L'ideologia dell'oppressione fra marxismo e cristianesimo

Marx, Engels, Paolo di Tarso e i Vangeli

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

I fondamenti filosofici dell'oppressione

 

Chi decide che quelle persone sono oppresse?

Gli oppressi, che mettono in atto strategie per uscire dall'oppressione, o un giudice esterno, un intellettuale o un "capo" che, individuando nelle loro condizioni di vita, condizioni di oppressione, sollecita gli oppressi ad uscire dalla loro condizione?

Chi decide chi è oppresso?

L'oppresso!

Non si può teorizzare l'uscita dall'oppressione se l'oppressione non è vissuto nella pelle e nelle emozioni di una persona. L'oppressione si esprime in due condizioni distinte; ciò che l'uomo percepisce del suo essere nel mondo e ciò che il mondo fa all'uomo costringendolo a vivere in una condizione di oppressione.

Ciò che l'oppresso percepisce della propria oppressione, non è ciò che un giudice esterno interpreta come sua oppressione partendo dal giudizio in cui l'oppresso vive la sua vita.

Ciò che l'oppresso chiama libertà, non è ciò che un giudice esterno, dal punto di vista razionale, determina in che cosa può consistere la sua libertà. La libertà, per l'oppresso, è quell'urgenza che spinge le sue pulsioni ad uscire dalla costrizione in cui sono tenute nella relazione fra il soggetto oppresso e le azioni del mondo in cui quel soggetto vive.

Soggetti diversi, vanno dall'oppresso e indicano all'oppresso le condizioni che lo opprimono. In realtà, le condizioni che vengono indicate dai soggetti esterni all'oppresso, sono ciò che gli osservatori esterni riterrebbero di venir oppressi se loro, con la loro cultura e con il loro vissuto, vivessero nelle condizioni che osservano in cui vive l'oppresso.

L'oppresso vive una condizione d'insieme che non può essere compresa da un osservatore esterno. Gli adattamenti messi in atto dall'oppresso per adattarsi alla condizione di oppressione che vive, sono adattamenti che gli consentono di sopravvivere e che vengono ignorati dell'osservatore esterno.

E' la differenza che esiste fra chi vive l'oppressione e chi, non vivendo quella situazione di oppresso, assiste a qualcuno che ritiene oppresso.

Il soggetto esterno percepisce una sofferenza psichica che giunge dal mondo e che lui significa come lui pensa che questa sia se vivesse nelle condizioni immaginate; l'immaginazione viene proiettata dal soggetto nel mondo e la sua immaginazione diventa la descrizione di una realtà vissuta dall'oppresso che, dall'interpretazione soggettiva, diventa oggettività della realtà dell'oppresso.

L'oppresso non è più ciò che l'oppresso dice di sé stesso, ma è ciò che l'osservatore esterno afferma che sia l'oppresso.

Oppressori diversi, spesso, giocano a contendersi gli oppressi. Se obbedisci a quel padrone, puoi obbedire anche a me. Liberare gli schiavi del mio concorrente per farli diventare miei schiavi. Se adori il dio padrone dei musulmani, puoi obbedire anche al dio padrone dei cristiani. Ecc.

L'oppresso diventa oggetto d'uso per chi, empaticamente, vive una relazione col mondo e ritiene di capire l'oppresso e di chi necessita degli oppressi per vivere nel mondo.

Chi usa l'oppresso per vivere nel mondo, sia che si chiami "buon Samaritano" o che si chiami "oppressore e sfruttatore", sono degli oppressi a loro volta. Separati dal mondo, incapaci di vivere per sé nel mondo, necessitano dell'oggetto d'uso chiamato oppresso, per dare un fine e uno scopo alla loro esistenza.

Tutti costoro creano una struttura di oppressione più confacente a loro. Alle loro esigenze psichiche.

Studiavano i vangeli Marx ed Engels?

Ma Gesù, chiamateli a sé disse: "Voi sapete che i capi delle nazioni le governano da padroni e i grandi esercitano il potere sopra di esse. Ma tra voi non sarà così; al contrario, chi tra voi vorrà diventare grande, sarà vostro servo; e chi vorrà tra voi essere primo, sarà vostro schiavo, sull'esempio del figlio dell'uomo che non venne per essere servito, ma per servire e a dare la sua vita in riscatto per molti".

Vangelo di Matteo 20, 25-28

Mentre Marx ed Engels leggevano questo, sfuggiva loro l'ovvio che, nascosto dietro al loro divenuto psichico, ne avrebbe bloccato lo sviluppo filosofico: Voi e Gesù sono due enti diversi e il "Voi" era sottomesso alla volontà di Gesù. L'uguaglianza non era fra gli uomini e Gesù, ma fra gli uomini in ginocchio davanti a Gesù. Gesù elevava l'oppressione a modello religioso e le chiese cristiane l'avrebbero trasferita nelle società civili.

Studiavano i vangeli Marx ed Engels:

"Sulla cattedra di Mosè vi sono assisi gli scribi e i farisei. Fate, dunque, e osservate tutto ciò che vi dicono: ma non agite secondo le opere loro, perché dicono e non fanno. Legano, infatti, pesi gravi e insopportabili e li caricano sulle spalle degli uomini, ma essi non li vogliono muovere neppure con un dito. Fanno tutte le loro azioni per essere veduti dagli uomini: potano, infatti, larghe le loro filatterie e mettono lunghe frange sui mantelli; amano i primi posti nei convitti e i primi seggi nelle sinagoghe; vogliono essere salutati nelle pubbliche piazze ed essere chiamati maestri dalla gente. Ma voi non vogliate essere chiamati maestri, poiché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli."

