Le "auctoritas" sono delle strutture in cui l'individuo organizza la sua struttura psico-emotiva e in cui l'educazione, obbligando l'individuo a rispondere alle sue sollecitazioni, imprigiona la capacità dell'individuo di emozionarsi nelle relazioni col mondo in cui vive.
Le "auctoritas" conducono l'individuo a cercare le situazioni che ne confermano la validità creando benessere psicologico e a odiare tutto ciò che viene percepito come minaccia ad esse. La minaccia all'"auctoritas" viene percepita dall'individuo come minaccia a sé stesso e alla sua integrità psico-emotiva e vissuta come una grande sofferenza psichica.
Le "auctoritas" psico-emotive si impadroniscono dell'attenzione del soggetto e gli impongono la qualità dell'elaborazione soggettiva dei fenomeni del mondo, impongono la selezione dei fenomeni che possono essere percepiti dal soggetto, selezionano le possibilità o meno dell'esposizione del soggetto nel mondo, determinando la diversa qualità del suo agire.
La forza d'azione del soggetto è condizionata dalle sue "auctoritas". Le "auctoritas" qualificano la sua struttura emotiva e il soggetto non può emozionarsi, traendo beneficio dall'emozione, se non rispondendo alla qualità dell'emozione che le sue "auctoritas" gli impongono. Le "auctoritas" fanno parte della sua struttura emotiva. Quando si crea conflitto fra "auctoritas" soggettiva e realtà oggettiva, il soggetto non dispiega le sue emozioni nel mondo e si predispone alla malattia sia fisica che psichiatrica.
Un bambino inizia, appena uscito dalla vagina della madre, a formare le proprie "auctoritas" nella sua esperienza con il mondo. I fenomeni che giungono dal mondo e le risposte del bambino con le relative risposte del mondo, sono portatori di diversi ordini ai quali il bambino si adatta costruendo le proprie "auctoritas". Ogni messaggio proveniente dal mondo contiene, nell'ordine, un aspetto razionale, un aspetto operativo e un aspetto emotivo; le risposte del bambino appena nato sono, nell'ordine, risposte emotive, risposte operative e risposte razionali. Il genitore non sa che quella battuta insignificante "di quattro parole", come risposta al figlio e percepita dal figlio, ha un tale carico emotivo da essere assunta dalle emozioni del bambino come base su cui forgiare una futura "auctoritas" che ne determinerà scelte e azioni per tutta la vita e con la quale il bambino, se vorrà modificarla, dovrà lottare ferocemente come se stesse combattendo il Leone di Nemea.
Quando scrissi Il Crogiolo dello Stregone, fra i cinque elementi che ci consentono di proteggerci nella vita sociale c'era lo scetticismo.
Lo scetticismo usato alla maniera di Pirrone e di Carneade, non lo scetticismo tardo che tanto piaceva ai cristiani e agli amici di Agostino d'Ippona.
Lo scetticismo è un atteggiamento psichico che un individuo adotta nei confronti del mondo e della propria capacità di interpretare i fenomeni che dal mondo giungono a lui.
Nell'atteggiamento scettico, l'individuo non si ritiene il "metro di misura della realtà" in cui vive, ma si considera un interprete soggettivo di una realtà che intuisce essere infinitamente maggiore di quella che egli è in grado di padroneggiare.
La consapevolezza psico-emotiva di essere in una realtà maggiore di quanto si possa mai conoscere costringe l'individuo ad assumere un atteggiamento critico e "scettico" nei confronti della propria comprensione della realtà.
La descrizione della realtà oggettiva fatta da un individuo scettico è una descrizione necessaria per poter vivere e comunicare, ma non è interiorizzata. Non è elevata a "verità" della realtà, ma ad una interpretazione soggettiva della realtà pronta ad essere modificata al presentarsi di nuovi e diversi fenomeni o a nuove e diverse interpretazioni soggettive dei medesimi fenomeni.
