Cod. ISBN 9788891185785
Teoria della Filosofia Aperta - Volume due
Scrive Galluppi a pag.54-55
L'Io sente i corpi esterni come cose che limitano la sua esistenza e quella del suo corpo. Sin da' primi momenti della vita dello spirito, il sentimento del proprio essere abbraccia il sentimento di un di fuori, che limita il me; questi due sentimenti dunque, cioè quello del me, e quello di un di fuori, che limita il me, sono, per la costituzione originaria della nostra natura, inseparabili l'uno dall'altro. L'Io si sente come esistente in ciascuna parte del corpo nostro; quindi, ciò che limita il proprio corpo si sente come una cosa che limita il me. Se, poggiando i miei piedi sul suolo, io sento l'estensione de' miei piedi, sento ancora quella del suolo, e sento l'una come contigua coll'altra, cioè sento il di fuori come una cosa, che ha un limite comune col mio corpo; io dunque son costretto ad associare alla idea dell'estensione del mio corpo quella di un'estensione al di fuori, che ha un limite comune con quella del mio corpo. Una tale associazione è naturale, necessaria, e perenne: il sentimento del me è perpetuo, e necessario: l'Io si sente come limitato, e perciò il sentimento del me è necessariamente, ed universalmente associato a quello di un di fuori, che lo limita, e perciò di un'estensione esterna, che ha un limite comune con quella del mio corpo. L'idea di un'estensione contigua al mio corpo, idea necessariamente associata al sentimento del me limitato, e la privazione delle impressioni di solidità, e di luce, fanno nascere nello spirito umano l'idea dello spazio vuoto.
L'Io non sente i corpi esterni che lo limitano in quanto soggetto in sé. L'Io, la coscienza dell'individuo, nella necessità di espandersi nel mondo, necessita di veicolare la propria libido e le proprie tensioni psichiche. Non l'Io in quanto soggetto, ma l'Io desiderante ha la necessità di espandersi nel mondo. L'Io desiderante non sente gli oggetti come estranei o come nemici, ma come soggetti con cui costruire delle relazioni. L'Io si sente limitato quando la relazione viene impedita, non quando viene impedita la sua azione sopra le cose.
L'Io non è il padrone delle cose, è il soggetto che abita il mondo e che veicola la libido nelle relazioni con e nel mondo.
Diverso è l'Io del cristiano. L'Io del cristiano non abita il mondo, si identifica col dio padrone e si ritiene il padrone del mondo. Il dio dei cristiani è l'Io di ogni singolo cristiano che si erge al di sopra di altri e tollera la sottomissione nella relazione della scala gerarchica nella quale è immerso. L'Io del cristiano, nella sua espressione patologica, si sente limitato nella sua assolutezza. Il cristiano stesso ritiene di non avere la "libertà" perché non ha le ali come gli uccelli e, non potendo volare, si sente limitato e privato di uno strumento sul quale la sua fantasia tende a delirare.
Ciascuna parte del corpo si esprime dell'Io consapevole; oppure, l'Io consapevole si estende in ogni parte del corpo.
La differenza è fra il modo cristiano di pensare a sé stessi che ci espandiamo nel corpo e colui che abita il mondo mediante il corpo. Un corpo che non limita me, ma che è me e in me si riversano ogni tensione che il mio corpo alimenta nelle relazioni con e nel mondo in cui vivo. Quelle tensioni, risolte nelle relazioni, sono la mia crescita nel mondo. La mia trasformazione in un mondo che mi contiene e nel quale uso la mia volontà e la mia intelligenza per veicolare la mia libido, la mia energia della vita. La volontà con cui alimento e costruisco la mia coscienza di essere nel mondo.
Al contrario, il cristiano si rinchiude su sé stesso e alimenta la propria patologia da onnipotenza. Egli si sente imprigionato da ogni soggetto del mondo che, rivendicando il proprio diritto di espandere sé stesso, limita la sua espansione imponendo delle relazioni che il delirio di onnipotenza impedisce al cristiano di gestire. Il cristiano, come il suo dio padrone, non è un soggetto fra i soggetti, ma è il popolo eletto, il soggetto eletto. Egli è l'immagine del suo dio padrone e non tollera l'esistenza di un "fuori da lui" se non come limitazione di ciò che lui desidera essere.
NOTA: Le note, dove non precisate, sono tratte dagli estratti di Carmelo Librizzi dal Saggio filosofico sulla critica della conoscenza di Pasquale Galluppi edito da Signorelli senza data.
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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito. |
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Marghera, 06 gennaio 2013 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.