Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844 - 1900)

L'eterno ritorno

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185808

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre (alle pagine sulla Nascita della Tragedia)

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

L'eterno ritorno in Nietzsche

 

In un frammento del 1888 Nietzsche affermava:

"Amici, io sono il maestro dell'eterno ritorno..."

Che cosa intendeva Nietzsche per "eterno ritorno"? E di ciò che Nietzsche intendeva, quali sono le implicazioni esistenziali?

Esiste un'idea della ragione che consiste nell'"essere sempre e per sempre". La ragione, la visione razionale con cui l'uomo, con tutti i suoi limiti, descrive la sua esistenza, le sue relazioni e il mondo, anela a vivere per sempre sofferente della consapevolezza che la morte del corpo fisico implica la morte della ragione.

Nietzsche, a differenza di altri filosofi, non va mai preso per quello che scrive, ma è necessario considerare quello che scrive come un'immagine dei suoi desideri di quel momento. Il delirio di Nietzsche è una manifestazione dell'attimo emotivo, la sensazione dell'attimo, che estende in un immenso assoluto in cui, in quel momento, coinvolge tutto sé stesso. La filosofia di Nietzsche è un continuo tentativo di riaffermazione di sé stesso in un assoluto pensante separato da un universo che guarda sprezzante perché coinvolto nelle condizioni e nei sentimenti di una vita fatta di condizioni, contraddizioni, mediazioni esistenziali che lui non tollera. Nietzsche non ha un progetto per il futuro. Il progettare non è di Nietzsche che punta su un nichilismo esistenziale come dimensione di annientamento di un presente fatto di masse plebee, di schiavi, senza chiedersi perché sono schiavi o in che cosa consista la loro schiavitù al di fuori della rappresentazione formale.

Scrive Nietzsche:

Per lo più un sintomo del fatto che gli strati inferiori sono stati trattati con troppa umanità, che essi già assaporano una felicità a loro proibita. Non è la fame che provoca rivoluzioni, ma il fatto che al popolo, en mangeant, è venuto l'appetito...

Frammento 379 scritti postumi 1887-1888

Agli schiavi è venuto appetito di libertà perché gli schiavi-schiavisti hanno avuto nei loro confronti troppa "umanità".

Noi viviamo in un ambiente culturale cristiano e nell'ambiente culturale cristiano esiste una pratica di confronto, istituita da Gesù, secondo cui i cristiani non entrano mai nel merito dei principi o delle tesi da discutere, ma aggrediscono le persone come fa Gesù con i Farisei: "Come potete parlar bene voi, malvagi come siete!". Il pericolo che si commette, quando si analizza un autore, è quello di riprodurre lo schema di Gesù che risulta ripugnante per la cultura e che oggi viene usato esclusivamente da gentaglia immorale come Bergoglio o Ratzinger. Se è corretto criticare e discutere nel merito è altrettanto vero che le nostre idee, per le quali o con le quali discutiamo, sono il prodotto delle nostre scelte di vita, di come noi manipoliamo le nostre emozioni e della qualità dei bisogni che esprimiamo. Queste considerazioni vanno fatte quando ci si confronta o si leggono le idee di Nietzsche. Nietzsche è un oppiomane. I suoi bisogni, le sue idee, il suo pensiero, il suo comportamento è tutto volto a procurarsi e ad assumere sostanze stupefacenti che creano dipendenza. L'oppio trasforma il modo di pensare dei drogati costringendoli a perdere interessi per la società, per le persone, e a costruire una relazione privilegiata con l'oppio. La struttura di pensiero dell'individuo si piega al delirio dell'onnipotenza da oppio e il drogato vive in un mondo immaginario in cui tutto è possibile e tutto si realizza perché si realizza nella sua testa. L'oppiomane si distacca dal mondo sociale, si isola, guarda il mondo con disprezzo e distrugge il proprio corpo in nome dell'assoluto che esprime nel proprio delirio alimentato dalla droga. Trasformare questo in filosofia implica legittimare la distruzione culturale di una società impedendo ai sofferenti, che in quella filosofia possono trovare delle assonanze, di costruire un cammino capace di portarli fuori dalla sofferenza. L'eroinomane sofferente ha la capacità di coinvolgere una grande quantità di strutture emotive umane in una compassione che si trasforma in complicità distruttiva. Mentre lo schizofrenico interpreta la realtà trasformandola in una forma immaginaria, l'eroinomane trasforma la propria immaginazione in realtà. Un'immaginazione che deve confermare la sua onnipotenza, il suo disprezzo per gli altri, il suo delirio con cui egli rappresenta sé stesso.

La ragione non è la vita; la ragione è uno strumento dell'uomo col quale, anche col quale, affrontare la vita. Il delirio dell'eroinomane è un tentativo di legittimare il delirio per farlo accettare come un oggetto in sé. La ragione è uno strumento che da mezzo si è trasformato in fine e guardiano della percezione e del sentire dell'uomo. Quando questo strumento viene alterato da droghe come l'oppio si trasforma in una ragione delirante che invade tutto il campo fisico, psichico ed emotivo costringendo l'individuo a vivere in funzione del delirio espresso dalla ragione. Come guardiano della percezione e del sentire dell'uomo, la ragione fantastica in relazione ad un assoluto della ragione che vorrebbe far sopravvivere oltre la morte del corpo fisico o che vorrebbe estendere all'infinito in una sorta di onnipotenza variamente descritta.

Nel commento a Nietzsche cercherò di mantenere un equilibrio, per quanto mi sarà possibile, fra il riconoscimento dei deliri manifestati dall'oppio e l'analisi della sua filosofia in merito all'"eterno ritorno".

Scrive Nietzsche in la Gaia scienza:

341. Il peso Più grande. Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere! ». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina? ». Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?

Che accadrebbe se un giorno o una notte ti apparisse dio e ti dicesse che tu sei creato a sua immagine e somiglianza? La stessa cosa del demone che striscia fuori e ti racconta: "In verità, in verità ti dico..."

