Cod. ISBN 9788891185778
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):
1) La vita estetica è quella dell'individuo che, con la fantasia e l'immaginazione, vive in una specie di ebbrezza poetica, senza compiere una scelta.
2) Ma essendo indifferente ad ogni cosa, ne derivano come conseguenza la noia e l'ansia di una vita diversa a cui sono dovute "le enormi oscillazioni alle quali è esposto chi vive esteticamente"
Kierkegaard non concepisce né la vita né la libertà. Egli concepisce sé stesso soltanto come servo di un padrone. Un servo che ama il proprio padrone. Kierkegaard vive soltanto nella relazione fra sé e il suo padrone. Non esiste vita senza relazione col padrone e quella relazione la concepisce in modo tanto perfetto che la sua unica preoccupazione è quella di soddisfare il proprio padrone. Se il padrone non è soddisfatto egli è angosciato. Questa è la sua unica preoccupazione. Non vede nulla al di fuori della relazione col padrone, né concepisce nulla, al di fuori di quelle ferree linee che conducono il suo sguardo.
Per Kierkegaard esiste una vita estetica in quanto vita senza scelta. Vita che si base sulle apparenze e sull'effimerità degli elementi attraverso i quali soddisfare i propri bisogni all'interno del Potere di Avere. Chiama vita superficiale quella che non è legata al divenire del proprio padrone, della propria morale. Egli, schiavo, non concepisce nessuna relazione dell'esistente senza essere schiavi né senza imporsi come padroni.
Kierkegaard ragiona e vive come le galline all'interno del pollaio. Per lui la gerarchia è importante, dà un senso all'esistenza. Se egli dovesse uscire dall'assoggettamento del proprio padrone vivrebbe l'esistenza come una noia e con l'ansia di cambiare vita. Egli proietta sul Sistema Sociale Umano la sua aberrazione sperando che il Sistema Sociale si chiuda dentro la sua stessa aberrazione per giustificare le sue scelte.
Scrive Kierkegaard in Aut-aut:
Con queste considerazioni credo di aver abbastanza chiaramente tracciato il territorio della concezione estetica; tutti gli stadi hanno in comune che si vive per ciò che immediatamente si è; poiché la riflessione non giunge mai tanto in alto, da oltrepassare questo limite. è solo un fugacissimo accenno che ti presento, ma non desideravo nemmeno fare di più; per me non sono importanti i diversi stadi, ma solo il movimento che si deve necessariamente compiere per trarsene fuori, come ti dimostrerò, ed è su di esso che ti prego di fermare la tua attenzione. Suppongo, per usare una tua espressione, che colui che viveva per la sua salute fosse sano come non mai il giorno della sua morte; che quando quei conti ballarono nel giorno delle loro nozze d'oro, un mormorio d'ammirazione attraversasse la sala, proprio come quando ballarono al loro matrimonio; suppongo che le miniere d'oro del ricco siano inesauribili, che onore e gloria accompagnino il cammino della vita del fortunato; suppongo che la fanciulla sposi colui che ama, che chi ha del talento mercantile abbracci tutte cinque le parti del mondo colle sue relazioni e tenga tutte le borse del mondo nella propria borsa, che il talento meccanico congiunga la terra al cielo, suppongo che Nerone non abbia mai inorridito, ma che un nuovo godimento lo sorprendesse in ogni istante, che l'astuto epicureo possa ogni momento deliziarsi di se stesso, che il cinico abbia sempre qualche bene da gettare lungi da sé per rallegrarsi della propria leggerezza - questo suppongo, e cosi tutti costoro saranno felici. Tu non puoi giudicare cosi, ed il perché te lo spiegherò più tardi; ma credo che ammetterai che molti pensano cosi, anzi alcuni immaginano di aver detto una cosa particolarmente intelligente aggiungendo che quello che manca a costoro è di saper apprezzare la loro felicità. Ora voglio percorrere il cammino inverso.
La guerra all'epicureismo e alla necessità di vivere trova sempre alleati che impongono dogmi morali o comportamenti etici fin dalla prima infanzia delle persone. Questi "guerrieri del male" disprezzano l'essere desiderante e, ai suoi desideri, fin dalla primissima infanzia, impongono il senso di colpa come un guardiano feroce al loro desiderare. Un guardiano feroce convinto, nella sua follia, che costoro vivano "per ciò che immediatamente sono" come se il "ciò che immediatamente sono" non fosse il risultato di trasformazioni e adattamenti che, modificando il "ciò che immediatamente erano", hanno prodotto il "ciò che immediatamente sono". Cosa, dunque, autorizza Kierkegaard ad affermare che il loro vivere non sia in funzione di "ciò che immediatamente saranno" nell'attimo successivo?
