Cod. ISBN 9788891185785
Teoria della Filosofia Aperta - Volume due
Che cos'è una religione?
Per rispondere a questa domanda Giuseppe Ferrari non pone il quesito alle varie religioni o alle religioni antiche, ma usa il metodo assolutista cristiano spacciando l'educazione religiosa che ha ricevuto e proiettando sua soggettivazione di quelle categorie e di quei modelli, su ogni popolo e su ogni credenza come se l'idea di Ferrari fosse l'idea naturale del pensare la religione.
La religione, per Giuseppe Ferrari, è ciò che il cristianesimo, il cattolicesimo nello specifico, ha insegnato a Giuseppe Ferrari che cosa sia la religione.
Giuseppe Ferrari, riproduce il concetto di religione come glielo ha insegnato il cattolicesimo e lo proietta sul mondo, sul tempo e su tutto ciò che negli Antichi il cristianesimo reputava essere religioso. Il cristianesimo cattolico diventa il modello, la morale etica e sociale con cui Giuseppe Ferrari giudica la sua realtà sociale.
Questo vizio di Giuseppe Ferrari lo troveremo sempre presente in Italia. Come il dio padrone ha creato il presente pensato dal cristianesimo così il passato, creato dal dio padrone cristiano, è uguale al presente in quanto creato dal dio padrone.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
LA RIVELAZIONE SOPRANNATURALE
Ogni vizio della religione deriva da un primo vizio: la fede in Dio che governa il mondo. La religione vuol essere un sistema unico, e tutto spiegare storicamente. Sa perché il mondo fu creato, perché il sole c'illumina, conosce il genio che lo muove, sa tutto in un modo certo e positivo, e la sua scienza mette capo agli Dei. Ne consegue che le forze non sono più forze, ma effetti di una volontà o di un pensiero superiore alla natura. Gli alberi, gli animali, tutte le creature si presentano all'uomo quali segni del linguaggio personale degli Dei: si dimanda al cielo il senso occulto delle cose, si suppone uno scopo, un'intenzione divina in ogni essere. La disposizione degli astri, la configurazione dei fiori, degli animali, il corso delle stagioni, tutto è interpretato sotto l'aspetto degli istinti, dei capricci, dei piaceri attribuiti ai genii che reggono il mondo: a poco a poco l'idolatra, col moltiplicare le ipotesi e le congetture, tramuta l'intera natura in una natura imaginaria: la natura non vive più della sua vita. Dio toglie l'anima ad ogni essere.
Per Giuseppe Ferrari, tutto è uguale.
Parlare del dio padrone cristiano è la stessa cosa di parlare degli antichi Dèi in situazioni sociali in cui gli Dèi erano immortali, come se il termine immortale non significasse una proiezione nell'infinito (intesa come modificazione del soggetto che chiamiamo dio e Dèi al plurale) e non implicasse la nascita comune di mortali ed immortali che, a differenza del dio assoluto cristiano che non si può modificare in quanto rappresenta la perfezione immaginata dal cristiano, divengono e si trasformano sedimentando nella loro coscienza i dati della loro esperienza esistenziale. Giuseppe Ferrari si pone la domanda creazionista e proietta i comportamenti creazionistici sugli antichi che creazionisti non erano.
Questo "peccato" del fondamentalismo ideologico scientista proprio dei cristiani verrà spacciato per "materialismo" anziché essere confinato nell'idealismo cristiano.
Cosa c'è di più cristiano che affermare l'esistenza degli "gli uomini primitivi"?
Sa perché il mondo fu creato, perché il sole c'illumina, conosce il genio che lo muove, sa tutto in un modo certo e positivo, e la sua scienza mette capo agli Dei.
Gli uomini delle religioni pre-cristiane non davano il nome di "religione" ai loro rapporti con il mondo. Non separavano la loro vita psico-emotiva dalla società in cui vivevano. E' il platonismo prima, poi lo stoicismo e il cristianesimo che separano la vita psico-emotiva degli uomini dalla società in cui essi vivono. Nel platonismo, nello stoicismo e nel cristianesimo gli uomini non incontrano gli Dèi nella loro attività quotidiana, né si sentono Dèi che vivono la loro vita come relazione continua con le forze della Natura, com'è avvenuto per almeno un miliardo di anni.
