Friedrich Engels (1820 – 1895)

La dialettica di Marx ed Engels

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

Dalla dialettica di Hegel alla dialettica di Engels

 

La dialettica marxista risponde alle relazioni di Fichte: tesi, antitesi e sintesi.

Lo stesso meccanismo è considerato da Hegel: essere, non essere e divenire dove l'essere, inteso come assoluto, diviene nel nulla.

La qualità della dialettica si distingue non tanto per il meccanismo enunciato, ma dal significato che attribuiamo ai termini.

Che cos'è una tesi? Che cos'è un'antitesi e che cos'è la sintesi?

Che cosa definiamo col termine "essere"? Che cosa definiamo col termine "non-essere"? Che cosa diviene? Che significa "divenire"?

Chiamando "essere" un soggetto, uno qualsiasi fra gli infiniti soggetti della Natura, e chiamando non essere il mondo come soggetti; la relazione è soggetto a sua volta indipendentemente dal soggetto che chiamiamo "essere" e dal mondo come "soggetti"?

Il divenire, inteso come trasformazione di un presente dato o considerato che germina dalla relazione per trasformazione degli enti che partecipano alla relazione, è il senso reale e profondo della dialettica come relazione attraverso la quale pensare e considerare il mondo. Da come pensiamo la sostanza degli enti e la qualità della relazione, pensiamo il divenire che nell'oggettività in cui si esprime ha un solo fine: il nulla. Il nulla inteso come cessazione delle modificazioni mediante le relazioni dialettiche all'interno di una realtà data e considerata.

In Fichte la sintesi risolve la tesi e l'antitesi. La sintesi annulla in sé sia la tesi e l'antitesi.

In Hegel l'"Essere" è il nulla che diviene nella negazione di sé stesso perché negare sé stesso è l'unica condizione che ne permette il divenire.

Quando Hegel parla affermando che l'Essere è il nulla, col termine "Essere" si riferisce alla forma del dio padrone che estende come idea assoluta sia nella forma del dio padrone cristiano, ebreo, musulmano sia mascherandolo in una definizione retorica che definisce un'idea "panteistica" alla quale vuole far partecipe l'uomo.

Nell'uomo, l'essere emerge come idea, si sveglia, ma è sempre la figura del dio padrone con cui l'uomo cristiano si identifica. Padrone a sua volta col dio padrone che si risveglia dentro di lui.

Questo Essere, il dio padrone immaginato, diventa il nulla immaginato. E' una condizione, presa a prestito all'induismo del Brahama non-Brahama, che scandalizza i cristiani che non possono pensare la loro esistenza senza il dio padrone, il Brahama. Senza l'Essere assoluto che governi il destino mediante la provvidenza, i cristiani si sentono spersi e smarriti. Il problema della questione è che il nulla è il nulla che immaginiamo, l'in-sé per la coscienza razionale che lo immagina; non è il nulla in-sé al quale la coscienza razionale non ha accesso in quanto la coscienza razionale non è in grado di immaginare una condizione nella quale essa non esiste.

Gli induisti non hanno mai elaborato la condizione dell'esistenza nel non-Brahama sempre che quella condizione contrapposta fra brahama e non-brahama fosse un'elaborazione induista e non la variabile di un'importazione occidentale.

L'Essere hegeliano che risolve sé stesso nel nulla non è il nulla come assenza assoluta, ma è il nulla della sua coscienza che si risolve col suo annullamento. Quando l'Essere ha riconosciuto sé stesso diverso dal circostante ha messo in atto azioni, sia per rispondere alle sollecitazioni del circostante, sia per veicolare i propri bisogni e le proprie necessità nel circostante, con cui rispondeva adattandosi.

Poi, l'Essere, qualunque Essere noi possiamo distinguere dall'insieme che ci circonda e noi stessi in quanto essere, risolviamo il nostro divenire nella morte del corpo fisco: nel nulla della coscienza. Perché la coscienza, la ragione, muore, accedendo al nulla, con la morte del corpo fisico.

Mentre il creazionista mette a fondamento della propria esistenza l'idea della creazione del suo dio padrone e fa procedere la sua esistenza nella provvidenza del padrone; l'evoluzionista, il Pagano Politeista, mette a fondamento della propria esistenza la propria morte. Il nulla a cui deve accedere perché attraverso il nulla che deve affrontare rende piena la propria esistenza. Solo rendendo piena la propria esistenza produrrà quella quantità di azioni e di coinvolgimento emotivo che gli consentirà la nascita della qualità.

In questo c'è in concetto di morte dei dialettici, quella morte sempre negata dai creazionisti che, anche se non citata nel materialismo storico, è il divenire di ogni soggetto nato e divenuto nella Natura al di là della specie in cui è nato.

Scrive Engels nella Dialettica della Natura:

Le leggi della dialettica vengono dunque ricavate per astrazione tanto dalla storia della natura come da quella della società umana. Esse non sono appunto altro che le leggi più generali di entrambe queste fasi dell'evoluzione, e del pensiero stesso. Esse, invero, si riducono fondamentalmente a tre:

1) la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa;

2) la legge della compenetrazione degli opposti;

3) la legge della negazione della negazione.

Tutt'e tre sono state sviluppate da Hegel, nella sua maniera idealistica, come pure leggi del pensiero: la prima, nella prima parte della logica, nella teoria dell'essere; la seconda occupa tutta la seconda, e di gran lunga più importante, parte della sua logica, la teoria dell'essenza; la terza infine figura come legge fondamentale per la costruzione dell'intero sistema. L'errore consiste in ciò: che queste leggi non sono ricavate dalla natura e dalla storia, ma sono ad esse elargite dall'alto come leggi del pensiero. Da ciò vien fuori tutta l'artificiosità della costruzione, forzata e spesso tale da far rizzare i capelli: l'universo, volente o nolente, si deve regolare su di un sistema di pensiero, che a sua volta non è altro che il prodotto di un determinato grado di sviluppo del pensiero umano. Se noi capovolgiamo la cosa, tutto diviene semplice; le leggi della dialettica, che nella filosofia idealistica appaiono estremamente misteriose, divengono subito semplici e chiare come il sole.

Chi del resto conosce, anche solo un poco, il suo Hegel, sa pure che Hegel, in centinaia di passi, trae le prove più convincenti per le leggi dialettiche dalla natura e dalla storia. Noi non vogliamo qui redigere un manuale della dialettica, ma solo dimostrare che le leggi dialettiche sono leggi reali dell'evoluzione della natura e che quindi sono valide anche per la ricerca scientifica teorica. Noi non possiamo perciò approfondire qui il rapporto interno che lega quelle leggi tra di loro.

Tratto da: Engels, Dialettica della Natura Edizione Editori Riuniti 1967 Pag. 77 – 78

Iniziamo a chiarire la nostra visione nel discorso.