Con queste ipotesi possiamo scrive storie fantastiche. Storie di fantascienza, ma non possiamo parlare di filosofia.

Il fantasticare appartiene ad un desiderio soggettivo che prende forma e si riempie di contenuti descrittivi. Nella fattispecie Nietzsche ha paura di morire. Desidera un'eternità della sua coscienza razionale in un delirio di onnipotenza che conchiude nell'idea del demone che gli racconta della sua eternità.

Proviamo ad analizzare cosa dice il demone e proviamo a pensare alla medesima condizione per tutti i soggetti viventi nel medesimo momento in cui noi stiamo vivendo pensando che tutti stanno rivivendo una vita già vissuta nelle condizioni in cui la stanno vivendo.

E' indubbio che nell'atto che si ripete l'uomo può viverlo con un atteggiamento soggettivo diverso, ma nel momento stesso in cui vive il medesimo atto con un atteggiamento soggettivo diverso, non sarebbe più una ripetizione, ma un diverso atto e una diversa vita.

Nel momento stesso in cui la ripetizione della vita, per un attimo di questa ripetizione infinita, uno dei soggetti della ripetizione vivesse un attimo immenso, non sarebbe più un rivivere o una ripetizione, ma sarebbe un mutare della ripetizione stessa. Allora, perché non prendere in considerazione che tutti gli Esseri della Natura, tutti meno che Nietzsche, stanno vivendo ogni loro attimo dell'esistenza come un attimo immenso e solo Nietzsche sta subendo una ripetizione di cui è vittima e per la quale vuole immaginare? Vuole digrignare i denti?

L'eterno ritorno è fantasticato più dai lettori Nietzsche che non dalla filosofia di Nietzsche. In Nietzsche l'uomo non diviene mai, o è o non è. E' un uomo superiore o è plebe, l'uno non si riversa nell'altro, ma è separato in una dimensione di padrone e schiavo dove "l'animo dello schiavo" è il padrone del tempo presente e il dolore dell'uomo superiore è esaltato come una porta alle nuove virtù.

Scrive Nietzsche in Così parlò Zaratustra:

«Alt, nano! dissi. O io! O tu! Ma di noi due il più forte son io: tu non conosci il mio pensiero abissale! Questo tu non potresti sopportarlo! ». - Qui avvenne qualcosa che mi rese più leggero: il nano infatti mi saltò giù dalle spalle, incuriosito! Si accoccolò davanti a me, su di un sasso. Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia. «Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo". Ma, chi ne percorresse uno dei due - sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?».

«Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo». «Tu, spirito di gravità! dissi io incollerito, non prendere la cosa troppo alla leggera! O ti lascio accovacciato dove ti trovi, sciancato - e sono io che ti ho portato in alto!Guarda, continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia - esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una all'altra, in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque - - anche se stesso? Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? - e ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?», -

Tutto è già avvenuto. Ciò che ora viene fatto è già stato fatto e ciò che viene fatto è una ripetizione di quello che è stato fatto. Quale forza mi induce a ripetere sempre gli stessi gesti come un ingranaggio che dentro ad una macchina gira sempre su sé stesso perché obbligato dal perno centrale?

La strada della vita che porta in avanti è la stessa strada della vita che porta indietro e si congiungono in un continuo ripetersi in cui Nietzsche non definisce il perno, la potenza, che obbliga alla ripetizione.

Ciò che io sono è ciò che io ero e ciò che io faccio è ciò che già ho fatto in un destino che condanna l'uomo a ripetere all'infinito le stesse cose. Nietzsche ha rielaborato in chiave personale i cicli della storia di Vico. Mentre Vico parla dei corsi e dei ricorsi della storia, Nietzsche fissa la storia come ripetizione di sé stessa. Come se mai la storia costruisse un presente, come se quel presente fosse sempre esistito in una ripetizione ossessiva quale prodotto di una storia che si è ripetuta all'infinito.

La visione di cui parla Zarathustra al Nano consiste nel fatto che Zarathustra o il Nano non hanno solo vissuto una nuova vita, ma hanno vissuto il medesimo atto relazionale nel medesimo mondo che sta vivendo sé stesso in una ripetizione dell'attimo.

Il senso dell'eterno ritorno appare nell'attimo vissuto che si ripete. Come se non solo il singolo individuo fosse "condannato" o "destinato" a vivere continuamente l'attimo vissuto, ma l'intero mondo, l'intero universo è "condannato" o "destinato" a rivivere l'attimo vissuto da ogni singolo soggetto od oggetto individuabile nell'universo stesso.

Si tratta di un paradosso esistenziale che viene proiettato in un conflitto psicologico composto da vari fattori. Una ricerca della legittimazione morale dell'attimo vissuto. Una sorta di separazione morale fra la mia responsabilità soggettiva nella scelta d'azione nell'attimo e l'accadimento provocato dalla mia scelta o dalla mia non scelta. L'attimo viene vissuto perché io ripeto l'attimo vissuto in una sequenza temporale in cui l'attimo lo vivo perché l'attimo si ripete.

Le cose che possono camminare camminano la stessa via; e la via? La via è sempre la stessa che viene percorsa? La via è la costante in cui le cose che possono camminare ripercorrono all'infinito lo stesso attimo vissuto? Ma se le cose ripetono lo stesso attimo vissuto, la via ripete sé stessa?

Io, secondo Nietzsche, non posso sottrarmi all'attimo vissuto che si ripete, posso prendere atto che l'atto si ripete e vivere la ripetizione dell'attimo in questa "orrida via".