Quando Ferrari scrive questo, Darwin aveva già scritto i suoi libri sull'evoluzione e Marx ed Engels avevano già scritto i loro testi con cui Ferrari si guarda bene dal misurarsi. Lui, padrone e nobile, esalta Saint-Simon e la democrazia del padrone e ritiene che la religione nella quale ha costretto la sua struttura psico-emotiva è una religione naturale in quanto questo è sempre stato fatto fin da quando il suo dio ha creato il mondo. Il suo dio padrone e creatore è l'ente che come ateo può negare ma dal quale non può prescindere per pensare e considerare le trasformazioni dell'uomo nella vita.
Le deduzioni creazioniste di Ferrari si deducono molto bene dalla sua critica.
Quando Giuseppe Ferrari dice:
Ne consegue che le forze non sono più forze, ma effetti di una volontà o di un pensiero superiore alla natura.
E' la riaffermazione del creazionismo togliendo alla Natura e ai soggetti che ricadono sotto i suoi sensi la loro volontà, la loro intelligenza e la loro strategia di adattamento alle sollecitazioni del mondo.
L'incongruenza delle affermazioni di Ferrari in relazioni agli Antichi Dèi è che la Natura è costituita da soggetti che usano la loro volontà. Dèi che sono forze della loro propria trasformazione che si rappresenta a noi sotto forma di Natura come un insieme dal quale la formazione della nostra coscienza, del nostro "io sono", è emersa separandosi.
L'idolatria nel dio padrone della bibbia ha trasformato l'idea degli uomini in una natura immaginaria. Un soggetto a cui i cristiani hanno tolto intelligenza, divenire e scopo per ridurlo a mero oggetto d'uso da parte dell'uomo creato ad immagine e somiglianza del loro dio padrone.
Questa idolatria, che rivela l'ateismo dei cristiani incapaci di individuare l'intelligenza, la volontà, la trasformazione, i bisogni e i desideri negli oggetti del mondo e nelle azioni che vengono espresse nel mondo, porta alla costruzione di un delirio soggettivo di onnipotenza che il cristiano proietta sul suo immaginario dio che costruisce a propria immagine e in cui pensa sé stesso come onnipotente in una natura muta e silente. Poi, il virus della polmonite, con la sua intelligenza e la sua volontà, gli presenta il conto come il conto gli presenta il tornado con tutta la sua volontà e la sua intelligenza.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
Lo stesso fatto deve cedere al miracolo. Gli idoli son prodigi, la loro vita è un continuo prodigio; essi dispongono degli astri, degli elementi, di tutto; essi ci signoreggiano. Soggiogato dalla propria finzione, l'uomo deve invocarli, adorarli. Rispondono all'invocazione, alla preghiera, all'adorazione? Ecco il miracolo. Il miracolo li mette in relazione con noi, li rivela; la rivelazione sacra comincia a formarsi. In pari tempo ogni nostra azione vien travisata; si crede di poter modificare il corso delle stagioni, la serie degli eventi colla preghiera, coll'astinenza o colle invocazioni. D'indi gli esorcismi, gli amuleti, i circoli magici, le abluzioni, le innumerevoli cerimonie religiose, il cui scopo è sempre di operare sulla natura influendo sulle forze occulte elementari e viventi che la governano. I circoli naturali delle cose sono travolti in circoli fantastici. La fede nel miracolo crea la tradizione sacra. Credete voi ai miracoli? Se scrivete la vostra storia sarà una storia miracolosa, un racconto mescolato di favole. Da che gli Dei intervengono nella storia degli uomini bisogna attribuir loro il bene, il male, le vittorie, le sconfitte, le carestie, le pesti, le inondazioni, il coraggio che addoppia le nostre forze, la paura che le sopprime, l'ispirazione che illumina il genio, le invenzioni che elevano l'umanità.
Il cristiano ha bisogno del miracolo.
La distruzione della sua psiche operata nell'infanzia attraverso l'educazione e la dipendenza dell'individuo dall'immagine del dio onnipotente e soccorritore, fa del cristiano un individuo disarmato davanti all'esistenza. Quando i cristiani arrivarono a Roma iniziarono a far guerra alla medicina perché la medicina non doveva privare il loro dio del piacere di distribuire benessere e malattia a suo piacimento. La medicina, per i cristiani, interferiva con l'intervento di dio nell'attività umana. Il miracolo non era più prerogativa del Gesù padrone che guariva a piacimento il lebbroso che voleva o il cieco che voleva, ma era appannaggio anche della medicina che intervenendo sui meccanismi biologici modificava la volontà del dio padrone dei cristiani di distribuire dolore per la sua gloria.