Che cos'è la tesi?

Che vale anche:

Chi e che cos'è l'Essere?

La risposta è semplice: io, Claudio Simeoni, sono la tesi. Io, Claudio Simeoni, sono l'Essere. Io, come corpo che abita il mondo; come corpo che pensa il mondo; come corpo che mette in atto azioni come risposta a sollecitazioni del mondo o che sollecita il mondo partendo dai propri bisogni sono l'Essere. Claudio Simeoni, come Essere pensa qualunque cosa, anche il dio padrone dei cristiani. Il dio padrone dei cristiani non è in grado di pensare Claudio Simeoni, non è un "Essere" se non come prodotto della mia testa e, per estensione, della testa di altri uomini che lo pensano.

Che cos'è l'antitesi o il Non-essere? Tutto ciò che non è Claudio Simeoni e che compone il mondo in cui Claudio Simeoni mette in atto la sue azioni o risponde alle sollecitazioni del mondo. E per estensione di ogni Essere della Natura e, nel nostro caso, di ogni uomo.

Un soggetto che parla, può parlare dell'Essere solo parlando di sé stesso perché mentre parliamo, la nostra coscienza ha coscienza, anche se non razionalmente pensata ma emotivamente vissuta, solo di sé stessa.

L'altro, come dice Hegel nella Fenomenologia dello spirito, non è un Essere perché io non lo concepisco come oggetto in sé, ma lo immagino come oggetto in sé per la mia conoscenza razionale che proietto come verità sull'oggetto che viene definito l'in sé per la coscienza.

Quando Hegel parla dell'Essere o del suo dio padrone, non sta parlando di un oggetto in sé diverso da sé, ma sta parlando di un oggetto in sé per la sua coscienza che proietta, e in questo caso descrive, come verità, ma è solo un oggetto in sé per la sua coscienza, la coscienza di Hegel, cioè un oggetto della sua immaginazione. Quando si stringe l'orizzonte, Hegel sta solo parlando di sé stesso che definisce come l'Essere. Fintanto che si parla dell'immaginazione va tutto bene, ma quando parliamo di filosofia, stiamo parlando della vita e la vita aborre l'immaginazione che si pone aprioristicamente condizionando la vita. Pertanto, nella condizione pensante l'Essere pensato da Hegel altri non è che Hegel stesso sublimato mediante un'astrazione di Hegel che pensa sé stesso.

Da qui partiamo per definire la dialettica hegeliana dell'Essere, non-essere e divenire dove, per Hegel, il divenire è attribuito all'Hegel come immediatezza riflessa. In sostanza, nella visione creazionista di Hegel, Hegel dice:

"… per mezzo della manifestazione della forza, l'interno vien posto in esistenza; questo porre è il mediare per mezzo di vuote astrazioni; si dilegua in sé stesso passando nell'immediatezza in cui l'interno e l'esterno sono in sé e per sé identici, e la loro differenza è determinata soltanto come una posizione."

Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Editore Laterza 1989 pag. 144 – 145

Hegel parla di sé stesso che non si modifica e di una realtà vissuta sulla quale proietta la sua immaginazione descrivendo più una realtà desiderata che non una realtà analizzata.

Io sono l'Essere, il corpo che abita il mondo e che attraverso le relazioni nel mondo modifico me stesso, il mio corpo, la mia struttura emotiva, la mia capacità di percepire il mondo e, mediante le relazioni, i soggetti del mondo, che entrano in relazione, modificano loro stessi, la loro percezione, la loro struttura emotiva, la loro fisicità.

In campo economico, il lavoro modifica la materia trasformando la merce in prodotto, ma il prodotto tende a modificare il consumatore per adattarlo al prodotto stesso che a sua volta modifica il lavoro e il modo di produrre. In natura i soggetti si adattano alle condizioni incontrate e le condizioni incontrate si modificano modificando i soggetti stessi.

Mentre in Hegel l'Essere, Hegel, non diviene, ma il divenire consiste nello svelare ciò che in realtà è, la creazione del dio padrone, la dialettica della vita non solo modifica il soggetto in base alle relazioni vissute, ma i soggetti della relazione si modificano a loro volta modificando l'insieme in cui il soggetto vive costringendo il soggetto a nuovi e diversi adattamenti.

Le costanti nella dialettica sono le forze psichiche, i desideri e i bisogni, le tensioni e le pulsioni che spingono l'Essere e gli infiniti Esseri che compongono l'oggettività ad entrare in relazione e a modificarsi al di là di come la relazione avviene e di come la relazione risolve sé stessa.

Dalla dialettica creazionista di Hegel si passa alla dialettica evoluzionista.

Il divenire di Hegel è lo svelamento dell'Essere creato da dio; il divenire del materialismo dialettico è la trasformazione dell'Essere che abita il mondo in un mondo che diviene adattandosi ad ogni Essere che in esso agisce. In Hegel l'Essere è l'idealizzazione di sé stesso come dio padrone; nel materialismo dialettico l'Essere è ogni soggetto che agisce nel mondo veicolando pulsioni e desideri mediante la propria volontà d'esistenza.

Sia in Hegel che nel materialismo dialettico manca un elemento fondamentale per comprendere le trasformazioni: la relazione è soggetto in sé stessa.

Nella relazione si realizza l'unità delle volontà che entrano in relazione per risolvere la relazione. Nella relazione, considerando due Esseri o due soggetti, gli Esseri e i soggetti non sono gli stessi di prima della relazione né sono gli stessi dopo la relazione perché divengono salvo elaborare progressivamente, fagocitandolo, l'effetto della relazione.

Ne segue che la relazione può essere considerata un soggetto terzo, un Essere in sé che, per quanto riguarda gli Esseri che concorrono alla relazione, nasce e muore nel tempo e nella condizione della relazione.

La condizione chiave è questa: la relazione si è formata per volontà dell'Essere, per la volontà dell'Essere altro, o si è realizzata mediante l'incontro di desideri e di pulsioni che si manifestavano nell'oggettività e che hanno chiamato i soggetti alla relazione?

I soggetti, i corpi, i soggetti come enti che agiscono, sono entrati in relazione o il loro sistema pulsionale li ha portati ad entrare in relazione e a veicolare le loro pulsioni? Il sistema pulsionale è manifestazione del corpo vivente, ma non di un solo specifico corpo vivente. Di ogni corpo che per questo chiamiamo vivente e, come noi pensiamo ad un mondo fatto di voci e di dialoghi che formano la coscienza razionale, non possiamo non pensare ad un mondo fatto di emozioni e di relazioni emotive che formano la coscienza della vita: la coscienza emotiva. La relazione ha chiamato i soggetti a relazionarsi? O sono i soggetti che relazionandosi hanno costruito la relazione? Cosa ha sollecitato il sistema pulsionale per costruire la relazione?