L'individuo "per predisposizione naturale" è alla ricerca della migliore interpretazione della realtà; tuttavia, dal punto di vista dell'educazione, viene invitato dal comando sociale a soggettivare la realtà, o aspetti di essa, manifestata da delle "auctoritas" che gli dicono che cos'è la realtà o aspetti di essa. Si tratta di un meccanismo complesso che si mette in moto fin dalla primissima infanzia e il cui studio è tutt'ora oggetto della ricerca scientifica. Recentemente si sono scoperti alcuni meccanismi di fissazione della dipendenza del giudizio soggettivo dalla "auctoritas" nella funzione neuronale dei neuroni specchio. "Io che cresco mi specchio nell'altro per costruire il mio atteggiamento, la selezione dei fenomeni nella realtà, il mio modo di elaborarli, affinché io e l'altro, che cura la mia crescita, possiamo entrare in sintonia e camminare assieme lungo la strada della vita.". L'altro è la società nella quale nasciamo. La crescita del bambino comprende questo aspetto della crescita psico-emotiva del bambino come individuo sociale. In quella fase della crescita si impongono le "auctoritas" che selezionano qualità e quantità di fenomeni che vengono soggettivamente elaborati e riproposti dall'individuo che cresce nella società come risposte soggettive alle sollecitazioni oggettive.
Le "auctoritas" si stratificano all'interno dell'individuo e vanno dalle "auctoritas" psico-emotive che costruiscono un legame rassicurante con il soggetto (dio, Gesù, la madonna, il buddha, Allah, ecc.) coinvolgendo e marchiando con un imprinting la struttura emotiva, alle "auctoritas" del mondo razionale, scientifico, lavorativo, istituzionale, familiare, ecc. che vengono assunte come riflesso razionale delle "auctoritas" psico-emotive educazionalmente elaborate come risposte al mondo durante la crescita infantile.
Da qui la "credenza" o la "fede" nelle "auctoritas" che viene manifestata come un atteggiamento naturale dell'individuo che senza quelle "auctoritas" (certezze) e la loro voce sempre presente si sente smarrito e incapace di agire in un mondo che, tutto sommato, senza quelle "auctoritas", viene vissuto come estraneo.
Le "auctoritas" della vita quotidiana sono riconosciute come tali dal soggetto solo nella misura in cui quelle "auctoritas" rispecchiano le forme delle "auctoritas" con cui il soggetto ha costruito il suo legame psico-emotivo nella primissima infanzia.
Il prete cattolico che a Napoli viene individuato, filmato e denunciato, per palpeggiamenti fino alla violenza sessuale sulle ragazze, viene difeso a spada tratta dai suoi fedeli. Fedeli pronti a linciare il romeno o un normale cittadino che avesse fatto le stesse cose sulle stesse ragazze. Per questi fedeli il prete cattolico è un'"auctoritas" su cui proiettano l'"auctoritas" del loro Gesù che impone le mani e che chiede che i bambini vengano a lui. L "auctoritas" che ha Gesù dentro di loro, con cui loro parlano, viene proiettata sul prete cattolico che nel suo delinquere sociale è difeso dal Gesù con cui i fedeli hanno costruito la loro relazione. Nulla può smuovere nei fedeli la convinzione che quel prete è "come" Gesù se non la materializzazione nella loro quotidianità del Gesù che essi immaginano. Nessuno deve mettere in discussione il Gesù con cui loro parlano, mettendo in discussione la corrispondenza che essi fanno fra il prete cattolico e l'immagine di Gesù. Così il prete cattolico assume il ruolo di "auctoritas" a cui i fedeli fanno riferimento e tutto ciò che fa o dice viene sottratto al loro vaglio critico. Quando qualcuno dimostra, come fecero i giornalisti, che quel prete cattolico è un delinquente, i fedeli si ribellano. Non contro il prete, ma contro chi ha rivelato loro quella realtà. Una realtà che li fa soffrire e li schiera in assoluta difesa del prete cattolico contro il giornalista che si è permesso di mettere in discussione l'idea che loro hanno di Gesù. I fedeli linciano il giornalista, non il prete cattolico che ha messo le mani sulle loro figlie.