Dal momento che Kierkegaard pensa che l'uomo sia stato creato ad immagine e somiglianza del suo dio padrone, non può ammettere le trasformazioni della creazione del suo dio padrone in quanto, in quel caso, la creazione del suo dio padrone non sarebbe perfetta, opera di un artefice perfetto, ma sarebbe un'opera perfettibile proprio dalle modificazioni che il soggetto mette in atto nel suo vivere.
Chi ha curato la sua salute non aspirava a morire sano, ma a vivere al meglio. Aspirava ad essere un individuo attivo nella società in cui viveva o, quanto meno, a veicolare al meglio le sue pulsioni di vita. Si suppone che chi mette in atto strategie di vita e di esistenza sia un individuo desiderante che, agendo nel presente costruisca, comunque, un futuro possibile. In altre parole, chi sfrutta la miniera, chi progetta delle nozze, chi raggiunge obbiettivi di vita, lavoro, viaggio, ha messo in atto delle strategie attraverso le quali ha modificato il suo presente. Non ha atteso una provvidenza, ma ha vissuto.
Si poteva vivere meglio? Forse con altre aspirazioni, con altri desideri, con altre strategie esistenziali per altri e diversi obbiettivi. Ma loro sono cresciuti in quelle condizioni. In quelle condizioni hanno modificato il loro presente e a quelle condizioni si sono adattati. In quelle condizioni, mediante quegli adattamenti, sono stati in grado di pensare a quelle strategie di vita e quelle strategie di vita hanno messo in atto che ora, chi ha rinunciato alla vita per seguire una via di sottomissione ad un padrone, ad un dio padrone, guarda col disprezzo dell'invidia di chi non ha saputo vivere.
Invidia: questa è la parola esatta con cui Kierkegaard guarda le persone che hanno vissuto senza sottomettersi compiutamente al loro padrone con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima.
Dall'esterno, non percepisce i loro bisogni, le loro tensioni, la loro ricerca del piacere. Egli, ergendosi nell'alto dei cieli nell'assoluta sottomissione al suo dio padrone che non osa criticare e che, proprio per non contraddirlo, non osa nemmeno mettere in atto azioni esistenziali per non mettere in discussione la perfezione della creazione de suo dio padrone, chiama, con disprezzo, le persone immerse nelle contraddizioni dell'esistenza: esteti.
I cristiani, coloro che anelavano alla vita religiosa, nel tentativo di costruire la "città di dio in terra" dettero fuoco a Roma. E mentre i cristiani gioivano dell'incendio, Nerone metteva in atto la più grande operazione di soccorso dei cittadini che la storia abbia visto. Ha ricostruito le case dettando, per la prima volta, delle norme antincendio, ecc.
L'epicureo gioisce della sua felicità, quando il cristiano gioisce del dolore che impone mediante il crocifisso. Il cinico getta gli oggetti, ma non la propria ricchezza culturale mentre il cristiano fa dell'ignoranza culturale la gloria del suo dio.
Coloro che secondo Kierkegaard vivono una vita estetica, sono coloro che Kierkegaard invidia: i suoi nemici!
Scrive Kierkegaard in Aut-aut:
Naturalmente la serietà estetica non ti può guarire; giungerai al vato solo al sentimento di essere altrettanto impotente davanti al bene come al male. Inoltre il male non ha forse mai un aspetto più seducente di quando appare cosi sotto determinazioni estetiche; occorre un alto grado di serietà etica per non voler mai accogliere il male in categorie estetiche. La concezione estetica del male s'insinua in ciascuno di noi e 1'educazione prevalentemente estetica del nostro tempo vi coopera non poco. Perciò non è raro che anche i predicatori di virtù siano tanto zelanti contro il male, che si capisce che il parlatore, benché lodi il bene, goda di pensare che egli potrebbe benissimo essere la persona più astuta e intrigante, se non avesse preferito essere una brava persona. Ma questo tradisce la sua segreta debolezza, e mostra che la differenza tra il bene e il male non gli sta ben chiara innanzi agli occhi, in tutta la sua gravità.
Per Kierkegaard le persone che lui giudica "estetiche" sono solo soggetti pronti per essere rinchiusi nei campi di sterminio. Non si può "guarire" dall'atteggiamento estetico. L'atteggiamento estetico, per Kierkegaard è una malattia nella quale non c'è "salvezza". Una malattia in cui il "male" è seducente. Il male si "insinua" mediante l'educazione che allontana, secondo Kierkegaard, l'uomo dalla "vita religiosa"; dall'obbedienza e dalla sottomissione al suo dio padrone che lui ama tanto.
Con questo meccanismo mentale si giustificheranno i campi di sterminio!
Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno
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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano. |
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Marghera, 22 luglio 2012 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell’Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.