La questione va posta, non possiamo non farlo. Questo perché non capiremmo le relazioni fra i viventi quando queste relazioni non rispondono ad elementi razionali o ad interessi propri delle esigenze della coscienza razionale alla quale, i creazionisti, vogliono attribuire una morale e, più in generale, un'etica attraverso la quale spiegare azioni e relazioni che non rientrano nelle scelte razionali della coscienza razionale.

Questo discorso, dopo questa riflessione, per ora lo sospendo e riprendo il discorso in Engels nella dialettica della Natura.

Engels sostiene che Hegel fa sì una sua costruzione della dialettica idealista, ma quando deve spiegare la dialettica idealista è costretto a ricorrere ad esempi pratici che trae dalla natura e dalla storia. Questo fa dire ad Engels:

Noi non vogliamo qui redigere un manuale della dialettica, ma solo dimostrare che le leggi dialettiche sono leggi reali dell'evoluzione della natura e che quindi sono valide anche per la ricerca scientifica teorica. Noi non possiamo perciò approfondire qui il rapporto interno che lega quelle leggi tra di loro.

Il che significa, in sostanza, che Hegel dimostra l'esistenza di un processo dialettico prendendo la dimostrazione della sua realtà da oggetti che ricadono sotto i sensi, ma poi nega, di fatto, agli oggetti il loro vissuto dialettico ed eleva i processi dialettici non al venir in essere della trasformazione degli oggetti, ma all'emergere del suo "vero" sé (o del loro vero sé) nella sua o loro coscienza. In sostanza, il processo dialettico delle relazioni fra sé e il mondo non costruiscono il bambino trasformandolo in un adulto, ma fanno emergere l'adulto dal bambino. L'adulto è già creazione del dio padrone e non è ciò che il bambino costruisce e trasforma nelle sue relazioni col mondo.

Questi modi di pensare determinano la contrapposizione di due modi diversi di affrontare l'esistenza: il cristiano fa emergere l'adulto creato dentro di sé al di là dei fenomeni del mondo che non interpreta in quanto soggetti, ma proietta su di essi l'idea che di essi emerge dentro di sé; il dialettico, al contrario, mediante le relazioni col mondo trasforma sé stesso diventando un adulto costruito come adattamento soggettivo alle qualità (variabili) esistenziali che il mondo gli ha presentato.

La strategia esistenziale dell'uomo segue queste due direzioni. Per contro, se una società ritiene che l'uomo emerga dal bambino in quanto l'uomo è creato da dio, ne segue che i fenomeni, che la società invia al bambino affinché diventi un individuo adulto, non modificano la creazione di dio perché i fenomeni che la società invia al bambino (comprese le pratiche pederastiche dei preti cattolici) non vengono vissute come oggetti ai quali il bambino si adatta (e pertanto lo costruiscono nella sfera fisico-psico-emotiva). Violentare un bambino non cambia la creazione di dio, non modifica le condizioni di crescita del bambino. Il bambino sarebbe sempre stato così e non ha diritto a risarcimenti perché così ha voluto il dio padrone. La società pensa che su quei fenomeni, dalla violenza fisica, psicologica, pedofila e pederastica, il bambino proietta l'dea del fenomeno che emerge dentro di lui quale prodotto del risveglio della coscienza creata da dio. In sostanza, condanna gli adattamenti del bambino a vivere una colpa perenne in età adulta.

Tutta la visione del mondo e della vita viene cambiata.

Engels individua tre leggi o tre regole generali o generiche con cui definire i processi dialettici:

Dalla quantità emerge la qualità;

La compenetrazione degli opposti;

La negazione della negazione;

Queste tre leggi determinano il concetto di morte proprio del materialismo dialettico.

Né Engels né Marx parlano della morte dell'uomo. Tutte le leggi dialettiche e tutta l'analisi critica del presente fatta da Engels e Marx riguarda la vita. La vita come si sviluppa oggi, nel momento vissuto da Engels e Marx. Dal loro vissuto l'analisi, la vista, di Marx e di Engels, si rivolge al passato e pensa ad un possibile futuro.

La rivoluzione portata in filosofia da Marx ed Engels è proprio questa: l'analisi critica del presente in cui si vive, determinando le scelte contingenti dell'uomo, determina l'idea di come il presente è venuto formandosi dal passato e le ipotesi di un futuro possibile. Alle necessità d'azione dell'uomo nel presente non vengono imposte "condizioni" provenienti dal passato o da volontà esterne al presente, ma si pensa al passato come giustificazione di un presente in cui si agisce. Non si piega l'uomo alla volontà della storia, ma si individua l'azione della volontà della storia nelle necessità d'agire dell'uomo nel presente.

Dei tre elementi del movimento della dialettica citati da Engels la negazione della negazione, una volta che la puliamo dalle incrostazioni del divenire della storia, la possiamo usare per pensare le trasformazioni della vita.

Scrive Marx a proposito della negazione della negazione:

Il modo di appropriazione capitalistico che nasce dal modo di produzione capitalistico, e quindi la proprietà privata capitalistica, sono la prima negazione della proprietà privata individuale, fondata sul lavoro personale. Ma la produzione capitalistica genera essa stessa, con l'ineluttabilità di un processo naturale, la propria negazione. E' la negazione della negazione. E questa non ristabilisce la proprietà privata, ma invece la proprietà individuale fondata sulla conquista dell'era capitalista, sulla cooperazione e sul possesso collettivo della terra e dei mezzi di produzione prodotti dal lavoro stesso. La trasformazione della proprietà privata sminuzzata poggiante sul lavoro personale degli individui in proprietà capitalistica è indubbiamente un processo incomparabilmente più lungo, più duro e più difficile della trasformazione della proprietà capitalistica, che poggia di fatto sulla conduzione sociale ella produzione, in proprietà sociale. Là si trattava dell'espropriazione ella massa della popolazione da parte di pochi usurpatori, qui si tratta dell'espropriazione di pochi usurpatori da parte della massa del popolo.

Karl Marx, Il Capitale pag. 826 Primo Volume, Editori Riuniti 1994

Il concetto di negazione della negazione appartiene allo sviluppo del processo storico come Marx immagina sia avvenuto producendo l'epoca che analizza e come immagina le trasformazioni dell'oggetto che sta analizzando.

La negazione non è altro che il concetto secondo cui ciò che viene affermato e che costituisce l'oggettività del presente vissuto, altro non è che un emergere da un altro presente che è stato negato dal nuovo che emerge. Il nuovo emerge e nell'emergere nega il presente da cui germina per aprirsi a possibilità altre.

La visione d'insieme è che ogni presente germina da qualcosa che lo precede e lo sviluppo logico, al di là degli elementi che immaginiamo abbiano prodotto il presente, è pensare che l'attuale presente porti a germinare ciò che lo negherà esattamente come il presente ha negato ciò da cui è germinato.