Le "auctoritas" materiali e quotidiane assumono varie forme. Può essere l'autorità che, come "auctoritas", viene da dio; come il re, il presidente. Nell'educazione cristiana vengono imposti ai bambini come forme di incarnazioni dell'autorità di dio nella società. E' il cristianesimo che ha indotto l'idea che "si è autorità per volontà di dio". Da qui l'idea che, se si è autorità, si fa la volontà di dio (solo negli ultimi 15 anni la magistratura è riuscita, ad imporre il concetto democratico che la critica verso l'autorità non è solo un diritto, ma un dovere del cittadino; concetto accettato solo in maniera parziale dai cittadini) e nessuno discute la volontà di dio. "Lo ha detto il giudice", "Lo ha detto il presidente", "Lo ha detto il papa cattolico", "Lo ha detto la questura", ecc... Per finire con "lo ha scritto il giornale", "lo ha detto la televisione".
Non tutte le cose dette dalle "auctoritas" sociali vengono accettate. Affinché ciò che viene detto dall'"auctoritas" sociale sia immediatamente accettato da un individuo o da gruppi di individui è necessario che quanto è detto dall'"auctoritas" sociale risponda ad un'esigenza soggettiva di rassicurazione da uno stato d'ansia che mette l'individuo, o il gruppo di individui, in angoscia, causato dallo stridere fra le idee immaginate e proiettate sulla situazione sociale e le idee che l'esperienza nella realtà soggettiva impone all'individuo dal quale pretende delle risposte. L'eretico mette in discussione l'"auctoritas" psico-emotiva, per questo la diceria o la diffamazione che afferma che l'eretico è malvagio è fatta propria dagli individui che vedono messa in pericolo la loro "auctoritas" psico-emotiva dalle idee dell'eretico con cui dovrebbero confrontarsi. L'eretico non solo manifesta una diversa idea in merito a problemi religiosi, contestando l'autorità sociale che prende la sua forza dalla verità delle risposte che dà, alle quali chiede sottomissione, ma mette in discussione le "auctoritas" psico-emotive con cui gli individui hanno soggettivato quelle verità riproducendole. Mette in discussione la struttura psico-emotiva degli individui. Quando si verifica un conflitto fra ciò che si immagina e ciò che la realtà presenta, si è facili prede di "interpretazioni della realtà" che soddisfano l'immaginazione e confermano la credenza. Come nel caso della condanna a Galileo Galilei. Allora ogni pettegolezzo, ogni maldicenza, ogni diceria, ogni leggenda metropolitana, viene accettata come vera, o altamente probabile, per difendere l'"auctoritas" psico-emotiva soggettivata messa in pericolo dal nuovo, che si presenta con tanta forza da non poter essere ignorato dall'attenzione degli individui. Le "auctoritas" psico-emotive vengono difese non contestando le nuove tesi presentate e dimostrandone l'inadeguatezza o i loro limiti, ma aggredendo la persona che, avendo rimosso l' "auctoritas" soggettiva che ne limitava la visione del mondo, si permette di presentare tesi che mettono in discussione le "auctoritas" di altre persone, della massa o delle autorità sociali ("come potete parlar bene voi, malvagi come siete!" Dice il Gesù dei cristiani).
Perché esiste il mondo? Lo ha creato dio!
Questo rumor serpeggia da millenni. Anche quando si è dimostrato che non è così, anche fra coloro che dimostrano che non è così, la risposta è tale da soddisfare l'"auctoritas" costruita dall'educazione dentro ad ogni individuo, perché l'altra "auctoritas", quella che implica un diverso divenuto del mondo, non è supportata da un'"auctoritas" psico-emotiva dentro all'individuo.
Gli uomini sono uguali? In che senso? Non esiste un'"auctoritas" psico-emotiva che nella crescita dell'individuo determini il concetto di uguaglianza. L'uguaglianza non esiste come "auctoritas": l'individuo che cresce è un individuo separato dall'individuo che è già cresciuto; gerarchicamente chi cresce è sottomesso a chi è cresciuto; chi è cresciuto impone la sua volontà a chi cresce.