Creare nella società il bisogno del dio che fa i miracoli porta Ferrari a credere che l'uomo abbia in sé bisogno dei miracoli. Porta Ferrari a credere che fin dalla creazione del suo dio, qualche migliaio di anni prima del suo cristo, tutti gli uomini si attendevano miracoli dagli Dèi perché incapaci di affrontare le condizioni della propria esistenza. Così la paura per un presente in cui i bambini venivano disarmati affinché non fossero forniti di strumenti adeguati, diventava categoria entro la quale inserire e comprendere una storia dell'umanità che va dal primitivismo della creazione del dio padrone alla civiltà in cui vive Giuseppe Ferrari. Che l'uomo sia vissuto come specie della Natura trasformandosi per milioni di anni e abbia vissuto le condizioni della sua esistenza come problemi da affrontare e risolvere, a Ferrari non interessa. A Ferrari interessa accusare la credenza negli Dèi come il cristianesimo ha educato gli uomini disarmandoli davanti alla vita. Così l'odio che Ferrari non può attribuire al suo dio padrone perché emotivamente penserebbe di commettere una bestemmia contro il suo dio, viene indirizzato contro gli antichi Dèi che Ferrari pensa squallidi come il suo dio padrone e che, certamente, secondo il balano giudizio, avrebbero usato gli stessi metodi e corrispondevano alle stesse categorie religiose del proprio dio padrone.
E' vero che le cerimonie religiose dei cristiani hanno lo scopo di sottomettere l'uomo al provvidenziale intervento del dio padrone. Ma i cristiani non ne possono fare a meno. La sopravvivenza del cristiano è legata alle relazioni mafiose che intrattiene con i suoi correligiosi per danneggiare la società pur di garantirsi il proprio profitto. E' disposto a distruggere i suoi stessi figli affinché non siano adeguatamente attrezzati per affrontare i problemi della vita e siano costretti a confidare nell'intervento del dio padrone.
Il cristiano rinuncia ad essere "padre dei suoi figli". Infatti, il cristiano consegna, mediante l'atto del battesimo, suo figlio alla chiesa cattolica affinché ne sia la padrona. Il battesimo è la presa in carico del bambino da parte della chiesa cattolica che priva il padre e la madre del diritto personale di educare i propri figli. Col battesimo la chiesa cattolica sancisce il diritto del dio padrone sul bambino. La chiesa assegna una madrina che sorveglierà l'educazione cristiana del bambino. Sorveglierà affinché la struttura del bambino sia adeguatamente stuprata e sia impedito al bambino di attrezzarsi adeguatamente per affrontare i problemi della sua vita. Col battesimo il genitore ha rinunciato ad essere genitore. Si è comportato come Abramo sacrificando la struttura psico-emotiva del bambino e bruciandola in nome del suo dio padrone.
Fa orrore tutto questo.
