, di una specie. Per Darwin, prima di ogni altra cosa, si tratta di trovare non tanto queste cause, le quali sin ora in parte sono del tutto sconosciute, in parte possono essere indicate soltanto in una maniera del tutto generale, quanto invece una forma razionale nella quale i loro effetti si fissino e acquistino un valore durevole. Che Darwin abbia inoltre attribuito alla sua scoperta una sfera d'azione esagerata, che ne abbia fatta l'unica leva per la modificazione della specie, e che abbia trascurato le cause delle modificazioni individuali ripetute, per occuparsi della forma in cui si generalizzano, è un errore che ha in comune con tutti quelli che compiono un progresso. Inoltre, se Darwin fa uscire dal nulla le sue trasformazioni individuali, e vi applica esclusivamente «la sapienza del selettore», il selettore deve perciò egualmente far nascere dal nulla le sue trasformazioni delle specie animali e vegetali, non solamente immaginate, ma reali. Ma chi ha dato l'impulso per indagare da dove propriamente sorgano queste trasformazioni e queste differenziazioni, ancora una volta non è altri che Darwin. Di recente, specialmente per opera di Haeckel, l'idea della selezione naturale è stata estesa e la variazione della specie è stata intesa come risultato dell'azione reciproca dell'adattamento e della trasmissione ereditaria, rappresentandosi nel processo l'adattamento come l'aspetto che produce le modificazioni, la trasmissione ereditaria come l'aspetto che le conserva. Ma per il sig. Dühring neanche questo, ancora una volta, è giusto. «Un vero e proprio adattamento alle condizioni di vita, quali vengono fornite o sottratte dalla natura, postula istinti e attività che sono idealmente determinati. In caso contrario l'adattamento è solo un'apparenza e la causalità che allora agisce non si eleva al disopra dei gradi inferiori del mondo della fisica, della chimica e della fisiologia vegetale». Di nuovo è il nome quello che fa dispetto al sig. Dühring. Ma quale che sia il nome da dare al processo, la questione qui è questa: mediante tali processi sono o non sono provocate modificazioni nelle specie organiche? E ancora una volta il sig. Dühring non dà nessuna risposta.

Se una pianta, nel suo sviluppo, prende la direzione nella quale riceve la maggior quantità di luce, questo effetto dello stimolo non è altro che una combinazione di forze fisiche e di agenti chimici, e se qui si vuol parlare non metaforicamente ma propriamente di un adattamento, ciò significa portare nei concetti una confusione spiritistica. Cosi severo è contro gli altri lo stesso uomo che sa in modo assolutamente preciso per volontà di chi la natura fa una cosa o l'altra, che parla della sottigliezza della natura, anzi della sua volontà; spiritistica confusione, in effetti, ma dove? In Haeckel o nel sig. Dühring?

E non solo confusione spiritistica, ma anche logica. Abbiamo visto che il sig. Dühring insiste con tutte le sue forze a far valere nella natura il concetto di fine: «La relazione di mezzo e fine non postula in nessun modo una intenzione cosciente». Ma che cosa è dunque l'adattamento senza intenzione cosciente, senza quella mediazione di idee, contro la quale egli si infervora tanto, se non una siffatta attività finalistica incosciente? Se quindi le raganelle e gli insetti erbivori sono verdi, se gli animali del deserto sono giallo-sabbia, se gli animali polari sono prevalentemente del colore bianco della neve, è certo che essi non si sono appropriati di questi colori intenzionalmente o seguendo una qualche idea; al contrario i colori si possono spiegare partendo da forze fisiche e da agenti chimici. Eppure è innegabile che questi animali sono adattati secondo un fine, con quei colori, al mezzo nel quale vivono e, precisamente, perché in tal modo sono molto meno visibili ai loro nemici. Del pari gli organi con cui certe piante catturano e mangiano gli insetti che si posano su di esse, sono adattati a questa attività e adattati persino secondo un fine. Se ora il sig. Dühring insiste sul fatto che l'adattamento deve essere effettuato da idee, egli non fa che dire con altre parole che l'attività secondo un fine deve essere del pari mediata da idee, cosciente, intenzionale. E con questo siamo arrivati ancora una volta, come avviene di solito nella filosofia della realtà, al creatore che agisce finalisticamente, a dio. «Nel passato un siffatto modo di intendere lo si chiamava deismo e non era tenuto in gran conto (dice il sig. Dühring), ma oggi anche sotto questo rapporto sembra che ci si sia sviluppati a rovescio».