Scrive Nietzsche in Così parlò Zaratustra:

Così parlavo, sempre più flebile: perché avevo paura dei miei stessi pensieri e dei miei pensieri reconditi. E improvvisamente, ecco, udii un cane ululare. Non avevo già udito una volta un cane ululare così? Il mio pensiero corse all'indietro. Sì! Quand'ero bambino, in infanzia remota: allora udii un cane ululare cosi. E lo vidi anche, il pelo irto, la testa all'insù, tremebondo, nel più fondo silenzio di mezzanotte, quando anche i cani credono agli spettri: - tanto che ne ebbi pietà. Proprio allora la luna piena, in un silenzio di morte, saliva sulla casa, proprio allora si era fermata, una sfera incandescente, - tacita, sul tetto piatto, come su roba altrui: - ciò aveva inorridito il cane: perché i cani credono ai ladri e agli spettri. E ora, sentendo di nuovo ululare a quel modo, fui ancora una volta preso da pietà. Ma dov'era il nano? E la porta? E il ragno? E tutto quel bisbigliare? Stavo sognando? Mi ero svegliato?

Tutto ciò che avviene è già avvenuto. Tutto ciò che accade è già accaduto ed io, dice Nietzsche attraverso Zarathustra, ricordo lo stesso ululare del cane. Non si tratta di un ricordo per similitudine, ma attraverso un ricordo per similitudine Nietzsche afferma che tutto è già accaduto. Milioni di cani hanno ululano nel corso dei millenni, ma quell'ululato che Nietzsche ricorda non appartiene al tempo passato, ma ad una vita passata di cui quella vissuta ora è mera ripetizione.

Così, per similitudine, il coltello che viene infilato nella gola è il coltello che già era stato infilato nella gola; l'uomo gettato nel burrone o la donna violentata è l'uomo che già è stato buttato nel burrone e la donna è già stata violentata e tutto, per Nietzsche, si ripete in una continua riproposizione di un già vissuto che viene vissuto ora.

Scrive Nietzsche negli inediti 1881-1882

[316] La misura della forza del cosmo è determinata non è «infinita»: guardiamoci da questi eccessi del concetto! Conseguentemente, il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e praticamente «non misurabile»; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. è vero che il tempo nel quale il cosmo esercita la sua forza è infinito, cioè la forza è eternamente uguale ed eternamente attiva: fino a questo attimo, è già trascorsa un'infinità, cioè tutti i possibili sviluppi debbono già essere esistiti. Conseguentemente, lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che 1'ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all'indietro! Tutto è esistito innumeri volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre. Se mai, a parte ciò, sia esistito qualcosa di uguale, è assolutamente indimostrabile. Sembra che la situazione complessiva plasmi di nuovo, fin nei minimi particolari, le qualità, talché due diverse situazioni complessive non possono avere nulla di uguale. In una situazione complessi- va, può esservi qualcosa di uguale, per esempio due foglie? Ne dubito: ciò presupporrebbe che esse avessero una nascita assolutamente uguale, e con ciò dovremmo supporre che, indietro, fino a tutta l'eternità, vi sia stato qualcosa di uguale, nonostante tutti i mutamenti delle situazioni complessive, e la creazione di nuove qualità - ipotesi impossibile!

Qual è la misura della forza del cosmo?

Rispetto a che cosa si afferma che è limitata?

La forza dell'uomo è determinata, la forza del cosmo non è determinata, tanto meno ai tempi di Nietzsche e pertanto, io come uomo, la posso pensare infinita. Infinita rispetto a me. Le combinazioni del cosmo sono infinite perché sono oltre l'orizzonte del mio sguardo. Posso immaginare che il cosmo sia finito e abbia dei limiti, ma questo immaginare appartiene ad un'immaginazione di cui non mi posso servire.

E come si può mettere un limite al cosmo e mettere un non limite al tempo?

E come si può dire che la forza è eternamente uguale ed eternamente attiva se non si precisa che cosa sia la forza?

Si può condividere che fino a quest'attimo è trascorso un'infinità; ma rispetto a cosa? Rispetto all'esplosione dell'uovo luminoso che dette inizio all'universo che conosciamo sono trascorsi un numero finito di unità di tempo. Oggi si può ipotizzare che siano misurabili.

Non abbiamo un infinito all'indietro e non abbiamo un'eternità del cosmo davanti a noi se il cosmo ripete ciò che ha già fatto. Pertanto, affermare che
"lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che 1'ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all'indietro! Tutto è esistito innumeri volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre."
non è solo fuorviante, ma ingannatore se non si precisa che cosa si ripete, in che condizioni si ripete e com'è il ruolo dell'uomo nel ripetersi. Quando Nietzsche afferma che tutto è esistito innumerevoli volte, si riferisce a Nietzsche che è esistito innumerevoli volte? O si riferisce all'universo che al di là dei singoli adattamenti è esistito innumerevoli volte?

Nietzsche afferma che "la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre.", ma con la medesima coscienza o senza la medesima coscienza. Come forma di materia o come struttura psichica?

La tendenza di Nietzsche è quella di affermare che "Se mai, a parte ciò, sia esistito qualche cosa di uguale, è assolutamente indimostrabile" come il dio creatore dei cristiani.

Subito dopo, però, a Nietzsche sembra che "sembra che la situazione complessiva plasmi di nuovo, fin nei minimi particolari le qualità [...] due diverse situazioni complessive non possono avere nulla di uguale..."

Le riflessioni finali del paragrafo considerato escludono un "eterno ritorno" come definito nella Gaia Scienza in cui il presente si riproduce all'infinito.

Il paragrafo 317 è un gioco legato agli effetti della gabbia di Pavlov. Un pensiero non plasma l'uomo.

Scrive Nietzsche negli inediti 1881-1882

[317] Esaminiamo come il pensiero che qualcosa si ripeta abbia agito fino a oggi (1'anno, per esempio, oppure le malattie periodiche, la veglia e il sonno, e così via). Se la ripetizione circolare fosse anche solo una verosimiglianza o probabilità - già il pensiero di una probabilità può sconvolgerci e riplasmarci, e non solo le sensazioni determinate aspettative! Quali effetti non ha sortito la possibilità dell'eterna dannazione!

Il pensiero della "dannazione eterna" non ha plasmato l'uomo. E' il terrore fisico e sociale che ha plasmato l'uomo. Un terrore fatto di armi, galera, persecuzioni, danneggiamento sistematico della qualità della vita. Questo terrore ha plasmato l'uomo costringendolo ad adattarsi a quelle condizioni. Poi, una volta che le società vengono ridotte dai cristiani nella miseria, nell'indigenza, i cristiani a questi carcerati dell'esistenza, sottraggono l'infanzia e la plasmano nel terrore di una dannazione nel presente che estendono ideologicamente all'idea di dannazione eterna.