La negazione della Negazione

Il concetto di divenire nella dialettica di Essere e Non-Essere è la negazione dell'Essere e del non-Essere che vengono negati perché ciò che germina dalla relazione non è l'Essere e il non-Essere ma una nuova condizione in cui l'Essere e il non-Essere, che l'hanno generata, sono negati. Il bambino che cresce, in ogni istante nega sé stesso e in ogni istante germina un altro sé stesso. Ad ogni istante di nuova rappresentazione, viene negata la rappresentazione del sé stesso precedente. Questo processo assume il nome di "crescita". Il passato è chiuso e si apre un presente vissuto che viene negato ad ogni nuova esperienza di relazioni. Nella vita, la negazione della negazione avviene per sviluppo e sedimentazione della coscienza, della conoscenza, del potere di essere del soggetto.

Il processo di trasformazione della realtà è un processo dato all'interno della dialettica. La discussione non verte tanto sulle modalità di trasformazione del presente, ma sulla necessità della ragione o di una qualche forma di potere sociale di controllare la negazione del presente ed agire in modo che la negazione del presente avvenga mediante delle negazioni in cui mantenere il controllo sociale ad ogni emergere di nuove negazioni sociali.

Da qui il dibattito su quali siano gli elementi che formano il presente che viene negato dall'emergere di un altro diverso presente e quali sono le forze in gioco che costruiranno un diverso presente che negherà il presente che stiamo vivendo: la fantascienza apocalittica vive ipotizzando la realizzazione della negazione della negazione immaginando presenti che germinano da situazioni apocalittiche e devastanti.

Applicare il concetto di negazione della negazione alla storia delle società è un errore di semplificazione di un evento complesso. La storia delle società e del divenire umano non è un avvenimento oggettivo all'essere umano, non è la manifestazione del dio padrone, ma è il prodotto dell'attività dell'Essere Umano. L'Essere Umano non è solo il soggetto che si libera da un orrore, ma è anche l'agente che provoca l'orrore sociale dal quale l'Essere Umano preme per liberarsi. Non esiste un "essere insieme" dell'Essere Umano, ma esiste la necessità, da parte dell'Essere Umano, di veicolare la propria struttura dei bisogni in base alle condizioni nelle quali ha COSTRUITO il proprio divenuto. L'insieme sociale è il prodotto di singoli individui, della veicolazione della loro "educazione" subita nell'infanzia, alla quale si sono adattati riproducendo la società giorno dopo giorno, negazione dopo negazione.

Pertanto, quando si parla di fasi storiche sociali, la nascita di una fase storica che noi definiamo a grandi linee come la schiavitù o la servitù della gleba o come la nobiltà assolutista, la nobiltà costituzionale, il capitalismo ecc. non facciamo altro che semplificare una realtà dalla quale vogliamo selezionare dei momenti che ci servono per descrivere e spiegare un presente nel quale intendiamo agire.

Quando parliamo di fasi storiche e sociali stiamo parlando degli effetti che si presentano alla nostra attenzione di decine di milioni di scelte soggettive messe in atto dalla volontà di milioni di singoli individui. Se noi diciamo "nasce il servo della gleba e cessa la schiavitù" è vero che individuiamo una diversa condizione giuridica, ma a quale fase ci riferiamo? Marx, ad esempio, si riferiva ad una fantasiosa schiavitù romana della quale i marxisti ottocenteschi esaltavano la ribellione di Sartaco o le rivolte degli schiavi. Quella fase, secondo Marx, era finita e nacquero i servi della gleba: ma la schiavitù era in atto ai tempi di Marx in America. Anche se dal punto di vista apparente la schiavitù è abolita in funzione dei servi della gleba, sta di fatto che la schiavitù è una condizione economica che va oltre il 1850 e nel Tibet lamaista fino al 1951-54. Non c'è la negazione della negazione, ma un regime sociale convive con altri regimi sociali aumentando o diminuendo il controllo sugli uomini a seconda delle condizioni favorevoli o sfavorevoli per i dominanti. Uomini, a loro volta, che all'interno del dominio mettono in atto le loro variabili soggettive. Tutti questi uomini vengono educati all'obbedienza e alla sottomissione dal cristianesimo, dall'islam, dall'ebraismo, dal buddismo e quando affrontano la società e le sue regole tendono ad interpretarle nell'ideologia ebraica, cristiana, islamica o buddista. Essi tendono a riportare la società alle regole apprese nell'infanzia agendo per negare ogni respiro di libertà che è stata costruita contro l'assolutismo che viene loro imposto nell'infanzia.

Non si può applicare il principio della negazione della negazione alla società o ai presunti progressi sociali perché ciò che è negato è presente e sempre pronto ad emergere per riprendere il controllo sociale.

Questo è l'errore fondamentale di Marx e di Engels nell'applicare il concetto di negazione della negazione ai processi sociali. Purtroppo sembrano seguire le orme dei positivisti là dove pensano all'umanità come ad un progresso e interpretano il suo divenuto come una forma di evoluzione sociale di cui il presente appare loro come la massima espressione di civiltà nella storia.

La società è fatta di individui, educati al gioco del dominio per il dominio in cui veicolare le loro pulsioni e la loro volontà. Così ogni struttura di dominio, dalla schiavitù alla tirannica, dalla nazista alla clericale, dalla feudale alla capitalista, dalla colonialista alla monarchia assoluta, dall'impero delle multinazionali all'impero della finanza, convivono in un presente pulsionale di possibilità nelle società umane e assumo vari aspetti a seconda della cultura, dei luoghi e degli uomini in un medesimo tempo storico razionale. Così pure tutte le forme di liberazione dall'oppressione per razza, dominio economico, finanziario, clericale, economico, ecc. convivono nel medesimo tempo, anche nel medesimo nucleo sociale, perché sono rappresentazioni pulsionali che si veicolano partendo dall'educazione subita nell'infanzia dai singoli individui. Tutte le forme di dominio sono a loro volta forme di liberazione e tutte le forme di liberazione sono, a loro volta, strutture di dominio.

La morte del corpo fisico è la sola forma sociale di liberazione e i dominio nel medesimo tempo. La morte del corpo fisico è l'assoluto dell'Essere e rappresenta la negazione della negazione che non può più essere negata. La negazione della negazione, riferita al corpo fisico del singolo individuo che forma la società, mette fine ad ogni relazione di trasformazione che la ragione umana è in grado di pensare.

La negazione della negazione non può essere riferita a processi economici e sociali, ma solo all'individuo e alle sue trasformazioni perché è il singolo individuo che, nella dialettica hegeliana, con la morte fa coincidere il suo essere come soggetto sociale, la sua coscienza, col nulla. E questo coincidere col nulla è la negazione della negazione in cui l'esistenza del soggetto si annulla. La società, come la Natura, si adattano a trasformazioni successive, negazione di un presente dopo presenti che generano nuove negazioni di sé stessi, ma i singoli soggetti affrontano il processo di negazione della loro vita dopo aver negato il loro stato di feti cresciuti fra uteri, uova e semi.