A Ferrari non interessa se tutto questo fa orrore. A Ferrari interessa estendere questo orrore ad ogni altra religione. Ad ogni altro credo, in modo da salvaguardare tale orrore estendendolo ad ogni religione che ha preceduto il cristianesimo così che la condanna, che parte dalle pulsioni esistenziali offese nel singolo individuo da parte del cristianesimo, si estenda ad ogni religione che ha preceduto il cristianesimo affinché, il disperato cristiano, non possa rendersi conto del torto subito.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
Se Ulisse è astuto, è Minerva che lo consiglia; se Ettore trema dinanzi ad Achille, è Marte che lo atterrisce: sono gli Dei che costruiscono le città, che dettano le leggi; la Musa detta ad Omero l'Iliade; un Dio inspira Walmiki, che scrive il Ramayana; Euclide depone i suoi libri di geometria nel tempio di Delfo. Si fa Dio autore delle nostre opere. La tradizione, questo racconto favoloso di opere umane, collo scorrere del tempo attribuisce agli Dei l'origine della nostra società, delle nostre leggi; divinizza il nostro si- stema sociale, trasporta tutta la nostra mente fuori di noi, in Dio e Dio ci toglie la ragione. Egli è allora che la rivelazione naturale trovasi compiuta mente travisata nelle cose e nei pensieri; e allora la tradizione che l'insulta e l'uccide chiamasi officialmente la rivelazione soprannaturale, la legge divina, la buona novella, la via della salvezza. L'autorità è il risultato della rivelazione soprannaturale. La tradizione, il libro sacro, la favole esprimono la volontà irresistibile degli Dei; bisogna obbedire e vegliare perché la legge sia osservata. Ecco il sacerdote. Avete trasportato la vostra ragione fuori di voi, in cielo; bisogna che altri vi rappresenti; vi siete perduto, bisogna che altri vi salvi; siete divenuto schiavo della vostra finzione, riconoscete la necessità di un padrone. Il sacerdote traccia la pianta delle città, prescrive le preghiere, i digiuni, le macerazioni; dice se deve si combattere o chiedere la pace, togliere od aggiungere una corda alla lira; egli sarà ministro d'ogni vostro trovato, sarà la ragione della vostra ragione. Nulla è lasciato al caso; gli Dei occupano l'intera natura, l'uomo non può vivere se non interpretando di continuo la legge occulta che governa gli elementi, non può credere a sé stesso prima d'aver consultato la finzione.
Se Ulisse è astuto è perché con la sua attività ha nutrito Minerva dentro di lui. E' perché Ulisse non ha confidato nella provvidenza del suo dio padrone. Non ha pregato affinché "il dio degli eserciti..." affiancasse la sua azione.
Ulisse è diventato "astuto" perché ha agito. Ha scelto. Si è fatto un dio fra Dèi e come tale sa riconoscere quando dentro di lui emerge questo o quel dio a seconda della qualità delle condizioni e delle contraddizioni che sta affrontando. Ulisse non pensa che una volontà esterna alla sua, chiamata Minerva, intervenga, ma sa che se lui non si fa Minerva non potrà risolvere il problema che sta affrontando.
Il cattolico Ferrari non può pensare ad un modo diverso di abitare e vivere nel mondo perché l'educazione cristiana costringe la sua psiche a pensare il mondo come un cristiano. La sua educazione lo costringe a proiettare l'onnipotenza di sé stesso fantasticando un dio onnipotente di cui si sforza di negarne l'esistenza. La stessa educazione lo costringe a proiettare le categorie cristiane con cui pensare il mondo su tutti gli uomini e su tutte le credenze storiche.
Achille si fa Marte, Omero si fa Musa.
Entrambi per agire devono manifestare la loro volontà e nell'agire alimentano questo o quel dio dentro di loro: loro sono quel dio, Marte o la Musa, con cui operano nell'azione. Essi si fanno Dèi che agiscono nel presente e modificano il presente in cui vivono. E' proprio del dio modificare le condizioni del presente; è proprio degli uomini che manifestano gli Dèi dentro di loro modificare il presente in cui vivono. Il cristiano attende la provvidenza del proprio padrone. Un padrone al quale attribuisce l'azione di tutte le azioni: la creazione del presente in cui vive. Nel farlo insulta e calunnia tutti gli uomini e tutti gli Esseri della Natura che fin da quando i primi esseri nuotavano nell'ipotetico brodo primordiale hanno alimentato gli Dèi del mondo in cui vivevano perché, alimentare gli Dèi mediante le loro scelte e le loro azioni, era fondare il loro futuro. Il loro futuro come soggetti; il loro futuro come specie; il loro futuro diversificando la specie cui appartenevano: il futuro di tutta la Natura alla quale Giuseppe Ferrari non vuole riconoscere intelligenza, coscienza e scopo nonostante egli stesso sia una coscienza, un'intelligenza e un agire della Natura.
L'uomo coraggioso alimenta il Saturno dentro di lui e costruisce regole affinché la società sia ordinata e inventa l'agricoltura, la ruota e sfrutta il fuoco. L'uomo che si fa Saturno porta doni alla propria società. Doni che altri uomini usano e sfruttano finché un altro Saturno modifica il presente in cui quella società vive, oppure uomini che si fanno Marte modificano quella società per poterla rapinare.
