Cod. ISBN 9788827811764
La Teoria della Filosofia Aperta: sesto volume
Filosofia Aperta - seconda parte (del volume)
In che cosa consiste il concetto di Stato?
Oggi come oggi il concetto di Stato è in uso quasi quotidiano. Tutti si riferiscono al concetto di Stato come se a tutti fosse chiaro che cos'è lo Stato e in che cosa consiste l'entità Stato che viene definita separandola dalla vita degli uomini.
C'è indubbiamente la possibilità di cercare come storicamente è venuto formandosi il concetto di Stato, ma a questo lavoro non interessa il divenuto del concetto, ma siamo interessati a stabilire in che cosa consiste il concetto di Stato e all'uso che di tale concetto ne viene fatto.
Un concetto diverso dal concetto di Stato è il concetto di Nazione.
La Nazione non è lo Stato, ma comprende il concetto di Stato che, una volta proclamato come soggetto, diventa oggetto separato dalla Nazione.
Il concetto di Nazione comprende tutti i cittadini, il concetto di Stato, separando sé stesso dal concetto Nazione, trasforma l'insieme della nazione in Popolo e Stato. Ciò che è popolo non è Stato e lo Stato vive una separazione dal Popolo. In questa situazione concettuale il Popolo non è formato da cittadini che abitano una Nazione, ma sono l'oggetto d'uso dello Stato che, di fatto, si contrappone al Popolo.
In Julius Evola la legittimazione del concetto di Stato inizia con un'affermazione perentoria che, chiamando in causa un'autoritas apparentemente neutrale, vorrebbe vanificare ogni trasformazione sociale.
Scrive Evola:
"Si sa che Laplace era arrivato a concepire uno spirito capace di prevedere la marcia della natura per tutta la eternità alla stregua di alcuni rilievi elementari. Infatti, per la concezione individualista della vita, la società umana diventa una totalità meccanica, composta da individui autonomi. Essa è un aggregato senza forma, incoerente e senza scopo. E' composta di elementi del tutto uguali e la sua forma è determinata da leggi casuali. Gli individui che la compongono rassomigliano alle molecole dei cristalli. Si associano secondo leggi meccaniche, che si possono scoprire dopo di che sarebbe possibile anche istituire delle vere e proprie esperienze sociali. (Wagner, Essai sur l'universalisme, économique, Genève, 1931). Ma nel medesimo tempo il pensiero veniva assolto da ogni rispetto per i risultati della storia e della tradizione. Siéyès si vantò di aver sistemato la scienza politica di primo acchito, con un colpo di testa, come Descartes aveva scoperto la geometria analitica. Egli si espresse: "Le pretese verità storiche non hanno maggiore fondamento delle pretese verità religiose".
[…]
E d'altronde questa critica meccanica ed astratta non sarebbe mai riuscita a trovare un'idea centrale nella vita dello spirito. Ecco perché il così detto pensiero moderno ha smarrito del tutto quel "senso dell'unità" che aveva costituito, nelle precedenti fasi della storia, lo sforzo costante dello spirito."
Pag. 9 – 10
L'idea di Stato in Evola non parte dagli uomini, ma da un ipotetico spirito che agirebbe nella storia.
L'idea di Stato in Evola è l'idea di un soggetto separato dagli uomini. Gli uomini non sono al centro della sua riflessione. Gli uomini non si servono di strumenti mediante i quali regolare le relazioni fra di loro, ma sono gli uomini lo strumento di enti diversi da loro. Lo Stato, come le regole economiche, le regole politiche e sociali, per Evola non sono gli strumenti che gli uomini si sono dati, ma sono enti che usano gli uomini per i propri fini e i propri scopi.
Secondo Evola è lo spirito il protagonista della storia degli uomini, non gli uomini che in quella storia hanno manifestato sé stessi. L'uomo come soggetto individuale manifesta uno "spirito", cioè un complesso di volontà e necessità, che veicola nel mondo, oppure l'uomo è l'oggetto in cui lo Spirito manifesta sé stesso nella storia e nella quotidianità?
In tutta la storia della filosofia e del pensiero umano, chiunque voglia dominare il singolo uomo deve privare il singolo uomo di una parte di sé stesso. Tu uomo non sei padrone della tua anima. L'anima non ti appartiene. L'anima non è uno strumento con cui il tuo corpo abita il mondo, ma è un oggetto diverso da te del quale tu non puoi avere il controllo perché "io" sono il padrone di quell'anima e, dal momento che te l'ho prestata, ho in diritto di dirti che cosa fare, che cosa pensare, che cosa essere nel mondo. E così è per lo spirito che agisce nella storia nell'ide di Evola. Non sono gli uomini che manifestano uno spirito che agisce nella storia, ma è lo spirito che agisce nella storia che si impossessa degli uomini, che li deve controllare, che li deve dominare facendosi, di fatto, Stato che usa uomini ridotti alla dimensione di popolo che deve obbedire.