Vangelo di Matteo 23, 2-8

Mentre Marx ed Engels leggevano questo, non riuscivano a collegare la sottomissione oppressiva imposta da Gesù affinché le persone lo chiamassero maestro: unico maestro. Unico padrone. Marx ed Engels non si avvedevano che le accuse di Gesù nei confronti dei Farisei e degli Scribi erano semplicemente deliranti e avevano il solo scopo di allontanare gli intellettuali (farisei e scribi) dalla massa di persone per costringere le masse all'indigenza e alla necessità di credere in un padrone dopo aver rinunciato alla ricchezza culturale e analitica (Farisei e Scribi) di cui disponevano in quel momento.

Accusando di oppressione i Farisei e gli Scribi, Gesù costruiva l'ideologia dell'oppressione elevandola a dogma religioso.

Marx ed Engels leggevano tutto questo, ma non erano in grado, dal punto di vista psico-emotivo, di mettere in discussione il loro padrone e, considerandosi tutti fratelli sottomessi, disquisivano sull'oppressione anziché mettere in discussione i fondamenti con i quali veniva costruita l'oppressione.

L'oppressione viene percepita dall'oppresso in modo assolutamente diverso da come il giudice esterno percepirebbe l'oppressione se vivesse nelle condizioni che osserva dell'oppresso.

Il bambino che nasce non ha idea di che cosa sia la giustizia. Lui vuole vivere e quando le sue pulsioni sono bloccate, conserva sé stesso anche cortocircuitando le pulsioni in sé stesso, pur di sopravvivere in un'oggettività che gli è ostile.

L'osservatore dell'oppressione osserva soltanto ciò che è a lui assonante in base alla propria concezione di vita. Marx ed Engels potevano osservare e pensare solo in base a ciò che era loro assonante partendo dalle idee che i vangeli cristiani avevano loro imposto.

A questo proposito vale la pena di ricordare le basi marxiste sulla formazione delle società come descritte da Marx nell'Ideologia Tedesca che analizza la società nella quale viviamo e che produrrà il materialismo storico:

"La prima forma di proprietà è la proprietà tribale. Essa corrisponde a quel grado non ancora sviluppato della produzione in cui un polo vive di caccia e di pesca, dell'allevamento del bestiame o al massimo dell'agricoltura. In quest'ultimo caso è presupposta una grande massa di terreni incolti. In questa fase la divisione del lavoro è ancora pochissimo sviluppata e non è che un prolungamento della divisione naturale del lavoro nella famiglia. L'organizzazione sociale quindi si limita ad essere un'estensione della famiglia: capi patriarcali della tribù, al di sotto di essi i membri della tribù, e infine gli schiavi. la schiavitù, latente nella famiglia comincia a svilupparsi a poco a poco con l'aumento della popolazione e dei bisogni, e con l'allargarsi delle relazioni esterne, così della guerra come del baratto.

La seconda forma è la proprietà della comunità antica e dello Stato che ha origine dall'unione di più tribù in una città mediante patto o conquista, e in cui continua ad esistere la schiavitù. Accanto alla proprietà della comunità già si sviluppa la proprietà privata mobiliare e in seguito anche la immobiliare, che però è una forma anomala, subordinata alla proprietà della comunità. I membri dello Stato possiedono soltanto nella loro comunità il potere sui loro schiavi che lavorano e già per questo sono legati alla forma della proprietà della comunità. E' la proprietà privata posseduta in comune dai membri attivi dello Stato, i quali di fronte agli schiavi sono costretti a restare in quella forma naturale di associazione. Di conseguenza l'intera organizzazione sociale fondata su questa base, e con essa il potere del popolo decadono nella misura in cui si sviluppa la proprietà privata immobiliare. La divisione del lavoro è già più sviluppata. Troviamo già l'antagonismo fra città e campagna, più tardi l'antagonismo fra Stati che rappresentano l'interesse della città e Stati che rappresentano quello della campagna, e all'interno delle stesse città l'antagonismo fra industria e commercio marittimo. Il rapporto di classe fra cittadini e schiavi è completamente sviluppato.

Tutta questa concezione della storia sembra contraddetta dal fatto della conquista. Finora erano considerate forze motrici della storia la violenza, la guerra, il saccheggio, la rapina, ecc. Possiamo quindi limitarci ai punti principali e prendere quindi soltanto l'esempio che più balza agli occhi la distruzione di una civiltà ad opera di un popolo barbaro e il formarsi di una nuova organizzazione di una società che ad essa si ricollega. (Roma e barbari, Feudalesimo e Gallia, Impero Romano d'oriente e Turchi). Nel popolo barbaro conquistatore la guerra stessa costituisce ancora, come già abbiamo accennato, una forma normale di relazione che viene sfruttata con tanto maggiore impegno quanto più l'aumento della popolazione, perdurando il rozzo modo di produzione tradizionale che per essa è l'unico possibile, crea il bisogno di nuovi mezzi di produzione.