Engels di questo ne è ben cosciente quando, scrivendo l'Antidühring, deve spiegare il concetto di negazione della negazione.

Scrive Engels nell'Antidühring:

Ma che cosa è dunque questa spaventosa negazione della negazione che rende così amara la vita al sig. Dühring, e che rappresenta per lui lo stesso delitto imperdonabile rappresentato nel cristianesimo dal peccato contro lo spirito santo? Un processo semplicissimo che si compie dappertutto e giornalmente, che ogni bambino può intendere, solo che lo si liberi dal gran mistero sotto il quale lo nascondeva la vecchia filosofia idealistica e sotto il quale è interesse di meta fisici poco agguerriti dello stampo del signor Dühring continuare a nasconderlo. Prendiamo un chicco di orzo. Miliardi di tali chicchi di orzo vengono macinati, bolliti e usati per fare la birra, e quindi consumati. Ma se un tale chicco di orzo trova le condizioni per esso normali, se cade su un terreno favorevole, sotto l'influsso del calore e dell'umidità subisce un'altera- zione specifica, cioè germina, il chicco come tale muore, viene negato, e al suo posto spunta la pianta che esso ha generata, la negazione del chicco. Ma quale è il corso normale della vita di questa pianta? Essa cresce, fiorisce, viene fecondata e infine a sua volta produce dei chicchi di orzo e non appena questi sono maturati, lo stelo muore, viene a sua volta negato. Come risultato di questa negazione della negazione abbiamo di nuovo l'originario chicco di orzo, non però semplice, ma moltiplicato per dieci, per venti, per trenta. Le specie di cereali si modificano con straordinaria lentezza e cosi l'orzo, quale è oggi, è approssimativamente simile a quello di cent'anni fa. Ma prendiamo invece una pianta ornamentale che può facilmente essere modificata, per es. una dalia o un'orchidea; trattiamone il seme e la pianta che da esso è nata secondo i dettami della floricoltura e otterremo, come risultato di questa negazione della negazione, non solo una maggior quantità di semi, ma anche un seme migliorato qualitativamente, che produce fiori più belli, ed ogni ripetizione di questo processo, ogni nuova negazione della negazione fa progredire questo perfezionamento. Questo processo si compie nella massima parte degli insetti, per es. nelle farfalle, in un modo analogo a quello in cui si compie nel chicco di orzo. Gli insetti nascono dall'uovo mediante negazione dell'uovo, compiono le loro metamorfosi sino a raggiungere la maturità sessuale, si accoppiano e vengono ancora una volta negati, poiché muoiono appena si è compiuto il processo di generazione e la femmina ha deposto le sue numerose uova. Che in altre piante e in altri animali il fenomeno non si compia con questa semplicità, che essi, prima di morire, producano semi, uova o piccoli non una sola, ma più volte, è cosa che qui non ha importanza per noi; qui dobbiamo dimostrare solamente che nei due regni del mondo organico la negazione della negazione ha realmente luogo. Inoltre tutta la geologia è una serie di negazioni negate, una serie di successivi sgretolamenti di vecchie formazioni rocciose e di stratificazioni di nuove formazioni. In un primo tempo la primitiva crosta terrestre sorta dal raffreddamento della massa fluida, sotto l'azione di agenti oceanici, meteorologici e chi- mico-atmosferici si sgretola e queste masse sgretolate si stratificano sul fondo marino. Sollevamenti locali del fondo marino al di sopra della superficie delle acque espongono di nuovo parti di questa prima stratifìcazione all'azione della pioggia, del calore variabile a seconda delle stagioni, dell'ossigeno e dell'acido carbonico atmosferici; a queste stesse azioni soggiacciono le masse rocciose che, eruttate dall'interno della terra, si sono fuse aprendosi un varco attraverso i suoi strati e si sono poi raffreddate. Durante milioni di secoli si formano in questo modo strati sempre nuovi, sempre di nuovo vengono in gran parte distrutti e sempre di nuovo impiegati come materiale per la formazione di nuovi strati. Ma si ha un risultato molto positivo: la costituzione di un suolo dove si trovano mescolati i più diversi elementi chimici in uno stato di sgretolamento meccanico che permette la vegetazione più copiosa e svariata.

Tratto da Engels, l'Antidühring Editori Riuniti 1971 Pag. 144-145

Nello sviluppare il concetto di negazione della negazione Engels sottolinea due percorsi di cui non si avvede della differenza. Uno è un processo che possiamo osservare come processo in sé, nel senso che possiamo osservare, come osservatori esterni, una negazione della negazione che produce un diverso sé stesso che si è negato: il bruco che diventa farfalla, il feto che diventa bambino, il seme che diventa albero, ecc. Nell'altro aspetto Engels osserva la morte fisica del soggetto. Afferma che prima della morte fisica il soggetto, mediante la sua attività, ha riprodotto la natura, la sua specie e ha alimentato i percorsi di adattamento attraverso i quali la vita si riproduce generazione dopo generazione.

Se noi spostiamo lo sguardo come identificazione nell'osservatore esterno, il dio padrone, che osserva la negazione della negazione e descrive che cosa si produce che nega il precedente al soggetto che si nega mediante un'attività che lo porta a termine, e assumiamo il punto di vista del soggetto che si nega, del feto, del seme, del bruco, del girino, dobbiamo domandarci: qual è il soggetto che lo nega? Perché il soggetto che lo nega contiene parte del soggetto negato in quanto è prodotto dall'attività del soggetto negato. Nel bambino c'è la trasformazione del feto; nella farfalla c'è la trasformazione del bruco, nella zanzara c'è la trasformazione della larva.

La morte è negazione del vissuto. Lo spettatore del vivente vede la cessazione della vita. Lo spettatore afferma che la vita è negata. Ma che cosa vede e vive il vivente al momento della morte del corpo fisico?

Cosa il vivente si è portato al momento della morte del corpo fisico?

Alcune cose ce le dice Engels stesso:

Gli insetti nascono dall'uovo mediante negazione dell'uovo, compiono le loro metamorfosi sino a raggiungere la maturità sessuale, si accoppiano e vengono ancora una volta negati, poiché muoiono appena si è compiuto il processo di generazione e la femmina ha deposto le sue numerose uova.

Noi non osserviamo la negazione dell'uovo, ma osserviamo la negazione di quanto l'uovo contiene. Nella morte noi non osserviamo la negazione della vita del soggetto, ma la negazione del soggetto.