Tratto da: Friedrich Engels L'Antidühring Editori Riuniti 1971 pag. 75 a pag. 78

Ciò che Engels esclude a priori, la lotta all'esistenza di piante ed erbivori, è una questione che avviene: le piante si difendono dagli erbivori e usano gli erbivori per i loro scopi. Come per gli eucalipti che si difendono dall'aggressione persistente degli erbivori rispondendo agli erbivori caricandosi di tannino e avvertendo le altre piante che ci sono erbivori attorno affinché si carichino di tannino a loro volta.

Ciò che la ricerca ha scoperto 100 e oltre anni dopo Engels non inficia il discorso di Engels, semmai rompe quel timore di esagerazione che Engels aveva paura di superare nell'attribuire coscienza a tutti gli animali e a tutte le piante.

Della lotta all'esistenza Engels rimprovera Dühring di afferrare esclusivamente l'aspetto truculento. E' un po' come per Ares, che dal momento che si nutre di battaglie, il cristiano è educato a pensare esclusivamente alle guerre di sterminio e non all'infinito numero di contrapposizioni che avvengono ogni giorno nella vita quotidiana la cui soluzione è terreno d'azione di ogni Ares esistente.

Engels accusa Dühring di usare lo spaccio di questa interpretazione brutale della lotta per la sopravvivenza per accusare di immoralità Darwin mentre, afferma Engels, l'immoralità sta nella volontà di interpretazione malevola di Dühring che è l'artefice della lotta per l'esistenza ridotta entro i suoi limiti interpretativi del truculento e della distruzione.

Non è Darwin che proclama principi atroci e truculenti, ma i principi atroci, dice Engels, sono proclamati da Dühring per poter accusare Darwin.

In sostanza, il cristiano integralista Dühring proclama che è Darwin che legge la realtà attraverso atti di violenza che definisce all'interno della lotta per l'esistenza, non la sua interpretazione della truculenza che vuole attribuire alla volontà di Darwin. Engels vorrebbe che Dühring criticasse Darwin nel merito delle sue affermazioni e delle sue teorie, invece Dühring si limita ad attribuire le proprie interpretazioni morali accusando Darwin anziché criticare e contestare le sue teorie. Dal momento che si afferma l'esistenza di un processo di risposta da parte degli organismi alle sollecitazioni del mondo, dice Engels, sarebbe interessante analizzare il meccanismo di conservazione e di risposta alle sollecitazioni che vanno sotto il nome di lotta per l'esistenza. Su questo, Dühring, tace.

A questo punto Engels tratta la questione dell'evoluzione in modo caratteristico, proprio del marxismo, distinguendola dall'interpretazione e dall'uso del positivismo e delle altre correnti filosofiche come lo spiritualismo, l'idealismo, l'esistenzialismo che, al contrario del marxismo, entreranno a formare quel movimento socialista e comunista che caratterizzerà il ventesimo secolo nell'Europa occidentale.

Sottolineiamo questo estratto di Engels:

Ma il darwinismo «produce dal nulla le sue trasformazioni e le sue differenziazioni». In verità Darwin, laddove tratta della selezione naturale, astrae dalle cause che hanno provocato le modificazioni dei singoli individui, e tratta anzitutto del modo e della maniera in cui tali variazioni individuali a poco a poco diventano caratteristiche di una razza, di una varietà, di una specie. Per Darwin, prima di ogni altra cosa, si tratta di trovare non tanto queste cause, le quali sin ora in parte sono del tutto sconosciute, in parte possono essere indicate soltanto in una maniera del tutto generale, quanto invece una forma razionale nella quale i loro effetti si fissino e acquistino un valore durevole. Che Darwin abbia inoltre attribuito alla sua scoperta una sfera d'azione esagerata, che ne abbia fatta l'unica leva per la modificazione della specie, e che abbia trascurato le cause delle modificazioni individuali ripetute, per occuparsi della forma in cui si generalizzano, è un errore che ha in comune con tutti quelli che compiono un progresso. Inoltre, se Darwin fa uscire dal nulla le sue trasformazioni individuali, e vi applica esclusivamente «la sapienza del selettore», il selettore deve perciò egualmente far nascere dal nulla le sue trasformazioni delle specie animali e vegetali, non solamente immaginate, ma reali. Ma chi ha dato l'impulso per indagare da dove propriamente sorgano queste trasformazioni e queste differenziazioni, ancora una volta non è altri che Darwin. Di recente, specialmente per opera di Haeckel, l'idea della selezione naturale è stata estesa e la variazione della specie è stata intesa come risultato dell'azione reciproca dell'adattamento e della trasmissione ereditaria, rappresentandosi nel processo l'adattamento come l'aspetto che produce le modificazioni, la trasmissione ereditaria come l'aspetto che le conserva.