In Italia invece, a causa della concentrazione della proprietà fondiaria (provocata oltre che dagli acquisti e dai debiti, anche dalle eredità perché data la grande dissolutezza e i matrimoni le antichi stirpi a poco a poco si estinguevano e i loro beni finivano nella mani di pochi) e della sua trasformazione in pascolo (la quale fu provocata oltre che dalle cause economiche ordinarie, valide ancor oggi, dall'importazione di cereali ricavati da saccheggi o da contributi e dalla conseguente mancanza di consumatori per il grano italico), la popolazione libera era quasi scomparsa, gli stessi schiavi a loro volta scomparivano e dovevano essere continuamente sostituiti da schiavi nuovi. La schiavitù rimaneva la base dell'intera produzione. I Plebei, che stavano fra i liberi e gli schiavi, non riuscirono mai ad elevarsi al di sopra della condizione di sottoproletariato. Roma non fu niente di più che una città ed era legata alle provincie da un rapporto quasi esclusivamente politico che naturalmente poteva anche essere spezzato da avvenimenti politici."

Tratto da: La Concezione Materialistica della Storia di Marx Engels che fa parte dell'Ideologia Tedesca Editori Riuniti 1971

Marx, nell'Ideologia Tedesca, non si avvede delle affermazioni di Paolo di Tarso.

L'oppresso è Marx, l'oppressore è Paolo di Tarso.

Marx, l'oppresso, non si avvede dell'oppressione di Paolo d Tarso. Marx vive la sua oppressione attraverso i propri adattamenti soggettivi e anziché rivendicare la propria libertà in quanto lo opprime pensa che la sua libertà consista nell'abolizione delle classi.

Probabilmente non gli interessa nulla, ma tutta la società in cui vive organizza l'oppressione delle persone partendo dalle strategie di dominio di Paolo di Tarso. La schiavitù, che Marx vede attorno a sé e che proietta sugli antichi popoli, ha il suo fondamento ideologico in Gesù, come padrone e in Paolo di Tarso. Marx può tentare di rimodulare la redistribuzione del profitto, ma non la schiavitù imposta dal cristianesimo cosa, invece, che appare più evidente nelle riflessioni di Feuerbach.

Scrive Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani:

"Ignorate forse, o fratelli, - parlo a persone che conoscono la legge - che la legge ha forza sull'uomo finché egli vive? Infatti, una donna maritata è legata per legge a suo marito finché egli vive, ma se il marito muore, essa è sciolta dalla legge che la legava al marito. Quindi sarà chiamata adultera se, vivendo il marito, si dona ad un altro uomo; ma se il marito muore, è sciolta dalla legge, per cui non è più adultera se si dona ad un altro uomo.

Così anche voi, fratelli, mediante il corpo di Cristo siete già morti alla legge per essere di un altro, di Colui che resuscitò i morti, affinché noi fruttifichiamo per Dio. Difatti, quando eravamo ancora nella cane, le passioni dei peccati, provocate dalla legge, agivano nelle nostre membra, in modo che noi fruttificavamo per la morte. Ora invece siamo liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva soggetti, affinché serviamo in uno spirito nuovo e non più nella vecchiezza della lettera."

Paolo di Tarso, lettera ai Romani 7, 1-6

Feuerbach capisce che la dottrina cristiana non è altro che una strategia militare con cui costruire oppressione nelle società civili. Scrive, fra l'altro, Feuerbach:

"Invece di seriamente occuparsi di una siffatta, e veramente umanitaria, riorganizzazione sociale, il cristianesimo, con una rara presunzione, si diè fin dal suo nascere a promettere agli uomini assai, assai più di quello che essi domandavano, e domandano: egli promette loro la realizzazione di un desiderio fantastico, immaginario, la immortalità: mentre l'uomo, finché resta puro, e sobrio nella sua natura, non chiede che di veder soddisfatti desideri razionali naturali, proporzionati alla sua umana essenza."

Tratto da: Feuerbach, La Morte e l'Immortalità.

Feuerbach coglie l'attività criminale del cristianesimo che piega i bisogni degli uomini, mediante la costrizione, in una patologia psichiatrica mentre Marx ritiene che la patologia psichiatrica, chiamata cristianesimo, altro non sia che la naturale espressione dell'uomo in ogni epoca e in ogni cultura.

L'emarginazione e l'oppressione, a differenza dei presupposti da cui parte Marx, non sono situazioni "costanti" nella storia dell'umanità, ma sono le novità introdotte sulla scena della storia umana dagli ebrei prima e dai cristiani poi. Il fatto di usare il termine "schiavo" a Roma o a Babilonia non ha lo stesso significato del termine "schiavo" usato dai cristiani. La schiavitù, come noi la immaginiamo, non è la schiavitù di Roma o di Babilonia, ma quella cristiana messa in atto sui neri e i nativi Americani. Una schiavitù dell'uomo che prescinde dalle necessità economiche e che ha la sua ragione d'essere nel possesso dell'individuo che deve essere sottomesso con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima.

E' l'ambiente cristiano che fa credere a Marx di essere in un ambiente sociale naturale. Marx sottolinea aspetti della miseria manifestati dalla situazione religiosa e sociale in cui si muove, ma in tali aspetti di miseria non coglie il loro divenuto, preferendo fermarli in un eterno presente che lui proietta sul passato a cui applica le medesime categorie della sua realtà sociale.