Engels ci porta ad osservare un'altra particolarità. Gli insetti, che prende in considerazione, compiono la loro maturità sessuale, dunque la negazione dello stato in cui non c'era maturità sessuale, si accoppiano e negano sé stessi "…non appena si è compiuto il processo di generazione e la femmina ha deposto le sue numerose uova.".

Ciò che sfugge ad Engels è il soggetto vivente che esce dall'uovo negando il sé stesso divenuto nell'uovo. Non è una condizione oggettiva, una macchina, che mette in atto delle scelte predeterminate. La specie predetermina una serie di condizioni obbligatorie per il singolo individuo, ma il singolo individuo, agendo nelle condizioni determinate dalla specie mette in atto, attraverso la sua volontà, quella negazione della specie dalla quale separa sé stesso producendo, in alcuni casi, quella diversificazione di specie manifestata dalla necessità soggettiva di adattarsi e di sopravvivere alle condizioni esistenziali che il singolo soggetto si trova a dover affrontare.

Pertanto, è il soggetto che nega il suo essere divenuto nell'uovo e mette in atto azioni esistenziali rispondendo alle proprie pulsioni, ai propri desideri, alle proprie predilezioni nel mondo finché, attraverso tali azioni, è portato a negare sé stesso mediante la morte del corpo fisico. Però, è il divenuto del soggetto, mediante la propria attività con cui si trasforma nel mondo, che nega sé stesso. Nel negare sé stesso un altro sé stesso "tende" a germinare che non ha la qualità del sé stesso negato, pur tuttavia rappresenta la tensione in divenire dell'Essere che in quella negazione ha fine e scopo della sua esistenza e che può raggiungere soltanto mediante la sua attività.

E qui torniamo al Libro dell'Anticristo e all'affermazione: muore il corpo fisico e nasce, quando l'attività del soggetto l'ha plasmato a sufficienza, il corpo luminoso.

Come la possibilità dello spermatozoo è la negazione di sé stesso mediante la fecondazione dell'ovulo, così, per gli altri spermatozoi, la negazione di sé stessi è il nulla: loro, ogni singolo Essere, per quanto riguarda il divenire dei mammiferi, risolvono sé stessi nel nulla.

La compenetrazione degli opposti

La legge della compenetrazione degli opposti viene elaborata in seguito alla logica hegeliana della relazione fra il tutto e le sue parti dove il tutto è l'insieme ed è il contrario e la negazione delle parti che lo compongono.

Da Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Editore Laterza 1989, pag. 140 seconda parte della logica dell'Essere.

La questione della "compenetrazione degli opposti" è la questione dello sviluppo della contraddizione in ogni relazione.

Hegel quando parla del tutto, intende il tutto presente che nella sua assolutezza è dio, il dio padrone, di cui le sue parti sono idee della coscienza del dio padrone e in loro emerge quanto vuole il dio padrone.

In Engels il tutto è la realtà nella quale viviamo al di là che possiamo o meno descrivere tale realtà. Sta di fatto che si vive solo per contraddizione, per relazione, comunque si voglia chiamare tali relazioni, fra l'amicizia e la contesa furente, fra Peitò e Armonia o quant'altro.

In questa condizione, che in Hegel è la parte e il tutto, l'essere, come parte e il non-Essere come il tutto che annulla la sua parte in quanto dio padrone, Engels individua gli opposti che entrano in relazione. La contraddizione è opposizione, al di là di come la contraddizione viene risolta.

L'opposizione, la contraddizione, la contrapposizione sono i metodi con cui la vita sviluppa sé stessa.

La contrapposizione ha la capacità di costringere gli oggetti che entrano in relazione a modificare sé stessi e a mettere in atto adattamenti reciproci finalizzati alla sopravvivenza e allo sviluppo.

Tanto più il soggetto è all'interno della Natura che noi osserviamo e tanto più possiamo dedurre, attraverso le azioni, i processi di adattamento messi in atto dal soggetto davanti alle condizioni esistenziali. Maggiore è lo sviluppo dell'osservazione scientifica e maggiori sono le nostre conoscenze attraverso le quali possiamo individuare le azioni che individuiamo come strategie adattative. Più lontano è il soggetto dalla natura, che noi intendiamo come vita alla quale apparteniamo, e tanto minori sono le nostre interazioni con le sue strategie esistenziali da relegare quelle strategie in una visione dell'oggettività che ci contiene e dalla quale siamo esclusi da negare loro intelligenza, progetto e scopo (qualche volta le definiamo "istinto" o "risposte di riflesso").

Per questo motivo le trasformazioni dell'insetto rientrano nelle nostre osservazioni. Il suo tempo e le sue azioni rientrano nella nostra ragione e noi le possiamo descrivere e da quella descrizione possiamo dedurre una strategia esistenziale. Per questo motivo le trasformazioni di una galassia non rientra nelle nostre osservazioni. Il suo tempo e le sue azioni ci escludono e noi possiamo dedurre qualcosa della sua forma, che rientra nella nostra ragione, solo con lo sviluppo di strumenti scientifici che ampliano i nostri sensi. Ma non abbiamo, se non per deduzione, strumenti scientifici che amplino il nostro tempo di vita e anche se possiamo dedurre una parte dei processi fisici del divenuto di una galassia, non possiamo osservare le sue azioni adattative e le sue strategie d'esistenza: possiamo osservare ciò che comprendiamo, ma non possiamo osservare ciò in cui siamo compresi se non in forma parziale e indiretta. Per di più il nostro processo di comprensione di quanto ci comprende termina con la morte del corpo fisico mentre ciò che ci comprende continua a trasformarsi.

Per Hegel è il tutto, pensato come insieme universale, che emerge in ogni sua parte che lo compone e ogni sua parte non è altro che l'espressione del tutto che viene da questa svelato dentro sé stessa. In Hegel non esiste trasformazione della parte, che implicherebbe la modificazione del tutto, ma solo l'attività di svelare ciò che il tutto nasconde alla parte.

Per ragionare in termini dialettici è necessario togliere al tutto la sua dimensione di dio padrone assoluto e immutabile.

Il tutto diventa il tutto inteso come oggettività esistente e non come aggettivi qualificativi di un assoluto immutabile che è il tutto. Il tutto non è il tutto cosciente di sé che determina le sue parti, ma è il tutto inconsapevole di sé in cui le sue parti emergono come coscienza in trasformazione mediante le relazioni fra le parti e l'insieme in cui le parti agiscono.

Solo all'interno della logica di un processo di formazione della coscienza di sé stessa ha senso l'applicazione dell'idea della compenetrazione degli opposti in cui la relazione fra soggetto, consapevole di sé, e oggettività, inconsapevole di sé genera condizioni di trasformazione del soggetto e dell'oggettività. Solo all'interno di una logica di un processo di formazione della coscienza di sé stesso ha senso l'applicazione dell'idea della compenetrazione degli opposti in cui la relazione fra soggetto e i soggetti consapevoli di sé che compongono l'oggettività generano condizioni di adattamento soggettivo di trasformazione di ogni soggetto che in questo modo si trasforma e diviene attraverso il processo di negazione di sé stesso pronto a negare il proprio divenuto in una nuova manifestazione di sé stesso.