Si tratta della solita differenza che esiste fra una dittatura, che ha lo Stato come riferimento, e una Democrazia che, al contrario, ha l'uomo come riferimento. Anche lo Stato ha l'uomo come riferimento, ma non l'uomo in quanto soggetto portatore di diritti, ma l'uomo in quanto popolo che obbedisce alla morale imposta dallo Stato in funzione della "propria gloria".
Per questo motivo Evola afferma:
"Si è detto, e si dice, dai filosofi del diritto e dai giuristi che lo Stato non avrebbe altra realtà che quella giuridica. Per tanto, i concetti puri costitutivi dello Stato sarebbero dei concetti giuridici e precisamente quelli del così detto "diritto naturale", che erano ricavati esclusivamente dal diritto dell'utilità, delle convenienze e delle esigenze degli individui, Venne meno, perciò, la possibilità di attribuire allo Stato un valore d'insieme, cioè un valore organico ed autonomo distinto da quello degli individui che si assumeva lo costituissero. La rivoluzione francese può considerarsi nella serie dei fatti l'irruzione dei filosofi e dei legisti, e più propriamente dei legislatori-filosofi nella direzione della società civile."
Pag. 11 – 12
Con la rivoluzione Francese, secondo Evola, si nega la necessità dello Stato di vivere in sé. Lo Stato, con la rivoluzione francese, cessa di essere un oggetto separato dagli "uomini", considerati popolo, per diventare uno strumento con cui il "popolo", trasformatosi in "cittadini", regolano le condizioni della loro esistenza. I legislatori-filosofi della rivoluzione francese tolgono lo spirito allo "stato" per consegnarlo agli uomini.
Quali sono le esigenze degli uomini?
Tutto ciò che favorisce la loro vita e che permette loro di vivere al meglio lo spazio che va dalla nascita del corpo fisico alla morte del corpo fisico.
Quali sono le esigenze di uno Stato che domina gli uomini definiti come "popolo"?
Riaffermare continuamente il proprio dominio.
Come può lo Stato riaffermare continuamente il proprio dominio?
Con l'uso arbitrario della forza, con atti di devastazione nei confronti di altri Stati che gli permettono di portare al macello gran parte del proprio popolo; riaffermare il dispotismo mediante la negazione di doveri nei confronti dei dominati.
L'inversione dei valori che hanno portato da uno Stato padrone del popolo ad un Stato come strumento di reazione fra i cittadini è di fatto la rivoluzione sociale che Evola condanna.
Per Evola, lo Stato assume il ruolo che ha Dio nella religione cristiana. Per contro, i cittadini, per Evola, assumono il ruolo che hanno le pecore del gregge nella religione cristiana.
In questo modo, fra gli uomini, inizia un gioco di potere e di dominio: chi svolge il ruolo di Dio e chi deve rimanere nel gregge per poter amare Dio con tutto il suo cuore e tutta la sua anima?
Come si colloca la persona Evola rispetto allo Stato? E come si colloca Roberto, o se preferite, Tizio, Caio e Sempronio, che spalano il letame? Evola spala il letame? Roberto assume il potere dello Stato? Non è che fra Roberto ed Evola scoppia una guerra perché nessuno dei due vuole spalare liquame, e solo spalare liquame, per tutta la vita?
Scrive Evola:
"E' certo che ogni idealismo economico e morale, sempre fondato sul presupposto che il diritto sia un'arbitraria attività dello spirito individuale, non trova applicazione nei problemi di collettività o di massa che dominano la scena della storia. L'elemento della volontà implica una rivalutazione della "personalità" per cui le esplicazioni di questa nel mondo del diritto, pubblico e privato, vanno prese in considerazione sotto il profilo della iniziativa che esse svolgono. Tale elemento trova la sua ricognizione suprema per l'appunto nello Stato, che è il risultato d'insieme di tutte le iniziative degli individui nella serie delle generazioni che lo fondano e lo sostengono e si presenta come una manifestazione di potenza collettiva in svolgimento perenne".
Pag. 24 – 25
L'uomo, in quanto soggetto che costituisce la società sparisce. E' lo Stato l'attore che usa l'uomo per benefici che sono indipendenti dal singolo uomo.
Ogni idealismo economico, sociale e morale viene costruito in base a delle relazioni ideali che si manifestano nella società. Il giusto prezzo della merce è un ideale di relazione economica che coinvolgendo gli individui diventa "il prezzo è giusto solo se soddisfa i miei obbiettivi". Dal momento che i miei obbiettivi possono prevaricare mediante il controllo del prezzo, esiste una relazione ideale che pur assicurando il prezzo permette di far circolare merci e denaro. Tale mediazione è delegata ad un ente chiamiamo Stato.