Nel criticare Dühring, Engels afferma che Darwin non lavora di fantasia, individua dei processi di trasformazione di una realtà e tenta di ricercare le cause generali che producono quelle trasformazioni senza entrare nello specifico. La scienza di Darwin, a differenza della struttura mentale dei positivisti, da Comte fino a Lombroso, che trasferiscono i loro schemi meccanici nella sociologia, nell'eugenetica e nella fisionomica, analizza un fenomeno e cerca di decifrarne le cause generali ben sapendo che le cause generali non sono riproducibili ad un numero semplice in quanto le concause che intercorrono sono spesso di carattere soggettivo e non sempre razionalmente individuabili.

Engels trova logico che il Darwinismo introduca dal nulla le sue trasformazioni, la sua lotta per la sopravvivenza: si è forse mai chiesto al dio dei cristiani di spiegare da dove trae la sua creazione? Dal nulla, rispondono i cristiani. Quando siamo nati, siamo nati in un mondo che si trasformava; da dove viene il mondo appartiene ad una sorta di "curiosità", quali sono i meccanismi del mondo e della vita appartiene alla quotidianità e a come il soggetto nato si pone davanti alla quotidianità. Non è corretto chiedere a Darwin di dare delle riposte oltre a ciò che ha analizzato, misurato e osservato. Semmai sono i cristiani che dovrebbero spiegare molte cose del loro dio padrone.

Darwin, dice Engels, analizza cause che diversificando il presente porta alla nascita di razze, varietà e specie. Engels non dice che esistono delle verità, dei progetti o dei fini. Afferma che gli adattamenti sono prodotti da stimolazioni, cause, necessità lasciando aperta ad ogni possibile interpretazione perché le interpretazioni sono dei "giudizi di necessità" buoni al momento contingente, ma suscettibili a variazioni al variare di nuove e diverse scoperte.

Cosa sottolinea Engels in Darwin? Forse la verità della sua scoperta? No! Questa è un'azione di Spencer e dei positivisti che costruiscono ricette farneticanti con cui descrivere la società in cui si vive cercando delle ricette per alimentare il potere di dominio che la governa. Engels dice che Darwin cerca "… una forma razionale nella quale i loro effetti si fissino e acquistino un valore durevole" degli elementi che ha potuto verificare. Se Darwin avesse avuto conoscenza della presenza del DNA avrebbe messo in atto giudizi che includevano il DNA. Tuttavia il giudizio di Darwin e di Engels erano dei "giudizi di necessità". Quei giudizi che, data un'illuminazione nei confronti dei meccanismi che agiscono sul reale quotidiano, tendono a dare delle spiegazioni per soddisfare la curiosità del momento o le necessità contingenti, ma che sono aperti ad ogni modificazione all'apparire sulla scena dell'analisi di nuovi elementi che modifichino lo schema della conoscenza. La costante rimane il meccanismo o la mutazione osservata; le cause sono riferibili all'interpretazione soggettiva data dall'osservatore il cui giudizio è legato alla sua conoscenza culturale che modifica a poco a poco.

Quando Darwin scopre ed elabora il meccanismo della diversificazione delle specie, modifica il suo modo di guardare e pensare il mondo con una tale violenza nella sua struttura emotiva soggettiva da ritenere di essere "illuminato dall'assoluto della conoscenza". Questo accade ad ogni persone in cui una nuova intuizione o una nuova scoperta arriva alla propria coscienza e modifica la struttura della propria ragione. La sensazione è quella di un assoluto della conoscenza a cui si è giunti. Solo poi, quando quell'illuminazione, quell'intuizione, viene elaborata dalla ragione, l'individuo predispone la propria coscienza a ricevere nuove illuminazioni e nuove sensazioni di assoluto.

Engels trova del tutto logiche e comprensibili le affermazioni di Darwin nel ritenere la scoperta delle trasformazioni della vita, legandole alla "lotta per la sopravvivenza", una spiegazione quasi assoluta. Engels dice che questo atteggiamento è un atteggiamento comune a tutti gli scopritori e innovatori. Darwin ha dato l'impulso alla comunità scientifica ad indagare in questa direzione uscendo dall'assolutismo creazionista del dio cristiano.