La possibilità di dannazione eterna non ha sortito nessun effetto se non fosse stata estensione ideologica della dannazione fattiva che il terrore degli adoratori del criminale Gesù hanno imposto sugli uomini e sui bambini. Senza le sbarre dietro le quali imprigionare e torturare gli uomini, i bambini, futuri adulti all'interno di quella gabbia fatte da sbarre cristiane, non avrebbero mai sbavato all'idea della dannazione eterna delle favole cristiane.

Scrive Nietzsche negli inediti 1881-1882 quando ritenne di essere illuminato nell'idea di eterno ritorno:

[219] Il ritorno delle stesse cose

ABBOZZO

1) L'assimilazione degli errori fondamentali.
2) L'assimilazione delle passioni.
3) L'assimilazione del sapere, anche di quel sapere che rinuncia. (La passione della conoscenza).
4) L'uomo innocente. L'individuo come esperimento. La facilitazione, l'abbassamento, l'indebolimento della vita - transizione.
5) Il nuovo centro di gravità: l'eterno ritorno delle stesse cose.
Importanza infinita del nostro sapere, dei nostri errori, delle nostre abitudini e modi di vivere per tutto il futuro. Che facciamo noi, con ciò che rimane della nostra vita - noi, che ne abbiamo vissuto la maggior parte senza sapere la cosa più importante? ci dedichiamo a insegnare questa teoria - è il mezzo più efficace per assimilarla noi stessi. Il nostro tipo di felicità in quanto maestri della più grande teoria.

Primi d'agosto I88I a Sils-Maria, a 6000 piedi al disopra del mare e molto Più in alto di tutte le cose umane!

L'intuizione avuta da Nietzsche non chiarisce l'intuizione stessa. Non dice che cosa ritorna.

Ritornano gli errori fondamentali? O l'uomo che commette gli errori ritorna a commettere quegli errori fondamentali in una continua sequenza di errori?

Gli errori vengono assimilati, ma nell'assimilazione degli errori, l'uomo è uguale a prima di commettere quegli errori? E rispetto a cosa potevano essere degli errori? E quando l'uomo non commette degli errori perché più semplicemente mette in atto delle azioni, è sempre lo stesso uomo o l'uomo viene modificato dall'azione?

Assimilare le passioni. Fagocitare le passioni.

Assimilare e fagocitare il sapere: esiste una trasformazione soggettiva nell'assimilazione della conoscenza? E se si, esiste un insieme di uomini che si trasformano nell'assimilazione della conoscenza delle passioni, degli errori?

Sono questi gli uomini superiori, gli oltreuomini?

Nel far questo, i singoli individui della "plebe", diventano uomini superiori o oltreuomini?

Che cos'è "l'uomo innocente" se non una categoria propria dell'uomo peccatore cristiano?

Che cos'è l'individuo come esperimento? Chi sperimenta l'individuo? Io sono legittimato a sperimentare l'individuo o sull'individuo? Qualche cosa o qualcuno è legittimato a sperimentare me o su di me?

Questo tipo di affermazioni, vuote nei contenuti, sono proprie dell'elaborazione dei vangeli in cui si fanno affermazioni ma si attende il lettore che riempia di significato tali affermazioni.

Quando uno dice "dio crea il mondo", oppure "l'eterno ritorno delle stesse cose", se non precisa e se non argomenta, significa che sta contando sullo smarrimento dei suoi ascoltatori affinché i suoi ascoltatori riempiano di significato tali affermazioni.

Qual è l'importanza infinita della credenza di sapere dell'eroinomane nei suoi deliri che il non eroinomane non può conoscere? La separazione psico-emotiva del non-eroinomane dall'eroinomane impedisce al primo di individuare gli errori o le abitudini o i modi di vivere dell'eroinomane che vive fra la necessità di ingannare il mondo e il preservare la propria condizione di "furbo" che si fa di eroina? Le due forme mentali sono separate e il non-eroinomane, collocando e significando nella propria forma mentale le azioni dell'eroinomane, non si avvede dell'insieme da cui quelle azioni e quelle idee emergono finendo per legittimarle nella propria forma mentale in un significato che finisce per legittimare i deliri salvo quando le esigenze di controllo dell'eroinomane non finiscono per incidere pesantemente nella sfera psico-emotiva ed esistenziale del non-eroinomane. Allora inizia il processo di rifiuto e di emarginazione.

Per insegnare questa teoria, la teoria dell'eterno ritorno, Nietzsche deve costringere le persone a farsi di eroina e mentre sono fatte di eroina possono in qualche modo, entrare in relazione con lui nei suoi deliri.

Scrive Nietzsche negli inediti 1881-1882

[235] II mondo delle forze non subisce diminuzione: altrimenti, nel tempo infinito, si sarebbe indebolito e sarebbe perito. Il mondo delle forze non subisce stasi: altrimenti questa sarebbe stata raggiunta, e l'orologio dell'esistenza si sarebbe fermato. Dunque, il mondo delle forze non giunge mai a un equilibrio, non ha mai un attimo di quiete, la sua forza e il suo movimento sono ugualmente grandi in ogni tempo. Quale che sia lo stato che questo mondo può raggiungere, deve averi o già raggiunto, e non una ma infinite volte. Così questo attimo: esso era già qui una volta e molte volte e parimenti ritornerà, tutte le forze distribuite esattamente come ora; lo stesso avviene per l'attimo che ha generato questo e per quello che sarà il figlio dell'attimo attuale. Uomo! La tua vita intera, come una clessidra, sarà sempre di nuovo capovolta, e sempre di nuovo si svuoterà - un grande minuto di tempo frammezzo, finché tutte le condizioni dalle quali tu sei divenuto, nel circuito cosmico, si verificano di nuovo. E allora troverai di nuovo ogni dolore -;-ogni piacere e ogni amico e nemico e ogni speranza e ogni errore e ogni filo d'erba e ogni raggio di sole, la connessione totale di tutte le cose. Questo anello, nel quale tu sei un grano, splenderà sempre di nuovo. E, in generale, in ogni anello dell'esistenza umana vi è sempre un'ora nella quale, - per la prima volta a uno, poi a molti, poi a tutti, - si presenta il pensiero più possente, quello dell'eterno ritorno di tutte le cose: ogni volta è questa, per l'umanità, l'ora del meriggio.