Il presente, per Marx, non è divenuto mediante delle trasformazioni indotte nella storia da diverse realtà religiose che hanno condizionato la società, ma il sistema religioso è ciò che è sempre stato. I legami emotivi, religione, fra l'uomo e il mondo (inteso come Natura e società) sono sempre stati; la veicolazione dei legami emotivi, religione, fra l'uomo e l'oggetto che sottomette l'uomo rendendolo dipendente da uno o più oggetti estranei alla sua vita, è una elaborazione culturale recente (ebrea e Platone) nella storia dell'umanità. Fonte di questo abbaglio è anche la proiezione sulla società dell'antica Roma di idee imposte dai cristiani per legittimare alcuni meccanismi sociali di sottomissione che il cristianesimo ha elevato dalla dimensione sociale di Roma alla dimensione divina come ordini (dogmi) del suo dio. Il cristianesimo si appropria di alcuni meccanismi sociali, propri della società romana, e li eleva a comandamenti e descrizione dell'autorità del suo dio: dire che il cristianesimo ha continuato a fissare quell'assolutismo che Cesare Augusto ha inventato e imposto sulla Repubblica Romana, oggi appare semplice ed evidente. Per Marx era naturale che tutte le antiche società fossero divise fra potere assoluto e pratica schiavistica. Per Marx il mondo era creato dal dio padrone e, dunque, il padrone era la base e il centro del mondo. Poi si iniziano a leggere i geroglifici, la scrittura cuneiforme e cambia la prospettiva con cui guardiamo agli antichi, ma questo Marx non lo sapeva.

La lettura della storia come dialettica che costruisce il presente è la base dell'ideologia Marxista fissata nell'Ideologia Tedesca scritta fra il 1845 e il 1846 in un ambiente culturale creazionista (arriva in Italia solo nel 1958). Siamo nei tempi in cui Orosio (Storia contro i Pagani) è ancora usato come un testo storico di riferimento. E' un tempo in cui si crede che davvero la bibbia sia un libro storico. Si era appena iniziato a decifrare i geroglifici egiziani. Marx non metteva in discussione che i Fenici facevano sacrifici dei bambini né che gli egiziani avessero usato 100mila schiavi per costruire le piramidi. La teoria dell'evoluzione non era stata ancora formulata da Darwin e Marx credeva che Gesù fosse un personaggio storico. La scrittura cuneiforme non era ancora stata decifrata e Freud non aveva fatto le sue scoperte e fondato la psicanalisi.

Le affermazioni di Marx nell'Ideologia Tedesca trovavano conforto nella bibbia là dove il dio degli ebrei eleva la schiavitù a modello divino e dove Gesù eleva ad eletto il suo schiavo sottomesso ed ubbidiente, con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima, che viene premiato mediante il paradiso prima e la resurrezione della carne, poi.

E' da premettere che Marx non si è dato la briga di studiare i vangeli dal punto di vista della critica dell'influenza sociale, né pensava che il modello di società, che lui si apprestava ad analizzare e le cui dinamiche proiettava su tutte le società che avevano preceduto l'attuale, derivassero da quando descritto dalla bibbia e i vangeli. Marx non pensava che la bibbia e i vangeli fossero il fondamento delle società attuali. Non riusciva a collocare il rogo dei libri e delle vanità fatte dal Savonarola a Firenze con la grande lotta di libertà dall'oppressione imposta, mediante i vangeli, dalla città di dio. Pensava che le società attuali fossero espressione di una natura dell'uomo che venendo veicolata in strutture sociali potevano essere, date le esigenze e i bisogni dell'uomo, rimodulate in un diverso modo e attraverso diversi rapporti di forza fra le classi sociali.

Scrive Matteo nel suo vangelo:

"Ed ecco gli si presentò uno dicendo: "Maestro, qual bene dovrò fare per avere la vita eterna?". Gesù gli rispose: "Perché mi interroghi riguardo al bene? Uno è buono, ma se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". "Quali?" Domandò. Gesù rispose: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso". Il giovane disse: "Tutto questo l'ho sempre osservato: che altro mi manca?" Gesù gli rispose: "Se vuoi essere perfetto va', vendi quanto hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo: poi vieni e seguimi". Il giovane, udite quelle parole, se ne andò via rattristato perché aveva molti beni. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Sì, ve lo ripeto: è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco nel regno di dio". Udito ciò i discepoli sbigottirono e dicevano: "Chi dunque potrà salvarsi?" E Gesù, guardandoli, disse loro: "Questo è impossibile agli uomini: ma a dio tutto è possibile".

Vangelo di Matteo 19, 16-26

Marx, nella sua Ideologia Tedesca, parte dal presupposto di una società schiavista che nasce come evoluzione creazionista, proposta dal positivismo, da cui separa il divenuto nella formazione della proprietà privata istaurata mediante la nascita della famiglia. Una società di ricchi e poveri quasi fosse una sedimentazione naturale della natura umana. Marx non sapeva che la povertà, che constatava nel suo presente, era costruita proprio dai cristiani, da Gesù, per controllare le società umane mediante l'imposizione del cristianesimo. I popoli sono barbari, col significato che i cristiani danno al termine barbaro, non col significato che gli antichi romani davano al termine barbaro. Così la schiavitù, che affolla il pensiero di Marx, non è la schiavitù di Roma Antica, ma è la schiavitù inventata dagli ebrei e perfezionata dai cristiani, che ha il culmine nella tratta degli schiavi organizzata dai cristiani fra l'Africa e l'America, e i cui contenuti schiavistici vengono generalizzati da Marx estendendoli agli antichi popoli e a Roma antica.

