Che cosa intendono i Jainisti con la percezione Manahparyaya?
Il Manahparyaya è la conoscenza diretta del pensiero degli altri, simile alla conoscenza telepatica delle menti altrui.
L'interpretazione che ne da Radhakrishnan S. nella sua Filosofia indiana (il testo buddhista che sto usando e dal quale traggo le citazioni) è chiaramente un'interpretazione superstiziosa derivata dall'ideologia da onnipotenza buddista.
Il mondo emotivo è il mondo della vita in sé. La vita nasce con un'emozione e costruisce le relazioni con le emozioni che dal mondo giungono a lei.
Non c'è azione e non c'è soggetto, che noi riconosciamo come tale, che non manifesti emozioni. L'emozione è ciò che distingue l'inanimato dall'animato, ma è anche ciò che distingue il dio dal non dio; ciò che manifesta volontà da ciò che non manifesta volontà.
L'emozione è oggetto in sé. Il mondo delle emozioni è un mondo a parte. E' il fondamento della vita. I primi Esseri che si muovevano nel brodo primordiale erano emozioni. Tutti i soggetti dello spazio, tutti i corpi, sono emozioni e comunicano mediante le emozioni.
Quando un soggetto arriva a praticare il mondo delle emozioni ha la conoscenza del Manahparyaya. Ha il Potere di Essere. L'emozione è ciò che siamo; relazionarci attraverso le emozioni è il Potere che l'individuo esercita nei confronti della sua ragione.
Il mondo emotivo non è descrivibile mediante le parole della ragione. Nella ragione il mondo dell'emozione si esprime con una sorta di "nostalgia malinconica" che ci trasmette la consapevolezza che qualche cosa manchi fra noi e il mondo in cui viviamo. Una sorta di separazione da un luogo relazionale andato perduto. Come se avessimo la consapevolezza di essere diventati sordi a voci presenti. L'emozione che ci assale guardando un tramonto, le emozioni sottili che percepiamo quando guardiamo un insetto aprirsi la strada fra fili d'erba, quella sensazione di essere all'interno di un immenso quando ci perdiamo in un cielo stellato, la sensazione di essere l'altro quando facciamo all'amore. Gli stessi legami affettivi. Tutto questo noi lo interpretiamo e descriviamo mediante la ragione; lo giustifichiamo con varie motivazioni. Si tratta solo di una giustificazione vuota che tenta di legittimare pulsioni che sono estranee alla ragione. Sono sensazioni che emergono dentro di noi e che possiamo vivere solo fermando il dialogo interno e facendo emergere quell'emozione che dura qualche attimo prima che la ragione riprenda il controllo dell'individuo.
Qualcuno potrebbe chiamarla fusione di spiriti. Dove le parole possono solo descrivere un sentimento, ma non trasmetterlo.
Le relazioni empatiche e le relazioni emotive appartengono ad un mondo a sé. Il mondo della vita.
La conoscenza empatica è un modo di conoscere e abitare il mondo. E' il modo di costruire la conoscenza fin dagli albori della vita, prima ancora che la Natura germinasse sulla Terra. L'empatia è il metodo con cui il feto conosce e si relaziona con la madre. L'empatia è l'origine di quel moto di spirito che chiamiamo con-passione come capacità di soggettivare le emozioni dell'altro. La con-passione è un legame profondo che insorge con un'emozione nel momento in cui comprendiamo "l'altro" tanto da essere noi stessi "l'altro". Non si tratta della "conoscenza telepatica", ma della consapevolezza della conoscenza empatica. La conoscenza empatica si manifesta fra persone legate da rapporti amorosi, Afrodite, ma per l'individuo che ha raggiunto la conoscenza Manahparyaya questo conoscere si estende oltre i legami affettivi, oltre la specie, oltre gli Esseri viventi della Natura, oltre lo spazio e le galassie. Solo che, poi, non sa che farsene nella vita quotidiana.