A differenza dei positivisti che fanno della scienza la verità da anteporre al vissuto dell'uomo, Engels, come materialista dialettico, assume le scoperte di Darwin non come una verità, ma come una scoperta dalla quale partire per altre scoperte. Da questo punto di vista il materialismo dialettico di Engels si differenzia da ogni altra struttura filosofica che, negando la verità della rappresentazione, si apre al futuro in una continua ricerca del vero pur usando il vero scoperto come un elemento per spiegare e decifrare la realtà vissuta. Questo modo di interpretare la scienza, la realtà, il quotidiano e le affermazioni filosofiche, non appartiene a nessun'altra filosofia e a nessun'altra scuola del pensiero umano. Da questo punto di vista il materialismo dialettico si discosta da ogni altra forma filosofica che si sia espressa nel XIX e nel XX secolo. Mentre ogni filosofia, dallo spiritualismo al modernismo, all'idealismo, il materialismo-ateo, all'esistenzialismo, al positivismo, hanno una spiegazione della realtà presente che manifestano con una verità (basta pensare alla divisione corpo-anima) dei suoi fenomeni e delle sue cause, il marxismo, espresso da Engels, prende atto della realtà, ma le spiegazioni non pretendono di spiegare i fenomeni né di manifestare la verità di essi. Le spiegazioni aprono il presente ad un futuro di possibili scoperte. Il marxismo separa la percezione del fenomeno dalla verità razionale del fenomeno. Per questo motivo, la critica al presente è la forma con cui si mette in discussione ogni presente. La scoperta non è la definizione di una verità, ma una porta che si apre sullo sconosciuto.

Quando Engels afferma il rapporto fra adattamento e trasmissione ereditaria non annuncia una verità, ma individua un metodo attraverso cui il presente si trasforma e diviene.

Alla ricerca di un metodo in cui la realtà si trasforma, Dühring oppone il metodo della volontà del dio padrone. Il Logos come pensiero creatore di una realtà che non può essere se non pensata e scaturita da un'idea. All'analisi della realtà, per quanto la realtà può essere vissuta, Dühring oppone una visione ontologica immaginando un ente in sé che attraverso delle idee pensa il venir in essere della realtà e le modificazioni in essa. Non è la realtà che si trasforma per adattamento e per conservazione degli adattamenti che vengono in essere in un rapporto continuo fra Estia e Demetra, ma è, come afferma Dühring: "Un vero e proprio adattamento alle condizioni di vita, quali vengono fornite o sottratte dalla natura, postula istinti e attività che sono idealmente determinati.". E' poco importante se l'idealità è attribuita al dio padrone o alla natura, sta di fatto che vengono sottratte ad ogni singolo soggetto della Natura che viene privato della volontà e dell'intelligenza nelle azioni che mette in atto nei suoi processi adattativi. Non è la Natura padrona e determinatrice dei processi di adattamento degli Esseri della Natura, ma sono i processi di adattamento degli Esseri della Natura che formano la Natura e la sua Coscienza.

L'errore di tutta l'interpretazione evoluzionistica di Engels è riassunto nella frase in cui dice:

Se una pianta, nel suo sviluppo, prende la direzione nella quale riceve la maggior quantità di luce, questo effetto dello stimolo non è altro che una combinazione di forze fisiche e di agenti chimici, e se qui si vuol parlare non metaforicamente ma propriamente di un adattamento, ciò significa portare nei concetti una confusione spiritistica.

Una cosa è il soggetto consapevole che mette in atto delle azioni come risposta agli stimoli oggettivi e che, nello stesso tempo, rispondendo a stimoli interni, quale la sua necessità, manifestata la sua volontà d'esistenza. E un'altra cosa e l'idea, socialmente imposta, che tale soggetto sia "posseduto" da uno spirito. Una ideologia è data da un soggetto che esprime un insieme che chiamiamo "spirito" e un'altra cosa è l'affermazione di uno "spirito" che agisce nel soggetto.

Engels non è in grado, per la scelta fatta, di affermare che le piante sono coscienti, esprimono uno spirito, ma non è stupido da non vedere i processi adattativi delle piante in quanto piante che abitano il mondo.

L'azione della pianta è dovuta a forze fisiche e a forze chimiche, ma come affermava Marx nel commentare la differenza ideologica fra Epicuro e Democrito, all'interno di quelle forze la pianta sceglie i propri adattamenti soggettivi: mette in atto la propria volontà di adattamento soggettivo dimostrando, di fatto, di avere l'intelligenza per poter scegliere la qualità del proprio futuro.

Engels è consapevole che la diversificazione delle specie avviene in base a scelte di singoli individui data la modificazione delle condizioni, sia oggettive sia soggettive, delle risposte alle sollecitazioni, ma per il suo tempo, probabilmente, era eccessivo attribuire la condizione di coscienza alle piante.

Ne segue che proprio la paura di Marx e di Engels di sforare in categorie di pensiero metafisico ha impedito loro di costruire una distinzione fra il vivente e il non vivente e di applicare le categorie hegeliane alla vita come materia che abita il mondo anziché limitarsi ad un vaga trasposizione della dialettica dalla testa ai piedi dove i piedi non sono intelligenze che camminano e la testa è ragione patologica e non emozioni che si dispiegano nel mondo.