Il concetto di uguaglianza fra gli uomini è un concetto sociale che non è supportato da nessuna "auctoritas" psico-emotiva e, dunque, è un concetto continuamente messo in discussione da un concetto come quello della gerarchia e dei rapporti di forza che, invece, ha un'"auctoritas" nella struttura psico-emotiva dell'individuo. Un'"auctoritas" che, come tutte le "auctoritas" che possono funzionare nella vita sociale, ha il suo corrispondente in una "auctoritas" nella struttura psico-emotiva. Proprio perché hanno un'"auctoritas" nella struttura psico-emotiva, vengono proiettate nella società; il concetto di uguaglianza, non avendo un'"auctoritas" psico-emotiva viene invece veicolato quando non incontra ostilità nella società.
L'"auctoritas" dell'uguaglianza esiste come bisogno sociale, ma non esiste come "auctoritas" nella struttura psico-emotiva dell'individuo che manifesta l'"auctoritas" di uguaglianza soltanto quando la sua posizione sociale è subordinata e tale subordinazione viene vissuta dall'individuo come un sminuire della sua relazione con l'immagine di sé stesso onnipotente (dio) che proietta nella società.
Il dio cattolico non può essere subordinato a nessun altro dio nella società e, come dio persona, ogni individuo cattolico non può essere subordinato a nessun altro cattolico nella società. Questo mette in moto una "concorrenzialità" fra chi si deve identificare con dio, chi fa la volontà di dio e chi debba essere riconosciuto come colui che fa la volontà di dio nella società. Tutti gli altri, nella società del dio cattolico, sono subordinati: i rapporti di forza che si organizzano determinano poi la gerarchia della subordinazione (il concetto di umiltà nel cattolicesimo è fondamentale, in quanto i cattolici, se non fossero spinti all'umiltà, si accoltellerebbero l'uno con l'altro per essere, ognuno di loro, riconosciuto come il rappresentante di dio).
Non c'è il concetto di uguaglianza nel bambino che cresce: non ha "auctoritas" nell'individuo. Non ha "auctoritas" in nessun individuo.
Solo partendo da questi presupposti possiamo capire gli effetti che nella società e sugli individui hanno i "rumors", le "voci", le "dicerie", i "pettegolezzi", le "fandonie", le "frottole", le "diffamazioni", le "illusioni di significato", le "calunnie", che delle "auctoritas" sociali usano per attivare delle idee, delle opinioni o delle convinzioni a cui le "auctoritas" psico-emotive delle "masse" si aggrappano per il desiderio di ridurre l'ansia fra ogni singola "auctoritas" in ogni singolo individuo e la necessità di modificare la propria "auctoritas" psico-emotiva per spiegare il mondo reale.
All'interno della società esistono gruppi che hanno "auctoritas" psico-emotive abbastanza omogenee, come per i fedeli del parroco su citato, come le "auctoritas" psico-emotive su cui fa leva Madre Teresa di Calcutta o Padre Pio. La loro azione non viene approvata perché analizzata, ma viene approvata perché soddisfa le "auctoritas" psico-emotive individuali con cui si "afferma" sé stessi nella società. Dove Madre Teresa di Calcutta "soccorre i poveri perché l' "auctoritas" soggettiva dice che "gli altri devono essere poveri rispetto ad una propria condizione di benessere (superiorità)" e Padre Pio fa i miracoli come "aspettativa emotiva dell' "auctoritas" soggettiva" che trova piacere nell'immaginare l'imminenza del miracolo che si realizza, atteso, evocato, supplicato, accarezzato, (vincita miracolosa, fortuna, opportunità, provvidenza) che giustifica le inadeguatezze soggettive nei confronti del mondo. Il piacere dell'attesa come attesa della conferma dell'"auctoritas" psico-emotiva viene soggettivamente alimentato perché il suo alimentarsi garantisce all'"auctoritas" una giustificazione della propria esistenza. Le possibilità soggettive di agire nel mondo perché il mondo provvede a facilitare il nostro agire confermano l' "auctoritas" dell'attesa che è stata sovrapposta dall'educazione all'"auctoritas" della necessità d'azione, della necessità di procurarsi i mezzi adatti per agire nel mondo. Secondo questa idea, sapiente non è chi acquista i frantoi per l'olio in inverno per poterli usare quando le olive saranno mature, ma chi attende dio affinché provveda a sé stesso.