In Buchner e nei materialisti, la forza della materia trasforma la materia ma non diminuisce in quanto le variazioni appartengono alla relazione forza-materia. Nella scienza moderna l'energia si trasforma in materia e la materia in energia (vedi il bosone di higgs e la sua funzione) con il coinvolgimento della materia oscura e dell'energia oscura che recitano il loro ruolo nell'esistenza dell'universo.

La forza, comunque pensata, non subisce stasi perché nella stasi la forza non si esprime. La forza si esprime attraverso l'azione ed è assistendo all'azione che noi valutiamo la forza dell'azione o dell'oggetto a cui attribuiamo l'azione.

Tutto giunge ad un equilibrio e l'equilibrio è ogni volta un nuovo inizio mediante uno squilibrio. Ogni volta che avviene uno squilibrio, il mondo tende ad un nuovo equilibrio che viene squilibrato per modificare il presente che trova il suo equilibrio in una diversa costituzione e formazione del presente stesso.

La forza che agisce nella materia non ha mai quiete. D'accordo, ma come esprime la sua azione? Il suo non essere in quiete?

Quale che sia lo stato che questo mondo può raggiungere, deve averi o già raggiunto, e non una ma infinite volte. Così questo attimo: esso era già qui una volta e molte volte e parimenti ritornerà, tutte le forze distribuite esattamente come ora; lo stesso avviene per l'attimo che ha generato questo e per quello che sarà il figlio dell'attimo attuale. Uomo! La tua vita intera, come una clessidra, sarà sempre di nuovo capovolta, e sempre di nuovo si svuoterà - un grande minuto di tempo frammezzo, finché tutte le condizioni dalle quali tu sei divenuto, nel circuito cosmico, si verificano di nuovo.

Per Nietzsche la forza non agisce nella materia modificando il presente della materia, ma come una gigantesca mano del dio padrone, con cui Nietzsche si identifica, la vita intera, come una clessidra sarà capovolta. E tutto torna nel medesimo modo, gli amici, i fili d'erba, i raggi di sole, ecc.

E' un po' come la reincarnazione o la resurrezione della carne che tutto deve tornare dopo il fallimento esistenziale. Come ci sono le affermazioni di Socrate, le affermazioni di Gesù, le affermazioni del Buddha tutte prive di sostanza e di argomentazione, così ci sono le affermazioni di Nietzsche prive di sostanza e di argomentazione.

Il delirante desidera continuare un'esistenza di delirio in contrapposizione a questa plebe, a questi schiavi che, al contrario del delirante, conoscono il valore della vita e della morte. Il delirante eroinomane sogna l'eroismo nel suo delirio in cui si rifugia trovando sostegno e autopromozione attraverso l'eroina mentre lo schiavo che si alza al mattino affronta le contraddizioni della propria esistenza cercando di modificare il presente in cui vive.

Nietzsche non si illuda. La clessidra della sua vita non sarà capovolta. Non c'è futuro nel suo delirio perché il delirio si è nutrito delle sue possibilità.

Dove stanno le idee giuste e le idee sbagliate?

Scrive Nietzsche negli inediti 1881-1882

[258] Guardiamoci dall'attribuire a questo corso circolare una qualsiasi aspirazione o uno scopo: oppure di valutarlo, secondo i nostri bisogni, come noioso, stupido, e così via. Certamente, in esso si presenta sia il grado estremo di irrazionalità sia l'opposto; ma non deve essere misurato a questa stregua; razionalità e irrazionalità non sono predicati per il cosmo. - Guardiamoci dal pensare come divenuta la legge di questo circolo, secondo la falsa analogia dei movimenti circolari dentro l'anello. Non vi è stato prima un caos e poi, gradualmente, un movimento più armonico e infine uno stabilmente circolare di tutte le forze: piuttosto tutto è eterno, indivenuto: se vi fosse stato un caos delle forze, sarebbe stato eterno anche il caos e sarebbe tornato in ciascun anello. Il corso circolare non è nulla di divenuto, esso è la legge originaria, allo stesso modo che la quantità di energia è legge originaria, senza eccezione e prevaricazione. Ogni divenire è in seno al corso circolare e alla quantità di forza: dunque, per descrivere il circolo eterno, non bisogna ricorrere, mediante un'analogia sbagliata, ai circoli che divengono e periscono, per esempio le stelle, il flusso e il riflusso, il giorno e la notte, le stagioni.

Guardiamoci dal chiamare caos il caos. Come può la mia ragione chiamare l'oggetto composto da innumerevoli oggetti da cui la mia coscienza si separa e nei quali non è in grado di distinguere perché non ha categorie intellettuali per mettervi ordine?

Per quale motivo dovrei attribuire al cosmo un "corso circolare"? perché dovrei farlo dal momento che non ho elementi per affermare che il cosmo proceda con un movimento circolare se non come emanazione del dio padrone e ritorno al dio padrone del quale, però, non ammetto l'esistenza?

Perché dovrei attribuire al Cosmo un'aspirazione o uno scopo dal momento che non esiste un oggetto al di fuori del cosmo che possa individuare l'aspirazione o uno scopo? Io sono compreso nel cosmo, non viceversa. Solo le persone che credono nel dio creatore attribuiscono un fine al cosmo in quanto il loro dio creatore è il fine di tutte le cose e, allora, immaginano che lo sia anche del cosmo.

Che cos'è la razionalità che si presenterebbe nel cosmo? O, che cos'è l'irrazionalità?

