Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù
Cod. ISBN 9788893322034
Il peccato, a differenza del reato, non riguarda l'azione che un soggetto fa, ma riguarda l'uso che di quell'azione ne può fare il soggetto che ha autorità di vita o di morte sul peccatore. Il peccato, a differenza del reato che è una violazione di legge, riguarda la discrezionalità del giudizio di chi sanziona che si eleva al rang di giudice e padrone.
Il padrone, a differenza del magistrato che è tenuto a rispettare la legge alla quale deve rispondere, non sanziona l'azione, ma sanziona l'esistere della persona.
Il peccato non è la violazione di una legge, ma è una violazione del volere di un soggetto che si erge a padrone e che non rispetta nessuna legge e, pertanto, attraverso l'dea di una "violazione morale", che chiama peccato, criminalizza l'esistenza delle persone che vuole sottomettere al suo volere.
Il padrone fa diventare peccato (violazione) ciò che lui vuole perché l'unico motivo della censura, che chiama peccato, è la riaffermazione del suo dominio sul "peccatore". Da questo concetto nasce l'idea cristiana secondo cui tutti sono peccatori e, proprio perché sono peccatori, non hanno diritti nei confronti del dio che, secondo i cristiani, li giudica.
Il peccatore, per Gesù, è un soggetto privo di diritti che può solo umiliarsi e confidare nella benevolenza del padrone. Questo concetto asociale e inumano viene esteso dai cristiani fino alla costruzione dell'idea del "peccato originale" dal quale gli uomini non si possono liberare se non sottomettendosi alla violenza del battesimo che diventa il marchio con cui l'individuo rinuncia ad essere un soggetto di diritto per diventare una pecora del gregge.
Il concetto di "uso del peccatore" ci viene ben definito in due parabole in cui Gesù trasforma un soggetto di una diversa religione, i Farisei (i Pii, gli osservanti della legge ebraica, i custodi della tradizione), oggetti di disprezzo perché non si sono mai messi in ginocchio davanti agli zeloti di cui Gesù appare un seguace. Entrambi gli esempi sul come trasformare gli Esseri Umani per sottometterli e stuprarli ci vengono forniti da Luca nelle parabole de "Il fariseo e la peccatrice" e nella parabola de "Il fariseo e il pubblicano".
In entrambi i racconti l'individuo da diffamare è indicato col nome della sua religione (questo si chiama incitare all'odio religioso ed è una forma di razzismo condannata dalla legge civile) mentre, colui che viola la morale corrente o esegue lavori che sono visti con disprezzo, viene indicato col nome della sua attività. Se Luca avesse marchiato le loro braccia con dei numeri, come si userà nei campi di sterminio, la depersonalizzazione dei soggetti non sarebbe stata diversa.
Proviamo a leggere il rapporto che c'è fra Gesù, il Fariseo e la donna che Gesù e Luca indicano a disprezzo:
Vangelo di Luca, Il Fariseo e la Peccatrice
Un Fariseo lo invitò a mangiare da lui; egli entrò nella sua casa e si pose a tavola. Or, ecco una donna che nella città era pubblica peccatrice, saputo ch'egli era a tavola nella casa del Fariseo, vi andò portando un vaso di alabastro pieno di profumo. Si pose ai piedi di Gesù, bagnandoglieli con le sue lacrime e asciugandoli con i capelli del suo capo. Li baciava e li ungeva di profumo. Il Fariseo, che lo aveva invitato, vedendo questo, pensava fra sé: "Se costui fosse profeta, saprebbe chi è questa donna che lo tocca, di che razza; una peccatrice!", ma Gesù dirigendogli la parola, disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, dì pure", rispose. "Un creditore aveva due debitori, uno gli doveva cinquecento denari e l'altro cinquanta. Non avendo essi con che pagare, condonò il debito ad ambedue. Quale dei due lo amerà di più?". Simone rispose: "Quello, io penso, a cui ha condonato di più?". Gesù rispose: "Hai giudicato bene". Poi rivolto verso alla donna, disse a Simone: " Vedi tu questa donna? Io sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato acqua per i piedi; questa, invece, ha bagnato i miei piedi con lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato il bacio e lei, da quando sono entrato, non ha cessato di baciare i miei piedi; tu non hai unto di olio il mio capo e lei ha unto i miei piedi di profumo. Perciò io dico: i suoi numerosi peccati sono stati perdonati, perché essa ha amato molto; colui, invece, al quale poco è perdonato, poco ama". Disse poi a lei: "Sono perdonati i tuoi peccati". Allora i convitati incominciarono a dire fra di loro: "Chi è costui che rimette anche i peccati?", ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va in pace!"." Vangelo di Luca 7, 36-50
Il fariseo, in questa storia, tratta Gesù da uomo. Un uomo di rispetto (lo chiama maestro), ma un uomo come un altro. Il fariseo presume di aver onorato Gesù avendolo invitato a mangiare nella sua casa.