L'"auctoritas" soggettiva dice che gli altri devono essere poveri e devono essere costretti nelle condizioni di indigenza, così da affermare la propria superiorità; l'"auctoritas" soggettiva dice che è una questione di fortuna, provvidenza, miracolo, quando la situazione oggettiva è favorevole.
L'"auctoritas" allontana l'individuo dalla necessità dell'analisi e dalla necessità della critica, in quanto nella sua "auctoritas" è contenuta ogni risposta ad ogni accadimento.
Le persone possono essere manipolate portandole ad agire nel mondo come l'autorità sociale desidera solo se l'autorità sociale stratifica delle risposte sociali alle "auctoritas" proprie dei singoli individui o della maggioranza dei singoli individui nella società. Le "auctoritas" psico-emotive appaiono alla ragione in maniera semplice, elementare. Così anche la manipolazione delle persone che hanno "auctoritas" psico-emotive che manipolate inducono alla dipendenza e al fatalismo, deve essere semplice, povera, di comprensione immediata. Si deve sollecitare l'"auctoritas" emotiva con una specie di "ti amo!" detto a colei o colui che arde dal desiderio di essere amato. Per manipolare l'agire e le scelte delle persone le spiegazioni siano semplici e a comprensione immediata come'è l'"auctoritas" che veicolano dentro di loro. Chi ha senso critico, chi pratica lo scetticismo, può essere ingannato, ma non manipolato.
Alcune voci sono "invincibili" dice questo articolo Federico Rampini che commenta uno studio sui "rumors" fatto da Cass Sustein.
E' come per il padre Pio che fa i miracoli o per l'aiuto ai poveri di Madre Teresa di Calcutta. Sono dicerie, falsità, come quella secondo cui i primi casi di Aids in Africa sono nati da contatti fra Esseri Umani ed Esseri Scimmia o come la diceria secondo cui Obama non è nato in America ed è di religione musulmana. Dicerie e idee preconfezionate che proprio perché soddisfano l'"auctoritas" interiore dei singoli individui, vengono credute al di là di ogni dimostrazione evidente contraria.
Oppure, se vogliamo fare un riferimento storico, come i "sacrifici umani di bambini" fatti dai Fenici o le piramidi d'Egitto costruite dagli schiavi. Due falsità che hanno retto per secoli soddisfacendo l'"auctoritas" educazionalmente imposta nei bambini mediante la bibbia: la convinzione che qualcuno bruciasse vivi i propri figli o che gli ebrei effettivamente siano stati schiavi in Egitto durante la costruzione delle piramidi e che Mosé li ha tratti dall'Egitto.
Se questi due "rumors" fossero stati rimossi, l'"auctoritas" del dio padrone e creatore, dal quale le persone educate in campo ebreo o cristiano fanno discendere la loro visione del mondo e della vita, sarebbe crollata: al di là di ogni obiezione, necessariamente, i Fenici dovevano bruciare vivi i loro figli e gli Egiziani dovevano aver usato schiavi per costruire le piramidi. Da qui la rappresentazione del Moloc fenicio che divora nel fuoco i bambini di Tiro e di Cartagine e gli schiavi che tirano massi in pietra su rulli in legno mentre qualcuno li frusta.