Che cosa sono se non una condizione rispetto a quello che io posso ritenere razionale o posso ritenere irrazionale? Ma, dal momento che io non mi considero il punto di riferimento del cosmo, posso immaginare un infinito numero di condizioni che io considero irrazionali, ma che sono razionali per altri soggetti.

Il delirio dell'eroinomane annulla l'altro. Distrugge le diversità per appiattire tutto l'universo sull'immaginazione dell'eroinomane. Le diversità non esistono perché non esiste una diversità di vivere l'assunzione dell'eroina. L'individuo è unico e lui, in quanto unico, decide fra razionalità e irrazionalità. Sono comportamenti esistenziali che abbiamo visto in Gesù o in Abramo i cui storiografi erano sicuramente degli individui intossicati dall'oppio vista la razionalità assoluta che attribuivano ai loro irrazionali personaggi.

Perché dare per scontato "la legge di questo circolo"? Discutiamola. Giustificala, argomenta. Non fuggire. Cosa consideri per "la legge di questo circolo"?

Perché affermi che non vi è stato prima il Caos mentre Esiodo afferma che prima vi fu il Caos? Un'affermazione fatta da Esiodo che rientra sotto i miei sensi. Un giorno emersi nel caos e misi ordine abituandomi a vivere nella pancia di mia madre; poi emersi in un diverso caos e lavorai per mettervi ordine adattando la mia ragione al mondo quotidiano. Prima che la mia ragione descrivesse gli oggetti del mondo che è stata in grado di descrivere e li collocasse nelle condizioni e nel ruolo in cui io riesco a pensarli, tutto era CAOS.

Non c'era il movimento armonico: c'era il caos perché io non distinguevo gli oggetti e nemmeno mio nonno nel brodo primordiale da essere unicellulare distingueva gli oggetti come li distinguo io e lui pensa che quello che a me appare chiaro, sia caos alla sua percezione (e se non lo pensava, glielo attribuisco io partendo dal mio punto di vista di esploratore dello sconosciuto caotico che mi circonda).

Chi ha "creato" la legge originaria? Originaria in cosa e per cosa e rispetto a cosa?

Dio è origine di ogni cosa, affermano i cristiani; "il corso circolare è la legge originaria" dice Nietzsche: che differenza c'è? Entrambi affermano un apriori che pretendono di mettere a fondamento del mio pensiero e il mio pensiero si ribella!

Come può Nietzsche affermare che la quantità di energia è legge originaria? Originaria in che cosa e da che cosa?

E chi ha detto che ogni divenire è in seno al corso circolare e alla quantità di forza? E l'uso della volontà dei soggetti nelle trasformazioni?

La mia vita prosegue inesorabile dalla nascita alla morte. Una linea retta. Atropo, Cloto e Lachesi filano e tagliano il filo della mia esistenza, ma quel filo è costruito dalle mie scelte, dalle mie azioni e dalle mie passioni.

Posso capire il cristiano, come Nietzsche, che anela a vivere in eterno nella condizione che può razionalmente pensare, ma non esiste un tornare indietro e non esiste un cerchio una volta che la vita finisce: tanto meno per un cristiano o per un eroinomane che hanno sacrificato le scelte possibili ai deliri di onnipotenza.

Nel momento stesso in cui il soggetto percepisce il proprio fallimento esistenziale, nell'individuo sorgono idee deliranti di eternità. Queste idee deliranti di eternità possono essere legate alla provvidenza del dio padrone, al giudizio di dio, a forme come la reincarnazione o la metempsicosi, a rinascite karmiche o a "eterni ritorni" in un presente che rappresenta il modello costante dell'eterna esistenza.

L'eroinomane è come il cristiano: esige che gli uomini facciano proprio il suo stesso delirio.

Scrive Massimo Fini:

"Soffrì d'insonnia soprattutto negli anni Settanta e nei primi ottanta e fu allora che fece uso, e forse abuso, di cloralio idrato e, in alcuni periodi, anche di oppio. Ma uno non impazzisce perché dieci anni prima ha preso sonniferi. Inoltre Nietzsche assumeva il cloralio idrato, l'oppio e altri calmanti per combattere i disturbi che lo avrebbero portato alla follia, questi medicinali erano quindi una delle conseguenze della malattia, non la causa.

Le ragioni della pazzia di Nietzsche non vanno cercate in agenti esogeni, cioè in fattori esterni che avrebbero finito per attaccare e intaccare il suo cervello, ma direttamente nella sua mente, nella sua psiche, nelle sue laceranti contraddizioni psicologiche ed esistenziali.

[...]

Tuttavia c'è qualche cosa di vero, che lo riguarda, quando Nietzsche parla della follia come "maschera per un sapere infelice e troppo certo". Alla fine del 1888 Nietzsche non era più in grado di reggere il proprio cervello, ha via libera tutto ciò che si era negato in vita: la sessualità, l'aggressività fisica, la corporeità, l'esibizionismo, il turpiloquio. Si può dire che Nietzsche pazzo diventa finalmente quello che non era mai stato: un uomo. Ma un uomo senza cervello. Perché in lui cervello e corpo, istinto e ragione, erano scissi e non potevano convivere. O l'uno o l'altro: o un cervello senza corpo o un corpo senza cervello.

Tratto da: "Nietzsche: l'apolide dell'esistenza" di Massimo Fini, Marsilio editore pag. 372-374

Si confonde la malattia psichiatrica con gli effetti degli oppiacei sul modo di pensare e di abitare il mondo. Le due cose insieme, qualunque fosse la patologia psichiatrica di Nietzsche, portano ad un aggravamento delle condizioni psico-fisiche. Ma quando scrive Nietzsche non è debilitato dalla malattia psichiatrica, è condotto dai deliri dell'oppio e quando discutiamo del suo pensiero, stiamo discutendo dei deliri di un eroinomane.