Engels rimprovera a Dühring di parlare della Natura attribuendole volontà e finalità mentre Dühring accusa di spiritismo le persone che parlano di adattamento di singoli Esseri della Natura. Dühring, secondo Engels, attribuisce uno "spirito" alla natura, ma accusa chi definisce delle azioni, degli adattamenti che lui identifica come manifestazione di spiriti, in soggetti che, secondo lui, ne sarebbero privi.

Appare evidente che gli animali non si sono adattati per avere un colore, ma proprio sviluppando quel colore si sono favoriti nella lotta alla sopravvivenza. Non è il colore il fine dell'adattamento del soggetto, ma il colore è l'adattamento del soggetto a delle variabili oggettive che, senza quel colore, diventavano distruttive.

Il colore non è il fine, ma è l'adattamento che ha consentito il fine: la sopravvivenza e la riproduzione. Gli animali non avevano un fine per cui adattarsi, ma l'adattamento consente a loro di vivere più facilmente e a noi di capire che essi hanno raggiunto un fine. Pensare al colore come fine degli adattamenti, significa pensare ad un finalismo diverso dalla sopravvivenza: significa pensare ad un'intelligenza, il dio padrone, che determina i colori per consentire al soggetto di sopravvivere.

Engels accusa Dühring di riportare ogni discorso al dio padrone che programma gli esseri anziché considerare i processi adattativi degli esseri. E in effetti, tutto il pensiero positivista, idealista, spiritualista, esistenzialista, negando i processi di adattamento del soggetto nella sua attività di continua modificazione di sé stesso in risposta alle sollecitazioni del mondo, di fatto, riporta tutto all'idea del dio padrone; comunque venga chiamata la volontà esterna che determina la realtà degli esseri della natura.

La polemica di Engels con Dühring si sempre più serrata.

Scrive Engels:

Dall'adattamento veniamo alla ereditarietà. Anche qui il darwinismo, secondo il sig. Dühring, è completamente su falsa strada. Tutto il mondo organico, affermava Darwin, discenderebbe da un essere primitivo, per casi dire sarebbe la progenie di un solo essere. Per Darwin non esisterebbe assolutamente coordinazione per se stante di prodotti naturali della stessa specie, senza la mediazione di una discendenza comune, e perciò con le sue vedute retrospettive Darwin dovrebbe alla fine trovarsi ben presto al punto in cui il filo della generazione o di altra propagazione gli si spezza tra le mani. L'affermazione che Darwin faccia derivare tutti gli organismi attualmente esistenti da un essere primitivo è, per esprimerci cortesemente, «una libera creazione e una libera immaginazione» del sig. Dühring. Darwin dice espressamente nella penultima pagina dell'Origine delle specie, 6a edizione, che egli considera «tutti gli esseri non come creazioni particolari, ma come i discendenti, in linea diretta, di alcuni pochi esseri ». E Haeckel va ancora notevolmente avanti e ammette «un ceppo assolutamente indi- pendente per il regno vegetale e un secondo per il regno animale», e tra l'uno e l'altro «un certo numero di ceppi indipendenti di protisti, ciascuno dei quali si è sviluppato in modo assolutamente indipendente da quelli, partendo da una forma peculiare di monere archigona » (Storia della creazione 2, p. 397).

Questo essere primitivo è stato inventato dal sig. Dühring, solo per screditarlo il più possibile mediante il parallelo con l'ebreo primitivo, Adamo; ma in questo a lui, cioè al sig. Dühring, è capitata la disgrazia che gli è rimasto ignoto in che modo, mediante le scoperte assirologiche di Smith, questo ebreo primitivo si riveli semita primitivo; e che tutta la storia biblica della creazione e del diluvio si presenta come un frammento del ciclo degli antichi miti religiosi pagani, comune agli ebrei e ai babilonesi, ai caldei e agli assiri.

E' certo un rimprovero duro contro Darwin, ma inevitabile, che alla fine egli si trovi ben presto al punto in cui il filo della discendenza gli si spezza tra le mani. Disgraziatamente tutta la nostra scienza della natura merita questo rimprovero. Là dove il filo della discendenza le si spezza tra le mani, essa è «alla fine». Sinora essa non è ancora riuscita a creare esseri organici senza farli discendere da altri; anzi non è ancora mai riuscita a produrre un semplice protoplasma o altre sostanze albuminose derivandoli dagli elementi chimici. Sinora sulla origine della vita non può dire con precisione più di questo: che essa deve essersi compiuta per via chimica. Ma forse la filosofia della realtà è in condizione di poterle venire in aiuto, poiché essa dispone di prodotti della natura coordinati in modo indipendente e che non hanno l'intermediario di una discendenza comune. Come possono essersi originati? Per generazione spontanea? Ma sinora anche i più temerari rappresentanti della generazione spontanea non hanno avuto la pretesa di produrre altro che batteri, germi di funghi e altri organismi molto primitivi e non insetti, pesci, uccelli o mammiferi. Ora' se questi prodotti naturali della stessa specie - beninteso organici, ché di questi solamente qui si parla - non sono connessi tra loro mediante discendenza, essi, o ciascuno dei loro antenati, debbono essere venuti al mondo, là «dove il filo della discendenza si spezza», mediante un atto di creazione a parte. Ed eccoci di nuovo al creatore e a ciò che si chiama deismo.