Poi arrivarono ebrei e cristiani e allora Giuseppe Ferrari afferma:
L'autorità è il risultato della rivelazione soprannaturale.
Questo appartiene solo all'ebraismo e al cristianesimo. Appartiene anche al Platonismo e allo Stoicismo. Appartiene al Buddhismo che deriva dall'innesto del Platonismo con il Giainismo. Prima non c'era la rivelazione sovrannaturale che rivela l'autorità come nella bibbia cristiana; era l'autorità che cercava la legittimazione nelle divinità. Tale legittimazione avveniva per le azioni che "l'autorità" faceva, non per unzione o investitura da parte del dio padrone. Quell'investitura a cui la Rivoluzione Francese dovette mettere fine tagliando la testa al dio padrone cristiano nelle vesti del re francese che era tale per volere del dio padrone (poteva fare miracoli per volontà del dio padrone).
Giuseppe Ferrari proprio non ce la fa a superare il condizionamento educazionale cattolico che ha ricevuto e attribuisce agli Dèi le aberrazioni del dio padrone della bibbia che non vuole indicare come criminale. Ne ha paura. Eppure, Baal non ha mai ordinato di macellare i sacerdoti di Jahve, ma Giuseppe Ferrari vuole attribuire a Baal gli stessi delitti il cui sangue gronda dalle mani di Jahve: questo è un insulto alle antiche religioni.
Gli Dèi non occupano la Natura; gli Dèi sono la Natura. Sono espressione di ogni vivente nella Natura. E' il dio padrone dei cristiani che occupa la natura. Ne distrugge la volontà e lo scopo e la "dona" agli uomini affinché questi la distruggano come padroni della Natura stessa (Genesi 1, 28).
Gli Dèi agiscono solo se l'uomo agisce. Se l'uomo non progetta, gli Dèi dentro di lui non possono aiutarlo nell'azione chiamando il dio fuori di lui per aiutarlo. Al contrario, nel cristianesimo, solo l'uomo che supplica nell'accettazione passiva della sofferenza inviatagli dal suo dio padrone può beneficiare della provvidenza divina.
Giuseppe Ferrari non ha solo le idee confuse, è un cristiano fanatico che difende il cristianesimo e l'odio cristiano manifestando un ateismo che si rivela essere un odio religioso contro la vita e i suoi sforzi per liberarsi dalle costrizioni.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
Qui la ragione sola è follìa, l'autorità vieta di appellarsi al buon senso, all'esperienza, ai lumi naturali: essa sacrifica ogni libertà come una ribellione, la ragione naturale come un attentato contro il regno degli Dei, contro l'umanità, che non è più in noi, ma in cielo. La dominazione dell'uomo sull'uomo è l'ultima conseguenza d'ogni rivelazione soprannaturale. Gli idoli, gli Dei limitati, vivi, appassionati, vogliono essere rispettati, venerati, obbediti; conviene indovinare la loro volontà e adorarla, ed essendo essi i re del cielo e della terra, consacrano il principio della dominazione, voglio dire, di un governo fondato a profitto di chi governa. Colla loro influenza essi sviluppano questa dominazione: non proteggono forse i loro adoratori? non accordano forse i loro favori ai servi più devoti? non si lasciano forse toccare dalle offerte, dalle orazioni? Da che havvi un idolo, havvi un uomo da lui favorito; i favoriti dei signori del cielo saranno necessariamente i signori della terra; gli eletti dell'Uomo-Dio, gli eletti dell'umanità alienata e trasportata fuori dell'uomo saranno i signori dell'uomo, che si è spogliato della sua ragione e ridotto allo stato di cosa. Alla loro volta i miracoli fortificano la dominazione dell'uomo sull'uomo: nel fatto il miracolo è un favore, un privilegio, sospende le leggi dell'universo per proteggere un re, un sacerdote, una casta, un popolo eletto, esso è essenzialmente eccezionale e direi quasi aristocratico. Quelli a cui è rifiutato, quelli che lo ignorano, quelli che lo negano non sono forse legalmente degradati e rejetti fuori della ragione universale? Dalla degradazione alla servitù in teoria non v'ha differenza: e in pratica? La religione è la pratica della servitù.
Il progetto di Ferrari è appropriarsi dell'uomo.