Scrive Federico Rampini a proposito dei "rumors":
15 - 01 - 2010
Fonte: la Repubblica
Le false credenze: come si alimentano e perché le alimentiamo
Per difendersi non serve la censura ma piuttosto "una consapevolezza sociale diversa dei danni che possono provocare". Uno studio scientifico sui "rumors" fatto da Sunstein: "Hanno una base razionale, solo lo scetticismo ci può salvare"
Molte voci sono invincibili: come la tesi secondo cui l´Aids sarebbe stato trasmesso dalle scimmie all´uomo
di FEDERICO RAMPINI
Internet: motore di diffusione di voci incontrollate, credute ciecamente da un´opinione pubblica polarizzata, divisa in bande, esposta a derive estremiste. E´ una visione sinistra. Soprattutto se a dipingerla è uno dei più autorevoli giuristi americani, consigliere di Barack Obama per le leggi sull´informazione.
"Rumor". In italiano: dicerìa, voce, pettegolezzo. Tra le varie traduzioni è meglio "voce", il termine più neutrale, perché a volte le voci sono vere. Sottoponiamoci a una prova. Quanti di noi credono che i primi casi di Aids in Africa siano nati da contatti sessuali fra esseri umani e scimmie? Quella tesi resiste. Pur smentita da decenni, ha una sua vita autonoma, imperturbabile. Cos´è che rende certe voci invincibili? Quanto siamo vulnerabili a questa particolare forma di diffusione dell´informazione? Secondo lo studioso americano Cass Sunstein, non solo i "rumors" possono rovinare tante vite individuali, ma costituiscono una minaccia mortale per la democrazia. Dobbiamo imparare a difenderci. Perciò è essenziale capire la forza di questo formidabile fenomeno. E´ il tema del suo saggio On Rumors appena pubblicato a New York da Farrar Strauss and Giroux. Nel sottotitolo spiega: "Come si diffondono. Perché ci crediamo. Cosa si può fare". Sunstein finì di scriverlo un anno fa quando ancora era docente alla Harvard Law School. In seguito Obama lo ha voluto alla Casa Bianca in un ruolo chiave: dirige l´Office of Information and Regulatory Affairs, un organo cruciale per le regole sull´informazione.
Le voci sono antiche quanto la storia umana. Siamo immersi quotidianamente in questo rumore di fondo. Dal pettegolezzo falso di un collega malevolo che vuole rovinarti sul lavoro, fino alle indiscrezioni pilotate per nobili motivi, per cause altruistiche, per fare avanzare un´agenda politica. Internet, avverte Sunstein, le rende più insidiose, pervasive, ubique. E impermeabili ai fatti. Ne sa qualcosa Obama: dall´inizio della sua campagna presidenziale lo insegue la voce che lui non è nato in America, ed è di religione islamica. Le confutazioni fattuali non sono servite. Tuttora una fetta di popolazione americana resta convinta che lui sia un usurpatore, un alieno, un sovversivo che se la intende con i terroristi. E se un giorno questa voce dovesse armare un fanatico, deciso a uccidere il primo presidente afroamericano?
Sunstein analizza la forza micidiale delle voci attingendo a una mole di studi scientifici, compresi alcuni esperimenti condotti su focus group. Guai a credere che solo i più ingenui, gli sprovveduti, o le frange fanatiche, siano facili prede dei "rumors". A seconda delle nostre convinzioni, "credere nelle voci è perfettamente razionale".
L´universo online non ci rende necessariamente più informati. Possiamo usare la rete per isolarci in tante "camere acustiche", ognuna delle quali è frequentata da comunità che hanno gli stessi valori, la stessa visione del mondo, i medesimi pregiudizi. All´interno di una di queste comunità, per esempio, vige il negazionismo sul cambiamento climatico: lì le teorie sul riscaldamento dovuto alle emissioni di CO2 sono considerate come delle congiure di scienziati disonesti che manipolano i dati per promuovere un´agenda verde. Un´altra comunità esemplare è quella che considera l´11 settembre 2001 come una congiura del Pentagono, falsamente attribuito a terroristi islamici: questa ha seguaci in un ampio schieramento di opinioni pubbliche antiamericane, dai paesi islamici alla Francia. In ognuna di queste camere acustiche, è irrilevante l´eventuale accumulazione di prove che smentiscono il "rumor". La fede in quella determinata voce è rafforzata dal meccanismo di polarizzazione di gruppo: quando si riuniscono persone che hanno le stesse idee, il dialogo li radicalizza nelle loro convinzioni.