Gli opposti della contraddizione si compenetrano. La contraddizione non sempre, quasi mai, si risolve con una sintesi, ma si risolve con la trasformazione delle parti venute in relazione che a loro volta costituiscono nuovi soggetti di sé che entrano a loro volta in continue e altre relazioni.

La contraddizione si risolve mediante la compenetrazione degli opposti, l'uno nell'altro, dove il processo può essere descritto, come fatto nel Libro dell'Anticristo, come un continuo processo di adattamento soggettivo alle variabili oggettive.

Non è dunque l'ipotetico tutto di Hegel che si manifesta nelle sue parti, ma è il tutto esistente inconsapevole che diventa consapevole mediante il venir in essere della consapevolezza delle sue parti e le relazioni che le sue parti intrattengono con l'inconsapevole e le altre consapevolezze producendo continui adattamenti soggettivi alle variabili oggettive nei quali veicolare le loro pulsioni esistenziali che negano continuamente sé stesse nel loro presente per prepararsi a nuovi sé stessi che, manifestandosi e vivendo, negano sé stessi per nuovi presenti.

Dalla quantità emerge la qualità che diventando quantità porta nuove qualità ad emergere

Da qui arriviamo alla terza condizione della dialettica presa in considerazione da Engels: l'emergere della qualità dalla quantità che, diventata a propria volta quantità, porta ad emergere una nuova qualità in un processo continuo di sviluppo del presente. Uno sviluppo che non è necessariamente una perfezione o un progresso in una linea verticistica di modificazione come vorrebbero gli evoluzionisti creazionisti. La vita non va verso un'ipotetica percezione, ma va verso una situazione di equilibrio fra gli enti che entrano in contraddizione per sviluppare qualità esistenziali diverse che si sviluppano in quantità date condizioni oggettive favorevoli.

Questo principio del venir in essere della realtà nega ogni principio ontologico del venir in essere della realtà. Il principio ontologico afferma la realtà di quanto questa viene immaginata. Dal momento che il soggetto immagina, l'immaginato diventa realtà rispetto alla rappresentazione apparente dell'oggetto. L'ontologia afferma che proprio perché pensa al dio padrone o all'anima, il dio padrona o l'anima esistono al di là di come questi vengono descritti. L'ontologia afferma l'esistenza reale di una realtà al di sopra, al di fuori, di quanto rappresentato dai sensi. Una realtà immaginata che determina la conoscenza dell'Essere. Proprio dal punto di vista ontologico una parte della filosofia, pensando all'uomo creato dal dio padrone, immagina l'emergere nell'uomo di una realtà sopita in potenza, ma immaginata e ontologicamente desiderata.

Al contrario, per la dialettica, pur riconoscendo l'esistenza di un immenso sconosciuto da esplorare che si svela per relazione e contraddizione, qualunque cosa si rappresenti nel mondo, nella coscienza e nella conoscenza non è un emergere da una potenzialità creata da dio alla quale la coscienza attinge, ma è una costruzione fatta dal soggetto mediante la propria volontà con cui agisce nel mondo e nella vita. Una costruzione che forgia la coscienza, la conoscenza, in base alle relazioni e che, con l'aumentare delle relazioni e l'esperienza arriva a modificare la struttura neuro-fisica-vegetativa dell'individuo sedimentando, fagocitando, il risultato dell'esperienza che costringe ad una ristrutturazione della struttura fisica-neuro-psico-emotiva-ecc. dell'individuo. L'individuo forgia sé stesso in base all'accumulo delle proprie esperienze. L'individuo, il bambino, costruisce il proprio "Essere Individuo Adulto", negando continuamente il proprio presente mediante le relazioni col mondo e ad accumulo di quantità di esperienza fa nascere una qualità fisico-emotiva di risposte al mondo che calandosi nel suo profondo diventa naturale e guida le successive risposte alle successive relazioni che intrattiene nel mondo.

Scrive Engels nell'Antiduring:

Abbiamo già visto sopra, a proposito della schematizzazione del mondo, che riguardo a questa linea nodale dei rapporti di misura di Hegel, per cui in certi punti del cambiamento quantitativo interviene improvvisamente un mutamento qualitativo repentino, il sig. Dühring ha subito il piccolo infortunio di averla riconosciuta ed applicata, egli stesso, in un momento di debolezza. In quel capitolo abbiamo dato uno degli esempi più noti: quello della trasformazione degli stati di aggregazione dell'acqua, che, a pressione normale, a 0° centigradi passa dallo stato liquido al solido, e a 100° centigradi dallo stato liquido al gassoso, fenomeno nel quale, in questi due punti critici, il semplice cambiamento quantitativo della temperatura causa una modificazione qualitativa dello stato dell'acqua. Per la dimostrazione di questa legge avremmo potuto citare come esempio centinaia di fatti simili tratti sia dalla natura che dalla società. Casi per es. nel Capitale .di Marx, tutta la quarta sezione, Produzione del plusvalore relativo, nel campo della Cooperazione, Divisione del lavoro e manifattura, Macchine e grande industria, tratta di innumerevoli casi in cui un cambiamento quantitativo cambia la qualità e, del pari, un cambiamento qualitativo cambia la quantità delle cose di cui si tratta: casi nei quali, per usare l'espressione tanto odiata dal sig. Dühring, la quantità si converte in qualità e viceversa. Casi per es. il fatto che la cooperazione di molti uomini, la fusione di molte forze in una forza complessiva, produce, per dirla con Marx, un « nuovo potenziale dinamico» essenzialmente diverso dalla somma delle singole forze che lo costituiscono.

Tratto da Engels, l'Antidühring Editori Riuniti 1971 Pag. 134 – 135

Engels estende il principio della quantità dalla quale si genera la qualità a principio universale del venir in essere della vita: non riesce a leggerlo come principio che forgia il singolo individuo.

Il singolo individuo forgia la qualità del proprio venir in essere rispondendo a un'enorme quantità di sollecitazioni che gli giungono dal mondo. Tanto più quelle sollecitazioni lo inducono a quella e solo a quella risposta, in quella e solo in quella modalità l'individuo nega la propria infanzia e costruisce l'adulto che affronta, da quella qualità, la quantità di sollecitazioni che gli giungono dalla società quando è adulto.

La nascita dell'individuo va verso la morte del corpo fisico. Ma il terreno che questo individuo percorre è composto da una qualità di fenomeni che giungono all'individuo e che lo costringono a regolare le sue risposte, i suoi passi, con cui percorrerlo.