Il buddista, nel delirio di onnipotenza, pensa al "potere di possesso" che può dargli "conoscere direttamente il pensiero degli altri" o "la conoscenza telepatica delle menti altrui". Questo perché il buddhismo, come il cristianesimo, si originano dal platonismo in cui la forma razionale o il nulla della forma razionale sono la i limiti dell'uomo. Per questo, il processo di annientamento emotivo che il buddhista opera su sé stesso per giungere al nulla negando il proprio desiderio, lo allontana dall'interazione con "l'altro" di cui si ritiene superiore o padrone nei confronti del quale esercita il suo potere di "conoscere direttamente il pensiero degli altri" o "la conoscenza telepatica delle menti altrui".
L'Avadhi e il Manahparyaya sono estranei alla ragione: sono il suo sconosciuto. Sono sconosciuti perché sono estranei alla ragione, ma non sono inconoscibili perché la ragione è divenuta selezionando la percezione dell'individuo sia dalla sua struttura emotiva che dalla sua necessità d'azione come necessità di espansione nel mondo in cui è nato. Eppure la ragione deve sospendere sé stessa quando l'individuo diventa azione usando la coscienza dell'interazione delle azioni, del tempo e del mutamento. Eppure quando l'emozione insorge nell'individuo la ragione si sospende e la ragione parla di un prima e di un dopo, ma mai di un durante l'insorgenza dell'emozione. Eppure la ragione deve veicolare l'emozione, la deve sia riconoscere che gestire. La gestione dell'azione della ragione avviene dopo che l'azione è stata fatta. L'azione non è generata dalla ragione. E' generata dalla coscienza interiore che obbedisce a criteri estranei alla ragione. Obbedisce a Necessità, Intento, Bisogno e Desiderio Bello. Più la ragione, la razionalità, pensa di agire e tanto meno l'individuo agirà in quanto il compito della ragione è salvaguardare sé stessa come dominatrice dell'individuo. L'azione, messa in atto dall'individuo, modificherà la sua ragione. L'emozione che sorge nell'individuo, modifica, ogni volta, l'individuo. Quando l'emozione insorge, la ragione tace. Nel momento stesso in cui l'emozione si impossessa dell'individuo, in quella frazione di tempo, la ragione viene annullata. Sia che si tratti dell'emozione che insorge per un bel tramonto, sia che si tratti di un respiro d'amore, di un'amicizia, di uno stimolo intellettuale, di un'intuizione profonda. Sia quando chi pratica Manahparyaya si fa accarezzare le proprie emozioni dalle emozioni di tutti i soggetti dell'universo.
Nella filosofia Castanediana il Potere di Essere o Potere Personale, quando non imprigiona l'individuo fra le carezze emotive dell'universo, lo porta verso la vecchiaia e la morte.
L'individuo usando Mati ha vinto la paura e ha sviluppato la lucidità nella conoscenza Sruti; l'individuo usando la conoscenza Sruti ha vinto la lucidità e ha sviluppato il Potere di essere nella conoscenza Avadhi; l'individuo usando la conoscenza Avadhi ha vinto il Potere di Essere e ora affronta la morte nella coscienza Manahparyaya. Il Manahparyaya è il mondo emotivo della vita, della coscienza, della conoscenza. La vita è costruzione, trasformazione, mai annientamento.
Solo che la morte non appartiene allo sconosciuto della ragione, ma ad un inconoscibile che si dispiega in un ambito dal quale la ragione è esclusa. La ragione ha paura della morte perché con la morte del corpo fisico muore la ragione. Quando è stata costruita la conoscenza del Kevala? Quando questo inconoscibile si è presentato?
E l'inconoscibile Kevala.
Il quinto e ultimo livello di conoscenza dei Jainisti è il Kevala.
Claudio Simeoni
Marghera, 11 febbraio 2012
Continua... nella diciottesima parte
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Si tratta di due modi diversi ed inconciliabili mediante i quali pensare e vivere il mondo in cui si nasce. Mentre Platone si fa artefice e demiurgo del mondo, Orfeo si fa cantore e viaggiatore del mondo in cui è nato. Mentre Platone, attraverso Socrate, pretende di imporre le leggi e le regole della società e dell'universo, Orfeo costruisce le relazioni con la vita e con la Natura. Platone, con Socrate, pretende di essere il padrone degli uomini, Orfeo un uomo che vive.
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Ultima formattazione 28 gennaio 2022
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