Siamo autorizzati a pensare, in questo invito, un desiderio di comunicazione da parte del fariseo. Una comunicazione che Gesù tronca: "Sei un peccatore. Tu ti devi mettere in ginocchio davanti a me come ha fatto questa donna."
Il peccato del Fariseo non consiste nell'aver fatto qualche cosa (aver violato una norma o una legge), ma nel non essersi messo in ginocchio davanti a Gesù. Di non averlo considerato il suo signore e padrone. Se nel Fariseo c'era un desiderio di comunicazione o di comprendere, Gesù lo tronca. Lo umilia nel desiderio di conoscenza. Un trucco usato per nascondere il fatto che Gesù era privo di ogni conoscenza. Come si può discutere o comunicare quando Gesù ordina al suo interlocutore di mettersi in ginocchio?
Se il suo interlocutore si mette in ginocchio, come fa la donna, allora lui può essere comprensivo, come con la donna. Il padrone magnanimo.
E' da notare che Gesù non invita nessuno a casa propria. Non invita il fariseo a mangiare né lo ospita. E' il fariseo che apre le porte della sua casa a un Gesù che non trova nulla di meglio che insultarlo accusandolo di essere un peccatore e promuovendo di categoria sociale (questo è il significato di rimettere i peccati) la donna che per la sua professione veniva emarginata (salvo ricorrervi quando gli uomini della società ne avevano bisogno) dalla morale sociale. Una morale che Gesù si è guardato bene non solo di rimuovere, ma l'ha trasformata in un motivo di persecuzione delle donne. La guerra alla sessualità femminile fu una delle più feroci guerre messe in atto dalla chiesa cattolica in 2000 anni di stragi.
La donna vive uno stato di emarginazione che le crea sofferenza. Non è il "peccato" a crearle sofferenza, ma lo stato di emarginazione sociale a cui è costretta. Al contrario, il Fariseo vive una condizione di individuo sociale integrato (per quanto i Farisei potevano essere considerati integrati come custodi di una tradizione che veniva quotidianamente messa in discussione dalle tradizioni greche), è un individuo rispettoso della legge e delle norme sociali e Gesù non ha modo di aggredirlo se non facendo il paragone con la donna.
Con questo paragone Gesù accusa, di fatto, il Fariseo di essere un peccatore e gli rinfaccia di non essersi messo in ginocchio di fronte a lui. Il peccato è usato solo come accusa psicologica per stroncare la rettitudine psico-emotiva delle persone e incitare gli animi dei presenti al linciaggio del peccatore che non vuole sottomettersi o adeguarsi alla morale imposta.
Il peccatore pentito non è colui che ha commesso qualche infrazione e che si accorge che la sua scelta è sbagliata, ma è colui che vive in uno stato di perenne soggezione ad un padrone che dispone della sua persona.
Possedere la persona impedendo che questa rivendichi i suoi diritti davanti a dio, all'autorità, a Gesù, alla chiesa cattolica, è il significato ideologico per cui la chiesa cattolica impone il concetto di peccato. Il peccato rappresenta uno stato psicologico che la persona vive consapevole di aver violato un'autorità. Quando la persona viola un'autorità e non prova il senso del peccato, allora la chiesa cattolica, coerente con le indicazioni di Gesù, invita a gettare il peccatore là dove c'è tenebra, terrore e stridor di denti.
Il concetto di peccato, inventato da ebrei e cristiani, non ha nulla a che vedere con la "violazione della norma" o la "violazione delle regole" per le quali veniva, comunemente, usato il termine "peccato".
Non è una questione di parole, ma è una questione di significati che si attribuisce alle parole.
L'uso del peccato per umiliare è definito da Gesù anche nella parabola de "Il Fariseo e il Pubblicano" di Luca.
Marghera, 21 ottobre 2010 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo P.le Parmesan, 8 30175 – Marghera Venezia Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Da molto tempo la chiesa cattolica ha cessato di citare i suoi vangeli. Eppure, i vangeli ufficiali cristiani, sono l'unica fonte che delinea la figura di Gesù, la sua ideologia, la sua morale e i suoi principi sociali. La chiesa cattolica applica quei principi, ma alle masse preferisce nasconderne il significato e rubare, facendo propria, l'idea di bontà che i Neoplatonici attribuivano al loro dio. La chiesa cattolica ha torturato e macellato i Neoplatonici e per colmo di disprezzo usa i loro insegnamenti dietro ai quali nascondere i suoi principi ideologici.