E´ la conclusione del celebre "esperimento del Colorado" descritto da Sunstein, un test effettuato proprio stimolando dibattiti tra gruppi di persone dalle ideologie affini. Al termine dell´esperimento, anche coloro che all´interno di un gruppo erano in partenza moderati, alla fine sposavano posizioni estreme. Quella che Sunstein definisce "la catena del conformismo" produce all´interno di ogni gruppo un´accettazione acritica delle voci che rafforzano pregiudizi e avversioni pre-esistenti. Coloro che hanno dei dubbi su un "rumor" poiché lo trovano inverosimile, finiscono per aderirvi pur di non sfidare la sanzione sociale del gruppo. «Su Internet - scrive l´autore - processi di questo tipo accadono ogni giorno. Coloro che credono certe voci, finiscono per esserne ancora più convinti anche dopo essere stati esposti a un ventaglio contraddittorio di pareri, alcuni dei quali dovrebbero smentire quella voce». E´ il meccanismo dell´assimilazione selettiva: una corazza mentale respinge le rettifiche, rende irrilevanti le controprove e le confutazioni oggettive.
Le false voci sono distruttive non solo quando sono orchestrate per diffamare singoli individui; alla lunga possono minare la stessa democrazia. «Senza un fondamento valido - scrive Sunstein - l´opinione pubblica può perdere fiducia nei leader, nelle loro politiche, nell´idea stessa di governo». L´autore immagina lo scenario futuro di una società "distopica", in cui «i propagatori di false voci - non importa se mossi da interessi di parte o sinceramente idealisti e altruisti - sono premiati per il loro ruolo, nel dispregio della verità». In una simile società «le convinzioni collettive sono il prodotto di network sociali che funzionano da camere di risonanza in cui le voci divampano come gli incendi di foresta; in cui ogni dicerìa viene accettata se mette in cattiva luce coloro che sono percepiti come avversari».
Pur essendo giurista Sunstein è convinto che l´antidoto non può essere la censura né tantomeno la guerra giudiziaria alla diffamazione. Al contrario, lui difende il Primo Emendamento e la massima libertà di cui godono i mass media americani. «La soluzione non ha nulla a che vedere con le leggi. Può essere trovata solo in un impegno di lotta al pregiudizio. Attraverso la comprensione dei meccanismi dell´informazione, occorre costruire una cultura che prevenga la distruzione delle vite individuali e delle istituzioni che hanno valore». Un futuro diverso rispetto alla società distopica, è quello in cui «i diffusori di false voci sono marginalizzati da gruppi preparati a pensare in modo autonomo; la polarizzazione è contrastata grazie a un´ampia consapevolezza sociale dei suoi danni». Un mondo di cittadini adulti «umili e consapevoli della propria fallibilità, pronti ad accettare delle verità anche quando non rafforzano i loro preconcetti». La conclusione è un invito a coltivare un moderno scetticismo, e a maneggiare Internet con la stessa lucidità con cui osserviamo le copertine dei tabloid.
Tratto da:
Giornale La Repubblica del 15 gennaio 2010
Le convinzioni sulla realtà o opinioni della realtà, si impongono all'individuo perché si sono imposte le "auctoritas" in età infantile. Quella specie di imprinting sociale che ci trasforma in tifosi piuttosto che in analisti del presente in cui viviamo. Questo meccanismo è proprio degli esseri della Natura e ha lo scopo di costruire dei legami emotivi fra le sollecitazioni che arrivano dal mondo e le risposte immediate che noi diamo, senza necessariamente passare per l'analisi o la critica dei fenomeni che arrivano. Le risposte, quando si vive nella natura, devono essere immediate in quanto segnale e risposta rispondono a categorie emotive e non a categorie razionali. Diverso è quando siamo nella società e le risposte diventano automatiche non per necessità di vita, ma l'automatismo funzionale nella Natura viene fatto funzionare secondo l'impostazione di un imprinting sociale. "Gesù è buono" è un'idea educazionalmente imposta sull' "auctoritas" di "io sono buono" e lo dimostro identificandomi con Gesù, il che rende automaticamente buona ogni "auctoritas" soggettiva di ogni individuo nella società che considera sé stesso "buono".