Tutta l'Ideologia Tedesca parte dal concetto di schiavitù cristiana. Marx non conosceva il Codice di Hammurabi.

Marx non mette in discussione la schiavitù degli antichi perché la schiavitù, di cui sta parlando, lo sta circondando. Negli USA gli schiavi vengono ancora comperati e venduti e le idee di Robespierre sulla Costituzione e sulla libertà dell'uomo, sono idee troppo recenti per essere prese in considerazione.

Qual era la storia conosciuta ai tempi di Marx tenendo conto che quasi tutta la popolazione era analfabeta?

Come si insegnava la storia e quali erano le idee sulla storia antica?

Per capire il Materialismo Storico e dialettico di Marx dobbiamo conoscere cosa, della storia antica, era insegnato.

Noi dobbiamo sapere qual era il miglior livello di conoscenza storica del tempo di Marx.

Non ho dati del periodo preciso, ma ho dati relativi alla storia degli Antichi scritta da Philip Smith. La Storia dell'oriente antico, fu scritta da Philip Smith nel 1870 e per quanto più recente dell'Ideologia Tedesca, è tale da dirci che la conoscenza della storia di Marx era legata a doppio filo alla bibbia. Noi, oggi, sappiamo che i primi libri della bibbia furono inventati di sana pianta attorno al 600 a. c. dagli ebrei che hanno attinto a piene mani dalle leggende apprese a scuola a Babilonia (e mal comprese) quando vi furono condotti in servitù. Sappiamo che quanto è scritto sulla bibbia è dettato, fondamentalmente, dall'esigenza di un pungo di padroni ebrei, detti profeti, di tener insieme il gruppo per impedire al gruppo di integrarsi con gli altri cittadini di Babilonia.

Marx non sapeva questo. Né Marx, né nessuno del suo tempo.

Leggiamo la premessa della storia dal libro di Philip Smith edito in Italia dalle Messaggerie Potremolesi:

"La storia profana narra i fatti della razza umana in quanto è incivilita ed ordinata in società politiche. Essa incomincia solo quando si hanno memorie autentiche e contemporanee. Sono autorità insufficienti le semplici indicazioni della presenza dell'uomo sulla terra in remotissimi ed incerti periodi. Queste indicazioni per la maggior parte s'addicono più alla storia naturale della specie, che alla storia civile della razza; e anche le conseguenze che se ne possono trarre, sono da riguardarsi più come ipotesi storiche che come storia vera. Gli oggetti e le armi di selce trovati in certi strati della superficie terrestre e che portano indubbi segni dell'arte umana, le palafitte scoperte ne' laghi svizzeri le quali sostenevano abitazioni umane, le ossa umane accuratamente celate nei cumuli sepolcrali, o selvaggiamente sparse e commiste ai resti di animali di specie estinte, sono tutte cose che devono avere il massimo interesse per l'antropologo. Sparse sulla superficie del vecchio e nuovo mondo, esse provano che in epoche remotissime ante diluviane ed anche a queste anteriori, quasi dappertutto esistevano uomini la cui civiltà, se così può chiamarsi, era nell'infanzia, e perciò la vita loro doveva essere difficile e dura oltremodo. Senonché tali oggetti, per quanto rozzi, provano che l'uomo si era innalzato sopra i bruti ed aveva sovr'essi il dominio; i suoi rozzi disegni mostrano un qualche istinto artistico, mentre la cura, in alcune tribù, per i riti sepolcrali fanno congetturare credessero in una vita futura. Ma nemmeno tutto ciò può dirsi materiale atto a costruire la storia, tranne che tali resti non si colleghino, come avviene pei monumenti dell'Egitto , colle razze di cui possediamo ricordi autentici. Lasciando da parte adunque la questione dell'origine dell'uomo, della sua culla e delle sue prime arti ed istituzioni, sul che per i popoli cristiani risponde dogmaticamente la bibbia, ci riportiamo, intorno a questi argomenti, a quanto narra la storia sacra, e pigliamole mosse dal periodo che incomincia poco dopo il diluvio noetico."

Come si legge uno dei più noti scrittori di divulgazione storica dell'800 inizia a scrivere la storia partendo dall'autenticità storica del diluvio universale. Non trova nulla di strano in questa imbecillità: tutta la storia "vera" per lui è la bibbia. E anche per Marx. Cosa direbbe Marx se andassimo a raccontargli della redistribuzione della ricchezza accumulata dal faraone alle masse nell'Antico Egitto spiegandogli che la costruzione delle Piramidi non avvenne per opera di schiavi, ma avvenne come un "escamotage" del Faraone per ridistribuire le sue ricchezze fra i cittadini nei periodi in cui non erano impegnati nei lavori dei campi e che l'assistenza medica fra quei lavoratori, ben pagati, era allo stesso livello del 1970 dei paesi occidentali. Che avevano un sindacato che proclamò uno sciopero che durò un anno. Non furono schiavi a costruire le Piramidi, ma lavoratori ben pagati nei periodi in cui i campi egiziani non richiedevano il loro lavoro. Forse avrebbe dovuto revisionare parte delle sue convinzioni. Come avrebbe dovuto farlo se avesse avuto la possibilità di leggere il Codice di Hammurabi.