Un ambiente familiare fortemente manipolatore e totalizzante della struttura emotiva infantile, ha sicuramente costruito in Nietzsche i fondamenti di una malattia mentale da incapacità di vivere nel mondo. Ha posto le basi per la sua fuga dalla vita cercando rifugio nell'oppio e nell'esaltazione del dolore. Questo non toglie che quanto Nietzsche afferma non lo fa come critica o come rivendicazione per quanto ha subito, ma legittima quanto ha subito anteponendo il delirio del proprio divenuto all'analisi delle condizioni che lo hanno portato a divenire.

Questo non significa che i deliri non possano essere divertenti, ma sui deliri non si costruisce nessuna struttura filosofica. Infatti, Nietzsche si può considerare alla stessa stregua dell'eroinomane che chiede l'elemosina o che fa piccoli lavori artigianali lungo le strade. I piccoli lavori artigianali di Nietzsche sono i sui libri, tecnicamente ben scritti, deliri che coinvolgono ed esaltano il lettore, ma privi di una prospettiva di futuro: come l'eroinomane.

Rimane interessante da analizzare, sia pur nel delirio, la concorrenza che fa Nietzsche a Gesù nel tentare di sostituire sé stesso a Gesù e sostituendo i valori che immagina Gesù abbia trasmesso con valori più legati al suo stato.

Che ne è, dunque, dell'"eterno ritorno"? Solo il delirio del fallimento esistenziale di un uomo che anziché isolarsi sopra una montagna, si è isolato nell'oppio.

In questo paragrafo della Gaia Scienza c'è tutta la tristezza del Nietzsche delirante che si identifica con Zarathustra immaginando il proprio vuoto d'oppio un ricolmo di sapienza:

342. Incipit tragedia. Compiuti che ebbe i trent'anni, Zarathustra abbandonò la sua patria e il lago Urmi e andò sulle montagne. Qui godette del suo spirito e della sua solitudine, e per dieci anni non ne fu stanco. Ma infine il suo cuore si mutò - e una mattina si levò con l'aurora; si fece innanzi al sole e così gli disse: «O grande astro! Che sarebbe la tua gioia se non avessi nessuno cui dare luce? Per dieci anni sei salito quassù alla mia caverna: sazietà ti sarebbe venuta della tua luce e del tuo cammino, se non ci fossi stato io, la mia aquila e il mio serpente; ma noi ti attendevamo ogni mattina, prendevamo a te la tua sovrabbondanza e ti benedivamo per questo. Guarda! Sono satollo della mia saggezza, come l'ape che troppo miele ha raccolto; delle mani ho bisogno che si tendano verso di me. Vorrei donare e spartire, fino a che i saggi tra gli uomini non si rallegrino ancora una volta della loro ricchezza. Per questo devo discendere nelle profondità: come fai tu, la sera, quando te ne vai sotto il mare e porti luce anche nel mondo sotterraneo, tu astro sovraricco! lo devo, al pari di te, tramontare, come dicono gli uomini, in mezzo ai quali voglio discendere. Benedicimi dunque tu, occhio placido, che puoi affisarti senza invidia anche in una felicità troppo grande! Benedici il calice che vuole traboccare, sì che l'acqua, tutta d'oro, sgorghi da esso e ovunque diffonda il riflesso della tua pienezza di gioia! Guarda! Questo calice vuole ancora vuotarsi e Zarathustra vuole ancora diventare uomo». Così ebbe inizio il tramonto di Zarathustra.

Come Gesù, anche Nietzsche immagina di essere un sapiente mentre inveisce contro il mondo non comprendendo i piccoli uomini che tutto il giorno si alzano per svolgere mansioni da schiavi!

Nascosto per anni nella caverna dell'oppio, Nietzsche si immagina un sapiente che ricolmo della sua sapienza, va fra gli uomini che non riconosco la sapienza nei suoi deliri: dio si è fatto uomo e Nietzsche, attraverso Zarathustra, si è fatto Gesù.

In Conclusione

Il pensiero di Nietzsche, tolta la nascita della tragedia, appare come il pensiero prodotto dal delirio dell'eroinomane. Un pensiero comune che si riscontra nelle prigioni sia fra gli eroinomani appena arrestati, e pertanto ancora in crisi di astinenza, che negli eroinomani che da molto tempo hanno abbandonato l'uso dell'eroina che tuttavia continuano a persistere nelle idee deliranti di un pensiero assolutista nel quale si identificano.

Quindici anni fa feci la stessa osservazione in relazione alla descrizione di Abramo nella bibbia. La bibbia descrive l'attività di un eroinomane e non mi stupii quando scoprii che l'uso dell'oppio in quelle zone era conosciuto. Erano sufficienti delle intossicazioni per far sorgere in individui sensibili, il pensiero delirante che nella bibbia viene sostanziato nel rapporto fra Abramo e il dio padrone.

La stessa descrizione fatta di Gesù è quella di un delirante da oppio: la pretesa della verità, il figlio del dio padrone che descrive il superuomo; l'onnipotenza delle nubi; la pretesa che tutti si mettano in ginocchio; il delirio del genocidio; l'assumersi del ruolo di giudice del mondo; ecc.

Sono tutti atteggiamenti che assume il consumatore di eroina, oppio con l'aggiunta di cocaina.

L'assunzione di sostanze oppiacee o dell'eroina, tanto per essere brevi, modifica l'atteggiamento dell'uomo nel mondo e le azioni con cui l'uomo risponde alle sue necessità e alle nuove espressioni delle necessità indotte dall'eroina. Ne consegue che per soddisfare queste nuove necessità, le azioni di quest'uomo modificano non solo le sue emozioni nel mondo, ma la sua stessa struttura neuronale, fisica, che deve rispondere alle sue nuove necessità. In sostanza, l'uomo che assume eroina esprime le sue idee sul mondo per rispondere ai suoi bisogni attraverso una modificazione fisica del suo abitare il mondo. Le sue idee sul mondo sono risposte tese alla legittimazione dei suoi deliri.