E' una diffamazione, una diceria dispotica, che non può essere rimossa dall'analisi o dalla critica dei testi e degli elementi razionali su cui nasce l'idea di "Gesù buono". Può essere rimossa soltanto se l'individuo separa il suo imprinting, la sua "auctoritas", dall'immagine sociale: non "io sono buono perché..." ma "Com'è Gesù che io vorrei chiamare buono per costruire una relazione?" E' il soggetto che separa sé stesso, l'"auctoritas" di sé stesso, dall'immagine in cui veicola la sua "auctoritas" e dalla quale la sua psiche e le sue emozioni traggono legittimazione "oggettiva".
Quando dico. "Com'è Gesù che io vorrei chiamare buono per costruire una relazione?" già ho separato la mia "auctoritas" soggettiva dall' "auctoritas" dell'immagine psico-emotiva che soggettivamente associa a Gesù l'insieme degli individui: ho assunto un atteggiamento scettico! Ho separato il desiderio che identifico nell'"auctoritas" dall'immagine che l'"auctoritas" assume. Veicolo il desiderio, ma lo libero dai vincoli in cui viene chiuso dall'immagine e dalla veicolazione in cui l'imprinting educazionale lo ha chiuso.
I rumors, le voci, le affermazioni, le dicerie, le interpretazioni, tutto ricade sotto la lente dell'analisi critica anche quando si vorrebbe sposarle perché coincidono con l' "auctoritas" psico-emotiva dentro di noi nella veicolazione che l'imprinting (l'insieme delle "auctoritas" che formano l'imprinting) infantile ha determinato.
Questo è l'atto più difficile.
E' un atto di MAGIA.
Per riuscire a superare il dispregio del vero, la diceria, la diffamazione, è necessario che ogni fenomeno che giunge a noi sia sottoposto ad analisi critica partendo dall'Intento che ogni persona ha (o dovrebbe avere) nella propria vita. La cultura è uno strumento, non il mezzo per farlo. Per farlo è necessario un atto di volontà che destrutturi e ristrutturi tutta l'esistenza dell'individuo. Un atto che richiede un grande dolore psichico che la maggior parte delle persone non è in grado di sopportare, preferendo ritrarsi.
Quando Sunstein afferma: «Senza un fondamento valido l´opinione pubblica può perdere fiducia nei leader, nelle loro politiche, nell´idea stessa di governo» non fa altro che sottolineare come lo "sputtanamento" fatto da "auctoritas" (televisione, informazione, autorità Istituzionali) possa distruggere il futuro dei popoli qualora questo sputtanamento incontri il desiderio psichico-emotivo di chi ritiene che la direzione in cui vanno quelle decisioni non collimi con le proprie "auctoritas" interiorizzate.
Sollecitando le "auctoritas" personali della maggior parte degli individui che, di fatto, costituiscono la massa, si controllano le persone. Ciò che non si controlla lo si emargina con la diffamazione, le dicerie, le ingiurie, i rumors, la calunnia. E il calunniato, l'ingiuriato, non avrà difesa: può dimostrare la sua innocenza davanti ai magistrati, ma non lo potrà fare davanti alle masse la cui "auctoritas" teme di essere messa in discussione da ciò che l'ingiuriato, il diffamato, il calunniato, può proporre.
Marghera, 18 gennaio 2010
Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
La Stregoneria è un cammino. Questo perché la Stregoneria è trasformazione del soggetto che percorre il sentiero. Il sentiero è mutamento dopo mutamento, trasformazione dopo trasformazione. La sequenza delle trasformazioni del soggetto, in ogni istante che si trasforma, forma il cammino dello Stregone. In ogni attimo lo Stregone, come ogni persona, presenta il proprio Potere di Essere che altro non è che quanto ha costruito mediante le sue trasformazioni.