Continuiamo a leggere le idee sulla storia dal libro Philip Smith per capire le idee storiche in cui Marx costruì le sue idee filosofiche ed economiche:

"Le nostre cognizioni intorno a parecchie razze che popolavano il mondo antico, alle loro prime mosse dalle loro primitive sedi, ai successivi spostamenti per conquista o volontaria emigrazione, ed ai posti da esse occupati in ogni periodo dipendono principalmente dalla etnologia e poi ancora dal confronto delle lingue aiutato dalla tradizione. E delle prime soste in queste migrazioni abbiamo autorevoli testimonianze, le molte volte chiare, benché talvolta difficili, nelle ognor più confermate conclusioni ella scienza progredita.

Il libro della Genesi (cap.X) afferma l'unità della specie umana, mentre distingue le famiglie che discendono dai tre figli di Noè, e descrive la loro prima diffusione nel loro prisco centro. Quell'antico ricordo distingue i quattro principii della classificazione, in oggi costantemente confuso. I membri componenti queste tre razze sono descritti secondo le loro famiglie, lingue, terre e nazioni; ed ogni giudiziosa ricerca deve tutt'ora aver riguardo alla razza, al linguaggio, alla posizione geografica, ed alla politica nazionalità; benché ognuno di siffatti elementi sia più o meno l'uno col l'altro commisto. Né si dimentichi la natura complessa d'una tale ricerca. Il nostro scopo non deve essere quello di conoscere tutte le migrazioni da un centro comune, come nemmeno le loro cause operanti ad intervalli di tempo, ma sibbene il flusso e riflusso di questo oceano di popoli.

Ciò che rivela maggiormente la razza sono la forma e la struttura fisiologica, quali la statura e le proporzioni del corpo, la tinta della pelle, il colore e la qualità della capigliatura, se liscia, crespa o lanosa, e soprattutto la forma e le dimensioni del cranio. In tal modo abbiamo quattro razze, la bianca o caucasica, la gialla o mongolica, la negra, e la rossa americana. Solo la prima possedeva l'antica civiltà; la seconda compare soltanto accidentalmente sulla scena della storia antica quando le sue nomadi orde scesero dalle loro dimore negli altopiani dell'Asia Centrale, sui quali errarono sempre; la terza è soltanto rappresentata dagli schiavi raffigurati sui monumenti egiziani; la quarta non vi compare minimamente. Queste tre ultime non sono enumerate nel capitolo X della Genesi, come quelle che stavano al di là del limite geografico abbracciato dallo scrittore sacro.

Entro questo limite stavano le dimore primitive della razza caucasica. Sembra giacessero interamente fra il 20' e il 60' grado di longitudine orientale (si Greenwich) e fra il 10' grado e il 50' di latitudine boreale e si stendessero dalla penisola greca all'altipiano dell'Iran e dai lidi settentrionali del Mar Nero alla foce del Mar Rosso. E di ciò, senza tante discussioni, possiamo essere abbastanza sicuri."

Continua Philip Smith enumerando i vari nomi con cui la bibbia identifica vari popoli dando alla bibbia un certificato di autenticità che nessun storico oggi vi dà.

Tutto il discorso sugli oppressi appare a Marx come un discorso assolutamente naturale.

A Marx non passa per la testa che la miseria, prodotta dall'oppressione, è il prodotto di una volontà progettuale che si è sedimentata nelle azioni della società. Non immagina che il discorso di divisione in razza appartiene solo alla bibbia e non ai popoli che hanno preceduto o che sono stati contemporanei agli ebrei. Da qui Marx non può vedere nessun movimento di trasformazione nella storia e l'unico aspetto che è in grado di cogliere, rispetto alla religione, è uno strumento al di fuori dell'uomo. L'uomo, per Marx ed Engels, non esprimeva le idee religiose, ma la religione si appropriava di idee naturali dell'uomo. Marx ed Engels non erano in grado di cogliere il meccanismo dialettico per cui i bisogni della religione si innestavano sulle persone che potevano veicolare i loro bisogni solo all'interno dei limiti posti dalla religione. Ne seguiva che ad ogni generazione i bisogni stessi degli uomini venivano cambiati per farli aderire ai bisogni di controllo e di comando della religione fino a non poter più distinguere il confine fra bisogno dell'uomo e bisogno della religione cristiana fagocitato ed espresso dall'uomo. Feuerbach comprende un aspetto che né Marx né Engels capiscono: tutte le trasformazioni della storia sono trasformazioni religiose. Feuerbach è incomprensibile a Marx e Engels perché mentre Marx ed Engels pensano all'uomo come individuo razionale, Feuerbach comprende che l'uomo agisce per impulso emotivo e che la razionalità altro non è che una veicolazione di impulsi emotivi profondi.

Quando, criticando Feuerbach, Engels scrive:

"Vanno forse meglio le cose per quanto riguarda l'uguale diritto degli altri di tendere alla felicità? Feuerbach presentava questa rivendicazione in modo assoluto, come fosse valevole in ogni tempo e in ogni circostanza. ma da quando è essa valevole? Si parlò mai nell'antichità, tra schiavi e padroni, o nel Medioevo, tra servi della gleba e baroni, di ugual diritto di tendere alla felicità?"

Tratto da: Ludwig Feuerbach di Engels.