La vita nelle singole specie ha accumulato una grande quantità di esperienze e ha tentato di sedimentarle in possibilità soggettive entro le quali l'individuo sceglie. Ma l'individuo non sceglie mediante la coscienza razionale e descrittiva, l'individuo sceglie rispondendo alle sollecitazioni del mondo specifico nel quale si trova a nascere. Pertanto, il venir in essere dei singoli individui, delle singole specie, non è un apparire, ma è un crescere. In ogni fase della loro crescita c'è la costruzione di una qualità di risposte a qualità di fenomeni percepiti e la quantità di quella qualità di risposte forgia la qualità di risposte che diventa la qualità naturale dell'individuo. In ogni fase della crescita, della costruzione, dell'individuo c'è la negazione della negazione del suo presente. Ogni volta che una qualità si impone nell'individuo, le altre qualità che l'hanno determinata per quantità successive, tendono a sparire nel senso che non sono più percepite dall'individuo come straordinarie o dolorose, ma come naturali. Agire "con naturalezza" a una qualità di sollecitazioni del mondo significa aver fagocitato quella modalità di risposta. Quella modalità di risposta è la qualità emersa dalla quantità di sforzi che si sono fatti per rispondere a quella qualità di sollecitazione del mondo.

Ne segue che quando i cristiani costringono i bambini a mettersi in ginocchio davanti al loro dio padrone provocano molto dolore in quanto pretendono che il bambino risponda in maniera coerente alla violenza che loro stanno facendogli. La ripetizione dei gesti e l'enfasi nella quale il bambino è costretto a vivere per soggettivare l'immagine del dio padrone costituisce la qualità della quantità di fenomeni che giungono al bambino e che lo costringono ad adattarsi. Quando le risposte di obbedienza e sottomissione diventano qualità fagocitata dal bambino, per quel bambino e per l'adulto che diverrà, è naturale mettersi in ginocchio davanti al dio padrone, obbedire al padrone e la ribellione, se mai ci sarà, sarà contenuta nell'ambito delle categorie padrone-servo; il servo che vuole diventare padrone; il servo che rivendica un padrone diverso; un padrone che rivendica un servo adeguato; ma mai sarà in grado di pensare la propria vita in condizioni diverse, come quella di cittadino che rivendica i propri diritti ad un padrone senza per questo pretendere di essere padrone a propria volta.

Nella dialettica la vita si sviluppa per contraddizioni continue. La quantità di contraddizioni e di relazioni vissute forgia la qualità del divenire dell'individuo che forgiando una qualità usa questa per rispondere alle sollecitazioni del mondo. Questa qualità diventa quantità di risposte che forgiano nell'individuo una diversa qualità. Ogni qualità fagocitata è negazione della qualità dalla quale la nuova qualità è emersa. Pertanto il processo di crescita dell'individuo passa attraverso la negazione della negazione ad ogni salto qualitativo della sua conoscenza, della sua coscienza, della sua struttura emotiva con cui affronta il mondo e la vita. Tuttavia, ogni nuovo salto qualitativo ha alla base la qualità che l'ha preceduto. E' la condizione qualitativa precedente che pone le basi per la nuova qualità e la nuova qualità, negando la qualità precedente, non è avulsa e completamente separata dalla qualità che l'ha preceduta. Pertanto, la negazione della negazione che viene negata è un percorso di sedimentazione di qualità che si trasformano in quantità che negando la condizione precedente non la annullano nell'orizzonte esistenziale. La sedimentazione della qualità che segue, contiene la qualità che l'ha preceduta e che è stata negata.

L'individuo costretto ad adattare la qualità della sua struttura emotiva alla fede del dio padrone, sarà sempre sottomesso all'idea del dio padrone e anche se forgerà nuove qualità nella propria struttura emotiva, per quanto queste qualità preservino la struttura emotiva dell'individuo dall'assolutismo del dio padrone, ogni nuova qualità conterrà sempre il seme della sottomissione all'idea del dio padrone che, magari, come Hegel, anziché chiamarlo dio padrone lo chiamerà l'Essere cercando di fornirlo di qualità più confacenti alla sua idea, ma sarà sempre il dio padrone che condiziona ontologicamente l'dea filosofica di Hegel.

A questo punto si apre un'altra questione che Marx ed Engels hanno lascito in sospeso: la negazione della negazione forgiata dalle contraddizioni e dalle relazioni trasformano la quantità della vita vissuta nella qualità della morte.

Se noi possiamo osservare cammini esistenziali di individui che trasformano la quantità delle loro relazioni col mondo in qualità sedimentata che diventa quantità di relazioni col mondo, ecc. così possiamo pensare che al momento della morte del corpo fisico questi individui sono colti con qualità di divenuto differenti. Se la morte è uguale per lo spettatore che osserva, la morte è vissuta in maniera diversa dall'individuo in base alla qualità del vissuto di ogni singolo individuo.

L'individuo, nelle relazioni della sua vita, ha costruito sé stesso per un solo obbiettivo: morire.

La stessa cosa la osserviamo nel feto: il feto costruisce sé stesso per un solo fine: morire. Il feto muore e nasce il bambino: la negazione della negazione che attende di essere a sua volta negata dalla crescita.

Cosa forgia la vita dell'individuo mediante le relazioni che sono contraddizioni in cui la quantità della qualità risponde alle sollecitazioni del mondo producendo salti qualitativi che negano il precedente?

Noi possiamo pensare ad una sola cosa.

Come il feto costruisce le basi del corpo fisico; così possiamo pensare che l'attività del corpo costruiscano le basi del corpo che agogna ad essere partorito alla morte del corpo fisico. Che agogna. Non che ci riesca. Perché la maggior parte dei corpi degli Esseri Umani appaiono ridotti alla sottomissione dalla qualità delle sollecitazioni alla sottomissione e all'obbedienza al dio padrone e non appaiono in grado di superare la morte del corpo fisico. Come un feto mal cresciuto che viene abortito. Come le uova di storione che vengono mangiate dai predatori. Come le larve della zanzara che vengono mangiate dalle carpe.

Tutto il discorso sulla dialettica di Marx ed Engels riguarda la morte del corpo fisico. Tutta la dialettica ci parla di come sarà la morte del corpo fisico in base alla qualità che abbiamo forgiato nel corso della nostra vita.

Questa è la grande differenza fra la dialettica della Religione Pagana, la dialettica idealistica di Hegel e la dialettica materialista di Marx ed Engels.

Marghera, 06 maggio 2015

NOTA. per le citazioni si è usato:

Engels, Dialettica della Natura Edizione Editori Riuniti 1967

Karl Marx, Il Capitale pag. 826 Primo Volume, Editori Riuniti 1994

Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Editore Laterza 1989

Engels, l'Antidühring Editori Riuniti 1971

 

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Marghera, 06 maggio 2015

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.