Inoltre il sig. Dühring dichiara che è una grande superficialità di Darwin «il fare del semplice atto di combinazione sessuale di alcune proprietà, il principio fondamentale della genesi di queste proprietà». Questa è ancora una volta una libera creazione e una libera immaginazione del nostro filosofo che va alle radici. Al con- trario Darwin dichiara decisamente che l'espressione selezione naturale include solo la conservazione di modificazioni e non la loro produzione {p. 63). Questa nuova interpolazione di cose che Darwin non ha mai dette, serve però ad aiutarci ad intendere la seguente profonda riflessione del sig. Dühring:

Se si fosse cercato nello schematismo interno della generazione qualche principio della modificazione per sé stante, questa idea sarebbe stata assolutamente razionale; infatti è un'idea conforme a natura il raccogliere in unita il principio della genesi intesa in generale e quello della propagazione sessuale e il considerare da un punto di vista più alto la cosi detta generazione spontanea, non come una antitesi assoluta della riproduzione, ma precisamente come una produzione.

Tratto da l'Antidühring di Engels pag. 78 – 81 Editori Riuniti 1971

La contrapposizione fra Engels e Dühring è la contrapposizione fra evoluzionisti e creazionisti dove i creazionisti, una volta dimostrati una serie di meccanismi dell'evoluzione, fanno rientrare il creazionismo con dei trucchi retorici pretendendo di far accettare ciò che non possono definire, ma solo affermare. Alle dimostrazioni degli evoluzionisti, per quanto parziali, i creazionisti rispondono con la retorica e con l'immaginazione, che quando viene attribuita ad altri, assume l'aspetto della diffamazione.

Per Darwin, probabilmente, l'ipotesi secondo cui piante e animali avevano un antenato comune, appare molto ardita. Darwin effettivamente prima della conclusione dell'origine delle specie parla di una "decina di antenati comuni", ma il fatto che Darwin pensasse che fosse troppo ardito attribuire a tutte le specie un antenato comune, una forma comune all'origine di tutte le specie di animali e vegetali, ciò non toglie che oggi sappiamo che è così. Molti meccanismi vengono ancora studiati per essere compresi, tuttavia l'origine dell'evoluzione dei viventi della Natura è dovuta ad una sola specie, ad un solo essere che primo distinse sé stesso dal mondo circostante e che primo mise in atto strategie d'esistenza per rispondere ai propri bisogni.

Engels afferma che Dühring deforma le parole di Darwin per spostare contro Darwin l'idea contraria al primo uomo, Adamo, creato dal dio padrone come scritto nella bibbia.

Quale che sia il fine della polemica sull'immaginario evocativo, sta di fatto che Engels sottolinea che per lui piante e animali sono ceppi indipendenti e cita Haeckel che parla di ceppi indipendenti di animali e piante e di generazione spontanea. Tutte queste ipotesi saranno spazzate via dalla storia. In particolare la teoria della "generazione spontanea" che tendeva a generare dal nulla esseri viventi e che veniva attribuita, per chi voleva, al dio padrone o alla materia inanimata.

Il vivente genera il vivente che si trasforma. I timori dell'esagerazione di Engels erano infondati e le teorie di Haeckel erano teorie che tentavano di descrivere un venir in essere del mondo sostituendo illazioni all'immagine scientifica. Illazioni che in Bergson diventano la teoria della creazione continua.

Engels attribuisce a Dühring l'intenzione di attribuire a Darwin l'essere unico da cui nasce la vita per fare un parallelismo con Adamo, l'ebreo primitivo. Engels intuisce che la formazione della "filosofia della realtà" altro non è che una rivisitazione delle teorie bibliche riproposte in una diversa forma. Per riproporre le teorie bibliche, ogni cristiano attribuisce al suo interlocutore le affermazioni o le idee che gli fa comodo per esaltare le tesi bibliche. Engels accusa Dühring di non conoscere le scoperte di Smith. In realtà Engels non conosce le attuali scoperte secondo cui la bibbia è solo un'invenzione ideologica di ebrei, che controllavano gli ebrei deportati a Babilonia, finalizzata a separare i deportati a Babilonia dal resto della popolazione e impedire l'integrazione nella città. Ebrei deportati, schiavisti di altri ebrei che avevano imparato a scrivere e leggere a Babilonia e che elaborarono un'ideologia di dominio per sottomettere gli altri ebrei come schiavi. Questa ideologia gli schiavisti la attribuirono al loro dio padrone che come schiavista per eccellenza legittimava il loro dominio sugli schiavi. E' un ideologia che non apparteneva ai Babilonesi, né ai Caldei, né agli Assiri, ma solo agli schiavisti ebrei.