I principi ideali di una società trovano applicazione nella Storia e la Rivoluzione Francese, che ha distrutto lo Stato assolutista, è una manifestazione di questa esigenza.
Che cosa intende Evola per "volontà"?
La volontà è lo strumento con cui il singolo vivente affronta la propria vita indipendentemente dalle azioni che mette in atto e che reputa necessarie per soddisfare i suoi bisogni. Ogni vivente manifesta volontà d'esistenza. L'individuo sociale alla volontà d'esistenza come soggetto nato nella natura, somma anche la propria volontà di soggetto sociale e manifesta questa volontà quando, modificando il suo presente, modifica la propria condizione di suddito, oggetto di possesso da parte di un ente esterno, sia esso Stato o Dio, per diventare un cittadino.
Che cos'è lo Stato per Evola?
Dal momento che la "volontà" implica una rivalutazione della personalità che si esercita nel diritto pubblico e privato, trova la loro ricognizione suprema nello Stato. Lo Stato risulta essere il risultato d'insieme di tutte le iniziative degli individui nella serie delle generazioni che lo fondano e lo Stato si presenta come una manifestazione di potenza collettiva in svolgimento perenne.
La domanda che si pone è: contro chi? E poi: per che cosa?
O quello Stato ha per antagonista un altro Stato o quello Stato ha per antagonisti i cittadini ridotti allo status di sudditi, cioè di schiavi.
Conclude il discorso sull'Idea di Stato Evola dicendo:
"La scienza dello Stato, come noi l'intendiamo è dunque "la scienza del bene comune di una determinata società politica". Soltanto nell'idea dello Stato, quale bene comune, è possibile ristabilire la solidarietà indispensabile a qualunque aggregato umano. Ed è possibile promuovere quella consapevolezza dei fini su cui si erigono la coscienza morale, la coscienza giuridica, la coscienza politica di un popolo e per cui si assicura l'ordine positivo di una comunità particolare. Da un rapido esame della posizione di rapporto della nuova "scienza dello Stato" con le singole scienze morali emergerà meglio il tenore di essa. Intanto occorre ritenere che il carattere della nuova scienza, in opposizione a quello della filosofia individualista, dovrà essere "sintetico-induttivo". E ciò in rapporto alla posizione centrale e superiore, ed anzi suprema che alla scienza stessa va assegnata nella gerarchia delle scienze. In verità, l'esigenza della gerarchia, investe anche l'ordine del pensiero che ricerca la propria unità nell'unità della vita. Pertanto sembra che la nostra scienza sa chiamata a raccogliere i contributi delle diverse discipline non solo propriamente politiche, ma economiche, giuridiche e sociali, nonché pur quelle delle discipline storiche e filologiche, secondo le numerose specializzazioni che erano state determinate dall'indirizzo del secolo scorso. Nel medesimo tempo, però, essa ci appare chiamata a dare le direttive a queste varie scienze e a restituire loro il valore organico che hanno perduto a causa del presupposto individualistico da esse adottato".
Pag. 29 – 30
Appare evidente, da quanto scritto da Evola, che non esiste un'idea dello Stato, ma esiste un desiderio, che si può spacciare come idea, del controllo sociale mediante l'uso dello Stato. Lo Stato non è pensato come un "valore d'uso" ma come oggetto in sé che determina il comportamento e dà le direttive per ogni comportamento morale e per la pratica di ogni scienza che deve rientrare nelle direttive dello Stato.
Lo Stato per Evola non è altro che un altro nome con cui chiamare il dio dei cristiani che governa un popolo eletto di cui si ritiene il padrone.
Se c'è una gerarchia delle scienze, e non un diverso uso e ambito delle scienze, c'è un padrone della scienza e, mediante essa, un padrone degli uomini. E chi è, prima che Evola indicasse la gerarchia dello Stato su ogni scienza, che aveva gerarchia e potere su ogni scienza perché da lui deriva ogni sapere se non il dio padrone dei cristiani?
L'idea dello Stato di Evola è l'idea cristiana che anziché chiamare il suo padrone "dio", lo chiama "stato". Ed è partendo da queste riflessioni che possiamo ora affrontare quanto Evola ci racconta sul fondamento spirituale della nuova scienza dello Stato.
Lusiana, 27 giugno 2017
NOTA: Le citazioni di Evola su "L'idea di Stato" sono prese dall'edizione Ar del 1970. Da tener presente che il libro è stato stampato senza citare l'autore.
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Marghera, 27 giugno 2017 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.