Ciò che è la religione cristiana e le religioni monoteiste derivate dal connubio ebraico-platonico, per Ferrari, è da attribuire alle religioni. Questa sistematica proiezione del proprio delirio religioso come categoria aprioristica è ingiuria ed offesa alle antiche religioni. Alla scienza degli antichi; all'abitare il mondo degli antichi.
Che Giuseppe Ferrari abbia individuato nella religione cristiana un nemico dell'uomo è fuori discussione. Che Giuseppe Ferrari non sia in grado di superare il condizionamento educazionale e condannare il suo dio padrone, il macellaio di Sodoma e Gomorra, ed è costretto a superare il dolore che proverebbe la sua psiche se lo condannasse (riterrebbe di bestemmiare e i sensi di colpa gli creerebbero dolore) estende la responsabilità dei delitti del suo dio padrone come se ogni altro dio avesse commesso gli stessi delitti o delitti simili.
Il disprezzo che Giuseppe Ferrari prova per la sottomissione imposta dal suo dio padrone nell'idea "Io sono Jahve il tuo padrone che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa della schiavitù. Tu non avrai altri Dèi di fronte a me. Non ti farai degli altri idoli, né alcuna immagine di ciò che è nei cieli in alto o sulla terra in basso, o nelle acque sotto la terra." in Esodo 20, 2-4, è un disprezzo assoluto. Ma Giuseppe Ferrari non ha la forza di dire al suo dio padrone: "Tu sei un criminale", ciò gli provoca troppo dolore, e allora afferma:
Gli idoli, gli Dei limitati, vivi, appassionati, vogliono essere rispettati, venerati, obbediti; conviene indovinare la loro volontà e adorarla, ed essendo essi i re del cielo e della terra, consacrano il principio della dominazione, voglio dire, di un governo fondato a profitto di chi governa.
Con questa azione Giuseppe Ferrari non condanna il suo dio che pretende di essere il suo padrone e nemmeno censura i suoi crimini, ma li giustifica e li assolve permettendo agli adoratori del dio padrone di continuare a commettere i medesimi crimini. Non dice "Il dio padrone vuole essere rispettato, onorato o obbedito...", ma dice che gli Dèi vogliono essere rispettati, venerati e obbediti attribuendo il dolore della propria sofferenza di individuo costretto alla sottomissione non a chi attua quella sottomissione, ma genericamente agli Dèi che hanno preceduto il suo dio padrone.
Questo modo di ragionare, appiattendo la realtà nelle categorie cristiane predeterminate nell'uomo mediante il condizionamento educazionale nell'infanzia, sarà il metodo che porterà gli atei cattolici a affermare che Marx disse che "La religione è l'oppio dei popoli...", cosa del resto falsa perché Marx parlava della miseria come oppio che la religione impone ai popoli identificando, con questo, la religione cristiana in quanto è la religione che ha costruito la miseria fra i popoli.
Infatti, è il cristianesimo la pratica della servitù. E' il cristianesimo il costruttore della schiavitù. Ma Giuseppe Ferrari non ha il coraggio di combattere il cristianesimo e di analizzare i principi religiosi con cui Gesù esalta e ordina la schiavitù in nome del dio padrone e di egli stesso come padrone e distruttore degli uomini.
A Giuseppe Ferrari manca il coraggio?
No, la cosa è voluta.