L'atteggiamento di Engels appare corretto: sulla vita, per ora, non possiamo dire che questo! Il resto è illazione. E' la difficoltà propria dei materialisti dialettici. Avendo rifiutato il discorso sulla coscienza e sul consapevole-vivente per la paura di entrare in una dimensione metafisica, si limitano a prendere atto della realtà vissuta consapevoli che lo sviluppo scientifico e la ricerca chiariranno un po' alla volta i "misteri" esistenti rifiutando ogni illazione e ogni fantasia, prima fra tutti quella del dio padrone e creatore.

Come Engels ha parlato, prendendo dalle idee generali culturali del suo tempo, di un "patrimonio mitologico comune a Babilonesi, Caldei, Assiri ed Ebrei" in riferimento al concetto di creazione quando la realtà dimostra una situazione più atroce nell'ideologia ebraica del dominio, così Engels, non avendo strumenti adeguati, è costretto a concedere che:

"Ma sinora anche i più temerari rappresentanti della generazione spontanea non hanno avuto la pretesa di produrre altro che batteri, germi di funghi e altri organismi molto primitivi e non insetti, pesci, uccelli o mammiferi."

Si tratta di concessioni contingenti di chi non ha strumenti per parlare di evoluzione totale di tutti i viventi, qualunque sia la specie della Natura e ha la necessità di negare ogni teoria creazionista compresa quella che si cela dietro alla teoria della generazione spontanea o creazione continua.

Scrive Engels:

Oltre all'enorme materiale tratto dal dominio della botanica e della zoologia, sia descrittive che anatomiche, e che da allora si è accumulato, dopo Lamarck sono sorte due scienze completamente nuove, che sono qui di importanza decisiva: l'indagine dello sviluppo dei germi vegetali ed animali (embriologia) e quella dei resti organici conservati nei diversi strati della superficie terrestre (paleontologia). Si trova cioè un singolare accordo tra lo sviluppo graduale mediante il quale i germi organici diventano organismi maturi e l'ordine con cui piante e animali sono comparsi successivamente nella storia della terra. E precisamente questo accordo ha dato alla teoria dell'evoluzione la sua base più solida. Ma la stessa teoria dell'evoluzione è ancora molto giovane, ed è perciò indubitabile che l'indagine ulteriore modificherà notevolmente le idee attuali, anche quelle strettamente darwiniane sul processo evolutivo delle specie. Che cosa ha ora da direi di positivo la filosofia della realtà sullo sviluppo della vita organica?

«La ... variabilità delle specie è un postulato accettabile». Ma parallelamente vale anche «la coordinazione per sé stante di prodotti naturali della stessa specie senza l'intermediario di una discendenza comune». Conseguentemente si dovrebbe ritenere che i prodotti naturali non della stessa specie, cioè le specie che si modificano, discenderebbero l'uno dall'altro; quelli della stessa specie invece no. Ma neppure questo è assolutamente esatto; infatti anche nelle specie che si modificano «la mediazione per discendenza dovrebbe essere soltanto un atto assolutamente secondario della natura». Quindi ancora discendenza, ma di «seconda classe». Rallegriamoci allora che la discendenza, dopo che il signor Dühring le ha attribuito tanti mali e tanta oscurità, alla fine venga riammessa per la porta di servizio. Con la selezione naturale non accade diversamente: infatti, dopo tutta l'indignazione morale sulla lotta per l'esistenza, in virtù della quale si compie invero la selezione naturale, d'un tratto ci si dice: «La base più profonda della costituzione degli esseri deve per conseguenza cercarsi nelle condizioni di vita e nelle relazioni cosmiche, mentre la selezione naturale, messa in rilievo da Darwin può venire solo in seconda linea». Quindi ancora selezione naturale se anche di seconda classe; e dunque con la selezione naturale anche la lotta per l'esistenza e conseguentemente anche sacerdotale pressione demografica di Malthus! Questo è tutto; per il resto il sig. Dühring ci rimanda a Lamarck. In conclusione egli ci mette in guardia sull'abuso delle parole metamorfosi ed evoluzione. Metamorfosi sarebbe un concetto non chiaro e il concetto di evoluzione sarebbe ammissibile solo nella misura in cui si può realmente provare che ci sono leggi dell'evoluzione. Invece di usare questi due termini dobbiamo dire: «composizione», e allora tutto andrà bene. è di nuovo la vecchia storia: le cose rimangono come erano e il sig. Dühring è completamente soddisfatto purché modifichiamo i nomi. Se parliamo dell'evoluzione del pulcino nell'uovo, facciamo confusione, perché solo in modo incompleto possiamo provare le leggi dell'evoluzione. Parliamo invece della sua composizione e tutto diventa chiaro. Quindi non diremo più che questo bambino si sviluppa magnificamente, ma che si compone eccellentemente, e possiamo congratularci con il sig. Dühring che è degno di stare a fianco dell'autore dell'Anello dei Nibelunghi, non solo nella nobile stima di se stesso, ma anche nella sua qualità di compositore dell'avvenire,