Diventa estremamente complesso entrare nei deliri e discutere dei deliri perché il delirante si separa dalla società e vive in un mondo tutto suo in cui le affermazioni hanno un significato solo nella sua testa piene del suo immaginario. Questo vale sia per Gesù che per Nietzsche. Nietzsche si identifica con Gesù anche se con un Gesù descritto a modo suo. Entrare nel delirio significa cercare dei significati filosofici o razionali là dove non esistono in sé mentre, le affermazioni deliranti, costringono l'analista ad interpretare le affermazioni deliranti significandole nel proprio modello mentale. Attraverso l'analista le affermazioni deliranti assumono un significato perché l'analista VUOLE che tali affermazioni lo abbiano e piega la propria ragione, il proprio pensiero, al delirio che sta analizzando.

In un mondo che ritiene insopportabili le pretese di sottomissione del cristianesimo, la ribellione al cristianesimo abbaglia chi vede nel cristianesimo il nemico. Ma la ribellione al cristianesimo di Nietzsche non è altro che il tentativo di Nietzsche di spodestare Gesù per sostituirlo con l'onnipotente Nietzsche che costruisce una morale più confacente al moderno eroinomane. Lo Zarathustra è Nietzsche che parla e il modello assunto da Nietzsche è quello di Gesù, esattamente come gli estensori dei vangeli assumono il modello di Socrate, descritto da Platone, per creare il modello Gesù.

In questo senso Nietzsche attrae molto le persone perché richiama i modelli che sono stati loro imposti durante il catechismo nell'infanzia e usa quegli stessi modelli proponendo contenuti che spostano l'attenzione da Gesù a Nietzsche.

I deliri, quando non vengono sottoposti a critica, finiscono per sostenersi a vicenda anche quando il nuovo delirante viene opposto al delirante precedente. Il delirio di Socrate, che si crede l'uomo più sapiente del mondo perché lo ha detto il dio di Delfi, sostiene il delirio di Gesù che si spaccia per il figlio del dio padrone e giustificano il delirio di Abramo che si spaccia come inviato dal dio creatore del mondo. Così il delirio di Nietzsche, affinché venga accolto e discusso, prima si contrappone ai deliri precedenti e poi si affianca a quei deliri riconoscendo quei deliri come manifestazione dei bisogni soggettivi indotti dall'uso dell'eroina e degli oppiacei.

Il problema per i ricercatori nella filosofia di Nietzsche è che il delirio rimane il delirio e si conchiude nel delirio. Non è possibile portare fuori nulla da delirio. Non si può oggettivare il delirio senza piegare la logica esistenziale al delirio stesso. Al di là dell'uso di alcune formulazioni retoriche, non è possibile assumere Nietzsche come un modello di filosofia perché, se ciò fosse, dovremmo assumere a modello di filosofia i taccuini di appunti delle sedute di psichiatria.

Io non sono d'accordo sul fatto che Nietzsche fosse pazzo. Io sono convinto che il pensiero di Nietzsche, al di là delle sue specificità, era il pensiero di un eroinomane in un periodo in cui l'eroinomane non era percepito nella società come un diverso da emarginare in quanto la società era convinta che non potesse esistere una sostanza capace di modificare la struttura di pensiero dell'uomo in quanto le idee dell'uomo erano delle elaborazioni dell'intervento del dio creatore sull'uomo. Pertanto, le espressioni deliranti dell'eroinomane erano vissute come idee che dio mandava a quell'uomo e non nell'idea che quell'uomo avesse trasformato la propria collocazione nel mondo assumendo eroina che ne ha trasformato ed estremizzato bisogni di delirio assoluto in un'onnipotenza che ha aggravato l'educazione cristiana a cui è stato sottoposto con la violenza dall'ambiente familiare.

Nietzsche era senza dubbio un buon scrittore e il modo di esprimere i suoi deliri hanno affascinato molti lettori. Non era l'eroinomane dei quartieri poveri e analfabeti delle città. Ma i suoi deliri, anche se espressi in una forma culturale appropriata, erano e sono gli stessi dell'eroinomane analfabeta dei quartieri poveri. I bisogni che il consumo di eroina provoca nel soggetto sono la necessità di assumere e consumare eroina modificando in questa direzione l'ambiente in cui l'eroinomane vive. L'azione dell'eroinomane passa attraverso una dimensione di onnipotenza che l'individuo può soddisfare solo nel delirio dell'estasi della droga. Quando l'eroina manca, permane il delirio psicologico di assolutezza e di onnipotenza che viene frustrato dalla realtà quotidiana quando mette in pericolo la società. L'eroinomane vive il dolore dell'impotenza nel quotidiano dal momento che la sua pretesa di onnipotenza viene impedita. Quel dolore viene fermato mediante l'assunzione di eroina che porta il soggetto a vivere la soddisfazione del delirio nel quale riversa la su tensione di onnipotenza separandosi dalla vita quotidiana. Da qui l'esaltazione del dolore come virtù che trova la sua soluzione nella dose di eroina come soddisfazione onnipotente della cessazione di quel dolore.

Socrate, Gesù e Nietzsche in questo non sono molto diversi.

Platone con Socrate si è inventato la reincarnazione; chi ha scritto di Gesù si è inventato la resurrezione della carne (che altro non è che una variazione della reincarnazione, vedi Apocalisse di Paolo di Nag Hammadi); Nietzsche ha fuso entrambe le invenzioni assolutiste deliranti nell'idea delirante dell'eterno ritorno volendo ignorare che la vita ha un solo fine: far morire il corpo fisico!

Per il lavoro, le citazioni sono tratte da:

Friedrich Wilhelm Nietzsche, Così parlò Zarathustra ed. Adelfi 1976

Friedrich Wilhelm Nietzsche, Idilli di Messina, La Gaia Scienza e frammenti postumi 1881-1882 ed. Adelfi 1976

Friedrich Wilhelm Nietzsche, La volontà di potenza, frammenti postumi 1887-1888 ed. Newton Compton Editori 1984

Massimo Fini, Nietzsche: l'apolide dell'esistenza, Marsilio editore pag. 372-374

Marghera, 01 luglio 2014

 

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Marghera, 01 luglio 2014

Claudio Simeoni

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.