La dimostrazione della volontà di mascherare le attività criminali del cristianesimo sotto il velo di una responsabilità generica delle religioni, sta in quella ricerca di esaltazione del nazionalismo tedesco che passa attraverso il romanticismo in cui il concetto di "Volk" è un concetto legato al dio biblico e a tutti i principi di superpopolo, popolo eletto, in cui spesso la dottrina del dio padrone cristiano, con cui Hitler e le SS, si identificavano, riproducendo i principi assolutistici e razzisti della bibbia a volte chiamati con nomi di Dèi Germanici della cui dottrina religiosa si è completamente perso il ricordo (salvo i testi tardi scritti da cattolici che hanno avuto come modello proverbi, salmi ed ecclesiastico), messi in bocca a Votan, Odino, Thor ecc.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
E perché accettavasi la religione? Perché coincide colla fatalità che ci opprimeva. Siam nati in un mondo ostile, il problema della nostra attività non si svolge spontaneo come negli animali: non v'hanno valori che ci attraggano a lavori determinati e continui; il lavoro ripugna al selvaggio, che la natura prostra con un'inerzia mortale. Non viene tratto all'azione se non dalla disperata necessità della guerra: egli deve cacciare per vivere e la caccia è già una guerra; egli deve difendere la foresta che racchiude il suo vitto, e qui ancora l'inerzia è vinta dalla guerra tra le orde; la guerra gli dà il genio dell'offesa, della difesa, gli dà l'instancabile energia di Nemrod, gli dà lo schiavo a cui imporrà il lavoro che odia, gli dà così il primo germe dell'industria, i primi secreti del governo. La guerra scuote di continuo l'indolenza, le abitudini, l'imprevidenza; la guerra spinge al progresso sotto pena di morte: la guerra fa del mascalzone un eroe, un patrizio e della città militante una falange predestinata al dominio della terra. La natura nemica dell'uomo porta la discordia tra gli uomini, ma l'umanità sfugge alla propria distruzione, sviluppandosi col genio delle conquiste: quindi le grandi invasioni barbare, i Pelasgi, i Galli, i Tartari, i Germani e i Romani che furono l'espressione ideale del patriziato conquistatore.' Se l'ignoranza nativa vincolava l'uomo alla religione, se la mente umana non poteva sorpassare le necessità imposte al conoscere e al pensare, se la religione era l'errore teorico che non potevasi evitare, la conquista, sotto mille forme e nei suoi innumerevoli accidenti, è l'interesse che la religione santificò e servì. Il suo Dio fu il Dio dell'ingiuria, il Dio del vincitore; il suo miracolo fu la vittoria, la sua autorità fu l'autorità del padrone; dappertutto la rivelazione soprannaturale guidò l'avventuriere alla conquista della terra promessa; dappertutto predicò agli schiavi, ai servi, ai vinti l'obbedienza come un dovere.
Giuseppe Ferrari si fa una domanda senza chiedersi da dove e da quali presupposti tale domanda scaturisce. La domanda che fa non è innocua, ma contiene tutto lo schema creazionista e impositivo voluto dal cristianesimo. Attraverso quella domanda, artificiosa e pretestuosa, Giuseppe Ferrari determina una risposta necessaria che soddisfa alla sua malattia esistenziale.
Giuseppe Ferrari non si chiede che cosa sia la religione in sé, deprivata della sovrastruttura istituzionale, nelle relazioni che accompagnano l'uomo fra sé e il mondo.
Scrive Giuseppe Ferrari in Filosofia della Rivoluzione:
E perché accettavasi la religione?
Questa domanda parte dall'idea aprioristica di Giuseppe Ferrari secondo cui l'uomo è stato creato dal suo dio padrone e ad un certo punto della sua storia sociale, quest'uomo creato, ha accettato il "dominio" della religione.
Per Giuseppe Ferrari la "religione" non è il termine che definisce le relazioni emotive o affettive dell'individuo con gli oggetti del mondo, ma è una struttura di potere che determina i comportamenti dell'uomo nel mondo. Solo che la struttura di potere che determina i comportamenti dell'uomo nel mondo altro non è che una sovrastruttura di controllo psicologico imposta mediante l'educazione sulla struttura emotiva con cui l'uomo costruisce le relazioni empatiche con gli oggetti del mondo.
L'aberrazione della domanda posta da Giuseppe Ferrari sta nel suo significato intimo:
Perché l'uomo ha accettato di essere un vivente?
Rimane l'altra domanda in sospeso:
Perché l'uomo ha accettato di trasformare le proprie relazioni emotive col mondo conchiudendole in una struttura che le ha violentate affinché egli si sottomettesse? Perché l'uomo ha accettato di diventare parte di un gregge anziché essere un cittadino libero in una società libera da costrizioni in una Natura che fa della liberazione dalle costrizioni la base ideologica della propria esistenza?
Noi oggi conosciamo la risposta. Sappiamo che la progressiva modificazione delle condizioni oggettive hanno costretto l'uomo a sopravvivere adattandosi a condizioni di violenza assoluta davanti alla quale non aveva i mezzi culturali e religiosi con cui programmare un futuro diverso da un presente che andava sempre più restringendo la sua libertà fino all'avvento dell'assolutismo cristiano.