Engels è consapevole che la scienza del suo tempo non spiega nessuna verità. Tuttavia esiste uno sforzo, un cammino di sviluppo che si apre verso il futuro: questo è il grande pregio del marxismo. Non dà ricette di verità, ma apre ad una costante ricerca, ad una perenne critica del presente scientifico per poterlo ulteriormente sviluppare.

In mezzo ad una filosofia fatta di dogmi di verità, il marxismo è portatore di quella sospensione del giudizio di verità che blocca lo sviluppo dell'uomo impedendogli di modificare la scienza vissuta nel presente.

Davanti a soggetti che impongono una verità il marxismo dell'evoluzione, come proposto da Engels, appare come un'apertura alle possibilità future. L'evoluzione non è "la verità imposta da Darwin" che i materialisti meccanicisti come Vogt e Moleschott useranno per legittimare la superiorità della razza, il genocidio colonialista, l'eugenetica e la fisionomia criminale di Lombroso legittimando scientificamente il razzismo e la sottomissione dell'uomo imposta dalla bibbia.

L'evoluzione per i marxisti di Engels è un meccanismo attraverso cui il presente della natura è venuto in essere e non viene tradotto, come fa Spencer, in un metodo eugenetico di controllo della società. In Engels, a differenza che nei positivisti, nei cristiani, negli idealisti, non si usa il concetto di evoluzione per legittimare l'eugenetica di Platone.

Tutta la polemica che Engels sta facendo con Dühring è proprio volta a costruire uno spartiacque fra la ricerca scientifica che interpreta la realtà e che apre le porte alla ricerca futura e l'uso pragmatico di tale ricerca per intervenire nella società come tanti piccoli dio padrone che vogliono impadronirsi dei mutamenti sociali e poterli usare a proprio favore.

La polemica fra Engels e Dühring che troviamo in quest'ultima parte del capitolo è la polemica che nel ventesimo secolo ha distinto l'idea marxista del venir in essere della vita dall'idea cristiana, colonialista e nazista.

La scienza come scoperta dell'uomo della realtà in cui vive o la scienza come strumento d'azione del dio padrone sull'uomo.

Cosa è rimasto, oggi come oggi, di questa polemica sull'evoluzione fra Engels e Dühring? Di Dühring, nulla! Di Engels è rimasta la porta aperta per la ricerca razionale dei meccanismi in cui l'esistente viene in essere. Questa porta aperta è una visione verso il futuro formato da nuove esplorazioni. E nel presente? La formula della dialettica mal definita e mai precisata per la difficoltà, dovuta alle scelte filosofiche, fatte dai marxisti. Nel marxismo c'è un esserci nel mondo in una perenne ricerca di felicità contro un dominio nel presente, ma nello stesso tempo manca la visione emotiva ed individuale dell'uomo che abita il mondo. Manca quella differenza fra vivente e non vivente, propria della scienza del XIX secolo in cui tutto è appiattito alla visione chimica e tutto risponde a leggi meccaniche privando di fatto il singolo vivente della sua volontà, dei suoi bisogni e dei suoi scopi esistenziali. Anche quando questi sono presenti, come nel Capitale, diventano oggetti del discutere e non pulsioni da manifestare e da vivere con passione.

Nel marxismo manca l'aspetto religioso dell'esistenza: i legami della vita fra il singolo soggetto ed ogni vivente mediante le relazioni emotive. Questo aspetto, percepito maggiormente come esigenza da Feuerbach viene respinto come progetto esistenziale da Marx e da Engels che non colgono la qualità emotiva della vita conchiudendo il loro discorso filosofico in una dimensione sociale ed economica. Questa limitazione produrrà una serie di difficoltà nella definizione della dialettica marxista che Engels si sforzerà di definire. Questa, però, è un'altra pagina di commento all'ideologia marxista di cui Engels è il comprimario.

Marghera, 03 aprile 2015

NOTA: le citazioni sono tratte da

L'Antidühring di Engels Capitolo della Filosofia della Natura: mondo organico da pag. 72 – 81 Editori Riuniti 1971

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

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Marghera, 03 aprile 2015

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.