Il diritto alla felicità è il diritto fondamentale dell'uomo ed è un diritto di natura religiosa che si opponeva al cristianesimo che, al contrario, praticava il dolore e la sofferenza come relazione fra gli uomini in onore del suo dio. Ad Engels e Marx, che proiettavano idee e deduzioni costruite nella società che stavano vivendo (con il concetto di schiavitù proprio del cristianesimo e il colonialismo) in ogni tempo e in ogni società antica, non si avvedevano che la miseria e l'oppressione erano state costruite dal cristianesimo attraverso un processo di distruzione delle civiltà e in un'epoca storica precisa. Marx ed Engels non avevano l'idea che la miseria sociale, l'oppressione, venissero costruite per precisa volontà di dominio dell'uomo sull'uomo.

Sfuggivano a Marx e Engels i processi dialettici con cui si costruiva la miseria e le scelte che furono fatte per costruire la miseria. Per Marx ed Engels non c'era un passato che costruiva il presente, ma il presente veniva proiettato sul passato.

Mentre Marx ed Engels, nell'Ideologia Tedesca, chiamano "comunismo" le modificazioni sociali del presente vissute dall'uomo che portano a migliori condizioni di vita; i cristiani chiamano "comunismo" il regno di dio che spacciano come speranza nella venuta del Gesù padrone con grande potenza sulle nubi. Il "comunismo", che in Marx ed Engels è un processo storico di abolizione delle classi sociali, delle disuguaglianze e del dolore, il cristianesimo impone il concetto di "comunismo" come principio speranza nel regno di dio o nel luminoso avvenire portato da un qualche padrone di turno. Il cristianesimo, per alimentare l'oppressione, impone il concetto di "comunismo" come fede. Quella fede e quella speranza che induce persone a distruggere il loro presente sociale perché, tanto, sta arrivando Gesù sulle nubi, sta arrivando la ricchezza portata dal padrone. Distruggono la ricchezza che possiedono nel presente per diventare accattoni di un futuro miserabile.

Lo stesso materialismo storico e dialettico era pensato nel presente, con gli elementi del presente e proiettato su un passato immaginando come avrebbe dovuto essere. Come avrebbe dovuta essere la testa degli uomini antichi.

Dal momento che nessun meccanismo sociale e culturale aveva prodotto il momento presente, nessun meccanismo poteva essere messo in moto per distruggere la miseria se non la lotta di classe che diventava uguale in ogni epoca e in ogni tempo. Engels afferma che nessuna trasformazione storica avvenne in cui le religioni ebbero importanza. Non è vero: le guerre religiose, da Platone ad Aristotele, dai Neoplatonici al cristianesimo, ai musulmani e agli ebrei, furono guerre di religione che costrinsero gli uomini distruggendo ogni possibile accesso alla cultura. Fu la religione (dal Libero pensiero, agli Eretici, a Lutero, ai Libertini, agli Illuministi) a condurre l'uomo a pensare una diversa relazione fra sé e il mondo che non fosse la creazione del dio padrone. La Rivoluzione Francese non si richiamò esclusivamente ad idee giuridiche e politiche, ma pensò idee giuridiche e politiche antitetiche alle idee politiche e giuridiche dominanti che erano di natura religiosa in quanto dettate dalla bibbia. Il taglio della testa del re francese, fu il taglio della testa del dio padrone ed aveva ragione Robespierre: era necessario costruire una religione di libertà, con dogmi di libertà, affinché i principi di uguaglianza (uguaglianza col dio padrone) potessero calarsi nelle emozioni delle persone prima che la reazione potesse sfruttare l'educazione, alla dipendenza e alla sottomissione, che il cristianesimo imponeva ai francesi e alla cui sottomissione i francesi si erano ribellati.

L'errore fondamentale di Marx e di Engels fu quello di essere profondamente cristiani: per loro la miseria c'era sempre stata. Il cristianesimo era una condizione naturale di ogni sentimento religioso degli uomini di ogni epoca. Non era vero: l'ebraismo prima e il cristianesimo poi, sono i costruttori degli oppressi. Un'oppressione che viene percepita dai soggetti come necessità di liberazione. L'individuo esterno al vissuto degli uomini immagina una condizione diversa: immagina sé stesso nelle condizioni di uomini che vivono con fatica e chiama quelle condizioni, condizioni di oppressione.

Tutte le regole sulla distribuzione del valore e della ricchezza sociale sono regole cristiane. Ora lo sappiamo. Ma Marx vive in un mondo-modello. Per uscire dal mondo-modello sono necessari altri modelli e l'oppresso non lo è tale per le condizioni materiali, ma per le condizioni psichiche di impossibilità a veicolare le sue pulsioni di cui, le condizioni materiali, costituiscono parte della sua condizione oggettiva. Le condizioni materiali di indigenza gli impediscono di uscire dall'oppressione. Lo costringono a sognare condizioni di benessere (la lotta di classe di Marx ed Engels) in una speranza che lo allontana dal cogliere modi diversi in cui veicolare le sue pulsioni in condizioni che non sono l'attesa di migliori condizioni materiali fissate in un luminoso avvenire ("non passerà questa generazione senza che mi vedrete venire con grande potenza sulle nubi" farnetica Gesù). Il qui, ora, è l'oppressione pulsionale di cui l'oppressione materiale è solo uno strumento.