Gli uomini non furono abbastanza violenti e determinati a rispondere alla violenza e alla determinazione con cui gli schiavi ebrei prima e i cristiani poi imposero la schiavitù come modello sociale. Gli uomini non furono abbastanza violenti e determinati da imporre la democrazia là dove Platone voleva imporre l'aristocrazia del dio padrone. Non furono abbastanza violenti e determinati per imporre le condizioni che garantivano la libertà dell'uomo davanti alle proposizioni che imponevano la schiavitù e la sottomissione.
Non siamo nati in un mondo ostile. Siamo nati in un mondo cristiano che fa della violenza e dell'annientamento dell'uomo la realizzazione della parola del dio padrone.
Davanti a questo terrore Giuseppe Ferrari si ritrae. Ho! Può Giuseppe Ferrari essere accusato di vigliaccheria? Quando si trattava di affrontare il dio padrone dei cristiani nella sua dottrina, preferiva scappare e rifugiarsi nella genericità e questo è la spia che rivela la codardia intellettuale.
Gli individui non vivono nell'indolenza. Vivono sottomessi ad un regime che li ha sottomessi fin dalla nascita e quando si liberano dalla sottomissione vivono la loro vita naturale. La guerra scuote le condizioni di vita. Modifica il presente, ma la modificazione del presente non è auspicabile se non dal padrone a cui abbisognano nuovi schiavi sottomessi che non mettano in discussione le regole alle quali alcuni vecchi schiavi si stanno opponendo mettendo in atto resistenze attraverso richieste di modificazioni.
La guerra permette al padrone di ripristinare il suo dominio. La disperazione dello schiavo che fa la guerra armata contro il padrone alimenta la possibilità di dominio del proprio padrone. Quando le conquiste sociali minano il controllo del padrone, allora il padrone ricorre alla guerra o alla crisi economica devastante che distrugge o impoverisce le condizioni di vita dei sottomessi.
L'umanità, a differenza di quanto afferma Giuseppe Ferrari, sfugge alla distruzione partorendo figli. I tempi degli uomini non sono quelli della storia, ma sono i tempi della loro vita fisica, della vita della loro specifica individualità, che il dio padrone cristiano vuole conchiudere in un conflitto armato perenne per impedire alle persone di godere della propria esistenza nelle relazioni col mondo. E' sempre "l'altro" colui a cui il dio padrone vuole rubare la vita. Indicando l'altro, l'infedele, come nemico, il dio padrone ruba la vita ai suoi stessi scagnozzi. La guerra non rafforza l'uomo, lo costringe a ricominciare distruggendo la ricchezza che ha accumulato.
Il nemico non è la religione; il nemico è la religione cristiana. Il nemico dell'uomo non è la vita, ma chi tenta di sottomettere la vita.
Davanti a questa realtà Ferrari perde il lume della ragione e vola nella fantasia di periodi storici che si ripetono come se un disegno del suo dio padrone intervenisse nella storia.
A Giuseppe Ferrari mancò il senso dell'analisi critica della realtà in cui viveva e la capacità di chiamare per nome e cognome l'orrore che preferiva indicare genericamente.
Il dio padrone dei cristiani è il dio dell'ingiuria; il dio della calunnia; il dio della menzogna; il dio del genocidio; il dio della distruzione dell'uomo. Un dio che con la sua attività criminale ha reso difficoltosa la vita dell'uomo che, nonostante questo, ha tentato di aprirsi varchi verso un futuro possibile.
L'ebraismo e il cristianesimo fu inventato da schiavi che volevano insegnare ai futuri padroni come davvero ridurre gli uomini in schiavitù: questi schiavi, ebrei e cristiani, sapevano bene come costruire la vera schiavitù, non come i Babilonesi che si accontentavano di poco.
Così il dio dei cristiani, macellando popoli:
dappertutto la rivelazione soprannaturale guidò l'avventuriere alla conquista della terra promessa
E le mani di ebrei e cristiani grondano sangue di milioni e milioni di persone macellate per il dominio del pederasta Gesù appeso alla croce.
NOTA: Le citazioni di Giuseppe Ferrari sono tratte da Filosofia della Rivoluzione (1851) Marzorati Editore Milano 1970 da pag. 383 a pag. 385
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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito. |
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Marghera, 30 settembre 2013 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.