Dice Feurbach in La Morte e l'Immortalità:

"Come la stella del mattino non è già la causa del mattino; ma l'inizio di esso, e la stella vespertina non è cagion della sera, ma inizio di essa, così la morte, questa fine materiale dell'esistenza, non è che il risultato della fine spirituale nell'essenza. Male però si apporrebbe chi asserisse, che la negazione, ossia che la distruzione del corpo conduca allo spirito; mentre questo non è che il fiore del quale la prima radice è nel corpo; ANZI E' IL CORPO."

Risponde Engels che afferma in E. Feuerbach:

"L'origine e lo sviluppo di due grandi classi si basava qui in modo chiaro e tangibile su cause puramente economiche."

Rispondeva ad Engels il cristianesimo che aveva costruito il presente politico, economico e culturale senza che Engels se ne avvedesse o ne prendesse in esame i processi adattativi:

"Schiavi, obbedite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne, non solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con sincerità di cuore, per timore del signore. Tutto quello che fate, fatelo di cuore, come per il signore e non per gli uomini, sapendo che riceverete in ricompensa l'eredità dalle mani stesse di dio. E' a cristo signore che voi servite. Chiunque, invece, commette ingiustizia, commetterà secondo l'ingiustizia commessa: non vi sarà accettazione di persone."

Paolo di Tarso, lettera ai Colossesi 3, 22-25

"Servi siate sottomessi con ogni rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli che sono buoni o ragionevoli, ma anche a quelli di carattere intrattabile. poiché piace a dio che si sopportino afflizioni per riguardo verso di lui, quando si soffre ingiustamente. infatti che gloria vi è nel sopportare di essere battuti, quando si ha mancato? Ma se voi, pur avendo agito rettamente, sopportate sofferenze, questo è gradito davanti a dio. Anzi è appunto a questo che voi siete stati chiamati, perché Cristo pure ha sofferto per voi , lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme."

Prima lettera di Pietro 2, 18-21

Engels non si accorgeva che un concorrente del cristianesimo tentava di sostituire il dio assoluto con lo Stato e come ogni lotta di classe fallisse i suoi obbiettivi. in quanto agiva su sovrastrutture come lo Stato e l'economia dimenticando l'uomo manipolato e prodotto dall'educazione cristiana:

"E' dunque provato che, per lo meno nella storia moderna, tutte le lotte politiche sono lotte di classe e tutte le lotte emancipatrici di classe, malgrado la loro forma meramente politica, - poiché ogni lotta di classe è una lotta politica, - si aggirano, in ultima analisi, attorno ad una emancipazione economica. Per lo meno qui, dunque, lo Stato, l'ordine politico, è l'elemento subordinato, mentre la società civile, il regno dei rapporti economici, è l'elemento decisivo."

Il cristianesimo elabora la dualità di dio e della mammona con il nazismo che sostituisce al dio assoluto, l'assoluto dello Stato e il dominio come diritto di popolo eletto rispondendo ai dogmi dell'ebraismo che voleva gli ebrei come popolo eletto e razza padrona.

Ora sono due alleati: Stato padrone e dio padrone. Sono separati ma uniti nel medesimo progetto di costruzione della miseria attraverso l'oppressione dell'uomo. Essi si servono dell'economia per costruire l'emarginazione e mentre i disperati rincorrono sicurezza economica, il dio padrone e lo stato padrone costruiscono l'oppressione psichica che garantisce loro la riuscita nei vari progetti. L'uomo, il singolo uomo, nasce e muore, lo Stato si alimenta dall'oppressione delle scelte precedenti la nascita del singolo e rinnova nel presente l'oppressione negando al singolo individuo la sicurezza esistenziale nel suo presente.

Il cristianesimo è la fonte e l'origine dell'oppressione. L'oppressione assoluta, con tutto il cuore e con tutta l'anima, che trasforma l'uomo in una proprietà privata del proprio dio padrone. La liberazione dell'uomo passa attraverso l'accumulo di ricchezza che consente al singolo uomo di emanciparsi dalla sottomissione. Per farlo, però, il cristianesimo impone al singolo uomo di partecipare all'oppressione. Il singolo uomo diventa, in questo modo carceriere ed aguzzino dei propri simili.

L'oppressione e l'emarginazione che conosciamo noi oggi è propria del cristianesimo. Il comunismo non mise mai in discussione il cristianesimo perché il comunismo, pur nelle rivendicazioni di libertà dell'uomo, non fu mai in grado di emanciparsi dal cristianesimo. Cosa diversa fu la democrazia, comunque, per la quale il comunismo aveva lavorato. La democrazia, come noi oggi la conosciamo, fu lo sviluppo logico della sedimentazione delle pulsioni di libertà che alimentavano anche i lavori di Marx ed Engels. La libertà di stampa, la libertà di pensiero, la libertà Costituzionale fu il grande contributo all'umanità di Robespierre. Solo che, fintanto che non si prosciugherà la fonte del MALE ASSOLUTO, il cristianesimo, l'uomo sarà sempre costretto a rinunciare al principio del piacere in funzione del principio del dovere che qualche dio padrone, grazie al lavoro di servi sciocchi che stuprano gli uomini nella loro società, imporrà per bloccare il divenire dell'uomo e assicurarsi cibo dall'energia di schiavi sofferenti e sottomessi.

Marghera, 21 maggio 2011

Revisione, Marghera 20 aprile 2016

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 20 aprile 2016

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.